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Dei cinque libri della mia vita

Post n°48 pubblicato il 21 Maggio 2007 da jo_march1979
 

Rieccomi sulla blog-sfera! riprendo l’attività raccogliendo l’invito di RosexelA a descrivermi attraverso 5 libri che mi hanno segnato.

Prima di tutto designo i miei 5 successori in questo gioco:

 Fayaway, perché a quanto ho avuto modo di capire abbiamo una formazione letteraria simile – e siamo entrambe sopravvissute all’Orientale di Napoli -;

Ossimora, perché mi ritrovo spesso nella sua sensibilità (anche se non si direbbe);

Eric_Van Cram, perché le sue battute fulminanti devono essere nate dalle letture giuste;

Voodoo Dolly, perché mi piace come scrive, quindi mi piacerà ciò che ha letto;

Manu_80.m , per gli stessi motivi di Vodoo Dolly.

Dopo aver stilato una lista di una cinquantina di libri, dopo aver chiesto un parere a chi mi conosce bene (e che mi ha suggerito libri che piacciono a LUI) e dopo aver deciso di barare con un fuori classifica, sono pronta a giocare anch’io.

Metto fuori classifica due autori, perché non potrei limitarmi a citarne una sola opera, mi hanno influenzato troppo: Louisa May Alcott, che con i quattro libri delle Piccole Donne - nonché con il delizioso Una ragazza fuori moda - , ha irreversibilmente segnato la mia infanzia, insegnandomi (l’ho capito poi)  a cercare calma e armonia in tutte le situazioni. Possibilmente senza prendermi troppo sul serio.

 A quindici anni ho incontrato  Luigi Pirandello, che ha sconvolto la visione del mondo in cui cominciavo ad affacciarmi: ho maniacalmente letto tutte - o quasi- le sue opere, e devo ancora trovare qualcosa che mi abbia influenzato di più di Sei personaggi in cerca d’autore e delle Novelle per un anno.

 

Adesso gioco pulito, indicando disciplinatamente i cinque incipit dei libri della mia vita:

In mezzo alle montagne c'è il lago d'Orta. In mezzo al lago d'Orta, ma non proprio a metà, c'è l'isola di San Giulio. Sull'isola di San Giulio c'è la villa del Barone Lamberto, un signore molto vecchio (ha novantatre anni), assai ricco (possiede ventiquattro banche in Italia, Svizzera, Hong Kong, Singapore, eccetera), sempre malato. Le sue malattie sono ventiquattro. Solo il maggiordomo Anselmo se le ricorda tutte. Le tiene elencate in ordine alfabetico in un piccolo taccuino: asma, arteriosclerosi, artrite, artrosi, bronchite cronica, e così avanti fino alla zeta di zoppía. Accanto a ogni malattia Anselmo ha annotato le medicine da prendere, a che ora del giorno e della notte, i cibi permessi e quelli vietati, le raccomandazioni dei dottori: «Stare attenti al sale, che fa aumentare la pressione», «Limitare lo zucchero, che non va d’accordo con il diabete», «Evitare le emozioni, le scale, le correnti d’aria, la pioggia, il sole e la luna».

Gianni Rodari, C’era due volte il barone Lamberto

Questo libro,  che ho letto verso gli 11-12 anni, narra la storia del vetusto barone Lamberto che ringiovanisce anche più di quanto vorrebbe. Mi ha insegnato che il paradosso può essere perfettamente plausibile, basta saperlo raccontare. (Un grazie a RosexelAche, citando Rodari tra i suoi cinque libri, mi ha fatto ritornare in mente il barone Lamberto, che avevo amato e dimenticato).

Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era cosí recente che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito.

Gabriel Garcìa Marquez, Cent’anni di solitudine

Amore e odio, vita e morte, leggerezza e impegno. Leggende e verità, realismo e magia. Un villaggio che diventa universo. La perfezione.

