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Post n°200 pubblicato il 01 Febbraio 2016 da deteriora_sequor
Ma non riuscì a pentirsi. A fermarsi e andarle incontro e fare ammenda delle sue parole. Era troppo orgoglioso, o forse troppo stupido. Poi gli si ripresentava il solito problema: che fare un passo indietro con una donna significasse consegnarsi, mani e piedi legati, al libero capriccio di quest'ultima. Atteggiamenti infantili, pensava, ma non per questo meno efficaci nel farlo restare lì, piantato come un palo, a guardare una donna che aveva amato mentre piangeva. Lei gli camminò di lato e passò oltre mentre si ricomponeva. Uno stambecco fece capolino da dietro una cresta per sparire immediatamente. Nell'aria volavano i richiami delle marmotte. La guardò da dietro mentre si incamminava, piccola e testarda lungo la strada di montagna. E, spaventosamente, fu il suo turno di essere abbattuto dalla tristezza e vinto dalla commozione. Lunghe strisce argentine gli solcarono le guance e rantoli soffocati lo squassarono tutto mentre tentava di riprendere la via attraverso lo schermo degli occhi imbrattato di lacrime. Alla fine si mise in moto e si rese immediatamente conto che entrambi stavano spargendo afflizione su quello che poteva essere e non su quello che era stato. Un sorriso gli attraversò il volto e il sapore salato delle lacrime gli si fuse in gola a quello, più sbarazzino, della gioia. "Alice, scusami!" E si rese conto di avere urlato sino a fare rimbombare la vallata stretta. Lei si fermò e allargò le braccia, girandosi. Lui fece qualche passo e Le cadde addosso. Straziati e con il volto striato di rosso si ansimarono dentro senza trovare nemmeno una parola per esprimere quel loro stato di disperazione e felicità. Alla fine si fusero in un bacio lunghissimo, scambiandosi il gusto pungente dell'emotività misteriosa e incomprensibile. Poi, finirono a guardarsi per un tempo lunghissimo. "Non ho il diritto di fare irruzione nei tuoi sentimenti". Proruppe Lui accorato, e pentendosi immediatamente della propria teatralità, che poteva assomigliare a una contraffazione sbilenca del Vero Amore. Alice faceva finta di non sentire e stava lì, ad accarezzarlo come un bambino improvvido e squinternato. Bobby non era più abituato a esprimere il desiderio di una vita comune con un'altra donna. Da tempo aveva messo nel ripostiglio ogni impegno in proposito e ora si trovava a mendicare e a scalciare per un'illusione in più, per una speranza che non si inabissasse nel cielo, come quel tramonto che stava venendo Loro incontro, disco rosso infuocato, intento a scolpire e a tinteggiare le quinte irrequiete di quello strano rendez-vous. (Continua) |
Post n°199 pubblicato il 27 Gennaio 2016 da deteriora_sequor
Si ritrovarono mezzora dopo. Bobby aveva terminato il suo quarto di riesling e si sentiva in pace con sé stesso e lievemente inebriato. Alice aveva indossato dei comodi scarponi di montagna, una camicia di flanella sotto un maglione pesante color nocciola e pantaloni di gabardine neri, in testa si era messa un grazioso cappellino di un tessuto indefinibile che le dava un'aria sbarazzina e gioiosa. L'uomo la guardava con un misto di ritrosia e ammirazione. Dopo tanti mesi passati quasi in solitudine sopra quel picco sentiva l'urgenza e, al tempo stesso, la responsabilità di abbandonare i suoi costumi selvatici e pessimisti per tornare a fare da cortese anfitrione e piacevole compagno di camminata. Si avviarono. Dietro una svolta a sinistra della clinica la strada si inerpicava per trecento metri e manteneva, poi, una costante e leggera ascesa attraverso i pascoli e la rada vegetazione. Bobby si girò a fissare Alice. Camminava un passo avanti a Lei e decise di rallentare per starle a fianco. Il vino lo aveva un po' fiaccato e si sarebbe seduto volentieri sopra il primo sasso per ammirare il panorama e cercare di sbottonare i pensieri della donna. Ma, ormai, si era deciso per l'escursione e nulla poteva farlo recedere dalle loro intenzioni. Così, procedendo a passo di lumaca, restarono per