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Riprendere il cammino della crescita italiana

Post n°180 pubblicato il 26 Maggio 2006 da Boycott
 

"Dai comportamenti di tutti i soggetti, a cominciare da noi imprenditori, dipende la possibilità per l’economia italiana di uscire dal torpore e riprendere davvero il cammino della crescita [...] Ma sono necessarie scelte rigorose e coraggiose e non esistono più scorciatoie. A tutti è richiesto di fare bene il proprio mestiere e di mettersi in gioco" - così ieri il presidente degli industriali, Luca Cordero di Montezemolo, ha aperto il discorso davanti all'assemblea di Confindustria
    Ma vediamo come si comportano i proprietari d'azienda, quelli che, a loro dire, sono il motore del paese. Vediamo quanto ci tengono alla crescita dell'economia italiana e se davvero loro non prendono nessuna scorciatoia.
   In realtà, le aziende produttive in Italia sono quasi scomparse e si sono trasformate in venditori di immagine. Sono scatole vuote, senza stabilimenti e senza magazzini. Hanno solo un piccolo apparato che si dedica a due compiti principali: reclamizzare il marchio e stabilire su quali prodotti applicarlo. Poi passano all'incasso. Non ci credete? Vediamo un esempio.
   Un caso concreto è rappresentato dalla ditta di Marco Boglione (vedi foto) . Il suo nome non dice niente ai più, ma poi sveleremo qual'è la sua ditta famossissima in Italia e nel mondo. Questo industriale rileva il Maglificio Calzificio Torinese nel 1994 perchè era sul l'orlo del baratro, lo liquida e trasferisce il marchio a una nuova società, la BasicNet, appositamente creata per la nuova gestione. Quindi si lancia in tre diverse direzioni:

- reclamizza il marchio tramite una grande campagna pubblicitaria
- tenta di costruire, a livello mondiale, una rete di licenziatari, ossia rivenditori disposti a pagargli una provvigione pur di avere l'esclusiva di vendita di prodotti che recano il suo marchio
- allaccia rapporti con procacciatori di affari in Estremo Oriente per disporre, in Asia, di un agente che gli trovi dove fare produrre magliette, pantaloni e cappellini al prezzo più basso possibile.

   Insomma, la ditta di Boglione, non crea posti di lavoro in Italia, ma all'estero, la crescita è tutta per l'Estremo Oriente e non per noi, i diritti conquistati in mezzo secolo di lotte sindacali a cosa servono se poi queste aziende si trasferiscono in paesi che non godono di questi diritti? Ecco le scorciatoie, di cui parlava Montezemolo, che non devono più esistere...
   Volete sapere come si chiama il marchio di Marco Boglione? Robe di Kappa...sponsor tecnico di tante squadre di calcio nel mondo.
   Ora quando comprate qualcosa di Kappa, sapete che tenete bassa la crescita italiana, che non create posti di lavoro, che aumentate lo sfruttamento nei paesi asiatici...pensateci bene prima di acquistare.

   Voglio complimentarmi con Porta a Porta che nelle ultime due serate a trattato i temi che ho trattato sul mio blog, addirittura con gli stessi titoli: "Borrelli: da Mani Pulite a Piedi puliti" (che è stato pubblicato anche su liberoblog dove siamo arrivati a più di 400 commenti) e l'indagine ISTAT.
   Voglio ringraziare anche tutti i miei elettori che mi hanno fatto vincere l'oscar per la categoria "INFO" dei blog e nella categoria "Miglior blog" di esser arrivato secondo a pochissimi voti dal primo (ma non chiedo la riconta nè invoco i brogli dall'estero ).

 Per chi si è perso la mia conferenza sulla Spesa intelligente del 5 maggio cliccando potete vederla e sentirla dal vostro pc.

   Sostengo anch'io in maniera aperta la candidatura di Rita Borsellino alla presidenza della Regione Sicilia...una donna che da fastidio sia alla destra che alla sinistra...quindi è la persona giusta. (scrivilo anche tu nel tuo blog)

 
Rispondi al commento:
Don_Fabio
Don_Fabio il 26/05/06 alle 10:10 via WEB
Mi pare che prendersela con il signor Boglione non sia molto costruttivo. La Robe di Kappa ha solamente delocalizzato dove la manodopera è al costo più basso,operazione legittima e che ogni imprenditore con un po' di buon senso avrebbe fatto.Come diceva un mio prof. bisogna ragionare con il culo,ovvero a seconda della poltrona in cui uno è seduto. E se sono l'a.d. della Kappa cerco di massimizzare i miei profitti.Bisogna decidersi,o si vuole un mondo aperto al libero mercato o si decide per l'autarchia.Nel primo caso per alcuni settori (tessile in primis) in Italia resterà solo il design e l'headquarter,la gestione insomma e i poli più all'avanguardia,mentre la manodopera verrà trasferita nei paesi a minor costo del lavoro.Ed è assolutamente normale,non vedo dove sia il problema,l'Inghilterra per esempio ha perso totalmente il settore automotive e vive alla grande lo stesso.Poi magari un giorno si sveglieranno anche gli operai cinesi e inizieranno a fare un bello sciopero generale chiedendo più diritti,sperando che non succeda un'altra Tien An Men.Ma ora come ora noi non possiamo assolutamente competere a certi livelli di costo del lavoro,neanche riducendo il cuneo fiscale (ecco perchè la riduzione proposta da Prodi mi sembra una misura inutile,servirà solo a ridurre i costi alle aziende,che magari utilizzeranno quei soldi per investire all'estero, ma non farà assolutamente crescere l'occupazione).L'alternativa non è produrre in Italia o in Cina,l'alternativa è produrre in Cina o sparire.Poi ci sono altri settori dove i costi di trasporto impongono la produzione locale (penso ai cementifici per esempio).Altra soluzione (che odio) sarebbero i dazi,compensare il gap di costo con la tassazione dei prodotti importati (anche "italiani" di ritorno),soluzione largamente adottata dagli USA per molti settori (acciaio,prodotti agricoli)in modo da favorire la produzione locale.Forse è qui che bisogna lavorare,aprire il mercato più seriamente,non solo quando fa comodo agli export USA.Washington spesso accusa aziende straniere di dumping (vendita sottocosto nel mercato USA rispetto al mercato d'origine,cosa vietata dagli accordi del WTO) in maniera molto disinvolta (anche la Barilla spesso è stata accusata di questo),imponendo multe che hanno l'effetto di dazi.Io per come la penso spingerei per una apertura ancora maggiore,senza interessi locali e quindi senza dazi.I dazi poi sono la vera arma che tiene sotto scacco il terzo mondo.I Paesi del primo mondo in genere applicano dazi sempre crescenti sui prodotti sempre più trasformati.Quindi un paese povero che esporta caffè,se lo vende grezzo riesce a guadagnarci qualcosa,ma non ha convenienza ha creare aziende di trasformazione perchè poi sarebbe bloccato all'export,restando.Quindi io i dazi li odio per principio,non mi è piaciuta affatto la mossa dell'UE appoggiata da Tremonti.Io sono per un'apertura ancora più libera,senza guardare troppo agli interessi locali.Se poi questo vuol dire perdere alcuni settori pazienza,nel tessile avremo meno operai e più sartoria di lusso dove non ci batte nessuno.
 
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