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Creato da street.hassle il 13/05/2013

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Il rumore dei passi. Sedicesimo estratto.

Post n°219 pubblicato il 14 Giugno 2016 da street.hassle







Scesero da basso nell'ampia cucina e le sorelle servirono ai militari
della birra gelata con un bicchierino di vodka. I due ne vuotarono
in fretta il contenuto e fissarono Isveig ed Eyleif negli occhi. Jòn
Beiddarsson giocherellava con un pacchetto semivuoto di cicche
mentre Falur Heimirsson fischiettava un aria popolare sull'isola
in quel periodo. "La voce." "Prego?" Fece Isveig, gironzolando
con lo sguardo per l'ampia sala. "Dopo averla sentita da vivo
più volte non la scordi nemmeno da morto." Replicò asciutto
Jòn. "Cosa vuoi intendere, capitano?" "Baltasar. quella è la sua
voce. L'ho sentito mille volte imprecare quando portava il pesce
a riva, e l'ho sentito alzare la voce nelle taverne per avere il suo
giro." "Balle" Fece Eyleif poco cerimoniosamente. "Con quel
timbro si assomigliano tutte le voci. "è la contrazione del diaframma.
Lo spirito lo ha preso tutto intero e lo sta muovendo come un
burattino. Ma, per identificarlo non basterebbero raffronti con
il centinaio di migliaia di persone di quest'isola." Falur smise
di fischiettare :"Continua a sottolineare eventi precisi: un boschetto,
una spiaggia, in coltello da cucina." "E allora? Un uomo ucciso
dalla moglie che lo tradiva, un militare fatto a pezzi da una qualche
prostituta, un padre ucciso dalla figlia per questioni di eredità."
Falur prese una sigaretta dal pacchetto di Jòn ma non lo accese:
"E perché gira da queste parti e si infiltra in un povero ufficiale
britannico? Deve avere una ragione: ancora ha paura di perdere
la propria donna a causa di un altro maschio." Isveig si strizzò
gli occhi con indice e pollice, come se le tensioni di quei giorni
le stessero facendo breccia nell'apparente quiete. "Potrebbe essere
una storia molto vecchia. qualcosa che affonda persino nei secoli.
"Sangue e cadaveri scomparsi" Proruppe con un forte brivido "Non
saranno il pane quotidiano dell'Islanda ma sono fatti registrati, fatti
accaduti." "Dov'è sparito Baltasar?" Interloquì Jòn "Suo fratello
Filippus lo sta ancora cercando". Eyleif era solida e serena :
"Avevamo litigato quella sera. Non starò qui a negarlo. Se n'era
andato con un forte livore e un peso sul cuore. Non sopportava
mia madre, non reggeva mia sorella. voleva che Agnes non fosse
cresciuta nella nostra casa. Voleva la mia bambina ed Io glielo
negai recisamente. Questo deve averlo sconvolto del tutto
e spinto sulle scogliere." Cadde il silenzio. Falur decise finalmente
di accendersi la sigaretta. Di sopra si sentivano i passettini del
medico intorno al giaciglio del malato. 






(Continua)







 
 
 

Il rumore dei passi. Quindicesimo estratto.

