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Messaggi del 16/03/2020

Come si propagano i virus.

Post n°2593 pubblicato il 16 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

09 dicembre 2019Comunicato stampa

Reti sociali: un modello per studiare gli

effetti della propagazione virale

Fonte: Università Statale di Milano

© Science Photo Library RF  Pubblicati su "Plos One"

i risultati di una ricerca dell'Università Statale di Milano

che ha messo a punto un software per la simulazione

di fenomeni di propagazione virale all'interno di reti

sociali e dei loro effetti sulla conoscenza che gli individui

maturano riguardo al tema al centro dell'epidemia

Lo studio pubblicato su Plos One propone un modello

per descrivere come la diffusione di un fenomeno

virale in una rete sociale (per cui si usa spesso il

termine di epidemia, riferito non solo a malattie ma

anche a dipendenze e alla diffusione di opinioni)

influenzi la conoscenza che di esso hanno gli individui,

determinando comportamenti differenti, volti in alcuni

casi a prevenire il contagio, in altri a favorirlo.

La ricerca evidenzia come il risultato delle modifiche nei

comportamenti vada a cambiare la diffusione virale.

Il lavoro si inserisce nell'ambito degli studi di coevolu-

zione di sistemi complessi in presenza di fenomeni

epidemici: una rete sociale (digitale o non digitale) ha

caratteristiche tipiche dei sistemi complessi e le due

dinamiche, la diffusione virale e i comportamenti degli

individui, si influenzano vicendevolmente, coevolvono.

Definire dei meccanismi di variazione della conoscenza

sufficientemente semplici da poter essere modellati e

simulati con un tool software appositamente sviluppato

è stato lo scopo dello studio.

Il modello è stato ideato e coordinato da Marco Cremonini

dell'Università di Milano e sviluppato insieme a

Samira Maghool, dottoranda in Fisica dell'Alzhara

University di Teheran (Iran) e visiting researcher presso

il dipartimento di Informatica dell'ateneo milanese da

settembre 2018.
 
Per il modello e il simulatore è stato usato un approccio

multi-agente, nel quale gli individui vengono rappresentati

da componenti software (agenti) che eseguono azioni

sulla base delle informazioni che ricavano dalla rete

sociale di agenti; come il linguaggio di programmazione

è stato scelto Python.
 
Per gli autori è stato importante lavorare in particolare

su alcuni aspetti caratterizzanti e nuovi:

-  definire la conoscenza acquisita dagli agenti come

prodotto di componenti distinte: la conoscenza

pregressa individuale, l'osservazione del contesto

locale ed eventuali stimoli provenienti da agenti connessi;

-  adottare l'imitazione come il meccanismo fondamentale

per adattare la conoscenza, prevedendo scenari diversi,

dalla pura osservazione del contesto locale e adozione

di precauzioni, tipico del caso di epidemie biologiche,

all'imitazione del comportamento di gruppi sociali di

riferimento, tipico nel caso di dipendenze o la diffusione

di idee;

-  prevedere che le variazioni di conoscenza avrebbero

potuto comportare sia una riduzione sia un'accelerazione

della propagazione del fenomeno virale.   
 
Lo studio ha introdotto elementi di novità nell'ambito dei

modelli di coevoluzione dinamica per fenomeni epidemici complessi.

Scenari riconducibili al modello studiato sono molteplici,

non solo i casi biologici tradizionalmente considerati

dall'epidemiologia, ma soprattutto le molteplici varianti di

propagazione di idee, opinioni, rumor, fake news e false

credenze all'interno di reti sociali, digitali e non digitali.

Un altro scenario interessante e ancora poco studiato

riguarda la propagazione di malware in reti di computer,

per le quali esiste una coevoluzione tra azioni guidate

esclusivamente da tecnologie e reti sociali con le azioni

di operatori e utenti.
 
"Nonostante i limiti dovuto alla modellazione dei fenomeni

e all'utilizzo di un modello di rete sociale e di dati artificiali,

lo studio fornisce spunti innovativi per l'interpretazione

di sistemi complessi che, come la rete, presentano

caratteristiche di coevoluzione, ovvero dinamiche che si

influenzano vicendevolmente.

