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Impegnatevi di più con i post non posso essere l'unico...
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salutino ^__^ ciao
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L'hanno scampata entrambi...fiuu.. pensavo peggio
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Bobby XXIX

Post n°222 pubblicato il 30 Aprile 2016 da deteriora_sequor







Quando si riebbe non si rese subito conto di avere ancora
fra le dita il messaggio lasciatogli da Elizabeth. Lo scartò
rapidamente e si immerse nella breve lettura abbassando
il capo. Quando ebbe finito diede in un singulto che
assomigliava a una risatina e si portò una mano agli
occhi, strizzandoli. Poi appoggiò con cura il biglietto sul
comodino e cominciò a pensare. Elizabeth, succintamente,
gli faceva sapere di essere stanca del ménage con il padre
e di essere pronta ad abbandonarlo se solo lui avesse fatto
un cenno o si fosse mostrato interessato. Concludeva con
delle rituali formule d'amore e i migliori auguri per la guarigione.
Gli lasciava un bacio. Già un bacio. Bobby guardò fuori dalla
finestra attraverso i tendaggi carminio e notò che splendeva
il sole (come doveva essere) e che la giornata si annunciava
formidabile. Possibile che la ragazza avesse notato il nuovo
affiatamento tra i suoi genitori e si fosse sentita messa da
parte da Mark Everard Fawcett? Possibile che ciò che era
vergato su quel misero biglietto non fosse altro che la ripicca
della orgogliosa suffragetta? Amava lui veramente o era
null'altro che un capriccio quasi infantile, una fisima di
quell'età, così instabile? Il giovane uomo guardò la stanza,
tentando di mettere a fuoco i dettagli: rifletté su Alice Muir
e si chiese come avesse potuto diventare amica intima
di Elizabeth. V'era qualcosa in quella clinica che infettava
i rapporti. Li rendeva mutualmente scambiabili e frutto più
di scaltro cinismo che di reale sentimento. La gente al suo
capezzale si ingannava vicendevolmente e creava un
girotondo orribile di coppie e passioni. Pensò che dovesse
essere l'aria mefitica di un ricovero per tubercolotici a
liberare gli ospiti di tutti i freni inibitori e di lasciarli rotolare
lungo il pendio come pietre che cozzavano sinistramente
l'una contro l'altra. Udì un lieve bussare alla porta ed ebbe
un moto di fastidio: s'era detto di lasciarlo in pace a
completare la convalescenza dopo il rischio di morte,
e invece non si esentavano ancora dal disturbarlo e
fiaccavano la sua pazienza. "Avanti" Fece con voce
sommessa e rassegnata. Un infermiera mise dentro la
testa e, con piglio brillante, annunziò la presenza del
Dottor Palubi, passato a salutare Bobby prima della
partenza definitiva. Il giovane uomo annuì felicemente
e si accinse ad accogliere l'idea della partenza della persona
che gli aveva salvato la vita dopo averlo accompagnato
alla morte. Palubi transitò per la soglia mentre la porta
si chiudeva alle sue spalle. "Finalmente un po' di
tranquillità" sorrise, e afferrò una sedia fra quelle
sparpagliate per tutto il locale. Si sedette di fianco
all'imponente giaciglio e tolse un'impurità dalla costosa
giacca di montone che gli induriva i lineamenti.
Poi si levò immediatamente il cappello e appoggiò a
terra il bastone da passeggio. "è strana la vita: nel momento
in cui dovresti biasimare la disgrazia ti arriva incontro
una peculiare pace e una grande serenità d'animo. Me
ne vado da questo posto con la fiducia nella bontà
degli uomini." Bobby represse uno sbocco di commozione
e strinse il polso del suo interlocutore.






(Continua)







 
 
 

