Luci della Città - 4 luglio - "Almastroianni", Roma L'evento principale è una sfilata di abiti composti da cavi luminosi creati dal gruppo Mad Cut, ma in effetti si tratta un evento di arti integrate: musica, danza, foto e pittura per parlare della luce. |
Post n°58 pubblicato il 26 Giugno 2008 da Pursuiter
Quello di cui ho bisogno è quello che merito. Gavin Rossdale, l'altro giorno, cantava "what you need is what you deserve". Ho avuto l'impressione che parlasse con me. Lo faceva di sicuro, in qualche modo. Mi sto rimempiendo di impegni, così ho sempre qualcosa da fare... Perché ho tonnellate di energia in eccesso che non so più dove buttare. Ne ho talmente tanta che se non la impiego costruttivamente, positivamente, mi distrugge, mi si ritorce contro. Ho imparato a gestirla. Altro che ricercatrice... Sono diventata una domatrice di leoni... Mastro di chiavi e guardia di porta, contemporaneamente. C'era una filosofia che parlava di logica. Idea secondo cui ad azione corrisponde un'altra azione adeguata alla prima. Se fai lo stronzo, riceverai merda. Giusto. Se fai il bravo, se ti impegni, riceverai cose buone. No, capita che non funziona. C'era una favola che parlava di elevazione dello spirito. In realtà ce n'erano tante di favole a riguardo. Evolvi positivamente e "il fato" ti darà la tua ricompensa. Questo mondo spesso pare deludente, tuttavia. C'era però anche un'altra idea, quella dell'ordine cosmico. Secondo cui, anche se le cose sembrano andare male, prima o poi tutto si mette a posto trovando un equilibrio. Il mio amico mi ha detto "Una seconda possibilità la si dà sempre a tutti. E' solo questione di tempo". ...mmm... Pazienza. E' solo questione di tempo. Pazienza. Pazienza - è diventato quasi un mantra - sta parola ronza come una zanzara di notte quando fa caldo e non riesci a dormire. Quando vorresti fare tutt'altro che dormire... Ma chi vorresti non c'è... Nessun pulsante da schiacciare, nessun profumo da annusare, nessun cuore da pulsare. Nessun pacco da ricevere. Si, pacco. Certo un pacco non è male neanche d'inverno. Gelosia. Ma io faccio la brava. Autocontrollo. Gestione delle energie. "Mamma se vuoi ti sposto anche l'altro mobile. Come dici? Pesa 100 kg e io ne peso 51 quindi non posso riuscire a spostarlo? No mamma... non preoccuparti... Qui abbiamo la forza di 100 tori in calore... tori-in-calore... mamma..." What I need is just what I deserve. Quello di cui ho bisogno è solo quello che merito. Dai dai, Mastro di chiavi, non irrigidirti, fammi un sorriso, guarda che ti regalo.
Per quante chiavi possano esistere, con tutte le serrature che si possono cambiare, ci sarà sempre e solo un Mastro di chiavi in grado di aprire tutte le mie porte. |
Post n°57 pubblicato il 25 Giugno 2008 da Pursuiter
Si lo so che non c'è stata una "parte 1" ufficiale, ma dato che ne avevo già parlato... Altra offerta di lavoro scovata su Infojobs, altro curriculum inviato, altra risposta ricevuta. Stavolta mi ero buttata nella pazza idea di andare a lavorare in un call center. A distanza da una settimana dall'invio del curriculum, mi contattano. Quando ha squillato il telefono, speravo fosse qualcos'altro onestamente... Mi ero quasi dimenticata di aver risposto all'offerta. Vabbè, che lavorare in un call center sia una cosa penosa... questo lo sapevamo. Ma che lo stipendio consistesse in una sorta di pagamento a cottimo... beh questa era proprio pessima. Il tizio mi ha detto che dovevo prendere appuntamenti e vendere contratti e schede sim per non so quale compagnia telefonica (la comunicazione è andata via per un secondo proprio mentre pronunciava quel nome). Ti pagano 5 euro ogni appuntamento che riesci a fissare e 5 euro ogni scheda sim o contratto che piazzi. Roba-da-matti. Avevo sentito di ragazzi che venivano pagati in base a quanti minuti riuscivano a tenere al telefono la persona contattata. Ma qui si raggiunge il picco della frustrazione. Si rischia di lavorare per 4 ore senza riuscire a portare a casa neanche 5 euro. Ho fissato il colloquio ma già so che dirò di no. Unica nota positiva: non tratterò più male le persone che lavorano nei call center e telefonano a casa mentre sto pranzando, digerendo, dormendo o mi sto togliendo le scarpe dopo una giornata pesante. So che molti hanno un disperato bisogno di soldi (molto di più di quanto ne ho bisogno io) ma forse nessuno dovrebbe più accettare delle condizioni del genere. La dignità è la cosa più importante e quest'Italia di merda dovrebbe iniziare a rispettarci. |