Capire gli effetti della percezione e della conoscenza che

le persone hanno di un fenomeno epidemico è importante

per comprendere la dinamica di un sistema sociale

complesso, per migliorare

(https://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371

/journal.pone.0225447)

 
 
 

Uno squalo serpente antichissimo

Post n°2592 pubblicato il 16 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Scoperto uno squalo serpente,

'dinosauro' sopravvissuto

fino a giorni nostri

AMBIENTE Angelo Petrone 10:59 14 Novembre 2017

E' una scoperta davvero curiosa quella realizzata da un team

di esperti a largo del Portogallo.

Si tratta di un animale antichissimo, giunto ai giorni nostri

dopo milioni di anni di evoluzione, dall'epoca della Pangea.

Ha ben trecento denti affilati, una testa che sembra quella di un 

serpente ed un corpo allungato.

L'animale, già conosciuto con il nome scientifico di Chlamydo

selachus anguineus, si è sviluppato in contemporanea ai dinosauri,

ma a differenza loro è sfuggito alle estinzioni del passato per motivi

ancora non ben chiari.

Durante la sua lunga permanenza sul nostro pianeta, pari a circa

ottanta milioni di anni, lo squalo serpente non è quasi mai venuto

a contatto con la specie umana rimanendo un mistero fino ai

giorni nostri.

squalo serpente

Scoperto uno squalo serpente, 'dinosauro' sopravvissuto fino

a giorni nostri

Di conseguenza le informazioni che abbiamo sono poche e

frammentarie.

Sappiamo, ad esempio, che vive in una vasta area del Pacifico,

dai fondali del Giappone fino alla Nuova Zelanda, ma

evidentemente vive anche nell'Atlantico come evidenzia

l'ultimo ritrovamento.

Quella dello squalo serpente rappresenta solo l'ultima delle

scoperte realizzate nelle profondità oceaniche confermando,

ancora una volta, come i fondali rappresentino un habitat

quasi del tutto inesplorato dall'uomo.

 
 
 

Dalla Russia preistorica

Post n°2591 pubblicato il 16 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Russia: scoperte tracce di
un'antica civiltà sotterranea

AMBIENTE Angelo Petrone 1:03

22 Gennaio 2020

L'antica civiltà Sikhirtia, ricordata nelle leggende

della popolazione locale, viveva in cavità scavate

nelle colline.

Un gruppo di archeologi russi ha scoperto, nella

penisola di Taimyr, le tracce dei misteriosi Sikhirtia

, i mitici abitanti dell'estremo nord della Russia.

In una grotta rinforzata con una cornice di legno,

gli esperti hanno ritrovato vari strumenti di lavoro,

alcuni realizzati con ossa di mammut.

''La peculiarità di questi antichi abitanti della costa

artica - spiega il direttore della spedizione, Danil

Lysenko - è che vivevano sottoterra" .

Secondo un'analisi al radiocarbonio i resti scoperti

nella grotta risalgono al XIV secolo, una data che

segna la fine di un clima temperato e l'inizio di una

"piccola era glaciale".

 

Russia: scoperte tracce di un'antica civiltà sotterranea

Gli abitanti della costa bagnata dal mare di Kara,

vivevano cacciando foche e orsi polari lavorando

il ferro e allevando renne.

Oggi la Baia di Makárov ospita un antico santuario

dove i pochi abitanti offrivano alle divinità le zampe

degli animali macellati, le teste di orsi, oltre ai resti

di renne.

"Sono riti antichi e arcaici che, a quanto pare, i

nenets hanno ereditato dall'antica popolazione 

Sikhirtia". Nelle leggende della zona, questo antico

popolo veniva descritto di bassa statura con capelli

biondi e occhi azzurri, dedito allo sciamanesimo ed

abituato a vivere in cavità scavate nelle colline.

 
 
 

Un dinosauro aveva un tumore nella coda.

Post n°2590 pubblicato il 16 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Paleontologia: scoperto un
tumore nella coda di un
dinosauro

SALUTE Angelo Petrone 19:09 12 Febbraio 2020

Una rara forma di tumore scoperta nella coda di un dinosauro.