qualche minuto in silenzio. Fu Lei a rompere il ghiaccio guizzando una piccola saetta dagli occhi :"Elizabeth non è mai passata a trovarti?" Lui ristette per qualche secondo mentre le gambe procedevano in loro autonomia. Gli venne da ripensare alla sua ex moglie e di come lo avesse scaricato rapidamente una volta saputo dell'esito delle analisi. "Oh, no. Lei è una donna di mondo. Ha tante di quelle cose con cui intrattenersi." "Uomini?". Bobby si arrestò d'improvviso osservando una forra che si apriva dietro una cengia apparentemente innocua. "Anche fosse? Secondo te potrei fargliene una colpa?" "Una colpa no. Ma almeno un rimprovero." "Io ed Elizabeth siamo stati insieme per un mucchio di ragioni che non erano l'Amore. Una volta tagliate le radici di quella convivenza eravamo due alberi senza più frutti; sterili. Tu piuttosto? Non ti pesa lasciare tuo figlio per qualche mese? E Johnny è sparito definitivamente dalla tua vita dopo averti fatto scodellare Michele o, a volte, fa qualche riapparizione?" Stava diventando duro e se ne pentiva. L'intrusione di Alice Muir nella sua vita privata con Elizabeth gli aveva fatto tendere i nervi già provati. Poi, quasi per sbaglio, sollevò lo sguardo verso la donna e la trovò che stava camminando asciugandosi le lacrime. Si pentì di quello che aveva detto e si morse a sangue il labbro inferiore. Un terribile peso gli si era posato sul petto e il senso di colpa lo fece singhiozzare rumorosamente. (Continua) |
Post n°198 pubblicato il 23 Gennaio 2016 da deteriora_sequor
"In quale stanza sei?" "La 18." "Sei sul mio piano. Ben strana coincidenza. Il posto è grande." "Quando non siamo in grado da Noi stessi è il Destino che provvede per Noi." Bobby si sentiva confuso e con un grammo di felicità nel palmo della mano. Un sorriso inebetito gli solcava la faccia mentre sorseggiava il suo modesto bicchiere di vino. Quella donna, una delle più tenere controversie amorose della sua vita, era tornata a cercarlo e ora stava lì, di fronte a Lui, il cappellino stropicciato in mano, gli occhi verdi che vagavano per l'ambiente ricercato del bar, i piedi che si strascicavano nervosamente sul pavimento e tante domande mute sulle labbra pallide. "Non c'è molto da divertirsi quassù" Disse Lui "Si fanno grandi passeggiate, si sta all'aria aperta sul terrazzo e ogni tanto si eseguono dei controlli di routine." Non lo disse ma pensava :cosa può averti spinto, fanciulla mia, sino quassù in mezzo a dei tubercolotici e di fronte a un uomo che è solo la pallida ombra di quello che era tanti anni fa? Lei, quasi avesse intuito il suo pensiero, pose la borsetta e il cappellino sul tavolo che Li separava e mormorò, come in un sussurro :"Come stai, Bobby? come Ti senti ora, in questo momento?" Lui chinò la testa a seguire una minuscola vena nel legno :"Adesso spaventosamente bene. Prima ero nel mio solito stato di apatia e indecisione. Stavo preparandomi alla passeggiata prima di sera." "Ti va se Ti accompagno?" Lui si illuminò integralmente, come un picco inondato dal sole al tramonto :"Certo che mi fa piacere. Però non puoi seguirmi con quelle scarpe, hai bisogno di calzature più solide." "Nessun problema. Vado al taxi e prendo il mio bagaglio e lo porto su in camera mia. Mi rassetto un attimo e ci vediamo tra mezzora. Ti va? Tu ordina pure un altro bicchiere di vino." Annuì e si fece recare un quarto di riesling mentre la osservava sgambettare verso il taxi all'uscita e discutere con l'uomo e poi con il facchino, che si caricò di tutti i bagagli e cominciò, dopo avere attraversato la hall, a salire in ascensore fino ai piani superiori. Alice aveva congedato il taxista e dopo lanciato un timido cenno del capo a Bobby si era avviata per le scale fino alla stanza numero 18. Lui intanto aveva ripreso a centellinare il suo vino e a gustare quegli strani momenti in cui non si percepiva più come agnello sacrificale ma come uomo tornato in vita dopo una brutta esperienza nell'oltretomba. Era Amore? Era Pena? Poco importava. Lei era arrivata e non vi era più solo buio intorno a Lui, ma si era accesa una tiepida fiammella fatta di ricordi, speranze, parole e, perché no? Forse anche proprio Amore. (Continua) |
