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Il caso clinico: Una mente diversa

Post n°132 pubblicato il 28 Luglio 2008 da Williams_Sindrome
 

 

di Andrea Lavazza, da Mente & Cervello n.34
Da: Le Scienze

Meghan Finn è affetta da sindrome di Williams, una malattia rara che ha serie
conseguenze sullo sviluppo fisico e cognitivo. Eppure, nonostante le più cupe
previsioni dei medici, Meghan è diventata una star della musica e oggi è
impegnata per ricordare a tutti la bellezza e l'unicità della vita di ciascuno, che sia disabile o no.
Meghan piangeva nella culla, non riusciva a prendere sonno. Spesso sembrava sofferente. E, malgrado un sorriso contagioso e il forte attaccamento alla madre, non era in grado di avviare una comunicazione verbale con i genitori. A 18 mesi, il verdetto dei medici fu impietoso: ritardo mentale. A un'atterrita Liz Costello vennero mostrate fotografie di bambini dai visi orribilmente deformi.

Doveva prepararsi: sua figlia, probabilmente, sarebbe diventata così.
Alla fine degli anni settanta, la diagnosi sintomatica era basata su alcuni disturbi, caratteristiche somatiche e della personalità, mentre oggi i test genetici possono dare un'indicazione certa. Meghan era affetta dalla sindrome di Williams, una malattia rara che colpisce un nuovo nato su 20.000, dovuta alla perdita di una ventina di geni sul braccio lungo del cromosoma 7. Questa delezione ha conseguenze sul piano fisico, sia nello sviluppo sia nella funzionalità cardiaca, e su quello cognitivo.