La coda fossilizzata di un giovane dinosauro, che viveva in

una prateria nel sud dell'Alberta, in Canada, mostra i resti

di un tumore di 60 milioni di anni.

I ricercatori dell'Università di Tel Aviv, guidati dalla Dott.ssa

Hila May del Dipartimento di Anatomia e Antropologia della

Sackler Faculty of Medicine, hanno identificato un tumore benigno,

 noto come la patologia di LCH (Istiocitosi a cellule di Langerhans),

una malattia rara e talvolta dolorosa che colpisce l'uomo e in particolare

i bambini di età inferiore ai 10 anni.

La coda del giovane dinosauro erbivoro mostra grandi cavità in due

dei segmenti delle vertebre; la forma specifica delle cavità ha attirato

l'attenzione dei ricercatori.

Paleontologia: scoperto un tumore nella coda di un dinosauro

"Erano estremamente simili alle cavità prodotte dalla malattia

rara LCH che esiste ancora oggi nell'uomo", spiega May.

"La maggior parte dei tumori correlati alla LCH, compaiono improvvisa-

mente nelle ossa dei bambini di età compresa tra 2 e 10 anni, e spesso

scompare in pochi anni," Le vertebre della coda di dinosauro sono state

inviate per la scansione micro-CT avanzata al Dan David Center for

Human Evolution and Research di TAU.

"Abbiamo scannerizzato le vertebre di dinosauro e creato una ricostruzione

computerizzata 3-D del tumore e dei vasi sanguigni che lo hanno alimentato

. Le analisi micro e macro hanno confermato la presenza della LCH.

E' la prima volta che questa malattia è stata identificata in un dinosauro ".

I risultati sorprendenti della ricerca indicano, secondo May, come la

malattia non colpisca unicamente l'uomo e che è giunta fino ai giorni

nostri da 60 milioni di anni.

 
 
 

I cambiamenti del Polo magnetico terrestre.

Post n°2589 pubblicato il 16 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

HOMETERRAGEOLOGIA E

STORIA DELLA TERRA

Campo magnetico terrestre: ecco come si è formato e

come è durato fino ad oggi

27 Gennaio 2020 Geologia e storia della TerraTop news

Come è cambiato il campo magnetico terrestre nel corso

della storia del nostro pianeta? Com'era durante le fasi

iniziali? Perché questo schermo magnetico è comparso

praticamente subito dopo la formazione della terra?

Sono le domande che si sono posti alcuni ricercatori

dell'università di Rochester che hanno pubblicato uno studio

scientifico su PNAS, uno studio che potrebbe rivelarsi molto

importante anche per comprendere l'evoluzione futura della

stessa Terra e dei pianeti simili.

I ricercatori sono giunti alla conclusione che il campo magnetico

terrestre, durante le prime fasi della storia della Terra, era

addirittura più forte di quanto non sia oggi.

Lo scudo magnetico che vediamo oggi deve la sua origine al

nucleo esterno terrestre (la parte più esterna del nucleo interno

) grazie all'immenso calore dell'interno della Terra che fa roteare

e agitare lo stesso nucleo esterno.

Quest'ultimo, essendo composto da ferro liquido, genera delle

correnti elettriche, correnti che alimentano lo stesso campo

magnetico terrestre.

Tuttavia poco dopo la formazione della Terra le cose funzionavano

un po' diversamente, Secondo questo studio.

Analizzando con nuove tecniche alcuni campioni di cristalli di

zirconio, i materiali terrestri più antichi tra quelli conosciuti, i

ricercatori hanno ottenuto importanti informazioni sulla

formazione del campo magnetico terrestre.

Le analisi suggeriscono l'esistenza di un campo magnetico più

forte di quanto calcolato in precedenza circa 4 miliardi di anni fa.

Allora, però, questo campo doveva essere alimentato da un

meccanismo diverso in quanto il nucleo interno non si è ancora

formato (il nucleo interno dovrebbe essersi infatti formato solo

565 milioni di anni fa, secondo un altro studio).