Post n°218 pubblicato il 10 Giugno 2016 da street.hassle






Con uno sforzo immane si rese conto che non doveva lasciar
folleggiare per il suo corpo una presenza estranea, e chiese
aiuto ai due ufficiali per recarsi in bagno ad espletare alcune
necessità fisiologiche impellenti. Jòn e Falur si guardarono,
poi allungarono le braccia per sostenere il malato. Leslie si
rese conto di avere indosso un pigiama di flanello nuovo di
zecca che contrastava ferocemente con il sentore di marcio
e decomposizione che promanava dal suo fisico. si domandò
se non fosse la sua scarsa igiene degli ultimi due giorni a farlo
putire in quella maniera. Poi, arrivato nel bagno, chiuse la porta
in faccia ai due ufficiali e si diede un'occhiata nello specchio.
Era molto provato e le linee delle rughe gli infittivano il volto
come arature in un campo. il suo occhio azzurro era slavato
e le braccia tanto magre da fare impressione. Si rese conto
di non essere mai stato così esile e si lavò la faccia con cura.
Quando tornò a fissarsi una lieve freschezza lo bagnava e
rinfrescava con sollievo. Provò a sedersi sulla tazza ma, per
quanti sforzi facesse, non di decideva ad evacuare. Al contrario
una nausea furibonda gli prese lo stomaco e la gola, spingendolo
ad alzarsi e a vomitare rumorosamente. "Tutto bene, capitano?"
Udì dall'altra parte della stanza. "Sì" Replicò con fatica "Mi sto
aggiustando un pochino." Poi avvenne quello che temeva: la
voce misteriosa che lo tormentava nelle notti affiorò alla superficie
e si rivolse in islandese ai due ufficiali. Tentò di tapparsi la bocca
ma l'urgenza era più forte della sua volontà e si udì mentre gridava
frasi incomprensibili al suo orecchio inglese. In pochi istanti la
porta fu sfondata ed entrarono di corsa Jòn Beiddarsson e Falur
Heimirsson, a cui l'ufficiale britannico cadde praticamente fra le
braccia. Fu trasportato di nuovo a letto mentre dalla porticina della
stanza entravano Isveig ed Eyleif insieme al dottore. "Ha ripreso
a parlare nella nostra lingua." Bofonchiarono i due ufficiali. "Qui
si tratta di dissociazione psichica seguita da febbre cerebrale"
Puntualizzò il medico, un uomo di mezza età minuto e gracile.
Poi provvide a fargli un'iniezione di morfina che gettò immediata
mente Leslie Atwater in uno stato di pacifica incoscienza. Fuori
volavano i corvi e dentro la temperatura del locale era tiepida
e piacevole. Jòn Beiddarsson prese da parte Isveig e le mormorò
preoccupato :"Non possiamo lasciarlo a combattere con qualcuno
che pare immensamente più forte di lui. Lei e sua sorella ci deve
spiegare qualcosa, signorina."






(Continua)






 
 

 
 
 

Il rumore dei passi. Quattordicesimo estratto.

Post n°217 pubblicato il 06 Giugno 2016 da street.hassle

 





Si sentiva più pesante. Più massiccio. E con dolorini e fastidi che
non lo avevano mai angustiato prima. Era come se dovesse fare
i conti con un ospite inatteso dentro di sé e fornirgli spazio. Le
parole dei due ufficiali gli risuonavano più oscuramente famigliari
adesso ma non osava accennarvi per non consegnare del tutto il
suo aplomb britannico. "è strano" Non poté comunque esimersi dal
notare :"Ci sono dei momenti, proprio adesso al risveglio, che non
mi sento completamente padrone di me stesso. è come se qualcuno
mi sgomitasse e si prendesse la mia bocca. Persino il mio cervello.
ci sono dei momenti in cui anche la mia voce cambia e diventa pesante,
cavernosa e...grossolana." Jòn Beiddarsson avvicinò la sedia al suo
letto e sussurrò a bassa voce :"Non nego che abbiamo sbagliato a
proporle questa sistemazione. Ci sembrava un ottimo posto, quieto,
lontano dalle altre case e dai curiosi, con due ottime e capaci donne
ad amministrarlo. Abbiamo ignorato le chiacchiere che giravano sul
loro conto e siamo andati avanti diritti per la nostra strada. Ma ora...
le cose sembrano cambiare." Leslie Atwater si fece forza e squadrò
con ferocia il suo corrispettivo islandese :"Andiamo, capitano, ormai
è una questione di principio. Non posso ammettere di essere ospite
di una casa infestata da...qualunque cosa. è semplicemente ridicolo.
E se la loro madre era una wiccan non significa che evocasse spettri
o chiamasse dei revenant. La religione misterica neopagana è una
cosa seria, non si diletta di cerchi magici e di ouija board. Affonda
le radici in situazioni e adorazioni antichissime. Può essere studiata
come una qualsiasi disciplina parapsicologica...e..." Leslie era tornato
a sprofondare in un bagno di sudore mentre gli ufficiali isolani lo
fissavano senza perdere un solo frammento visivo. Dentro di sé lui
udiva qualcuno parlargli e cercare di convincerlo. Era una voce questa
volta melliflua e seducente, ben lontana dalle orrende urla che lo
avevano sconvolto durante l'incoscienza. Con grazia e semplicità
chiedeva di rintoccare le sue corde vocali e di arrotargli la lingua
con eleganza. "Le donne dove sono?" Disse la voce educata che
si era impadronita di lui. "Sono dabbasso, insieme al medico. Si
stanno provvedendo con nuove ricette. Qualcosa che la calmi
durante i suoi accessi." "E Matt? Matt Flint, il mio autista?" "Per il
momento è stato richiamato alla base. Vi è un altro ragazzo, uno
dei nostri, Sesil Gunnarsson, che si occupa delle esigenze minime
di Lei e delle donne. Sa, loro non hanno automobile." "Perché
togliermi Matt? Era il mio legame con la realtà." Proruppe il capitano.
Gli altri due graduati sorrisero :"è stato lei, poco fa, a dire che la
situazione è sotto controllo e che gli islandesi non sono degli
strani elfi impegnati a lanciare incantesimi. Si vuole rimangiare
quello che ha detto?" La voce che cadenzava al posto di Leslie
Atwater mormorò che sì. andava bene così. Anche se quel Sesil
Gunnarsson, per chissà quale ragione, gli impastava le parole,
prima scorrevoli.