Post n°197 pubblicato il 18 Gennaio 2016 da deteriora_sequor
Ritornò al suo fianco con il trofeo del ricordo ben saldo fra le mani. Lei lo prese con un gesto infantile e iniziò a guardarlo negli occhi come non avevano fatto da dodici anni. Sotto lo scrutare della giovane donna Bobby percepì il terreno mancargli sotto i piedi e le mani tremargli. Non riusciva a spiegarsene la ragione ma il motivo per la quale Alice fosse arrivata in quel posto gli restava oscura. Ciò non gli impediva i lucciconi agli occhi e uno strano ronzio intorno al capo, come fosse sul punto di svenire. La strinse forte ma non osava chiedere la fatidica domanda :"Perché?" Fu Lei a rompere il ghiaccio apostrofandolo inisieme al tono esilissimo della voce :"Ti vedo solo un pò invecchiato e pallido, Bobby. Per il resto stai bene." "Non è così, Alice, Io sto morendo." "Sensazioni. Stai deperendo mentalmente: è questo il tuo problema." L'uomo si guardò intorno e Le chiese se voleva bere qualcosa all'interno della struttura." "Va bene. qualcosa di analcolico. " "Okay, Io berrò un bicchiere di vino." Si sedettero e all'uomo parve di essere al posto di guida di un'automobile sportiva mentre infilavano tornanti e iniziavano discese a velocità folle. Il buonumore gli stava tornando. Ordinarono. E quando giunse quello che avevano richiesto Lui trovò, infine, il coraggio per affrontare quel discorso che giaceva tra loro come un macigno su una strada trafficata. "Ho lasciato il taxi a quattro chilometri da qui" Fece Lei "E me la sono pappata a piedi. Fa bene alle mie gambe. ho qualche problema di circolazione." Lui le credette: Alice non era persona da inventarsi storie :"Quattro chilometri, eh?" "Sì, ho preso una stanza per gli ospiti in questa specie di clinica-albergo. Intendo restarci per un mesetto." Bobby era rimasto basito e con la mascella cascante. non riusciva a trovare una fessura di dialogo nel muro di parole che Alice gli stava costruendo intorno. "Ho saputo sei mesi fa che eri in clinica, Bobby. L'ho saputo da Betty, e da allora ho avuto un solo pensiero: restarti vicino. Ho messo da parte i soldi, ho affidato Michele a mia madre e ho deciso di partire qualche settimana fa." La bevanda analcolica e l'aria di montagna Le stavano donando quel bel colorito acceso che rimarcava gli occhi verdi e le labbra rosse. Bobby si sentì invadere da una quiete immensa e si rilasciò in poltrona. qualcosa di simile all'imbarazzo e alla gioia facevano a cazzotti nel suo spirito. Sapeva, immaginava che Alice Muir era venuta per Lui, per stargli vicino e non lasciarlo solo. Quella piccoletta aveva avuto più fegato di tutte le donne che aveva incrociato nella sua perigliosa e noiosa vita. E ora si imponeva a fargli da custode e da angelo custode. Appunto, si imponeva. (Continua) |
Post n°196 pubblicato il 12 Gennaio 2016 da deteriora_sequor
"Che accidenti.... Cioè, voglio dire: cosa sei venuta a fare da queste parti?" Non era brusco, e nemmeno cattivo, forse solo un po' stizzito per essere stato scoperto e, soprattutto, sorpreso. Si lasciò indosso gli occhiali da sole fin quando realizzò che le lacrime gli si erano asciugate sopra le ciglia e allora tornò a guardare senza barriere la sua ragazza di un tempo. Era cambiata pochissimo, a parte due lievissime rughe di preoccupazione agli angoli della bocca e il tic di torcersi le mani mentre pensava qualcosa, una reazione che le era peggiorata. Stava stropicciando una borsetta da pochi soldi e il cappello di feltro le era scivolato verso l'alto facendo venire alla luce dei riccioli rossi naturali che le fornivano un'aria ancor più smarrita ma stranamente fiera. Era proprio Alice, e Dio solo poteva immaginare per quale motivo fosse venuta a visitarlo durante la sua personale Via Crucis. "Sei venuta a compiangermi? O a vedere la giusta fine dell'uomo che hai lasciato? In entrambi i casi, scusami, ma ne farei volentieri a meno." Lei non rispose ma cominciò a tremare nel labbro