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Messaggi di Marzo 2020

Da Chiusi etrusca: una scoperta sensazionale..

Post n°2689 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato da Internet

Chiusi etrusca: prove di sacrifici ritualiScoperta eccezionale

Foto apertura articolo: la sepoltura anomala rinvenuta a Chiusi

nella necropoli etrusca di Poggio Renzo (prima metà del V sec. a.C.)

su cui si stanno formulando le ipotesi di un'uccisione rituale.


Sepoltura anomala

Ci sono tanti motivi per tornare a parlare della straordinaria città etrusca

di Chiusi. Lo fa Archeologia Viva nel numero di novembre/dicembre che

dedica alla città di Porsenna ben 18 pagine (vedi: https://www.archeolo

giaviva.it/13120/cleusie-chiusi/ ).

Tra fake news da sfatare e nuove verità archeologiche da scoprire tiene

banco o meglio col fiato sospeso la vicenda della sepoltura anomala,

l'ormai famosa Tomba 4, rinvenuta nella necropoli chiusina di Poggio

Renzo afferente al Polo museale della Toscana e la cui direzione è di

Maria Angela Turchetti.

«Una vera e propria task force - ha spiegato l'archeologa durante la

presentazione alla stampa del numero speciale di AV su Chiusi - sta

cercando si svelare un mistero. Siamo davanti a una sepoltura anomala

, praticamente senza corredo (a parte un piccolo amuleto a forma di scarabeo

sul bacino), con un individuo in una posizione strana che fu sepolto quasi

subito dopo la sua probabile esecuzione attorno alla prima metà del V sec. a.C.

La postura così innaturale fa pensare che la vittima sia stata messa in ginocchio,

sgozzata e gettata nel corridoio della tomba a camera poco prima di essere

chiusa per sempre».

Un "precedente" che fa scuola

Il caso della sepoltura di Poggio Renzo ha varie analogie secondo la dottoressa

Turchetti con la celebre tomba François di Vulci (340/330 a.C.) dov'è raffigurata

l'uccisione rituale dei prigionieri troiani a opera di Achille e dai suoi per onorare

la memoria di Patroclo.

Anche nel caso della tomba etrusca della provincia di Viterbo c'è una serie di

individui con le mani legate dietro la schiena o appena liberate, perché la vittima

sacrificale di una divinità deve accettare volontariamente il suo destino.

Si tratta dunque di individui che vengono portati al macello, sgozzati e così sacrificati

agli dei.

Tomba François a Vulci: sacrificio dei prigionieri troiani, copia d'affresco

eseguita da Augusto Guido Gatti nel 1931.

Non erano dunque solo male lingue

«Le fonti antiche parlano di sacrifici umani e uccisioni rituali in Etruria - conclude la

Turchetti - ma si credeva che fossero le solite voci maldicenti nei confronti degli

Etruschi, vale a dire quel popolo così "barbaro" che andava ad ammazzare i cosiddetti

prigionieri di guerra in barba a ogni regola di civiltà.

A questo punto possiamo supporre che non furono solo gossip fatti circolare da parte

di greci e romani».

A conclusione delle indagini di laboratorio sullo scheletro ritrovato sapremo finalmente

come andarono le cose...

 
 
 

Una signora neolitica..

Post n°2688 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Ecco "Calpeia". Signora neolitica vissuta a GibilterraArcheonews

30 settembre 2019


Ritrovamento in grotta

Una ricostruzione straordinaria. Impressionante per i particolari, per l'espressione e

per il fatto di portarci "in soggettiva" indietro nel tempo fino al volto di una donna

vissuta a Gibilterra 7500 anni fa. Ecco a voi dunque "Calpeia", la signora del neolitico

così ribattezzata per via dell'antico nome latino della Rocca di Gibilterra (Mons Calpe),

dove, all'interno di una grotta sepolcrale nei pressi di Punta Europa, un team di

archeologi del Museo Nazionale di Gibilterra rinvenne i suoi resti, tra cui il cranio,

nel 1996.