Bobby XXVIII

Post n°221 pubblicato il 26 Aprile 2016 da deteriora_sequor





La mattina successiva arrivò il parroco di R. pensando di fornire
l'estrema unzione al malato di polmonite. Quando entrò nella stanza
erano tutti presenti: da Mark Everard Fawcett a Louise Jordan, da
Alice Muir a Elizabeth Powell, passando per sir Anthony Montague,
il dottor Palubi e lo spretato Edoardo Muller. Quando notò quest'ultimo
il giovane parroco diede in escandescenze e pretese che fosse lontano
dal luogo mentre si svolgeva la cerimonia. Palubi ne assunse le difese
e diede di contro a Roland Meier, invitandolo a mostrare più compassione
evangelica. "Da quanto ne so il signor Muller è mantenuto in questa
clinica dalla sua parrocchia. Perché dunque lasciare esplodere una
simile acrimonia? Oppure dobbiamo pensare che vi è qualche ragione
oscura dietro tanta generosità?" Il parroco si arrestò nel mezzo del locale
e offrì uno sguardo colmo di spregio al dottor Palubi. "Non accetto lezioni
da un ex professionista che sta per essere radiato dall'albo dei medici
per avere favorito il tentato suicidio di un suo paziente. Si tolga dai piedi,
fratello e mi lasci fare il mio dovere di cristiano." Mark Everard Fawcett
tossì rumorosamente e Bobby si levò sui gomiti dal proprio letto. "La
prego, pastore, non accendiamo ulteriori discordie e contrapposizioni
nel momento in cui comincio a sentirmi meglio. Come vede sono cosciente
e non ho bisogno di nessun officio ultimativo, e mi lasci dire che buona
parte del merito per la mia guarigione va attribuito proprio a quell'uomo
che lei ha trattato con tale disprezzo. Mi è stato vicino senza pretendere
nulla in cambio che non fosse la causa della felicità umana. E ritengo,
seriamente, e da ateo, che le sue preghiere e le sue invocazioni siano
state rivolte nella direzione giusta." Roland Meier si passò perplesso
una mano tra i capelli neri e annuì gravemente. "Tanti sono i misteri
della Divinità. Essa si può servire anche dell'ultimo fra i mascalzoni
e usarlo come canale per risvegliare la sensibilità alla fede in chi
l'aveva smarrita. Di fronte a una tale dimostrazione di potenza e
fervore faccio un passo indietro e mi inchino alla Santità di Chi regge
i cieli e scioglie gli enigmi in terra. Vuole confessarsi, Robert Fawcett?"
Bobby si girò a guardare tutte le facce che pendevano dalle sue labbra.
"Non ora, pastore. Ho bisogno di solitudine e raccoglimento. Adesso
la mia mente è piena di confusione a causa dei tanti interessi, spesso
poco puliti, che si stanno giocando sulla mia pelle di Lazzaro, tornato
dalla morte. Gradirei solo che questa stanza fosse liberata." Un
infermiere, che aveva assistito a tutta la scena concitata, batté
rumorosamente le mani e invitò i presenti a togliersi di torno per
permettere il riposo al degente e il suo fuoriuscire dallo stato di
confusione e di perplessità. Ognuno, con qualche recriminazione,
sgomberò il campo. Solo Elizabeth Powell riuscì con un movimento
repentino della mano a fare scivolare nel pugno di Bobby un pezzo
di carta, con sopra vergato un microscopico messaggio. Il giovane
uomo lo accettò e, mentre udiva l'allontanarsi della lenta processione,
chiuse gli occhi e sprofondò in un dormiveglia tormentato.





(Continua)






 
 

 

 
 
 

Bobby XXVII

Post n°220 pubblicato il 20 Aprile 2016 da deteriora_sequor







Quest'ultimo si lasciava andare a cupe riflessioni. Con il riavvicinarsi
di Louise Jordan a Mark Everard Fawcett il suo destino era segnato.
Nemmeno avrebbe, forse, avuto un passaggio per ritornare in Italia
e sarebbe rimasto sepolto nella clinica in attesa di tempi migliori.
Anche lui restava il più a lungo possibile accanto al giaciglio di Bobby,
sentendo uno strano affetto per quel giovane uomo che, per certi
versi, gli assomigliava così tanto. Era poi affascinato dalla strana
figura di Edoardo Muller che, tollerato dagli infermieri, non la smetteva
di fare sentire la sua presenza all'interno dell'ampio locale. Non appena
gli addetti avevano terminato il loro lavoro lo spretato implorava e
pregava così tanto, da essere lasciato ancora qualche oretta a fianco
del malato. Palubi controllò la cartella clinica di Robert Fawcett per un
ultimo scrupolo avanti completare i bagagli. La situazione si metteva
miracolosamente al meglio e la risposta fisica del malato agli stimoli
era pronta e positiva. "Sta guarendo" Biascicò passando a fianco di
sir Anthony Montague "Non so come sia potuto accadere, ma sta
meglio." Tony lo fissò con le orbite arrossate :"é strano, dottore, ma
non riesco a uscire più da questa stanza. Come quello spretato. è
come se tanta parte del nostro futuro risiedesse nella guarigione di
quell'individuo. Davvero, per me è un mistero!" Palubi lo scrutò
attentamente, poi prese a discorrere amabile :"Oh, la capisco.
Fawcett non ha avuto una vita fortunata, come una buona fetta di
noi che ora gli stiamo vicino. La chiami scaramanzia, ma è come se
dal suo miglioramento dipendesse un briciolo di sole anche per chi
non lo ha abbandonato. Comunque, se le interessa, ha smesso di
nevicare." "Mi sta invitando a togliere le tende? E dove andrei? La
mia amante ufficiale si è rimessa con il suo ex marito e filano d'amore
e d'accordo. Lei, dottore, avrà sempre qualche influente protettore
che le procurerà un posto di prestigio in qualche ospedale. La mia
esistenza, al contrario, forse è compromessa per sempre." Palubi
si tolse gli occhiali, pulendoli ostentatamente con una pezzuola
immacolata :"Non ho protettori, sir Montague. Quello che ho avuto
me lo sono guadagnato da solo senza padrini o anfitrioni. Non ho
mai rubato né spacciato morfina o contraffatto ricette. La mia sola
colpa è stata di avere accompagnato un uomo che, a mia insaputa,
desiderava morire." "Questo le fa onore". "Ma non mi procurerà un
nuovo lavoro: il mondo non è adatto alle anime belle, ciò che conta
sono attestati, appoggi e piaggeria. Il resto sono bubbole". "Perché
non resta e attende i miglioramenti di Bobby? Avviarsi adesso sarebbe
un'ammissione di sconfitta." "Anche farlo dopo. Non creda che cambi
qualcosa a rinviare gli appuntamenti con il destino. Prima ci si chiarisce
il futuro meglio è. Inoltre, cosa si attende dal risavimento del signor
Fawcett? mi permetta di essere spietato, Montague, ma se crede
di attaccarsi a un altro carro sulla strada per gioia, denaro e onori
sta sbagliando decisamente indirizzo. Bobby è quasi spiantato se
si eccettua un lascito da parte dei suoi nonni su cui stavano battagliando
i genitori. Non si attenda di essere ricoperto d'oro." sir Anthony
Montague sorrise pallido :"mi attendo solo che mi riconosca, poi
 potrò dire di essere un uomo felice e andarmene sulle mie gambe,
a testa alta."