I problemi di apprendimento si associano a difficoltà nel pensiero astratto e nelle abilità spaziali. In genere, il quoziente di intelligenza è ridotto di 35 punti rispetto a quello che si avrebbe senza la malattia, provocando una forma lieve o media di deficit intellettivo.
A quei tempi si sapeva poco di questa malattia, identificata soltanto una ventina d'anni prima. La madre di Meghan si sentì crollare il mondo addosso. Ma nel giro di pochi mesi notò la speciale attenzione manifestata dalla bambina per la musica, che la calmava e ne catturava totalmente l'attenzione, fino quasi a diventare per lei un bisogno fisico: un talento precoce che è stato la sua grande risorsa per affrontare l'handicap.
Oggi, a 30 anni, Liz può dire che sua figlia «ha una vita». Quella piccola che a due-tre anni già seguiva la melodia delle canzoni e ne indovinava il tono, suonando a orecchio il pianoforte, a scuola non riusciva a fare le più semplici operazioni aritmetiche.
Crescendo, Meghan non ha assunto i tratti mostruosi delle immagini mostrate ai genitori, però ha l'aspetto caratteristico della sindrome: la testa è piccola (microcefalia), la fronte ampia, gli occhi distanziati (ipertelorismo), la radice del naso infossata, le labbra grosse e il mento piccolo. Il collo è allungato e le spalle spioventi.
In classe e con gli estranei, Meghan non aveva problemi di relazione. Anzi, manifestava l'elemento più particolare della malattia, quello che continua ad attirare gli sforzi di comprensione degli studiosi di psicologia e neuroscienze. La cosiddetta personalità di Williams è infatti identificata da una notevole estroversione, sostenuta da una buona competenza linguistica, un carattere affettuoso e mancanza di inibizione sociale, combinati con scarsa comprensione delle dinamiche relazionali Meghan non manifestava difficoltà a chiacchierare con chiunque, ma poteva poi ignorare completamente i segnali che di solito, educatamente, l'interlocutore invia per cambiare argomento o mettere fine alla conversazione.
Studi recenti hanno infatti evidenziato che, nei malati di sindrome di Williams, l'amigdala (una piccola area del cervello importante per le emozioni e la paura) non si attiva quando vengono mostrati loro volti irati o preoccupati: è come se tutte le espressioni altrui apparissero amichevoli. Allo stesso modo, sfuggono loro molte sfumature che la maggior parte di noi inferisce dai volti, dal linguaggio del corpo e dal contesto.
Raramente hanno vere amicizie, sebbene nessuno per loro sia un estraneo.
Questo paradosso, fonte di frustrazione e di tristezza, è anche il mistero che attrae i ricercatori, che hanno definito la sindrome di Williams «un esperimento della natura», attraverso il quale studiare come e in quale misura i geni influenzino l'intelligenza e le capacità di costruire relazioni sociali.
I primi risultati degli esperimenti sugli animali portano ad affermare che i singoli geni non determinano un certo comportamento, bensì il complesso del patrimonio genetico individuale crea le strutture e le funzioni cerebrali, la cui (minima) diversità può favorire particolari abilità. Nel caso in questione, la mancanza di alcuni geni strutturali indurrebbe un minore sviluppo delle aree dorsali del cervello (che sovrintendono, per esempio, alle capacità spaziali e al riconoscimento delle intenzioni), mentre lascerebbe integre (e, forse per compensazione, persino più ricche di sinapsi) le aree ventrali, attive nel linguaggio, nella musica e nell'istinto sociale.
Meghan cominciò a frequentare la scuola in classi speciali, ma partecipava anche alle lezioni regolari, perché la madre era convinta che si impara anche osservando i compagni e la maestra.
Alle scuole medie l'autostima della ragazza cominciò a vacillare. Qualche anno alla Maplebrook School, un istituto per studenti bisognosi di attenzione particolare, la mise in contatto con altre persone segnate, ma non scoraggiate, da esperienze traumatiche. Psicoterapia, massaggi e supporto personale la aiutarono a riprendere fiducia, mentre crescevano il suo amore e la sua abilità per la musica. La svolta venne con uno stage nel Massachusetts, organizzato da un docente universitario, Howard Lenhoff, padre di Gloria, cantante lirica affetta dalla sindrome di Williams. Il responsabile del corso disse a Liz: «Sua figlia ha una gran voce. Dovete sfruttarla».
Meghan ha studiato, dal 1997 al 1999, all'interno di uno speciale programma della National-Louis University nell'Illinois, dove è riuscita per la prima volta a stare fuori casa da sola, dormendo all'interno del campus. Oggi, a trent'anni, è diventata una pop star del «mondo Williams». Ha inciso un cd, si esibisce in eventi benefici, riceve premi e sul palco, letteralmente, si trasforma. Il suo repertorio canoro spazia da Viva Las Vegas a The Glory of Love, con il microfono acquista sicurezza e intrattiene il pubblico parlando di rock, segni zodiacali e anche della sindrome che ha segnato la sua esistenza.
Il cammino di Meghan è stato anche quello dei suoi genitori. Entrambi lavorano nel settore immobiliare, e adesso sono fortemente impegnati nella Williams Syndrome Foundation, di cui Bob Finn è uno degli amministratori, mentre Liz tiene seminari per famiglie con bambini problematici. Spesso viene invitata con la figlia a raccontare la loro storia di tenacia e di speranza. E ogni volta Meghan sottolinea la bellezza e 'unicità della vita di ciascuno, disabile o meno: «Siamo tutti uguali, senza distinzioni di alcun tipo».
Da alcuni anni vive a San Juan Capistrano, in California, nella residenza Casa de Anima, realizzata per consentire a persone nella sua condizione di condurre un'esistenza indipendente. "Mi piace la libertà di cui posso godere ai. Mi piace uscire con gli amici - spiega - e pulire la mia stanza. È il mio appartamento». Sulle pareti, immagini di gatti, che Meghan ama molto.
Una volta alla settimana fa volontariato nel rifugio per animali randagi della città. Per tre giorni lavora in un centro commerciale: applica le etichette antitaccheggio sui prodotti:"È incredibile quante cose vengano rubate», scherza.
«La sindrome di Williams non è una malattia. Non la chiamo così perché non ne morirò. Ha a che fare con la delezione di una parte del cromosoma 7, che produce conseguenze fuori e dentro il corpo. lo faccio fatica a rimanere in equilibrio e a percepire la profondità, ma mi diverto moltissimo a parlare con la gente. Ho problemi con la matematica, però mi piace ballare. Leggo con difficoltà, eppure imparo qualcosa di nuovo tutti i giorni».
Ai ragazzi come lei dice: «La sindrome di Williams non ci ha reso stupidi. Abbiamo i nostri talenti. Abbiamo l'amore».
È ciò che sostiene in termini scientifici il neurobiologo di Stantorri Robert Sapolsky: «Chi è affetto da sindrome di Williams mostra un grande interesse per i rapporti umani, ma ha una scarsa competenza sociale.
Ma che dire di coloro che hanno questa competenza, senza provare però desiderio, calore o empatia? Sono sociopatici: sanno leggere nella mente degli altri, ma se ne disinteressano totalmente».
I genitori di Meghan sanno di essere fortunati, perché non tutti i bambini affetti da questa malattia riescono ad avere un'esistenza serena come quella di Meghan. E sono felici di vedere che la loro bambina ha un futuro diverso da quella nera profezia fatta dai medici che per primi la visitarono.

copiato dal sito: FamigliaSanvito

 
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Linfadoro
Linfadoro il 28/07/08 alle 14:53 via WEB
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