Tecnologia d'avanguardia

Ventitré anni dopo la straordinaria scoperta, i progressi tecnologici hanno permesso

al Museo Nazionale di Gibilterra sotto la guida dell'archeologo Manuel Jaén di

collaborare con la Harvard Medical School e realizzare l'incredibile ricostruzione

facciale forense.

Durata sei mesi, "l'operazione" ha comportato il rimodellamento di una copia scan-

nerizzata del teschio e l'integrazione delle parti mancanti.

Il risultato? Una rappresentazione quanto mai realistica della testa di Calpeia.

Per i genetisti era al 90% turca

Dall'analisi del Dna isolato dai resti ossei della mujer neolitica è risultato che il

10 per cento dei suoi geni è riconducibile ad antenati cacciatori-raccoglitori del

Mesolitico e il 90 per cento alle popolazioni dell'Anatolia (attuale Turchia).

Questo significa che Calpeia o i suoi antenati avevano probabilmente raggiunto

Gibilterra dal Mediterraneo orientale portando con loro le nuove tecniche poi insegnate

alle popolazioni locali e che finirono per diffondersi in tutta Europa.

Il Neolitico o "età della pietra nuova" fu contraddistinto dalla diffusione dell'agricoltura

importata in Europa dal Medio Oriente. Nella colonia britannica, nel XIX secolo, furono

anche rinvenuti resti ossei dell'uomo di Neanderthal.

Mistero sulla morte

La ricostruzione delle caratteristiche fisiche partendo dai dati genetici, nota come

fenotipizzazione del Dna, ha permesso un'analisi approfondita del cranio, riveland

o che Calpeia era una donna di 30-40 anni dagli occhi e capelli neri.

A giudicare dalle dimensioni del cranio, non doveva essere molto alta.

Le cause della morte non sono chiare e il cranio subì una deformazione

dopo la sepoltura.
Angelita La Spada

Info: enquiries@gibmuseum.gi

 
 
 

Dalla Spagna preistorica...

Post n°2687 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Una "Stonehenge" spagnola riemerge dalle acqueSensazionale scoperta

Stonehenge Spagnola

17 settembre 2019


Sensazionale scoperta

Uno straordinario complesso megalitico riemerge dalle acque del fiume

Tago, in Spagna, grazie a un'eccezionale siccità, dopo essere rimasto

sommerso per quasi sessant'anni.

Risalente all'età del Bronzo, il sito prontamente ribattezzato "Stonehenge

spagnola" - perché molto simile al suo omologo inglese situato nella contea

del Wiltshire - è composto da ben 144 monoliti di granito posizionati verticalmente,

con una camera ovale di cinque metri di diametro e un corridoio di ventun

metri di lunghezza.

Per colpa di una diga

Il complesso, conosciuto come "Dolmen de Guadalperal" si trova nei pressi

della città di Peraleda de la Mata nel territorio del comune di El Gordo, nel

cuore dell'Estremadura.

Scoperto nel 1925 dal geologo e archeologo tedesco Hugo Obermaier, il sito

venne sommerso nel 1963 dalle acque del lago di Valdecañas, un bacino

artificiale fatto realizzare da Francisco Franco, a seguito della costruzione

dell'omonima diga.

Adesso per la prima volta il complesso megalitico è visibile nella sua interezza

e c'è chi ipotizza che potrebbe non essere l'unico di quel periodo nascosto sotto

le acque paludose venutesi a creare dopo la costruzione di opere idrauliche da

parte del franchismo.

Un faro sul Neolitico

Questo ritrovamento costituisce una grande occasione per studiare il patrimonio

megalitico del paese.

Inoltre la presenza di un dolmen è indice dell'esistenza di monumenti più grandi

o addirittura di insediamenti.

Nonostante si sappia poco delle comunità neolitiche che abitavano in questa zona

del Tago, gli archeologi reputano che fossero solite insediarsi nei pressi delle rive

dei fiumi, soprattutto lungo il loro corso principale.

Perché fu costruito?

Il complesso megalitico potrebbe essere servito per vari scopi ovvero sia come

calendario solare sia come luogo di sepoltura collettivo a cielo aperto.

