blogtecaolivelli
blog informazione e cultura della biblioteca Olivelli
TAG
TAG
Messaggi di Marzo 2020
Post n°2679 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Alcuni astronomi, utilizzando l'astronave XMM-Newton dell'ESA hanno studiato un residuo di supernova (SNR) nota come W49B. Gli SNR sono strutture diffuse e in espansione risultanti da un'esplosione di supernova. Contengono materiale espulso che si espande dall'esplosione e altro materiale interstellare che è stato spazzato via. Situato tra 26.000 e 36.800 anni luce di distanza dalla Terra, W49B è uno dei primi resti di supernova rilevati con plasma ricombinante e anche uno dei SRN più luminosi della Via Lattea. Per scoprire il tipo di esplosione che ha interessato l'astro, Lei Sun e Yang Chen dell'Università di Nanchino in Cina hanno analizzato le osservazioni del XMM-Newton. "Eseguiamo una spettroscopia a raggi X completa e analisi di imaging di SNR W49B utilizzando i dati di archiviazione XMM-Newton", hanno scritto gli astronomi nel documento pubblicato il 16 marzo su arXiv.org. I dati hanno fornito immagini del flusso di linea e mappe della larghezza equivalente di varie linee di emissione per W49B. Lo studio chimico dei resti ha scoperto che i rapporti di abbondanza dei metalli supportano lo scenario di un collasso nucleare (chiamato anche supernova di tipo II), un tipo di supernova che si forma a partire dal collasso interno e dalla conseguente violenta esplosione di una stella di massa superiore ad almeno 9 volte quella del Sole . "Se W49B proviene da un'esplosione di un collasso nucleare, i nostri risultati sug- geriscono che la massa del progenitore sia inferiore a 15 masse solari", concludono gli astronomi nel loro documento. FONTE:PHYS.ORGQUANTO È |
Post n°2678 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet I meteoriti si rivelano, sempre di più, delle fonti di informazioni sull'origine di materiali strani e/o importanti per la vita. Un gruppo di ricercatori ha trovato dei grani di materiale supercondut- tivo all'interno di due rocce cadute sulla Terra. Questa è solo l'ultima scoperta che dimostra come i meteoriti non siano solo detriti spaziali. La superconduttività è la proprietà di un conduttore di trasportare elet- tricità senza dispersione dovuta alla resistenza del mezzo. Sono materiali di estremo interesse per l'informatica quantistica, per la diagnostica medica e la creazione di campi magnetici molto intensi. Questo fenomeno è estremamente raro in natura, o almeno lo è sulla Terra. Molti scienziati pensano che le condizioni estreme degli ambienti spaziali, in cui la materia può assumere stadi esotici, possano portare alla creazioni di superconduttori più facilmente rispetto al nostro pianeta; la scoperta di questi grani, trasportati sulla Terra da due meteoriti, potrebbe confermare questa teoria. La ricerca è stata guidata da un team dell'UC di San Diego ed ha analizzato 15 meteoriti, tramite una tecnica chiamata Magnetic Field Modulated Microwave Spectroscopy (MFMMS), per rilevare tracce di supercondut- tività al loro interno. Ci sono stati due casi positivi: il primo è una roccia ferrosa chiamata Mundrabilla, uno dei più grandi meteoriti mai trovati, caduto in Australia nel 1911; l'altro è un raro esemplare di ureilite chiamato GRA 95205, localizzato in Antartide. "I materiali naturalmente superconduttori sono rari, ma sono particolarmente significativi perché possono esserlo anche in ambiente extraterrestre," dice il fisico James Wampler. "Queste misure e l'analisi hanno mostrato che il materiale è composto da una lega di piombo, indio e stagno." "È una scoperta importantissima, e non solo