(Continua)






 
 

 
 
 

Bobby XXVI

Post n°219 pubblicato il 15 Aprile 2016 da deteriora_sequor





Negli ultimi tempi un omuncolo, un prete spretato alto un soldo di
cacio, aveva preso a sgattaiolare nella camera di Robert Fawcett
senza essere notato in modo particolare da nessuno. Indossava
una tonaca impolverata ed era uno dei degenti della Clinica a più
basso livello. Risiedeva in una sorta di sottoscala e le sue spese
di mantenimento erano pagate (chissà per quale ragione) dal
parroco di R. Edoardo Muller (così si chiamava) si fermava dietro
il muro di infermieri, medici, consanguinei e conoscenti e si mordeva
le unghie, attendendo il suo turno di parlare con il malato e discutere
di situazioni varie. Egli aveva costituito una sorta di sodalizio con il
rovinato dottor Palubi, che lo accoglieva nel suo ufficio per spargere
calde lacrime sulla sua carriera compromessa e sul suo destino
amaro. Edoardo Muller lo ascoltava, scacciando talvolta delle mosche
immaginarie davanti al suo viso, e gli suggeriva brani delle Sacre
scritture da leggere e meditare. Palubi lo aveva ringraziato facendolo
accedere alla camera di Bobby più di quanto fosse consentito e
dignitoso. I presenti, vedendolo in tonaca, lo consideravano una specie
di sacerdote e anche il rettore della clinica non aveva nulla da dire
sulle sue intrusioni. Anzi, era convinto che un pizzico di dialogo con
l'Aldilà non potesse che giovare al degente e, magari, creare le basi
per qualche inatteso miracolo. Una sera, che tutti avevano levato le
tende e la povera vittima giaceva indifesa tra le coltri del letto, Edoardo
Muller s'era fermato con un rosario nella mano sinistra e una grande
croce nella destra. Poi aveva sussurrato nell'orecchio di Bobby parole
di contrizione e pentimento sulla sua vita passata, invitando il suo
obbiettivo a fare lo stesso. Il giovane uomo aveva allungato il braccio
per tenerlo lontano, ma alla fine s'era ritrovato a ripetere le formule
suggeritegli nel delirio. Edoardo era scoppiato a piangere e aveva
abbracciato la scarna figura del suo interlocutore. In realtà in Bobby,
avviato verso la fine terrena, cercava la figura di un confessore, oppure
di qualcuno che assolvesse i suoi peccati in punto di morte. E quest'ultimo,
nei rari momenti di lucidità stava imparando a tollerare la figura del
piccolo ex sacerdote e ad esserne persino affezionato. Negli ultimi,
scarni scampoli di esistenza terrena lo cercava per la stanza con lo
sguardo, e quando approdava davanti a lui il sorriso gli si allargava
dalle labbra sino al cuore. Fu in questo periodo che Bobby non si
decise a morire. Il dottor Palubi stava allestendo il suo bagaglio
per allontanarsi dalla clinica, quando pensò di porgere il suo ultimo
saluto a chi era stato causa della sua disgrazia lavorativa. Si recò
nel santuario del giovane uomo e, invero, lo trovò molto migliorato:
il rosso acceso delle guance s'era smorzato e la tosse feroce s'era
placata. Rifletté che, forse, il funerale di Robert Fawcett era stato
allestito con eccessivo, largo anticipo. Decise di fermarsi anche lui
al capezzale del malato, e attendere gli sviluppi. Nessuno glielo
impedì, anche per umana pietà. Fu così che mentre, sorprendente
mente Bobby aveva preso una curvatura positiva, le persone che
gli gravitavano intorno s'erano strette fra loro in maniera inattesa:
Mark Everard Fawcett e Louise Jordan avevano riallacciato una
sorta di rapporto e, spesso, li si poteva trovare al bar dell'edificio
a tracannare grappe aromatizzate. Elizabeth Powell e Alice Muir
erano diventate amiche per la pelle e non si lasciavano mai,
condividendo interminabili partite a carte ed estenuanti escursioni.
Parevano attendere con un sorriso condiscendente lo strano
mutamento nella salute del giovane uomo e nel frattempo condividevano
centinaia di passioni comuni. Solo una persona restava sulla soglia
della camera di Bobby a fissare tutto e tutti con aria persa e malinconica.
Era sir Anthony Montague.