Gli archeologi hanno notato inoltre che su uno dei megaliti è inciso un serpente

stilizzato, simbolo di protezione usato dalle antiche popolazioni iberiche, oltre

a essere considerato una sorta di guardiano della zona sacra.

E ancora, uno dei dolmen mostra una linea sinuosa che, in base ai dati raccolti

da Obermaier, potrebbe essere una delle prime mappe della cartografia europea

e poteva servire a navigare lungo il fiume Tago.

Se ciò fosse confermato, sarebbe una delle mappe più antiche del mondo.

Dalle vicine montagne...

La datazione al radiocarbonio ha rivelato che il Dolmen de Guadalperal  risale

a 5000-4000 anni fa, e ciò lo collega curiosamente alla storia della Stonehenge

inglese, composta da 93 pietre monolitiche, note come sarsen e bluestones: le

prime, di dimensioni maggiori furono trasportate dalle Marlborough Downs,

mentre le bluestones (così chiamate, perché se bagnate diventano blu) provenivano

dalle Preseli Hills, nel Galles sudoccidentale.

Corsa contro il tempo

L'associazione culturale Raíces de Peralêda, ha lanciato una petizione online per

far rimuovere il monumento dalla palude e valorizzarlo prima che venga nuovamente

sommerso dalle acque.

Le pietre di granito sono molto porose e si crepano facilmente.

Solo una corsa contro il tempo potrà preservare un patrimonio che già mostra chiari

segni di deterioramento.

Angelita La Spada

 
 
 

Un'importante scoperta in Lombardia...

Post n°2686 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Piroga e giogo preistoriciImportante scoperta in Lombardia

26 luglio 2019


Importante scoperta in Lombardia

Un giogo e una piroga scavata nel tronco di una grande quercia,

risalenti a circa 4.000 anni fa: sono questi gli ultimi reperti in

legno rinvenuti nella campagna di scavo dell'Università degli

Studi di Milano presso la palafitta preistorica di Lavagnone

(Desenzano del Garda-Lonato, Bs).

Il sito palafitticolo dell'età del Bronzo (2200-1200 a.C.), dal 2011

incluso nel patrimonio Unesco, non è nuovo alle grandi scoperte:

famoso il ritrovamento degli scorsi anni Settanta di uno degli aratri

più antichi al mondo, ora esposto presso il Museo Civico Archeologico

"G. Rambotti" di Desenzano del Garda.


Il giogo.

Le ricerche dirette da Marta Rapi

I reperti dei recenti scavi dell'Università degli Studi di Milano sono

davvero eccezionali, come sottolinea Marta Rapi, docente di Preistoria

e Protostoria presso il Dipartimento di Beni culturali e ambientali che

dirige il progetto di ricerca con la partecipazione degli studenti del corso

di laurea in Archeologia e della Scuola di specializzazione in Beni

archeologici: «Per quanto riguarda la piroga, sono stati trovati due

segmenti di monossile; forse formavano lo stesso natante che è stato

intenzionalmente tagliato a metà e deposto in verticale tra i pali di

fondazione delle abitazioni palafitticole.

All'interno di uno scafo abbiamo trovato un'altra sorpresa: un lungo

bastone, l'ipotesi è che possa essere un remo.

Il giogo invece era a poca distanza, deposto sul fondo dell'antico lago

intero e mai utilizzato, forse un'offerta alle acque».


La piroga con il remo.

Per garantirne la conservazione, i reperti sono stati immersi in una

vasca con acqua appositamente allestita a Milano presso il

Laboratorio di restauro del legno bagnato della Soprintendenza

Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Como, Lecco, Sondrio e

Varese e a breve inizierà il restauro. Si tratta di un lungo percorso:

il primo passo è il consolidamento per impregnazione con una resina

a base di glicole di polietilene (P.E.G.), che impiega molti mesi,

poi l'essiccazione e infine il restauro vero e proprio.

 
 
 

News dalla preistoria..