perché si trova in un meteorite. Anche il più semplice dei materiali superconduttivi, il piombo, si trova raramente nella sua forma nativa e, per quanto ne sappiamo, non ci sono campioni di piombo naturalmente superconduttivo," spiegano i ricercatori nel loro articolo. Abbiamo un solo esempio di superconduttori "naturali": un minerale chiamato covellite. Il fatto che questa proprietà sia stata scoperta in due meteoriti, analizzando un campione molto piccolo rispetto alla totalità delle rocce presenti nello spazio, ha portato gli scienziati a credere che la superconduttività sia molto comune. Ci sono molte domande a cui rispondere e molte scoperte da fare, questo è soltanto il primo passo ma gli scienziati sono ansiosi di mettersi a lavoro. FONTE:SCIENCEALERT.COMQUANTO È |
Post n°2677 pubblicato il 30 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet Etiopia: scoperte orme di bambino di 700 mila anni fa 19 febbraio 2018 Ricercatori Sapienza scoprono orme di bambino risalenti a 700 mila anni fa in un sito archeologico in EtiopiaIl ritrovamento eccezionale ha pochissimi precedenti: i siti con impronte umane più antichi di 300.000 anni si contano nel mondo sulle dita di una sola manoI siti con impronte umane più antichi di 300.000 anni si contano nel mondo sulle dita di una sola mano e anche per questo la recente scoperta in Etiopia aumenta in modo significativo le nostre conoscenze. Si tratta di un livello improntato, perfettamente datato, perché direttamente coperto da un tufo vulcanico di 700.000 anni fa, di Gombore II-2 sito che è parte di Melka Kunture, una località dell'alto bacino del fiume Awash, a 2.000 metri slm. Qui da anni si svolgono le campagne di ricerca di uno dei Grandi scavi di ateneo, finanziato da Sapienza e dal Ministero Affari Esteri. La zona scavata corrisponde ad un'area intensamente frequentata, ai margini di una piccola pozza d'acqua in cui probabilmente si abbeveravano, oltre agli ominidi, anche animali prossimi agli attuali gnu e gazzelle, nonché uccellini, equidi e suidi; anche gli ippopotami hanno lasciato tracce dei loro passaggi.
Le impronte delle varie specie si intersecano tra di loro, e si sovrappongono a tratti a quelle degli esseri umani, individui in parte adulti e in parte di 1, 2 e 3 anni. In particolare uno di questi bambini in tenera età propriamente non camminava, ma era in piedi e si dondolava: la sua è l'impronta di un piede che calpesta ripetutamente il suolo, rimanendo appoggiato sui talloni. Ha quindi lasciato impressa una serie di piccole dita (più di cinque) in parte sovrapposte dalla ripetizione del movimento. "È stata un'emozione molto intensa" spiega Flavio Altamura, il giovane il giovane dottore di ricerca, prima firma dell'articolo appena uscito sugli Scientific Reports di Nature, a cui si deve la scoperta a cui si deve la scoperta delle orme dei bambini "A Gombore II-2 abbiamo quanto possa esistere di più simile ad una "foto di vita preistorica". Si può quasi dire che qui abbiamo, 700.000 anni fa, "i primi passi di un bambino", mentre il resto del gruppo ed altri piccoli si dedicavano alle attività quotidiane". Il sito infatti conserva traccia di una serie completa di attività: scheggiatura della pietra (ossidiana e altre rocce vulcaniche) con la produzione di strumenti litici, e macellazione della carne di più ippopotami. C'erano dei carnivori, ma sono venuti solo dopo a cibarsi dei resti lasciati dagli ominidi. Infatti, i morsi dei carnivori sulle ossa si sovrappongono alle tracce lasciate precedentemente dagli strumenti di pietra che avevano tagliato la carne. Quindi il gruppo umano era in pieno controllo dell'ambiente.