(Continua)






 
 
 

 
 
 

Bobby XXV

Post n°218 pubblicato il 11 Aprile 2016 da deteriora_sequor





Bobby fu spogliato e messo a letto. E immediatamente la febbre
gli crebbe fino a sfiorare temperature preoccupanti mentre nella
clinica era scoppiato il finimondo: ben presto si era sparsa la voce
che Fawcett, l'ereditiere si fosse gettato nei laghetti di Flossen
tentando di suicidarsi. Il delicatissimo equilibrio su cui si reggeva
quella eterogenea comunità di malati ne fu sconvolto. Nei corridoi,
nelle stanze e nelle sale non si parlava d'altro e i medici si trovarono
di fronte casi improvvisi di depressione e turbamento cerebrale. Si
temettero per un lungo periodo gesti imitativi e la sorveglianza sui
degenti venne resa più severa. Bobby, nel frattempo, boccheggiava
nella sua stanza circondato dalle stesse persone che se l'erano
conteso nella manciata di ore precedenti. V'erano tutti: Da Louise
Jordan ad Anthony Montague, da Mark Everard Fawcett a Elizabeth
Powell, fino ad Alice Muir. Tutti costituivano un muro umano per cui
era difficile passare, anche solo per recare assistenza medica al
giovane uomo. Alla fine, sotto la pressione del direttore generale,
furono tutti sbattuti nel corridoio e costretti a visionare il loro capitale
umano ed economico in tempi contingentati e ristretti. Mark Everard
Fawcett e Louise Jordan si ritrovarono a parlare di nuovo per
discutere del testamento di Bobby e sulla sua validità. "Certo"
sosteneva il padre "Sarebbe meglio una carta scritta di suo pugno
durante un momento di lucidità. Per quanto ne so non ha lasciato
nulla riguardo le ultime volontà e questo complicherebbe le cose sul
lascito." Louise Jordan annuiva pesantemente e, nel frattempo,
pensava quanto non fosse male il decisionismo di quell'individuo
solido e quadrato, la prorompente vitalità che emanava da ogni suo
gesto :"Perché mai l'avrò abbandonato?" Rifletteva. "Per quel
zerbinotto di Tony, poi? Cosa ho acquistato in questi anni lontano
da lui se non noia, stordimento, indecisione, miseria e scarsa
soddisfazione sessuale. Decisamente, ho fatto la mossa sbagliata.
Ma non è detto che non si possa rimediare." Questo pensava
la madre di Bobby, che giaceva con un inizio di polmonite nella
sua grande stanza e già cominciava a sproloquiare. Sir Anthony
Montague stava rabbrividendo quasi come il malato, e sentiva
il terreno franargli sotto i piedi. Con l'intuito acutissimo del mantenuto
di professione si rendeva perfettamente conto che i suoi giorni
sbandati e felici stavano giungendo al capolinea e un malessere
diffuso gli prendeva gli arti e il cervello annebbiato :"Dove finirò
adesso?" Si ripeteva meccanicamente "Il mio destino sembra
segnato." Elizabeth Powell e Alice Muir, nel frattempo, avevano
stretto amicizia e passeggiavano tenendosi per mano lungo
l'ampio corridoio, discutendo su Bobby, i suoi difetti e i suoi pregi,
le sue indecisioni, il suo splendore e i suoi abusi. "Una persona
fragile, tanto fragile." Ripeteva scotendo la testa Alice. "Ma un
individuo sensibile e capace di preoccuparsi veramente per te."
rispondeva Elizabeth mentre con il ricordo andava alle parole
profonde e disinteressate che lui le aveva rivolto per metterla in
guardia verso Mark Everard Fawcett. E, in questa maniera, con
rapporti vecchi e nuovi che si facevano e disfacevano, trascorrevano
i giorni, e le condizioni di Bobby viravano al peggio. Ormai stava
sfiorando il completo deliquio.