inferiore e a perdere la borsetta, che cadde in mezzo al balcone con un tonfo leggero. Poi, fu questione di un attimo e gli fu addosso, stringendolo freneticamente e singhiozzando irrefrenabile. Bobby cominciò a pensare di ritirarsi dal centro del posto per cercare un angolino dove calmarla e tirarsi fuori dagli sguardi curiosi e malevoli degli altri ospiti e visitatori. Così fece e si abbarbicò su uno spigolo defilato all'attenzione generale. Fatto questo cominciò a carezzare la testa di Alice più per cercare di porle un frano che per tenerezza sincera. Anche se il bagliore di un ricordo, mescolato all'emotività del momento contribuivano a sciogliergli il ghiaccio che gli si era posato nel cuore durante quelle lunghe settimane di degenza. Muoveva la testa avanti e indietro mentre abbracciava la piccola donna e le sussurrava parole tranquillizzanti nell'orecchio. E una grande sensazione di pace si impossessava di Lui, lasciando alle spalle acrimonia, fastidio, indifferenza, animosità e rabbia. Non ne sapeva la ragione precisa ma la presenza di Alice in quel posto aveva tutta la caratteristica del miracolo. Tornò al centro del terrazzo e raccolse la borsetta sciupata della donna. (Continua) |
Post n°195 pubblicato il 07 Gennaio 2016 da deteriora_sequor
Discese nella hall armato di un bastone da passeggio e fu lì che la vide. Il fantasma in gonnella non era sparito: aveva semplicemente avuto accesso alla clinica e ora si guardava intorno, forse spaurita, ma con una sana combattività negli occhi. Bobby non la riconobbe subito ma continuò a fissarla con quello strano languore che piglia di fronte a un volto che si è amato tanto ma del quale ci si è completamente scordati. Alla fine incrociarono le pupille ma anche Lei non diede segno di riconoscerlo. Dopo qualche secondo di esitazione Lei si avvicinò alla reception dell'Istituto e Lui la vide confabulare fitto con uno degli addetti. Presentendo guai si affrettò verso l'uscita e, giunto, sul terrazzo, affollato di persone non trovò la forza di darsela a gambe, ma rimase, innocuo e intontito, a guardarsi attorno. Fu dopo qualche minuto che sentì una voce chiamarlo flebilmente alle spalle. Lui fece finta di non avere sentito e continuò la commedia lanciando occhiate a destra e a sinistra, come fosse la prima volta che capitasse da quelle parti. Poi fu la volta di una mano che gli prese il gomito delicatamente e Lo costrinse a girarsi spaurito e traballante. Subito non incrociò gli occhi della donna che stava attirando la sua attenzione. Era bassina. Non superava il metro e cinquantasette. Aveva capelli rossi e corti e degli occhiali da vista che ne contraffacevano, in parte, le fattezze. Esteticamente era piacente e con qualcosa di infantile che portava sempre Bobby alle lacrime quando Gli capitava di vedere quel genere di donne per strada. Non si rendeva conto di cosa potesse essere: forse la tenerezza e la semplicità che ragazze così portano sempre con loro. Forse qualche ricordo di un amore adolescenziale, quando si passeggia mano nella mano sulle rive di un rigagnolo maleodorante e le cose appaiono sul punto di durare per sempre. Forse la serenità e sicurezza che una bellezza non in svendita sparge a piene mani nel silenzio della passione. Forse....."Ciao Bobby". Ora la vedeva perfettamente abbassando leggermente il capo. E la riconosceva. Alice Muir. Qualcuno che lo aveva amato innumerevoli anni prima. Una virgola in un discorso, una parentesi durante una lunga esposizione. Lui si sentì forare il cuore dalla una punta di quelle piccozze di montagna e grossi lacrimoni gli inumidirono le ciglia, costringendolo ad inforcare dei brutti occhiali da sole. (Continua) |
Post n°194 pubblicato il 28 Dicembre 2015 da deteriora_sequor