(Continua)








 

 
 
 

IL rumore dei passi. Tredicesimo estratto.

Post n°216 pubblicato il 31 Maggio 2016 da street.hassle






Jòn Beiddarsson e Falur Heimirsson lo stavano fissando incuriositi
dal limitare del letto. Gli ufficiali islandesi non tradivano emozioni
particolari ma sembravano seguire ogni più piccolo movimento
del malato con la stessa curiosità che contraddistingue l'entomologo
alle prese con un insetto particolarmente interessante. "Capitano"
fece Jòn Beiddarsson "Finalmente si è svegliato." Leslie Atwater
passò con lo sguardo da uno all'altro dei militari e un'espressione
interrogativa gli si dipinse sul volto. "Lo sa che oggi è mercoledì?"
abbozzò Falur. L'inglese provò a radunare i pensieri e suoi punti
di riferimento. Si rammentò di essere caduto malato che era un
lunedì. "Possibile?" intonò con voce tremante "Ho dormito per
due giorni?" "Questa è una verità incontrovertibile. Ma ci deve
dire dove ha imparato così in fretta l'islandese. Durante il suo
delirio ha tirato fuori alcune frasi impeccabili nella nostra lingua."
"Oh, non chiedetemi nulla. Sono caduto vittima di una specie di
febbre cerebrale e prima di perdere conoscenza mi sono reso
conto di sproloquiare in islandese...ma come sia potuto accadere,
davvero non potrei dirlo." "Parlava di un boschetto e di una spiaggia.
Sembrava molto preciso e convinto." "è questo che mi sconcerta.
Vi posso assicurare che non ero in me quando parlavo in quella
maniera." "Intende dire che non era esattamente lei a formulare
quelle frasi? Intende dire che era, per così dire, abitato da qualcuno?"
Leslie Atwater scoppiò in una risata isterica e gli ci volle un po'
prima di ricomporsi, ma i suoi interlocutori rimanevano terribilmente
seri e impassibili. "Non crederete forse che sia qualcuno dentro
di me? Che sia una specie di ventriloquo?" Falur Heimirsson
lo stava scrutando con attenzione :"Io non la butterei tanto sul
ridere, capitano. Si danno situazioni che sovente sconfinano
dalla comune razionalità e che fanno affiorare ricordi o realtà
che credevamo sepolte tra le nebbie di un passato mitico. Noi
islandesi ce ne intendiamo abbastanza. Non crede che degli...
spiriti possano prendere, se mi concede, in affitto un corpo?"
Leslie ora era attentissimo :"Per fare cosa, di grazia?" "Parlare,
ad esempio." "Spiriti..." Il capitano prese a guardare fuori dalla
finestra la giornata grigia che volgeva al suo termine. Rivide
Filippus impegnato a scavare buche sulla spiaggia e ad
imprecare ad alta voce contro il cielo. Pensò, senza rifletterci
troppo, che la chiave di volta di tutto il mistero potesse risiedere
in quella inquietante visione. Fece per sollevarsi ma una fitta
terribile lo prese al costato rigettandolo indietro.






(Continua)






 
 
 
 

Il rumore dei passi. Dodicesimo estratto.