(Continua)







 
 

 
 
 

Bobby XXIV

Post n°217 pubblicato il 06 Aprile 2016 da deteriora_sequor






Bobby si staccò dal suo accompagnatore e avvicinò i due
laghetti smeraldini. Le basse temperature avevano già
creato una crosticina di ghiaccio sopra la loro superficie
e i robusti fiocchi di neve andavano a sbattervi sopra,
sviluppando una lievissima cordigliera bianca che
ingannava sulla consistenza della lastra. Il dottor Palubi
fissava incuriosito il suo paziente percorrere le sponde
degli specchi d'acqua, inspirando rumorosamente, senza
staccare lo sguardo dalla meravigliosa e toccante scena.
Rimasero così per diversi minuti, l'uno distante dall'altro
mentre la nevicata si faceva sempre più fitta. Poi capitò
uno di quei momenti che il medico avrebbe ricordato per
tutta la vita: il giovane uomo con un urlo lacerante si era
gettato dentro uno dei due laghetti a peso morto, bucando
la sottile lastra di ghiaccio e sprofondando sino a metà
della vita nell'acqua gelata. Palubi ebbe uno scatto violento,
come se gli avessero improvvisamente torto il collo, scartò
bruscamente e si lanciò senza riflettere verso Bobby. Entrò
anche lui in acqua per tutta la lunghezza delle gambe e lo
afferrò con violenza cercando di trascinarlo a riva. Ma il
giovane uomo si dibatteva, schiumava rabbia, pareva
intenzionato a raggiungere, costasse quel che costasse, il
centro della polla. Fu solo dopo una lotta accanita che il
dottore riuscì a trarre sulle sponde quella furia esaltata,
approfittando della sua debolezza congenita e del suo stato
di salute precaria. Quando si furono tratti dall'acqua Palubi
non si trattenne e allungò un ceffone al volto quasi
congestionato dell'altro escursionista. Tutta la rabbia
repressa per quell'improvviso tradimento affiorò a galla
e lo fece urlare di delusione :"Perché mi ha fatto questo?"
Bobby cominciava già a tremare e il medico pensò bene
di rimettersi in marcia verso la clinica, sperando di incontrare
qualcuno lungo il cammino. Qualcuno che lo potesse aiutare.
Procedettero per un quarto d'ora sentendo i pantaloni
mutarsi in una sottile foglia di ghiaccio. Dall'alto scendevano
fiocchi sempre più spessi e fitti. E fu solo dopo mezzora,
intirizziti e stravolti dal freddo che giunsero in vista dell'edificio
imponente. E Palubi prese a chiamare aiuto. Accorsero gli
addetti, che issarono Bobby mentre tutti gli ospiti s'affacciavano
alle finestre. Il dottore corse nello spogliatoio per cambiarsi
rapidamente e detergersi con degli asciugamani. Nel frattempo
non riusciva a fare a meno di riflettere sulla sua carriera
rovinata e sull'ignominia che lo attendeva: aveva scortato un
degente, visibilmente instabile, sino ai laghetti d Flossen, senza
un infermiere e sotto una fitta nevicata. Si era fidato di Robert
Fawcett e quest'ultimo lo aveva tradito, gettandolo nella
disperazione più cupa. Come, come aveva fatto a non
intuire i secondi fini di quel pazzo? Come aveva fatto a non
afferrare le pulsioni suicide del paziente? La sua indole
autodistruttrice, che affiorava come bolle d'aria dal centro
delle polle? Era stato terribilmente ingenuo e fiducioso nei
"nuovi metodi" di cura. E ora ne avrebbe pagato le conseguenze.





(Continua)






 
 
 

Bobby XXIII

Post n°216 pubblicato il 02 Aprile 2016 da deteriora_sequor

 