Scavalcò i margini dell'ombrellino con la testa e gettò uno sguardo lungo la strada impeccabile che saliva al sanatorio con tornanti impervi. Una donna stava percorrendo solitaria quell'aspro percorso dove, solitamente, transitavano corriere e taxi. Bobby provò ad aguzzare la vista cercando di farsi un 'idea su chi potesse essere quella signorina, vestita modestamente ma con una certa ricercatezza, abbastanza dimessa ma con una pulizia e una determinazione evidenti, quella signorina che, in quel momento, si stava facendo schermo davanti agli occhi con la mano destra per tentare di delineare le fattezze imponenti della struttura monumentale del Baretz Dleghamen. L'uomo iniziò (senza motivo) ad agitarsi sulla sdraio e a lanciare occhiate continuative e nervose alla figurina che, nello stesso istante, s'era arrestata completamente e sembrava cercare proprio Lui con lo sguardo. Paranoie? Illusioni? Miraggi? Bobby cercò di distrarsi e prese a caso uno dei libri che giacevano in pittoresco disordine al suo fianco, cercando di immergersi nella lettura di uno che narrava della vendetta di un uomo contro la sua amante infedele. Dopo poche righe lo scagliò lontano, ben oltre il parapetto e tornò ad affacciarsi con il capo sulla strada principale. Non vi trovò nessuno ed emise un sonoro (per quanto glielo permettevano le sue condizioni) sospiro di sollievo. I nemici non erano in prossimità, i ficcanaso non arrivavano a disturbargli l'agonia, il Boia in gonnella non veniva ancora a svolgere il suo lavoro. Di certo si era trattato di un'allucinazione, una visione sul nulla, Un miraggio in quell'estate di Morte: la Sua ultima. Si accomodò comodamente sulla sdraio e inspirò l'aria fresca e frizzantina della montagna, senza più pensare alla strana sconosciuta che aveva, per pochi istanti, incrociato il suo amaro destino. Più che di un'allucinazione si poteva trattare di una bizzarra estranea, qualcuna che aveva deciso di farsi il tragitto dal paese principale sino alla clinica per qualche suo motivo del tutto speciale, evitando i mezzi pubblici e quelli privati. Di certo non era una degente: Nessuno dei ricoverati pigliava la carrozzabile principale, se non per giungere il primo giorno e andarsene in una bara, l'ultimo. Si levò dalla sdraio verso le 17.30 e si rifugiò nella sua stanza. Era l'orario delle visite ma Lui, evidentemente, non aspettava nessuno. Quindi cominciò a vestirsi per la passeggiata tardo-pomeridiana e pre-serotina, indossando comodi pantaloni di velluto che gli arrivavano al ginocchio e calzettoni a larghi quadretti rosso e gialli sotto pesanti stivali da montagna, poi una camicia di lana ruvida e in sommità un ridicolo cappello tirolese. Certo, era tutto così patetico e grottesco, ma un uomo che stava per morire, e in modo talmente acrimonioso, non aveva nessun diritto di fare il difficile. (Continua)
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Post n°193 pubblicato il 21 Dicembre 2015 da deteriora_sequor
Il sole era in piena sostanza a quell'ora del pomeriggio e batteva obliquamente le terrazze, inondandole senza pietà ma con altrettanta speranza. Bobby ripensò all'ultima lettera di sua madre, nella quale la vecchia si rivelava per ciò che era sempre stata: un'avida e presuntuosa primadonna, feroce ed egoista, una chiusa e spavalda attrice di sé stessa. Una persona per la quale anche gli affetti più cari potevano essere misurati con il bilancino dell'interesse e il metro del ricavo personale. Un vampiro retorico e fintamente sentimentale, che intesseva peana alla passione filiale nel mentre che contava il proprio rendiconto da una ben poco metaforica cassaforte in acciaio dove anche lo spirito e le ultime energie amorose erano state rinchiuse. Spostò l'ombrellino adeguandolo al muoversi dell'astro ed ebbe un moto di disgusto e rabbia. Vide nuovamente la bella calligrafia della Signora Jordan mentre vergava pagine su pagine di inutili divagazioni sulla bellezza della Vita e il perseverare della Speranza. Poteva persino immaginarla mentre, compunta ed impettita, buttava giù, spietatamente, la condanna a morte di suo figlio con un sorriso stirato da un angolo della bocca all'altro. Del resto non aveva mai sopportato di diventare madre e quello che Bobby aveva avuto tra le mani ne era la testimonianza più tragica. Lei, matura e celebre cantante lirica trentottenne, era stata intrappolata dal