Post n°56 pubblicato il 21 Giugno 2008 da Pursuiter
C'è stato un tempo in cui volevo tutto e subito. Diciamo che ho passato quasi tutta la vita in quella condizione. Volevo, pressavo, ottenevo. Non riuscivo mai a rinunciare a niente. Esistono cose che ti fanno riflettere. Esistono cose che ti fanno diventare migliore. Esistono cose che ti danno un motivo per diventare migliore. Ho imparato il sacrificio. Non capivo chi si sacrificava, prima. Non capivo la rinuncia. Non capivo il negarsi qualcosa perché mi sembrava una debolezza, un non saper combattere per i propri desideri. Ho imparato che la vera forza sta nella privazione. Nella scelta che può essere a discapito di qualcosa che vorremmo tanto. Ho capito che la vera debolezza sta nel seguire il flusso delle proprie cieche passioni, senza autocontrollo. Ho capito che a volte bisogna fare delle scelte, che ci sono delle cose più importanti di altre, che bisogna accontentarsi, e va bene così. Strillare e scalpitare fino ad ottenere è solo... debolezza. __Avevo preso due biglietti per andare a vedere il concerto di Bruce Springsteen a Milano, il 25 giugno. Ho dovuto venderli perché l'esame pratico di scuolaguida mi capitava lo stesso giorno. Ho rinunciato ad una cosa che desideravo, una cosa a cui tenevo tantissimo. E ora mi hanno pure spostato la data dell'esame. Ma va bene così, non posso permettermi di spendere soldi in treno e albergo, ora.__ Sono soddisfatta di essere riuscita a rinunciare senza piangermi addosso. Senza fare di tutto per tentare di non rinunciare. Ho imparato il sacrificio.
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Se mi chiedessero di darmi un nome, ora, sceglierei la parola desolazione. Desolazione. E' incredibile come gli stati d'animo si susseguino di giorno in giorno, di settimana in settimana, sempre diversi. Come si passa da uno stato d'animo all'altro. Sarà che il carattere "di passaggio" è insito nel nome stesso. Dire "stato" è come dire "livello", "tappa", "stadio"... Lo stato è un momento di una successione. Ma è anche qualcosa implicitamente al passato. Stato: passato di stare. Come a parlare di qualcosa di assodato, che è così perché è come se fosse già stato, quindi qualcosa di definitivo. Alla fine non è chiaro se lo/gli stato/i sia/no qualcosa di passaggio o qualcosa di definitivo. Ma su certe cose non si può disquisire più di tanto. Certe cose sono peggio di un labirinto progettato senza uscita, magari anche senza entrata. Questo certo non impedisce di creare un buco nel muro e uscirne fuori comunque. Ma dicevo... desolazione. Il vocabolario di Google mi dà due alternative: 1. afflizione, profonda tristezza 2. [detto di un luogo] abbandono, trascuratezza Può darsi anche che io mi senta afflitta, e forse pure triste... a tratti trascurata. Sicuramente abbandonata. Ma non è questo che intendo quando dico di sentirmi in uno stato di desolazione. Deve essere tutto racchiuso in quel "de-" iniziale. Se fosse solo "solazione" non darebbe quell'idea. Come "depredato", "depravato", "deportato", "depositato". Questi sono tutti al passato. "Desolazione" invece, finisce con azione. Allora questo stato non è immobile, è attivo, è in atto. E allora non è più stato ma è. Qualche mese fa, a dicembre credo, mi ero iscritta ad una di quei siti di annunci lavorativi. Due settimane fa mi sono iscritta ad un'offerta, cercavano una commessa nel negozio di abbigliamento della mia città. Avevo pensato di lavorare a sufficienza da avere soldi per iscrivermi ad una scuola di fotografia e per pagarmi la rata del primo anno fuori corso all'università. Volevo qualcosa che mi desse l'impressione di stare facendo la cosa giusta, ora. Mi chiamano, fisso il colloquio. Vado. Niente, non fanno orario continuato e accettare lo spezzato avrebbe significato mandare al culo università, progetti artistici e quant'altro. Sono costretta a dire di no. Peccato. Avevo mandato altri 4 curriculum ad altri 4 annunci, ma nessuna risposta. Sono una modella mancata. Sono desolata. [Di cosa sa la tua figa?] |
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