Post n°215 pubblicato il 27 Maggio 2016 da street.hassle





Giunto nella sua stanza si spogliò rapidamente e si infilò nel letto
senza fare le sue normali e rigide abluzioni. La mente gli debordava
e i brividi lo sconquassavano mentre cercava di riprendere il controllo
di sé stesso. Ma era un'impresa. Ogni riflessione che approcciava con
il cervello gli dava un dolore fortissimo e gli era impossibile soffermarsi
sugli eventi delle giornate precedenti senza soffrire terribilmente. Prese
a girarsi nel letto ma percepiva, chiara e lancinante, la sensazione che
qualcuno si stesse impossessando del suo corpo passando per il facile
passaggio di una psiche debilitata. Allungò la mano verso il libro di
David Fitzroy, giusto per avere un punto fermo a cui appigliarsi, ma
dovette ritrarla quasi avesse subito una scottatura. Rimase attonito
e sconvolto. Cosa stava succedendo in quella casa? si azzardò a
parlare ad alta voce ma quello che uscì dalla sua bocca fu un lamento
cavernoso che non gli era mai appartenuto. Si sollevò e si appoggiò sui
gomiti. Tornò a parlare ed ebbe un discorso sconclusionato in una
lingua che non conosceva. Facendo appello alle sue ultime risorse
razionali si rese conto che stava concionando in islandese. Si buttò
nuovamente con la testa sul cuscino e urlò aiuto, questa volta in
perfetto inglese. Le due sorelle accorsero prontamente e iniziarono
a darsi da fare sul malato. Isveig gli diede una pillola accompagnandola
con dell'acqua, Eyleif gli fece sorseggiare da una boccettina un liquido
dal sapore disgustoso. "Stia calmo, capitano!" Gli sussurrarono quasi
all'unisono. Lui piombò in uno stato di incoscienza durante il quale
gli parve di vedere due persone, un giovane uomo e una giovane
donna lungo una spiaggia desolata, vicino a un boschetto striminzito
di larici. Le due persone parevano avere una discussione e l'uomo
colpiva con uno schiaffo la donna, che non reagiva ma contraccambiava
con tale odio nello sguardo da fare impallidire un morto. Poi la scena
cambiava ed entrava in scena Filippus con la sua torcia elettrica e una
vanga. Con questa, e accompagnato da un cane, si metteva a scavare
furiosamente delle buche profondissime lungo la spiaggia. Imprecava
ad alta voce, faticava, e alla fine piangeva lacrime isteriche alzando le
braccia al cielo. Quando Leslie Atwater si svegliò era immerso in un
bagno di sudore.





(Continua)








 
 

 

 
 
 

Il rumore dei passi. Undicesimo estratto.

Post n°214 pubblicato il 24 Maggio 2016 da street.hassle





Giunse alla sera che era uno straccio. Era riuscito a portare a termine
tutti i suoi compiti ma chiunque lo guardasse poteva dire che era ridotto
male. Quella peculiare situazione di spossatezza accompagnata a
brusche ondate di sbalzi termici rivelava che si stava buscando una
brutta febbre. Faticava a tenere gli occhi aperti e i brividi lo percorrevano
tutto facendogli battere i denti. Il colonnello Prentiss gli disse di marcare
visita, tornare a casa e darsi malato. Bastava guardarlo per rendersi
conto che non era in grado di sostenere un'altra giornata come quella.
Atwater annuì e si diresse, sul tardi, verso la jeep insieme a Matt Flint.
Vi si adagiò pesantemente e diede ordine di partire facendo attenzione
ai sobbalzi: si sentiva la testa leggera come un palloncino riempito d'elio
e sballottata violentemente da una parte all'altra dell'abitacolo. Giunsero
piuttosto velocemente a Stokkseyri e, mentre scendeva dal mezzo, Leslie
si sorprese a guardarsi intorno, cercando traccia di Filippus e del suo
pedinamento. Non rinvenendo nessuno si diresse verso il cancello dopo
avere salutato Matt e averlo rassicurato. "è solo qualche grado di febbre,
comunque non passare domani. Mi do malato per qualche giorno. Ti
avvertiranno, Flint." Il caporale si portò due dita alla visiera e poi tornò
sui suoi passi fino alla jeep. "Si riposi, capitano." furono le sue ultime
parole. Il capitano fece un cenno con la testa ed entrò nel giardino,
raggiungendo, quasi furtivamente la porta. Quando aprì fu subito
nel piccolo corridoio e da lì diede un'occhiata al salotto, dove le due
donne erano impegnate a cucire e a lavorare a maglia. Appena
sollevarono lo sguardo Isveig e Eyleif si spaventarono, e pure Agnes
(che era impegnata in un gioco di pazienza) diede in un grido soffocato.
Isveig si levò in piedi e sussurrò :"Ma cosa le è successo, Capitano?
è pallido come uno straccio." "Temo di avere un po' di febbre. è dalle
prime luci dell'alba che non sto bene. Ne approfitto per salire a misurarmi
la temperatura. buono proseguimento di lavoro, signorine." "Vuole che
le prepariamo qualche infuso? Ve ne sono alcuni nella nostra terra che
fanno miracoli." "Forse l'unica cosa di cui ho bisogno è giusto un letto
e qualche ora di riposo. Magari domani starò già meglio." Le due donne
annuirono in segno di assenso e lui fece per allontanarsi, ma un pensiero
molesto lo aveva tormentato tutto il giorno e neppure adesso riusciva a
coricarsi senza espletarlo. Così si riaffacciò sulla soglia e mormorò:
"Stamane mentre partivo sono stato bloccato da un individuo, un certo
Filippus, tipo quasi di mezza età con una gran testa bianca e un bel nasone.
Mi ha rivelato di essere il fratello di Baltasar e di bazzicare spesso queste
zone. A dire la verità l'avevo notato anche stanotte, giù al porticciolo.
Forse è un po' suonato, non so... pare convinto che siate coinvolte nella
sparizione del congiunto. Non sembra un tipo pericoloso ma mi sono
sentito in dovere di avvertirvi." Le due donne lo fissarono senza mostrare
particolari emozioni. "Ah, sì" Fece Eyleif "Non si è rassegnato al suicidio
di Baltasar ed esercita verso di noi una...come la chiamate...guerra
psicologica. Passa spesso delle lunghe notti intorno all'edificio con
una torcia elettrica. Ne abbiamo parlato anche alla milizia ma più
che tentare di dissuaderlo... povero ingenuo! è convinto che nostra
madre fosse una sorta di strega con poteri particolari. Dove possono
arrivare il dolore e una fervida immaginazione? Non trova?" Ed Eyleif
sorrise. Un sorriso che il capitano, immerso nelle brume della febbre,
interpretò maldestramente come salvifico.