marito dell'epoca, Mark Everard Fawcett, capitano di industria e rappresentante "in pectore" della Boyce & Soucetrial con una gravidanza indesiderata e sempre, accurata mente, evitata. L'uomo ricordava ancora i racconti dello zio sulla reazione isterica avuta da Louise Jordan il giorno della rivelazione della presenza di un esserino dentro di Lei. Si era lanciata in ululati pietosi e aveva tentato di tagliarsi le vene, finendo per essere ricoverata d'urgenza in un reparto per alienati del Saint Mary Hospital. Lì vi era stata trattenuta finché era apparentemente scesa a patti con i suoi ingombranti doveri di futura genitrice. Bobby sorrideva ora. Solo apparentemente: dal giorno della sua venuta al mondo la donna aveva posto come apice della sua missione nel mondo quello di seppellire anzitempo il fastidioso pargolo, poi fattosi ragazzo, e poi uomo. E ora, non c'era che dire, il suo fine pareva essere raggiunto: il fantolino cresciutogli in grembo si trovava degente alla Clinica Baretz Dleghamen sita nei pressi del villaggio di Bevers nell'Alta Engadina, con un referto medico di poriformalicosi aggravata e un'aspettativa di vita pari a, beh, pari a zero. Così la pratica Robert Byron Fawcett avrebbe potuto essere chiusa con metodo e pulizia, così come piaceva alla vecchia. E Lui l'avrebbe preceduta nella tomba lasciando come unico ricordo di Sé l'espettorato dentro i robusti fazzolettoni in cotone, forniti dal solerte ospedale d'alta quota. (continua) |
Post n°192 pubblicato il 14 Dicembre 2015 da deteriora_sequor
Era stato Saint Moritz, al Maitre d'Or o in Italia, a Cortina, al Jacko's che aveva sputato sangue la prima volta? Veniva da una bronchite degenerata in qualcosa di diverso, ma pensava che il peggio potesse significare una brutta polmonite. Lui, e la sua mania di girare senza troppi abiti addosso. Lui, e il suo fluttuare nella vita come solo una piuma riesce a fare all'apice di un soffio, e poi cavarsela sempre e riprendere la sua esistenza come nulla fosse accaduto, come se tutti i rischi che aveva attraversato fossero stati il piccolo dazio da pagare per suggere il pistillo della vita con la maggiore testardaggine possibile, e rotolarsi così, per sempre, nell'ubriacatura dei colori e della bellezza. Vino, Certamente. Delle migliori qualità. E giochi alla sera, nei casinò e nelle case private, sempre delle migliori qualità e delle grandi spese. Ah, già. Seduto sulla terrazza del sanatorio quel giorno stava proprio dimenticando le donne, stranamente. Proprio le donne. Potevano forse definirlo farfallone o seduttore? Certo che no. Con tutte aveva investito qualcosa del suo patrimonio interiore personale. Di tutte si era innamorato con fervore quasi religioso, e in ogni storia aveva immesso l'unicità del suo straordinario essere: la completezza delle sue ispirazioni e la variegata intensità del suo poliedrico background culturale. Non era stato avaro o stitico in Amore. Questo no. Aveva patito, si era rotolato nel dolore e nella passione, aveva implorato, si era persino umiliato, aveva alzato la voce e usato persino quel po' di urgente violenza fisica. Ed era sicuro che in ogni compagna della sua travagliata esistenza avesse ritrovato il completamento a una parte di sé, che in quel momento urgeva dolorosamente. Si era calato con muto fervore nel ruolo di amante incompiuto, aveva trascorso interi, lunghissimi giorni a fare progetti sulla vita a due, si era abbandonato fiducioso in letti amplissimi e aveva pregato che non terminasse mai. Invece era sempre finita. Tra recriminazione, spinte e insulti e accuse di doppiezza e infedeltà. Come poteva essere successa una cosa del genere? Lui, a cui si poteva solamente rimproverare un eccesso di galanteria, un donarsi alla Donna nella sua interezza? Lui a cui si poteva unicamente ascrivere un'inclinazione forse sconcertante per la Compagnia Femminile in quanto tale? Come poteva essere stato male interpretato un bacio schioccato da delle dita raccolte o un dialogo fitto con la compagna occasionale al tavolo verde? Poteva una signorina essere tanto meschina da vedere in ciò i segni del maldestro tombeur de femmes o gli indizi del galante playboy alla ricerca di nuove, facili vittime? Si raccolse la coperta a scacchi in grembo sotto il bel sole dell'Engadina e si confidò che mai, mai qualcuno che l'avesse veramente amato poteva incorrere in simili equivoci o spaventose gelosie. Significava non averlo capito e, quel che era peggio, non averlo mai amato. (Continua) |