Post n°2685 pubblicato il 31 Marzo 2020 da blogtecaolivelli

Fonte: articolo riportato dall'Internet

Sequenziato il primo antico genoma completo africanoArcheonews

Sequenziato il primo genoma completo

15 aprile 2015


Proviene da uno scheletro rinvenuto in uno scavo in Etiopia (Altopiano del Gamo)

Allo studio, appena pubblicato sulla rivista Science, hanno partecipato Mauro

Coltorti e Pierluigi Pieruccini dell'Università di Siena

È di un uomo tra i trenta e i cinquant'anni il più antico genoma completamente

sequenziato di un individuo del continente africano, estratto dal DNA di uno scheletro

di 4500 anni fa, rinvenuto nel 2012 sull'altipiano del Gamo, nel sud dell'Etiopia,

all'interno di una grotta chiamata nella lingua locale "Mota".

Allo studio, appena pubblicato sulla rivista Science, hanno partecipato Mauro

Coltorti e Pierluigi Pieruccini del dipartimento di Scienze fisiche, della Terra e

dell'ambiente dell'Università di Siena, che sono stati tra i protagonisti della scoperta

e dello scavo dei resti.

"Bayira" o "il primo nato" - il nome nella lingua locale con cui è stato chiamato lo

scheletro - è stato trovato in una sepoltura costituita da un piccolo tumulo di rocce

basaltiche, unica nel suo genere risalente a questo periodo nell'Etiopia sud-occidentale.

La sepoltura si trovava a circa 60 cm di profondità all'interno di una sequenza

di strati di cenere.

Il corpo, in posizione fetale, era stato orientato nord-sud, con la testa posta su un

cuscino costituito da una pietra , rivolta verso occidente, le mani incrociate sotto

il volto.

Nella sepoltura erano state depositate anche un geode e oltre due dozzine di strumenti

di ossidiana, selce e basalto tipici del tardo Neolitico.

genoma_1-300x220

Oltre a essere il primo genoma antico completamente sequenziato proveniente

dall'Africa, Bayira, risulta antecedente alla migrazione dall'Eurasia verso il

Corno d'Africa, avvenuta circa 3000 anni fa.

La sequenza genetica di Bayira non contiene infatti alcun gene di quella provenienza,

a conferma della tesi che i geni euroasiatici presenti nelle moderne popolazioni

africane derivano da migrazioni più recenti.

Attraverso il genoma sequenziato si otterranno quindi elementi per comprendere

l'espansione fuori dall'Africa dell'Homo sapiens e dei successivi spostamenti tra

Africa ed Europa.

Il DNA di Bayira fornisce anche informazioni specifiche sulla vita in epoca

preistorica sugli altopiani etiopici.

Il sequenziamento ha evidenziato infatti tre varianti genetiche, comuni tra i

moderni uomini di quelle aree, che indicano adattamenti alle condizioni di

scarsità di ossigeno in alta quota.

genoma_3

Le informazioni ottenuto tramite il sequenziamento permetteranno anche

di formulare ipotesi sulla storia della popolazione del sud-ovest dell'Etiopia,

in quanto il DNA risulta geneticamente più vicino al gruppo etnico degli Ari

, un gruppo di lingua omotica che abita oggi in quell'area.

Finora il DNA di nessun individuo di etnia Gamo è stato sequenziato per un

confronto e sarà quindi necessario proseguire nello studio per comprendere

appieno la relazione genetica tra Bayira e la popolazione attuale.

genoma_2

La Ricerca, finanziata dal National Science Foundation (USA) in collabora-

zione con l'Autorità per la Ricerca e la Conservazione del Patrimonio

Culturale del Ministero della Cultura dell'Etiopia e il Museo Nazionale

dell'Etiopia, è coordinata dal 2005 da Kathryn Arthur e John Arthur

(University of South Florida St. Petersburg) e da Matthew Curtis (Ventura

College and UCLA Extension).

Il team internazionale di scienziati include anche Jay Stock (University of

Cambridge) che ha condotto le analisi morfologiche dello scheletro di Bayira

e Andrea Manica (University of Cambridge) e Ron Pinhasi (Trinity College,

Dublin), che hanno guidato il gruppo responsabile dell'analisi e del

sequenziamento del DNA.

 
 
 

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