 

L’idea dell'eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi nell'imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l'abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all'infinito! Che significato ha questo folle mito?
Il mito dell'eterno ritorno afferma, per negazione, che la vita che scompare una volta per sempre, che non ritorna, è simile a un'ombra, è priva di peso, è morta già in precedenza, e che, sia stata essa terribile, bella o splendida, quel terrore, quello splendore, quella bellezza non significano nulla. Non occorre tenerne conto, come di una guerra fra due Stati africani del quattordicesimo secolo che non ha cambiato nulla sulla faccia della terra, benché trecentomila negri vi abbiano trovato la morte fra torture indicibili.
E anche in questa guerra fra due Stati africani del quattordicesimo secolo, cambierà qualcosa se si ripeterà innumerevoli volte nell'eterno ritorno?
Sì, qualcosa cambierà: essa diventerà un blocco che svetta e perdura, e la sua stupidità non avrà rimedio.

Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere

Letto dopo l’esame di maturità, nel pieno delle incertezze, delle paure, della paura della pesantezza della vita. Non mi ha aiutato a semplificare le cose, ma è uno dei pochi libri che hanno davvero cambiato qualcosa in me.

 

Sotto le rosse mura di Parigi era schierato l'esercito di Francia. Carlomagno doveva passare in rivista i paladini. Già da più di tre ore erano lì; faceva caldo; era un pomeriggio di prima estate, un po' coperto, nuvoloso; nelle armature si bolliva come in pentole tenute a fuoco lento. Non è detto che qualcuno in quell'immobile fila di cavalieri già non avesse perso i sensi o non si fosse assopito, ma l'armatura li reggeva impettiti in sella tutti a un modo. D'un tratto, tre squilli di tromba: le piume dei cimieri sussultarono nell'aria ferma come a uno sbuffo di vento, e tacque subito quella specie di mugghio marino che s'era sentito sin qui, ed era, si vede, un russare di guerrieri incupito dalle gole metalliche degli elmi. Finalmente ecco, lo scorsero che avanzava laggiù in fondo, Carlomagno, su un cavallo che pareva più grande del naturale, con la barba sul petto, le mani sul pomo della sella. Regna e guerreggia, guerreggia e regna, dài e dài, pareva un po' invecchiato, dall'ultima volta che l'avevano visto quei guerrieri.
Italo Calvino, Il cavaliere inesistente

Essere o non essere? Pesantezza o leggerezza? Calvino si pone domande simili a quelle di Kundera, ma risponde al peso della vita con la levità della scrittura. Il mio modello.

 

Presto nel mattino, tardi nel secolo, Cricklewood Broadway. Alle 6,27 dell’1 gennaio 1975, Alfred Archibald indossava un abito di velluto a coste ed era seduto a bordo di una Cavalier Musketeer Estate, con la faccia riversa sul volante. Sperava che il giudizio divino su di lui non fosse troppo severo. Giaceva abbandonato in avanti, la bocca molle, le braccia a croce, spalancate ai due lati, come un angelo caduto; nei pugni stringeva le medaglie dell’esercito (a sinistra) e la licenza matrimoniale (a destra), perché aveva stabilito di portare i suoi errori con sè. In un occhio gli si rifletteva una lucina verde: segnalava una svolta a destra che aveva deciso di non fare. Era rassegnato. Era preparato a tutto questo. Aveva gettato in aria una moneta e si era attenuto rigidamente al risultato. Si trattava di un suicidio premeditato. Anzi, della sua risoluzione per l’Anno Nuovo.

Zadie Smith, Denti Bianchi.

 Il XXI secolo del mondo e della letteratura. Avrei voluto scriverlo io.

 

 

 

 

 
Rispondi al commento:
jo_march1979
jo_march1979 il 26/05/07 alle 15:12 via WEB
MI fa proprio piacere averti fatto ritrpvare questo ricordo! Ciao e grazie della visita
 
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