"Gombore II-2 è importante non solo perché sono rari i siti con impronte umane, ma perché per la prima volta non abbiamo un semplice "percorso nel paesaggio", come a Laetoli, per esempio, ma invece un sito archeologico in cui sono documentate le attività quotidiane nel loro insieme" spiega Margherita Mussi, coordinatrice dello scavo - "Inoltre, per la prima volta ci sono impronte di bambini molto piccoli, che indicano la loro presenza costante anche quando gl i adulti scheggiavano e macellavano. Sappiamo anche di che specie di ominide si tratta, perché resti fossili di Homo heidelbergensis - l'antenato comune nostro e dei Neandertaliani - sono stati trovati a breve distanza, ma in un livello archeologico più antico, risalente a 850.000 anni fa". La ricerca, coordinata da Margherita Mussi del Dipartimento di Scienze dell'antichità è frutto degli scavi condotti da laureandi e dottorandi del Dipartimento stesso. In particolare, la scoperta è opera del primo firmatario dell'articolo appena pubblicato sull'argomento, Flavio Altamura, che su questa ha svolto il suo progetto di dottorato in Archeologia. Lo studio delle impronte è frutto di una cooperazione scientifica a livello nazionale e internazionale.Info: www.melkakunture.it |
Post n°2676 pubblicato il 30 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet. Ritrovate a Ercolano le Historiae di Seneca il Vecchio 21 maggio 2018 Scoperta eccezionale di una giovane ricercatrice alla Biblioteca Nazionale di Napoli Importante scoperta alla Biblioteca Nazionale di Napoli annunciata dal direttore Francesco Mercurio, dove lo studio del papiro P. Herc. 1067, conservato nell'Officina dei Papiri Ercolanesi, ha permesso con certezza l'attribuzione dei frammenti analizzati alla Historiae ab initio bellorum civilium di Lucio Anneo Seneca il Vecchio, conosciuto come "il Retore" e padre del filosofo Seneca, opera di cui finora non esisteva alcuna notizia diretta di tradizione manoscritta. Valeria Piano, filologa e papirologa, ricercatrice dell'Università degli Studi di Napoli Federico II, nell'ambito del progetto europeo Platinum, ha impiegato un anno di lavoro certosino nella ricomposizione degli scampoli, tutti catalogati con lo stesso numero di inventario e dunque provenienti dallo stesso rotolo. Gli studi e le analisi eseguite su questi sedici pezzi, sul loro contenuto e sui calcoli cronologici, hanno condotto alla certa attribuzione all'autore di quest'opera di natura storico-politica, che interessa i primi decenni del principato di Augusto e Tiberio (27 a.C. - 37 d.C.). Grazie ai risultati conseguiti, il riconoscimento è stato accolto positivamente anche da altri studiosi e paleografi. "Sono particolarmente lieta che questa scoperta di assoluto valore sia avvenuta alla Biblioteca nazionale di Napoli - dichiara il Direttore generale Biblioteche e istituti culturali del MiBACT, Paola Passarelli - grazie al lungo ed appassionato lavoro di una ricercatrice dell'Università degli Studi di Napoli Federico II e nell'ambito di un rilevante progetto europeo. È un segnale positivo di come fare sistema possa portare a questi risultati ed uno stimolo incoraggiante a proseguire in questo senso". "Il binomio tutela e ricerca - conclude il Segretario generale del Mibact Carla di Francesco - porta oggi un risultato straordinario e restituisce al mondo un'opera della letteratura latina finora ritenuta perduta". Il P. Herc. 1067 è uno dei più noti papiri latini della collezione di Ercolano, conosciuto come Oratio in Senatu habita ante principem, e finora si riteneva conservasse un discorso di tenore politico composto da Lucio Manlio Torquato e pronunciato in Senato al cospetto dell'imperatore. finora ritenuta persa, conferma quanto la Villa dei Pisoni con la sua biblioteca fosse un vitale centro di studi fino a poco prima dell'eruzione del Vesuvio. I papiri carbonizzati di Ercolano riservano così un'altra straordinaria scoperta, mostrando come nella villa dei Pisoni vi fosse l'opera di uno dei grandi assenti della letteratura latina. (Foto: Biblioteca Nazionale di Napoli) |