(Continua)






 
 
 

Il rumore dei passi. Decimo estratto.

Post n°213 pubblicato il 20 Maggio 2016 da street.hassle

 






Al mattino si svegliò stordito e confuso. Le ossa gli facevano male
e un robusto cerchio alla testa non accennava ad abbandonarlo.
Fece le sue abluzioni e si vestì stanco e annoiato. Dalla finestra
vide Matt Flint appoggiato alla portiera della macchina: aspettava
solo lui per mettere in moto e allontanarsi da quel posto. Strano
tipo quel caporale: si guardava intorno in cagnesco e la sua
abituale allegria pareva essere evaporata nelle brume dell'alba.
Leslie Atwater decise di non farlo aspettare troppo e di saltare
la colazione. gli spiaceva ma non poteva fare altrimenti. Era
tragicamente in ritardo e avrebbero dovuto fare una tirata per
arrivare in orario sul luogo delle esercitazioni. Si infilò gli
stivali e scese di corsa le scale. Con la coda dell'occhio vide
Isveig ed Eyleif in cucina, impegnate nel breakfast. Si arrestò
e tornò indietro affacciandosi sul posto. "Sono in un ritardo
terribile, purtroppo non posso fermarmi a mangiare. Butterò giù
qualcosa allo spaccio dell'esercito. Vi saluto, mie signore." E
senza attendere risposta si avviò versò la jeep con la sgradita
di sorpresa di trovare un civile che parlottava con Flint. Lui
le ignorò e stava già per sedersi all'interno del mezzo quando
un braccio robusto lo trattenne. La complessione dell'uomo
lo immobilizzò e gli accese una lampadina nel cervello :"Lei è
l'uomo che ieri notte fissava la mia finestra dal porticciolo!"
"Centrato, capitano. Mi chiamo Filippus. E anche se penserà
che sia un qualsiasi pazzo, le spiegherò che avevo i miei
motivi per osservare la casa delle signorine a quell'ora."
"Avrei piacere di ascoltarla ma vado di fretta, Filippus.
Perché non si fa trovare stasera?" L'uomo, senza nemmeno
ascoltarlo era salito sul sedile posteriore della jeep e
diceva :"L'accompagnerò, capitano. Facciamo la stessa
strada. dica pure al suo attendente di mettere in moto." Leslie
era allibito da tale leggerezza ma, mosso dalla curiosità
lasciò l'intruso a bordo e diede il segnale a Flint di partire.
"Allora" Fece Filippus accendendosi una sigaretta "Lo
sapeva che Baltasar, l'ex fidanzato di Eyleif e padre di Agnes
era mio fratello?" Atwater inarcò le sopracciglia e si voltò a
studiare bene i tratti del viso di quel personaggio. Era un
bell'uomo sulla quarantina, con i capelli talmente biondi da
risultare bianchi, un viso tondo e gioviale e un grosso naso
a coronare quei lineamenti da persona affidabile e aperta.
"Questo coinvolge anche me?" Fece il capitano con una
mancanza di tatto di cui si rese conto più tardi. "Fin tanto che
resterà in quella casa direi di sì. Baltasar scomparve, un
giorno mentre si recava al lavoro, e non fu più ritrovato."
"Suicidio?" Interloquì il capitano. "Così dissero, ma non
mi sono mai rassegnato alla loro versione dei fatti. "E
allora, cosa la spinge a portarsi di notte sotto quella casa?
Spera di scoprire qualcosa? Non è un po' tardi?" Leslie
si rendeva conto di essere troppo sgarbato ma la base
si avvicinava e il racconto di Filippus non sembrava avere
né capo né coda, se non l'amore di un fratello per un altro
e una lieve distorsione mentale. "Ho trovato l'anello di
Baltasar a trenta metri da quel posto. Era nella sabbia."
Atwater ristette mentre la jeep si fermava all'imbocco
della zona militare. Lì Filippus non poteva più entrare.
Ci fu uno scambio di strette di mano. "Non dia nulla di
scontato con quelle due donne. La madre era una strega."
Il capitano sorrise. "L'ho saputo. Non lo nascondono."
"Ragione maggiore per cambiare aria. Si faccia trasferire.
non resti dentro quella gabbia." "E lei? continuerà ad
assediarle in attesa di un indizio rivelatore?" "Io ho i miei
piani. Si faccia una ragione di coltivare i suoi. Per il suo
bene." Detto questo Filippus si allontanò, lasciando Leslie
pensieroso e con la fronte che scottava.