Secondo i ricercatori tale meccanismo è rappresentato dalla

precipitazione chimica dell'ossido di magnesio all'interno della Terra,

come spiega John Tarduno, professore di scienze della terra

dell'ambiente e uno degli autori dello studio.

Questo ossido di magnesio deve essersi sciolto a causa dell'immenso

calore causato a sua volta dall'impatto della Terra con un corpo

molto grande, evento che ha poi portato alla formazione della

Luna.

Mentre l'interno della Terra andava raffreddandosi, l'ossido di

magnesio "precipitava" procurando il meccanismo necessario

per "alimentare" il primo campo magnetico terrestre.

Proprio all'incirca 565 milioni di anni fa l'ossido di magnesio avrebbe

cominciato ad esaurirsi e il campo magnetico cominciò conseguenzial-

mente a sparire.

Ma, secondo i ricercatori, proprio in questo periodo è andato

formandosi il nucleo interno il quale ha fornito una nuova fonte

di alimentazione e ha permesso allo scudo magnetico che circonda

il nostro pianeta di continuare ad esistere.

 
 
 

Altra notizia di vulcanologia.

Post n°2588 pubblicato il 16 Marzo 2020 da blogtecaolivelli


NOTIZIE SCIENTIFICHE

Datato il cratere da impatto meteoritico più antico della Terra:

2,2 miliardi di anniHOMETERRAGEOLOGIA E STORIA

DELLA TERRA

23 Gennaio 2020 Geologia e storia della TerraArea del cratere di Yarrabubba, Australia

È già stato definito come il cratere da impatto meteoritico

più antico mai individuato sulla Terra quello datato

nell'Australia occidentale che, secondo i geologi e i ricercatori,

è stato formato da un impatto avvenuto oltre 2,2 miliardi di anni fa.

Lo studio per la prima volta esegue una datazione precisa del

cratere di Yarrabubba stimando la data in 2, 229 miliardi di

 anni, 200 milioni di anni in più rispetto ad altri vecchi crateri da

impatto individuati sul nostro pianeta.

Datare con questa precisione crateri da impatto così antichi non

è per nulla facile: la Terra è un pianeta più che vivo e, anche solo

considerando gli eventi tettonici, tra cui gli stessi terremoti, ci si

aspetterebbe che dopo 2,2 miliardi di anni un cratere resti non più

percettibile in quanto progressivamente cancellato dall'azione

geologica del pianeta.

In questo caso i ricercatori hanno fatto uno sforzo degno di nota

e, nel proprio studio pubblicato su Nature Communications,

Spiegano come sono riusciti a datare un cratere del genere.

Innanzitutto hanno cercato speciali minerali presenti nel sito,

minerali che erano il risultato dell'alterazione della struttura di

vari materiali a seguito dell'impatto, tra cui zircone e monazite.

Con particolari processi di scansione ad alta tecnologia, tra cui

microsonde ioniche, i ricercatori hanno trovato e identificato

l'uranio presente in microscopici granuli e sono riusciti a calcolare

una data precisa.

Tra l'altro in quel periodo la Terra si trovava in una profonda fase

di congelamento denominata "Terra a palla di neve".

Questo significa che nel momento dell'impatto si venne non solo

a creare un cratere (largo circa 70 km) ma numerose tonnellate di

ghiaccio si vaporizzarono nell'atmosfera (fino a mezzo trilione

di tonnellate secondo i ricercatori).

Il vapore acqueo, di per sé, è un ottimo gas serra.

A questo punto il sospetto sorge spontaneo: questo evento di impatto

contribuì allo scioglimento dei ghiacci che seguì alla Terra a palla

di neve?

Al momento non ci sono prove per poter dimostrare una cosa del

genere e si tratta solo di una speculazione.

Ulteriori studi saranno necessari per capire se un impatto del genere

possa davvero provocare cambiamenti climatici di vasta portata in

un mondo del tutto ghiacciato come quello della Terra a palla

di neve.

Il carattere di Yarrabubba è il più antico cratere di impatto

sulla Terra tra quelli individuati (credito:

 Doi: 10.1038/s41467-019-13985-7 | Nature Communications,

Erickson, T.M., Kirkland, C.L., Timms, N.E. et al.

 
 
 

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