"Allora si prepari. Indossi qualcosa di decente per una
camminata nella neve e non mi faccia attendere troppo.
Io sarò pronto fra dieci minuti." Bobby trattenne a stento
l'entusiasmo che gli traspirava da tutti i pori e fece dietro
front immediatamente, per rifugiarsi nella sua ampia stanza.
Questa volta mise l'orecchio sulla porta prima di entrare,
poi girò la chiave. Non voleva sorprese o trovare inquilini
per quanto improbabili ma, pur sempre, molesti. Fece il
suo ingresso cercando di temperare la gioia che gli
attraversava tutto il corpo come una scarica galvanica.
Prese a vestirsi pesante in maniera rapida ed efficace.
In pochi minuti era già pronto per l'uscita indossando
persino un colbacco regalatogli da suo padre tanti anni
prima. Ai piedi aveva dei valenki sempre russi recuperati
a un mercatino delle pulci, e, a fasciargli tutto il corpo,
un bel cappotto di montone con dei risvolti di pelliccia di
martora. Indossò finalmente dei guanti di capretto ed
era pronto ad avviarsi incontro al suo accompagnatore.
Uscì con il cuore in gola e il dottor Palubi gli stava
venendo incontro attraverso il l'ampio corridoio. "Allora?
La vedo prontissimo per l'escursione!" "Anche lei, dottore."
"Le confesso che anch'Io amo girovagare sotto la neve.
Non è una cosa che faccio abitualmente e che ,tantomeno,
consigli ai miei pazienti... ma assomiglia a un'esperienza
mistica, l'immersione completa e senza mediazioni nella
Natura: come spingere la mano attraverso una barriera
invisibile." Bobby annuì serafico e, prendendosi a braccetto,
i due s'avviarono da una delle uscite secondarie verso il
sentiero che conduceva ai laghetti di Flossen. Percorsero
in scioltezza le prima centinaia di metri in notevole pendenza
fino a quando il terreno battuto spianò e la neve cominciò
a scendere sempre più consistente, attaccando con grossi
fiocchi al suolo. "Cosa l'ha spinta a questa bravata, Fawcett?"
Chiese Palubi. L'uomo si pizzicò il naso con due dita guantate
e lanciò un'occhiata colma di serenità al suo interlocutore.
"Voglia di pulizia, credo. Quando scende la neve ho sempre
l'impressione che si deterga l'orizzonte e che anche i miei
pensieri diventino più lucidi. Ho un bisogno disperato di
mettere ordine nella mia vita e di sciacquarmi i pensieri
dentro i laghetti di Flossen." "Detto così suona più tragico
di quanto appaia. Lei, signor Fawcett ha solo bisogno che
la lascino in pace con le sue meditazioni. Deve depurarsi.
Mondarsi della sozzura che ha incrostato la sua vita fino
adesso. La tubercolosi è un dettaglio." Bobby lo squadrò
perplesso. Eppure sapeva delle visioni poco ortodosse di
Palubi riguardo la tisi. "Intende dire che una migliore condotta
di vita potrebbe influire sulle mie condizioni di salute?" "Non
lo dico. Ne sono sicuro." Robert Fawcett crollò lievemente la
 testa e si azzittì per immergersi nei pensieri tersi suggeriti
da quella fitta nevicata. Nel frattempo avanzavano con qualche
difficoltà ma furono rapidamente in vista dei laghetti di Flossen.
Codesti erano due minuscole polle d'acqua affiancate, all'interno
di un catino naturale formato dalle Alpi circostanti. Pur nella
loro essenzialità monastica trattenevano qualcosa di grandioso
e suggestivo e rimandavano alla purezza di esperienze primigenie
lontane da mondanità e corruzione. Era quello che necessitava
per ricomporre e restaurare un quadro sfregiato all'interno di
una composizione composta e antichissima. E così si sentivano
i due uomini giunti sino a quell'altezza: minuscoli granelli di polvere
sopra una specchio assolutamente limpido.
 






(Continua)








 
 
 
 

Bobby XXII

Post n°215 pubblicato il 29 Marzo 2016 da deteriora_sequor







La giornata che volgeva al peggio portava serenità nel cuore
di Bobby. Si mise a camminare sull'ampio terrazzo dove, fino
al giorno prima stavano le sdraio dei malati, distesi a ricevere
i benefici raggi dell'astro. La fitta nevicata aveva già ricoperto
con alcuni centimetri di manto bianco la vasta superficie spoglia.
Discese le scale che portavano alla strada principale e rifletté:
dopo mesi di assoluta solitudine tutti si stavano affollando
intorno al suo letto di agonia. Di alcuni, come suo padre e sua
madre, ne capiva perfettamente, e tristemente, le ragioni. Di
altri come Alice Muir ed Elizabeth Powell gli sfuggiva il nesso
e si rinfocolava il mistero. Perché Alice si era mossa dalla sua
comoda città, magari da un nuovo amore, per venirlo a recuperare
tra le mura di un sanatorio? Era pietà? Interesse? Senso di colpa?
Ed Elizabeth? in pochi minuti di conversazione si era stabilito fra
loro una complicità e una comprensione reciproca che aveva
dello stupefacente...ma non era forse anche la suffragetta
manovrata da quel lestofante di Mark Everard Fawcett? Non
v'era forse il rischio che Lui, anima (malgrado tutto) candida,
si facesse ammaliare e intrappolare in una vicenda più grande
delle sue intenzioni? Sentì un brivido di freddo e capì che se
il Dottor Manziger lo avesse visto all'aperto sotto la neve gli
avrebbe fatto una robusta lavata di capo. Tanto più che teneva
ancora indosso gli abiti eleganti e leggeri indossati per la colazione
mancata. Fece dietrofront e rientrò all'interno della clinica crollando
la neve dalle maniche della giacca. Si guardò intorno e trovò la
desolazione e il deserto più assoluto. Elizabeth e suo padre erano
spariti chissà dove, e non v'era traccia degli ospiti della residenza.
Tutti stavano, probabilmente, rinchiusi nelle proprie stanze a fissare
i fiocchi di neve che scendevano lentamente dal cielo. Oppure
avevano preso in mano un buon libro e si davano alla lettura. O
forse erano in delle sale comuni a giocare a whist? Nessuna di
queste opzioni lo entusiasmava, né aveva voglia di espletarne
qualcuna. Ciò che avrebbe voluto veramente sarebbe stato
indossare il suo completo pesante e uscire da quella prigione
dorata per recarsi fino ai laghetti di Flossen per rimirare il
meraviglioso picchiettare della neve sulla superfice semighiacciata
e lo scurirsi progressivo delle sue azzurre acque. Decise, in un
istante, di chiedere al dottor Palubi, un italiano che conosceva
come grande appassionato di natura di accompagnarlo nella
sua escursione. Era un colpo di testa e, di certo, avrebbe ricevuto
in risposta un bonario rifiuto ma valeva la pena di tentare. Inforcò
la scalinata ignorando l'ascensore e giunse presso gli studi dei
medici. Chiese alla segretaria di Palubi se il dottore fosse libero
e fu fatto passare. Quando entrò nell'ampio locale Palubi (come
le decine di degenti della clinica) stava osservando dall'ampia
finestra la fitta nevicata. Il medico parve riconoscere il suo paziente
addirittura dal passo e, senza voltarsi, chiese con affabile cortesia:
"Arrivato lo spleen, Mr. Fawcett? Non mi chieda perché ma lo
immaginavo appena ho notato la giornata mettersi al peggio. E so
anche cosa sta per chiedermi, ma la risposta, purtroppo, è No."
Bobby si sedette esaurito in una delle poltrone "Perché no,
dottore? Non mi farà più male che restare qui dentro a macerare.
Spiritualmente per me sarebbe una gran cura." "Ma il suo fisico
debilitato? Non sa come potrebbe reagire?" "Bene. Si rinfrancherebbe.
Sono sicuro che una bella passeggiata sotto zero mi temprerebbe
nel corpo. E poi...ne ho bisogno." "Intende dire  che vi andrebbe
comunque? Anche senza la mia compagnia?" "La risposta è
affermativa. Nessuno me lo può impedire con la forza. Noi siamo
qui per curarci, non per restare dietro le sbarre." Il dottor Palubi,
finalmente, si girò e prese a squadrarlo con un interesse e una
curiosità che nemmeno nei momenti più stretti del rapporto medico
paziente aveva mai mostrato. Si sedette dietro la scrivania e sorrise.





