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Il Calcio nelle "balle"

Post n°16 pubblicato il 17 Novembre 2005 da Boycott
 
Tag: Sport

Juventus, Milan, e Inter incassano ogni anno di diritti tv ben 232 milioni di euro. Le altre 17 squadre, tutte insieme si fermano a 192. In queste condizioni lo squilibrio sarà sempre più evidente e le classifiche sempre meno eccitanti.
  
Da dieci anni il calcio si vende come spettacolo. Non è più una partita di poker che si può giocare anche da soli contro tutti. Nel calcio c’è due volte bisogno dell’avversario, chiunque sia.
- Una volta per dare vita a una partita
- Un’altra volta per fare quello spettacolo senza il quale una partita non basta a farsi pagare.

Ma se questo è vero, le partite non possono essere quelle di adesso. Spettacolo significa incertezza, quindi distribuzione della ricchezza fra tutte le società. Per quale ragione una squadra più debole deve farsi battere regolarmente da una più forte sapendo anche che perdendo accredita di più ricchezza l’avversario? E’ un circolo vizioso che va interrotto altrimenti si fisserà ancora più di adesso e renderà il calcio un gioco di sperimentazioni e di motivazioni periferiche. Il punto è, come fare? La prima risposta è collettivizzazione dei diritti televisivi. Non è vero che tutti devono prendere gli stessi soldi, ma non è possibile che ci siano squadre che prendono trenta-quaranta volte meno di altre! 
  
Tuttavia il conflitto di interessi forse meno noto ma più insidioso per la credibilità dei risultati sportivi è quello incarnato da una società di procuratori, la Gea World, che rappresenta almeno 150 calciatori, molti dei quali di primissimo piano. È nota per essere stata promossa da un gruppo di rampolli famosi: tra i suoi fondatori, nel 2001, c'erano anche Francesca Tanzi e Andrea Cragnotti, vi ha operato Chiara Geronzi, figlia di Cesare, presidente di Capitalia; ma soprattutto la Gea è presieduta da Alessandro Moggi, uno dei manager di riferimento per importanti giocatori. Alessandro è figlio di Luciano, discusso direttore generale della Juventus, a sua volta fino a qualche anno fa uno dei procuratori più influenti del calcio italiano.

 In Inghilterra queste commistioni familiari non sono permesse, l'agente della Fifa (la federazione mondiale) Vincenzo Morabito, in recenti interviste le ha definite "uno scandalo"!

L'esplosione dei costi ha fatto saltare l'equilibrio competitivo. Dal '99 i proventi televisivi non sono più distribuiti collettivamente e ogni società contratta la sua quota. Risultato: è difficile poter sostenere che la Reggina, che incassa 7 milioni di euro di diritti tv, possa competere con la Juventus, che ne incamera 54, oppure che il Modena (10) possa validamente opporsi al Milan (49). L'intero fatturato del Chievo, 21,7 milioni, potrebbe a malapena bastare per gli ingaggi di due primedonne come Vieri e Del Piero.

Solo pochissimi possono partecipare alla folle spirale dei costi e assicurarsi i giocatori più forti; infatti dal 1993, anno di ingresso della tv a pagamento nel calcio, gli scudetti sono stati vinti solo da 4 squadre che hanno speso somme monumentali (Milan, Juve, Lazio e Roma), e 8 titoli su10 li hanno conquistati bianconeri e rossoneri, i veri e unici vincitori della fase no limits del calcio.

D'altra parte, se il calcio è considerato un mercato, come ripetuto infinite volte dai suoi massimi dirigenti, deve andare incontro alla preferenze dei propri clienti, che sono i tifosi. E in Italia la polarizzazione del tifo è molto più forte. Secondo un'indagine della Doxa pubblicata nel 2003,il 31% degli appassionati tifa Juventus, il 22,2% Inter, il 16,4% Milan, lontanissime tutte le altre. Insomma, gli italiani stanno con chi vince. E un campionato che vedesse lottare ai primi posti club che non vantano grande seguito fra i tifosi registrerebbe un netto calo di interesse che spianerebbe la strada a un disastro economico-finanziario.

Quindi, se navighiamo in queste acque, LA COLPA è ANCHE DI NOI STESSI!

Vediamo di cercar di cambiare per rendere più bello lo sport più bello del mondo!

 

 
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