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Post n°148 pubblicato il 13 Aprile 2006 da Boycott
 

   In Francia la protesta studentesca iniziata l'11 marzo è rapidamente dilagata in altre decine università francesi. Il motivo è stata la riforma dell'accesso al lavoro che permette alle aziende di licenziare in qualunque momento dei primi 2 anni di lavoro e senza giusta causa i giovani lavorataori.
   Ma gli studenti non sono soli; il 68 % della popolazione è contro questa legge, intimorita dalla crescita della precarietà lavorativa.

Giovedì 16 marzo si è tenuta a Parigi una imponente manifestazione (secondo l'UNEF, il sindacato studentesco francese, sono stati più di 500mila i partecipanti tra Parigi, Toulouse, Bordeaux e centri minori) a cui sono seguiti scontri tra studenti e polizia anche in altre città: barricate, auto bruciate ed un fermo per oltre 300 persone (gesti ovviamente non condivisibili).

Sabato 18 centinaia di migliaia di persone hanno nuovamente sfilato pacificamente per le vie parigine. Purtroppo nel tardo pomeriggio la situazione è degenerata ed è scoppiata la temuta guerriglia urbana, con sassaiole e lanci di oggetti verso le forze dell'ordine. 
Oggi i giovani non devono combattere contro limiti morali o una società conservatrice ma contro la precarietà e la disoccupazione di massa. I giovani di oggi - a detta di Cohn-Bendit,  capogruppo dei Verdi al Parlamento europeo - hanno una vita molto più difficile e prospettive di futuro molto più dure rispetto ai giovani del Sessantotto.
 
   Il «Contratto di prima assunzione» (Cpe in sigla francese) non esiste più. Ieri a Parigi l'Assemblea nazionale ha abrogato l'articolo 8 della legge che gli stessi deputati avevano votato ai primi di marzo e che aveva provocato la rivolta di studenti e organizzazioni sindacali. 
   Non potendo imporre al Paese la volontà del Parlamento, il presidente Jacques Chirac e il primo ministro Dominique de Villepin hanno preferito concedere anche di più di ciò che studenti e sindacati avevano richiesto: non solo il ritiro ufficiale del Cpe, ma anche una serie di nuovi ammortizzatori sociali. Tale dispositivo prevede il finanziamento di stages di formazione per 150 milioni di euro annui e aiuti (400 milioni di euro nel 2006) alle imprese che assumeranno a tempo indeterminato giovani residenti nelle banlieues più «sfavorite».
  Dunque il tentativo di rendere più flessibile il lavoro giovanile è stato sostituito da un'iniziativa che va nel senso opposto.
 
E noi in Italia?

   Da 10 anni a questa parte (quindi prima con il governo di centro-sinistra e poi con quello di centro-destra) la condizione dei giovani che si trovano a muovere i primi passi nel mondo del lavoro è - se possibile - ulteriormente peggiorata.
   Gli stages, che in un primo momento sembravano essere un modo efficace per imparare a lavorare direttamente sul campo, sono diventati fonte di mano d'opera gratuita per le aziende. Sono sempre di più i ragazzi che passano di stage in stage senza essere mai riconfermati dall'azienda perchè la politica di molte di queste non è più formare futuri giovani lavoratori ma sfruttarne il lavoro quanto più possibile.

E quando si trova lavoro? I nuovi contratti a progetto o a tempo determinato non permettono di programmare la vita neanche a medio termine, l'acquisto di una casa -senza l'aiuto dei propri genitori- è del tutto impensabile senza un mutuo -che non verrà mai erogato da una banca a chi non ha un posto sicuro- a meno che, a garanzia di questo, non venga data la pensione dei propri genitori (qualora avessero un lavoro dipendente), cosa chiesta sempre più spesso dagli istituti di credito ai giovani precari che si rivolgono a loro. E così, oltre ad avere lavoratori precari, abbiamo anche pensionati precarissimi.
   Sarà colpa degli altissimi costi che un'azienda è costretta a sostenere per un lavoratore dipendente (lavoro che, fra le altre cose, è tassato del 35%! ), oppure della loro volontà di avere piena libertà di assunzione e licenziamento senza troppi vincoli... fatto stà che, se da un lato lo Stato vorrebbe giovani "più spendaccioni" che trainino l'economia o famiglie più prolifiche, dall'altro mancano del tutto le condizioni affinchè i giovani, diplomati o laureati che siano, possano costruire la loro vita così come hanno fatto i loro genitori.
Qual è la nostra risposta a questa condizione? Qual è il nostro comportamento di fronte alla legge Biagi (pace all'anima sua)?
   Quei giovani dai 18 ai 25 anni che han finito di studiare si rendono conto che è sempre più difficile trovare lavoro (e chi vi scrive passa la metà del tempo a trovare lavoro alla gente e l'altra metà a cercarlo per sè stesso) e infatti han votato per chi voleva combattere la precarietà...gli altri, cioè chi studia e chi ha già un lavoro, è stato così solidale con loro che Forza Italia ha preso più del 24%!
   Noi, proteste come quelle avvenute in Francia, che poi ottengono dei seri risultati, ce le scordiamo! In Francia c'è un popolo che storicamente si batte per la sua libertà! Noi? Povera Italia...

 
Rispondi al commento:
sir_ovix
sir_ovix il 13/04/06 alle 13:18 via WEB
Egregio boycott, mi vengono alla mente tanti spunti: il primo, che mi fa riflettere non poco, e' l'eta' media di coloro che votano queste leggi nei vari organi legislativi dei rispettivi paesi: i politici (in attivita') francesi sono i piu vecchi d'Europa (fonte Economist). Soggetti di 60 e passa anni si trovano a dover decidere i destini dei giovani, in un mondo sempre piu ipertecnologico. Accadranno ovunque scontri fra generazioni. Arrivera' ben presto anche in Italia a causa della struttura eta'/popolazione. il secondo e' che talvolta il giovane neo-laureato (come ho letto piu volte nei vari post) ha delle aspettative enormi: un buon posto di lavoro, possibilmente vicino casa, possibilmente ben remunerato, magari anche con ampio parcheggio. terzo, ma legato al secondo, e' che talvolta serve anche buona volonta' (concordo con il Sig. Frodino). Nessuno di voi ha mai pensato di lavorare in un altra citta' ad esempio? In un altro paese europeo? Senza le comodita' quotidiane che diamo per scontate, ma che vorremmo sempre con noi? Saluti
 
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