(Continua)







 
 
 
 
 
 

Il rumore dei passi. Nono estratto.

Post n°212 pubblicato il 16 Maggio 2016 da street.hassle






Il capitano ristette stupito. Poi fece finta di non avere udito e
carezzò su una guancia la donna avviandosi verso le scale.
Non si girò neppure per un attimo poiché era ben conscio che
sarebbe stata la fine. Salì pesantemente i gradini e quando fu
alla sommità vide Isveig uscire dalla camera della madre con
tutto il necessario per le pulizie. Leslie la salutò giovialmente
e ricevette in risposta un sorriso stanco. "Avete fatto ordine,
allora? Non mi sembrava un posto impresentabile." "Non saprei
cosa dirle, ma il locale aveva bisogno di essere liberato... tutte
i libri di mia madre... insomma: era come lasciare esposto un
pezzo della propria vita." "Comprendo benissimo. anch'io avrei
fatto la stessa cosa." "Davvero?" "Sì, certamente. Non si lascia
nelle mani di un estraneo certi aspetti importanti della nostra
esistenza. è una forma di rispetto." Rinfrancata dalle parole del
capitano Isveig gli passò a fianco scoccandogli un'occhiata
enigmatica. Poi si trascinò al piano inferiore per riporre bruschini
e spazzoloni. Atwater restò immobile per qualche minuto, poi,
spinto dalla curiosità entrò nella camera della defunta. Quello
che vi trovò era un locale completamente vuoto e con un forte
olezzo di pulito che copriva quello, naturale, del legno. Fece
qualche passo in cerchio sul posto e, per un attimo, ebbe la
nostalgia di non avere spulciato la biblioteca della vecchia
quando ne aveva avuto la possibilità. Chissà cosa vi stava
celato? Magari qualche barboso trattato sulla magia, o forse
qualcosa di molto più interessante. Rifletté se i folletti esistessero
pure in Islanda o fossero solo patrimonio celtico. Poi, stancatosi
di passeggiare a vuoto facendo scricchiolare il pavimento, passò
nella sua stanza e si sedette sul bordo del letto. Bizzarramente
tutta la stanchezza della giornata gli era passata e, anzi, una
curiosa insonnia lo stava prendendolo, impedendogli di posare
con tranquillità la testa sul cuscino dopo essersi spogliato. Quasi
per caso allungò la mano sul comodino e si imbatté nell'opera
del suo amico scomparso David Fitzroy. Aprì a caso un libro
e sfogliò alcune pagine: inquietanti visioni di morte e disfacimento
apparvero sotto i suoi occhi. Doveva essersi imbattuto nel racconto
"Il ritorno" quello che considerava il più malsano di tutta la produzione
del suo amico, zeppo di anticipazioni sulla sua imminente scomparsa.
Uno strano malessere lo colse e quella che sino a pochi secondi
prima era stata una deliziosa casetta colma di effluvi gradevoli e
ospitalità deliziosa gli apparve come una trappola micidiale, con
una strega come inquilino e due figure misteriose a fare da pigionanti.
Per un attimo gli mancò l'aria e corse alla finestra, spalancandola
malgrado il freddo. Dal piccolo porticciolo un uomo stava fissando
la casa con le mani in tasca e il volto celato da un robusto cappuccio.
Il capitano ebbe un mancamento e, dopo avere richiuso la finestra,
si trascinò verso il letto e vi si gettò completamente vestito. Si chiese
chi poteva essere tanto interessato da gironzolare intorno all'abitazione
a quell'ora della sera senza un motivo apparente. Turbato, si avvolse
nelle coperte e continuò a riflettere finché un sonno informe lo prese.