Post n°191 pubblicato il 04 Dicembre 2015 da deteriora_sequor
La giornata era cominciata male già dalla nottata precedente. Aveva sognato di andare a pigliare sua madre, morta da due anni, alla stazione e di impiegarci un tempo insostenibile. Ogni passo era un macigno, sentiva le suole come se fossero inchiodate al suolo e non riusciva a spiegarsene la ragione. Alla, fine, con sofferenze indicibili, era entrato nell'atrio e poi era salito al binario, solo per accorgersi, sotto lo sguardo severo del genitore, di avere i pantaloni calati a impedirgli i movimenti. S'era svegliato con imbarazzo, con vergogna, con pesantezza e paura. E ancora, nella luce quieta del primo mattino, aveva davanti agli occhi le pupille di Lei, grandi e severe. L'aria di rimprovero e delusione a tagliargli i tendini e ad affondargli il cervello. S'era alzato pesantemente, con un brivido a squassargli la pelle. s'era preparato la colazione e aveva aggiustato gli appunti per la sua lezione dalle 9 alle 11. Poi aveva indossato il cappotto, infilato il cappello ed era sceso in strada per infilarsi nella metropolitana. Lì aveva assorbito la sua dose quotidiana di miseria e di solitudine per scendere alla propria fermata con un magone più accentuato del solito. Era entrato a scuola con passo strascicato e alzandosi, incongruamente, il bavero quasi volesse proteggersi dalle folate di ignoranza che lo attendevano dai suoi alunni. Era sbucato in classe nell'indifferenza generale e si era seduto, attendendo che i ragazzi del liceo avessero la compiacenza di accomodarsi al proprio posto. Iniziando a parlare aveva realizzato, con terrore, d'avere la voce incrinata e il polso che gli tremava sopra i fogli spiegazzati. Procedendo con la lezione s'era smarrito ulteriormente e s'era accorto di partire da un punto avanzato per giungere a uno immensamente arretrato. Insomma, di stare facendo una grande confusione, e di essere come l'uomo che nel deserto corra da un punto all'altro credendosi al centro delle strade. Si era arrestato di botto, sollevando lo sguardo e notando che qualche furbacchione lo stava riprendendo e registrando con i cellulari. Non aveva trovato il coraggio di lamentarsi e di arrestare quello scempio. La sua voce era diventata un sibilo esilissimo e s'era via via inceppata andando a balbettare sui punti più importanti dell'esposizione. La sua patetica reazione era stata di furore, disperazione e infine lacrime. Avevano preso a gocciolargli sulla carta mentre le risate degli alunni si rafforzavano e diventavano una bufera. Solo in quel momento aveva ritrovato, sotto la sferza dell'umiliazione, la forza di sollevarsi in tutta la sua altezza e di chiedere con la voce ancora bagnata dalla rabbia :"Consegnatemi tutti i cellulari." Ovviamente i ragazzi avevano fatto i finti tonti, ghignando e dandosi di gomito. Allora Lui era sceso dalla cattedra e aveva sfilato fra i banchi, prendendo il telefonino di Francesco Toller, quello di Berenice Ogilvy, quello di Brandon Tozzi, quello di Elisa Tagliani, Quello di Marco Grolli, fino ad avere un bel mucchio di quegli aggeggi fra le capienti braccia. Poi, osservando un raggio di luce farsi strada attraverso i vetri sporchi di dicembre s'era avvicinato al cornicione, era salito con i piedi su una sedia, rubata a un ragazzo e, così com'era, pensieroso ma sfregiato da un piacevole sorriso, aveva spalancato i vetri e aveva iniziato a gettare un cellulare dopo l'altro in strada. Giù a frantumarsi in mille pezzi sul selciato. (Fine) |
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il 29/07/2024 alle 22:28
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