(Continua)






 
 
 
 
 

Bobby XXI

Post n°214 pubblicato il 23 Marzo 2016 da deteriora_sequor







"Fu così che, con quell'ultimo bicchiere al Wakefield, conobbi
suo padre, Robert. Le potrà sembrare strano, forse persino
scandaloso che una ragazza di ventidue anni dia confidenza
a un uomo tanto maturo ma, vede, ho imparato dalla vita a
non attribuire soverchia importanza alle apparenze e a fidarmi
delle mie impressioni più di quanto mi fidi delle voci di corridoio
o delle chiacchiere da lavandaia. Quello che ha fatto suo padre
è stato un gesto immensamente coraggioso per i tempi che
corrono e la sua classe ed eleganza mi hanno fatto comprendere
che tipo di uomo sia." "Lui era ubriaco e Lei è una persona troppo
ingenua. Mi permetta di conoscere mio padre meglio di quanto
possa capitare a lei." "Ne è davvero così sicuro? Anche lei parla
per stereotipi. Sembra di sentire discorrere sua moglie. Sicuro
di non essersi fatto influenzare troppo da Louise Jordan?" Bobby
la scrutò attentamente per alcuni secondi, poi diede un'occhiata
al tavolo dove stava seduto, ad osservarli, Mark Everard Fawcett.
"Senta, mio padre non ama nessuno tranne sé stesso e la sua
capacità di stupire. è un saltimbanco, un intrattenitore, un individuo
profondamente annoiato e insensibile. Per ogni incontro ha una
maschera adatta, come un attore consumato. L'ho visto dialogare
facilmente con vescovi, puttane, ministri e medici radiati dall'albo.
Di tutti conosce tutto, e per tutti ha una parola buttata lì, in apparente
casualità, capace di farti restare a bocca aperta. è un camaleonte.
Un uomo che si adatta e si mimetizza con l'ambiente che lo circonda."
Elizabeth Powell ascoltava attentamente ma, nel frattempo, sotto
le notazioni di Bobby la sua maschera di combattente pareva
sgretolarsi per lasciare spazio a una profonda emotività e a una
temperie interiore che urlava per affiorare in superficie. "Creda a
 me: non farà la sua felicità. Lo lasci, lo abbandoni. Lui ci farà
sopra un piccolo pianto e subito partirà in caccia della prossima preda
senza fare una piega ulteriore. Mio papà è assolutamente incapace
di innamorarsi o di provare un sentimento che non sia l'ammirazione
estatica per sé stesso e le sue qualità di guitto. Si salvi, Elizabeth,
si metta in salvo e lo abbandoni." Fu a quel punto che, mentre
la giovane si accingeva a replicare con il volto in fiamme, Mark
Everard Fawcett fece la sua comparsa silenziosa alle loro spalle
sfoderando una delle sue risate da manuale :"Ebbene? Vi state
appartando da venti minuti. La colazione è abbondantemente finita
e stanno sparecchiando tutto. Cos'hanno i miei piccioncini da
raccontarsi di tanto importante e decisivo? Potrei pensare, Bobby,
che tu stia provando a rapirmi la deliziosa amica, o no?" Il giovane
uomo sollevò il labbro inferiore e si girò di scatto per non subire
ulteriormente la vista del padre. Poi girò i tacchi e uscì in terrazzo
sotto i fiocchi di neve.