(Continua)







 
 

 
 
 

Il rumore dei passi. Ottavo estratto.

Post n°211 pubblicato il 12 Maggio 2016 da street.hassle





Il capitano dormì poche ore e alle prime luci dell'alba era
già in piedi, rinfrescato, sbarbato e pulito e si accingeva
a scendere le scale fino alla cucina e trovarsi di fronte a
una robusta colazione. Quale fu la sua sorpresa nel
giungere sul posto e trovarlo completamente svuotato
di persone e cibo. "Che sia successo qualcosa di strano
in queste poche ore?" Rifletté. Si guardò in giro ed ebbe
poi l'accortezza di spiare il bel giardino da una delle
finestre. quello che vide lo riempì di stupore: le due
sorelle stavano discutendo davanti al cancello. Parlavano
ad alta voce nella loro incomprensibile lingua e sembravano
quasi sul punto di mettersi le mani addosso. Leslie Atwater
pensò che non era il caso di mettersi in mezzo. Lui era
uno straniero, persino un occupante, e gli sembrò sensato
fare finta di nulla finché la discussione non fosse conclusa.
Si preparò del tè e lo bevve accompagnandoli con alcuni
biscotti. Poi si accinse ad uscire fuori, nella fredda giornata.
Non poteva certo ritardare l'arrivo al campo a causa della
discussione delle due donne. Con fare compito accostò
la porta e percorse il vialetto sino al cancello. Appena lo
videro Isveig ed Eyleif cessarono di parlare e gli si fecero
incontro. Parevano improvvisamente riappacificate e lo
salutarono calorosamente augurandogli una bella giornata
e buon lavoro. Lui ringraziò e prese ad avviarsi verso la
jeep che lo attendeva per condurlo dai suoi uomini. Matt
Flint, il suo autista gli aveva aperto lo sportello e lo salutò
impeccabilmente, prima di mettere in moto e di avviarsi.
"Due belle figliole, vero?" Disse, non appena avevano
girato la curva. "Persone molto interessanti." ribatté il
capitano. Ormai da un anno Flint gli faceva da autista
e fra lui e il caporale si era stabilita una complicità che
 andava al di là del semplice rapporto gerarchico. Matt
era un ragazzo simpatico di ventidue anni con folti
 capelli neri e la fronte bassa. Da quello che sapeva
il capitano doveva essere mezzo irlandese. Ma non
aveva mai approfondito l'argomento. "Sono molto in
gamba. Vivono da sole con una bimba. Sono originali
e molto attraenti. Possiedono, caro Matt, il fascino
dell'intelligenza." L'autista sorrise, crollando il capo.
Di certo aveva mille pensieri scabrosi in testa ma non
uno superò il chiostro delle labbra. Arrivarono al campo
e Leslie Atwater dedicò la giornata alle esercitazioni e
al dispiegamento delle truppe sul territorio. Era un lavoro
estenuante e quando, a sera inoltrata, ritrovò l'uscio di
casa era a pezzi ma soddisfatto. Le truppe erano state
disposte in maniera impeccabile e lui si era preso una
menzione speciale dal generale Duchesne per tutto il
suo sbattersi a destra e sinistra. Girò le chiavi ( di cui
era stato provvisto) nella toppa e aprì la porta. Gli attimi
della discussione mattiniera parevano già dimenticati,
ed Eyleif con la bambina poco distante era davanti al
camino, quasi addormentata. Si riscosse all'ingresso
del capitano e gli andò incontro "Allora, come è andata?"
gli mormorò levandogli il cappotto "Molto bene. Ma dov'è
Isveig?" è nella stanza della mamma. Ha portato via tutti
i libri e ora sta dando una pulita." Atwater piegò il labbro
inferiore e prese ad oscurarsi in volto. "Quella camera"
Pensò "Davvero non capisco perché non hanno provveduto
prima a sistemarla. Sembrava, quasi, che avessero il
bisogno di conoscermi." Ma fu questione di un attimo
"Mi fermerei volentieri a fare due chiacchiere ma sono
stanco morto e credo che mi dirigerò immediatamente
verso la mia stanza." "D'accordo, Leslie, Ma prima
dammi un bacio."






(Continua)







 
 
 
 

 
 
 

Il rumore dei passi. Settimo estratto.