Post n°2675 pubblicato il 30 Marzo 2020 da blogtecaolivelli
Fonte: articolo riportato dall'Internet. Esame al cuore di ÖtziEcco i risultati... 27 maggio 2018 Esame al cuore di Ötzi Pubblicato uno studio radiologico dell'Ospedale di Bolzano Alla presunta età di 46 anni, l'Uomo venuto dal ghiaccio aveva tre calcificazioni coronariche. A questa diagnosi è giunta un'équipe guidata dalla radiologa bolzanina Patrizia Pernter. I risultati dell'esame sono stati pub- blicati nel numero di gennaio 2018 della rivista scientifica specializzata "RöFo - Fortschritte auf dem Gebiet der Röntgenstrahlen". La quantità di calcio rilevata è paragonabile a quella che si può riscontrare in un uomo di carnagione chiara dei giorni nostri di età compresa tra i 40 e i 50 anni. Dal momento che Ötzi non aveva uno stile di vita sedentario, gli autori concludono che la predisposizione genetica è un fattore scatenante significativo per l'arteriosclerosi. A causa della nota posizione del braccio di Ötzi, fino al 2013 non è stato possibile eseguire una scansione tomografica computerizzata continua. Solo quando l'Ospedale di Bolzano si è dotato di nuove apparecchiature TC per i pazienti provviste di un'apertura più ampia, è stato possibile effettuare per la prima volta la scansione di tutta la mummia in un unico passaggio. Le immagini complete dell'area toracica così ottenute sono state successivamente esaminate da Patrizia Pernter, Beatrice Pedrinolla e Paul Gostner, ex primario del reparto di radiologia dell'Ospedale di Bolzano. Nel corso dell'analisi sono state subito notate tre calcificazioni nella zona del cuore. Un confronto effettuato dall'équipe medica con altre aree del corpo nelle quali si rileva frequentemente la presenza di depositi di calcio - ad esempio, come nel caso di Ötzi, la zona della carotide e le arterie alla base del cranio - ha confermato il risultato. La prova delle calcificazioni viene stabilita quantitativamente con un sistema di misurazione che si basa sulla loro densità e il loro volume. A questo proposito vi sono differenze tra etnie, per sesso e per età. Per Ötzi i valori di paragone utilizzati sono quelli dei caucasici (quindi di persone di carnagione chiara), come definiti da Agatston, che ha sviluppato questo metodo. "Se è presente calcare, significa che vi sono placche arteriosclerotiche. Se si trasferissero le calcificazioni sul cuore di un uomo in vita, il valore misurato in Ötzi corrisponderebbe a quello di un essere umano di sesso maschile di ca. 45 anni di età," così Patrizia Pernter spiega i risultati delle analisi mediche sull'Uomo venuto dal ghiaccio. E illustra anche cosa ciò avrebbe significato per la vita successiva di Ötzi o per persone di oggi della stessa età: "La presenza o l'assenza di depositi di calcio può avere un valore nel calcolo del rischio cardiovascolare di un paziente; cioè, accanto ad altri fattori di rischio (grassi nel sangue, fumo, pressione sanguigna elevata, diabete, ...), la presenza di calcificazioni delle coronarie può costituire un'indicazione aggiuntiva di un accresciuto rischio di avere o di sviluppare in futuro una malattia cardiaca coronarica." Nel 2012 è stato pubblicato il genoma dell'Uomo venuto dal ghiaccio ed è stata rilevata una predisposizione genetica a patologie cardiovascolari. Per Patrizia Pernter è dunque evidente che la mummia non costituisce solo uno dei più antichi casi di calcificazione vascolare, ma anche "un esempio medico del fatto che una predisposizione genetica è forse il principale fattore scatenante per l'arteriosclerosi e la sclerosi coronarica". Informazioni: www.iceman.it Foto: South Tyrol Museum of Archaeologiemuseum / O. Verant |
AREA PERSONALE
MENU
CHI PUņ SCRIVERE SUL BLOG
I messaggi e i commenti sono moderati dall'autore del blog, verranno verificati e pubblicati a sua discrezione.