(Continua)






 
 
 
 

Bobby XX

Post n°212 pubblicato il 19 Marzo 2016 da deteriora_sequor







"Non posso vantarmi, purtroppo, di una vita facile e serena. Mia madre
era quella che chiamano donna di vita ed era solita portarsi a casa i
clienti malgrado la mia presenza. Ebbene, nonostante ciò, grazie
all'interessamento di una mia parente venni avviata a studiare in un
collegio religioso, gestito con mano ferrea dalle suore, e lì trovai quello
che era inscritto nel mio destino." "Chi? Forse mio padre?" "No. La
piena coscienza di me stessa. Mi diplomai in tutta tranquillità e, uscita
dal collegio, trovai un lavoro come insegnante presso un altro istituto
religioso. Vi trascorsi due anni, senza mai transigere al mio codice
personale di dignità, decoro e lavoro, finché pensai che la Donna
era stata tenuta per troppo tempo con la testa sotto le suole maschili.
Sono diventata suffragetta e, per questa ragione, allontanata dalla
scuola. Sono stata considerata una pericolosa terrorista. Incarcerata
più volte e sempre assolta. Poi nella mia vita è entrato suo padre."
"Transitava per caso a un convegno di suffragette?" La ragazza
smise di stirarsi i lunghi capelli rossi, abbassò il sopracciglio e fissò
intensamente Bobby :"La diverte irridermi, vero Robert? Scommetto
che lei pensa di essersi trovato improvvisamente di fronte a una di
quelle fanatiche che interrompono i derby d'ippica sventolando cartelli
e urlando slogan. Ebbene, avrebbe ragione. Mi è capitato di trovarmi
in quel genere di situazioni e non me ne pento. Ma, per quanto riguarda
suo padre mi dispiace deluderla: nessun convegno di militanti. Si
trattava di una cena con un'amica all'Astor e suo padre era seduto
da solo e pensoso al tavolo fianco al nostro. Probabilmente deve
avere buttato l'orecchio a un nostro discorso, dal momento che si
è alzato in piedi con il calice colmo e ha urlato: brindo al coraggio
delle suffragette!" "Doveva essere ubriaco." "Fa differenza? Una
buona bottiglia di vino scioglie le inibizioni ed estrae il nostro vero
essere. In quel momento fui veramente sconvolta dal coraggio di
Mark Everard Fawcett e sollevai il calice alla sua salute. Maggie,
la mia amica rimase seduta e un po' confusa. Arrivò il caposala
per calmare le acque e minacciando di buttarci fuori. Tutti e tre.
Qualcosa di assolutamente inedito e imprevedibile per un posto
come l'Astor. Suo papà accennò a calmarsi, ma dopo qualche
minuto vidi che mi strizzava l'occhio e prendeva nuovamente a
sollevarsi. Da lì a un altro grido in onore delle suffragette fu
questione di un attimo, sempre con il calice pieno di vino rosso.
Ma stavolta i camerieri lo tenevano d'occhio e lo placcarono in
un attimo, lo bloccarono e lo portarono all'esterno tenendolo
come un sacco per le braccia e le gambe, fino a scaraventarlo
sul marciapiede. Io e Maggie lo avevamo seguito, preoccupate
che gli dessero una razione di botte, ma si limitarono a lasciarlo
tutto ammaccato e sgualcito di fronte al ristorante. Noi lo tirammo
in piedi e cercammo di rimetterlo in sesto. Indubbiamente era
brillo ma non ubriaco fradicio e gli porgemmo il bastone e la
bombetta. Lui si scosse la polvere dai vestiti e, come se nulla
fosse successo prese ad avviarsi in direzione di una carrozza
ringraziandoci con clamore. Proprio mentre stava incamminandosi
s'arrestò di botto e ritornò sui suoi passi presentandosi cerimoniosa
mente. Io e Maggie ricambiammo e Lui propose di bere un bicchiere
della staffa al bar dell'hotel dove risiedeva, il Wakefield. Per non
sembrare scortesi Io e la mia compagna accettammo, ma potevo
vedere il dubbio farsi strada nella testolina di Maggie. Per quanto
mi riguardava ero assolutamente tranquilla: ne avevo viste
talmente tante con mia madre che realizzavo immediatamente
quando un uomo poteva diventare pericoloso o improvvisamente
innocuo."





(Continua)






 
 

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: deteriora_sequor
Data di creazione: 13/05/2013
 
 

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