Post n°210 pubblicato il 09 Maggio 2016 da street.hassle

 




"Ma adesso la lascio" Fece la giovane donna "Deve essere tanto stanco.
Non si faccia trattenere oltre dalle mie chiacchiere. Io debbo mettere a
letto Agnes e, più tardi, anche Io e mia sorella guadagneremo il riposo
meritato." Detto questo Eyleif sparì attraverso la porticina nel muro che
collegava con la ex stanza della loro madre. E Leslie Atwater era solo.
si guardò intorno, in quel luogo essenziale ma accogliente ed ebbe
un potente sbadiglio. Cominciò a spogliarsi e, quando fu in pigiama,
si ficcò sotto le coperte, sperando che qualche sogno gli venisse in
soccorso a dipanare la matassa di sensazioni contrastanti che lo stava
attraversando. Ma il silenzio assoluto che lo circondava gli impediva
di addormentarsi. Stava lì, nell'immenso letto, con gli occhi sbarrati
e tutte le sue illusioni in un sonno ristoratore andavano, rapidamente,
al diavolo. Non poteva non togliersi dalla mente le due sorelle e la loro,
strana, peculiarità: l'algido distacco di una e la fresca spontaneità
dell'altra, l'apparente sbadataggine di Eyleif e la fredda misura di
Isveig. Ad un tratto sentì dei passi nella stanza contigua, quella dove
era morta la madre: si riscosse improvvisamente dal dormiveglia in
cui era caduto: non accese nessuna lampada ma, a piedi nudi, e
tentando di contenere lo scricchiolio, si diresse verso la porticina.
Poi accostò l'orecchio alla divisoria ma i passi si erano rapidamente
consumati ed estinti, tanto da fargli credere di avere sognato tutto.
Fu quando bussarono lievemente alla sua porta che si riscosse e
comprese di non essere stato preda di qualche scherzo ipnotico.
Eyleif era all'ingresso con fare contrito e si sforzava di vedere nel
buio. Il capitano accese una lampada e subito l'inquietudine e la
sorpresa evaporarono di fronte alla figura in camicia da notte della
donna che era riuscita, sorridente, ad inquadrarlo. "mi scusi il disturbo
ma Isveig ha avuto la bella idea di spostare alcuni libri dalla stanza
attigua. Ha avuto un'illuminazione e mi ha chiesto di aiutarla, così
non potevo esimermi. Però ho udito i suoi passi sul pavimento e
mi turbava il fatto che l'avessimo svegliata e si stesse chiedendo
cosa stesse succedendo. Quando sono stata certa che lei era
riscosso mi sono decisa a bussare." "Ah ,non è nulla. Non riuscivo
a pigliare sonno: tutto questo silenzio... è qualcosa di ...oppressivo.
Non vi sono più abituato." "La capisco Anche a me talvolta questa
quiete dà sui nervi. Sento sovente il bisogno di esplodere." "Che libri
cercava sua sorella?" "Oh, alcune stupidaggini di botanica e
cose più serie sulla storia delle religioni." "E perché muoversi
alle tre di notte per rintracciarli? Era così urgente?" Eyleif non
rispose e restò immobile come un dolmen. Poi aprì bocca
lentamente e sussurrò nella penombra "Certe cose vanno
risolte in fretta. Siamo state indecise fino all'ultimo se farlo
o lasciar perdere..." "Lasciare perdere cosa?" Proruppe
Atwater."  "Bruciare. Bruciare tutto. Nostra madre non era
come tutti gli altri. Lei era una wiccan e seguiva la religione
misterica neopagana. In Inghilterra aveva incontrato Gerald
Brosseau Gardner ed era stata investita del compito di diffondere
il culto anche su questa nostra isola. Ma la malattia giunse
prima che potesse cominciare. Noi comunque ne siamo fuori,
siamo luterane e il proselitismo non ci riguarda, come i libri
che teneva sotto il letto. Per questo vorremmo farli sparire,
anche se qualcosa di...Insomma, il rispetto per nostra madre
ci impedisce di attuare il nostro proposito. I libri, appena
sollevati sembrano pesare una tonnellata." Il capitano sorrise
"E Io che temevo la noia in Islanda: ecco che mi ritrovo ad
abitare nella stessa abitazione di una delle prime wiccan."
"Lei dunque conosce il culto della Dea Madre?" "Mia zia
era molto interessata alle teorie di Gardner, ma era considerata
una vecchia bislacca. A me stava simpatica, comunque."
"Il mondo è veramente piccolo" Fece Eyleif con una strana
smorfia. "Ma adesso debbo andare. Cerchi di riposare che manca
poco all'alba. Ci vedremo a colazione." Detto questo chiuse
dolcemente la porta e si avviò lungo il corridoio.







(Continua)









 
 
 


 
 
 

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