Creato da jo_march1979 il 28/01/2007

Signora mia

Mezze stagioni e altri teoremi

 

Messaggi di Maggio 2007

Delle proposte di lavoro

Post n°51 pubblicato il 30 Maggio 2007 da jo_march1979
 

Da sempre appartengo alla categoria di persone che non è in grado di fare più cose contemporaneamente: per intenderci, se sto suonando il pianoforte, non  riesco a dire “Chiudete la porta”: o l’uno o l’altro.

Di conseguenza, il periodo nebuoloso che sto attraversando per me è un po’ difficile: alla ricerca di lavoro, sto facendo – o provando a fare – diverse cose, più o meno retribuite: traduzioni, editing, articoli, segreterie, lezioni...

Sono in fiduciosa attesa dell’occasione della mia vita. Che per il momento però non si palesa: starà arrivando da lontano.

Le proposte lavorative che ho ricevuto finora sono state piuttosto eterogenee, e lontane dalla mia formazione. L’ultima però era veramente interessante – nel senso stretto del termine-: mi è stato proposto di fare la  modella di capelli. – Testuale-.

Il mio parrucchiere  Gennaro detto Genny: un giorno gli dirò che è un nome da donna, sto solo aspettando il momento più affollato – mi vuole portare ad un casting di un’Accademia del Capello intermondiale (parole sue) dove avrei grandi possibilità, a detta sua.

Magari mi rivedrete su una confezione di tintura per capelli. Non avrò il mio nome su una copertina, come nelle mie speranze, ma almeno la mia capigliatura sarà finalmente di dominio publico.

 
 
 

Di multiculturalismo in parole e fatti

Post n°50 pubblicato il 27 Maggio 2007 da jo_march1979
 

Qualche giorno fa mi sono sorbita l’ennesima conferenza su donne-Islam- diritti umani. Per chi come me si occupa del mondo arabo-islamico, un evento di questo tipo è quasi sempre un campionario di banalità, ma tocca comunque seguirlo.

In particolare, quest’ultima conferenza era soprattutto una grande marchetta della Regione Campania: prendendo spunto dalla pubblicazione di un rapporto ONU sulla condizione delle donne musulmane, vari assessori della Regione hanno sbrodolato sull’intensa attività di integrazione (ma dove? in Campania? non me ne ero mai accorta), delle sinergie e dei progetti di nonsocosa. Il fine ultimo di tali sforzi è ovviamente la Pace-nel-mondo.

Sono intervenuti anche alcuni esperti del mondo arabo (che hanno dedicato metà del loro intervento ad implorare gli assessori perché dicessero almeno una volta, correttamente, Islàm) e una sociologa di origine algerina che ha soavemente massacrato il rapporto ONU, punto per punto.

In tutto il blablabla sui pericoli della globalizzazione-che-cancella-le-identità, della necessità-femminile-di-superare-le-barriere-dell’-ìslam, e della questione-del-velo (argomento ancora più sputtanato della pace-nel-mondo), come si può immaginare, ci si annoiava a morte.

 La più annoiata di tutte era una bambina sui sette anni, figlia di una coppia musulmana – mamma velata, con accessori dall’aria immaginecostosa, papà in giacca e cravatta – che vagava per la sala alla ricerca di un diversivo. Tornata al suo posto la piccola ha preso a tormentare i genitori, finchè la mamma ha tirato fuori dalla borsa griffata una provvidenziale Barbie.
La piccola ci ha giochicchiato per un po’, poi ha l’ha usata per picchiare il papà – che non ha fatto una piega; probabilmente sapeva di meritarsele per averla portata in quel mortorio- , poi ha avuto un’idea.

Mentre l’Assessore di turno cianciava di necessità-di-integrazione e dei pericoli-della-globalizzazione, la bimba, scavalcando allegramente tutte le questioni di identità culturale e religiosa, si è fatta dare una penna  e si è messa a disegnare su braccia e gambe  dell’americanissima  Barbie i tatuaggi con l’hennè che si fanno le donne arabe.

Devo proporre alla Regione di organizzare la prossima conferenza su donne-islam- diritti-integrazione in una scuola elementare. Magari è la volta che si impara qualcosa di nuovo.

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Delle drag politicians

Post n°49 pubblicato il 24 Maggio 2007 da jo_march1979
 

Martedì scorso, alla Feltrinelli di Napoli, c’è stata la presentazione del primo libro di Vladimir Luxuria, deputata immaginetransgender del Parlamento italiano.

Ci sono andata, più che per il libro in sé, per la curiosità di vedere il pubblico – e la sua reazione - ad un evento tutto sommato insolito.

Appena arrivata nella saletta strapiena ho visto che gli spettatori erano piuttosto variegati: nelle prime file attivisti delle associazioni gay di Napoli e un drappello di meravigliose, colorate signore sui quaranta. Assiepati lungo le pareti gruppi di ragazze e ragazzi, per lo più studenti universitari. Nelle file centrali, con un po’ di sorpresa, ho visto molte persone di mezza età, spesso in coppia, con un’aria un po’ spaesata, un po’ snob. Immagino si sentissero più o meno come mr. Livingstone tra i pigmei.

Sento un gruppetto dietro di me che si chiede:

“Ma come la dobbiamo chiamare? lui, lei...”

Un geniaccio ha l’idea: “Chiamamola ONOREVOLE”.

Mentre rifletto su come in Italia un titolo superi anche le barriere di genere, arriva Vladimir Luxuria, accompagnata da un’ovazione da stadio. La presentazione comincia.

Le prime parole del moderatore sono: “ E’ un grande piacere  presentare questo libro e il suo autore...ehm, autrice”. Risatine, gomitate. Lui vorrebbe sprofondare. Cominciamo bene.

In realtà l’incontro verte poco sul libro, e molto su Vladimir Luxuria, che si rivela un personaggio decisamente interessante. Confesso che nei suoi passaggi televisivi per la campagna elettorale dello scorso anno mi era sembrata una persona colta e ironica, ma avevo qualche dubbio sulla sua effettiva capacità politica.

Sentendola parlare ieri invece mi sono resa conto che Vladimir Luxuria è un’ottima politica, che riesce ad infilare in un discorso faceto una rivendicazione, un appello elettorale con una soavità tale che ti ritrovi a votarla senza nemmeno sapere come. Credo che la Vladimir- donna di spettacolo abbia insegnato alla Vladimir-politica che la gente ai comizi SI ANNOIA e quindi bisogna saperla interessare. Devono essere nate da questa consapevolezza frasi tipo: Quando andai a Londra, mi vestivo in immagineun modo... brillavo di luce propria, ero catarifrangente come i capelli arancioni di Michela Brambilla (la presidente dei Giovani Industriali).

  Qui e lì scappa anche l’imitazione della sua portinaia di Foggia, di Prodi, di Stefania Marchi (infelice ospite di una serata drag in un centro sociale), e pittoreschi racconti di gioventù,  che scandiscono serissime dichiarazioni politiche sui Dico, sulla discriminazione, sulle adozioni di single e gay e reminescenze del programma elettorale dell’Unione.

Peccato che buona parte del pubblico pubblico sia isterico: basta pronunciare la parola “sesso” (che si ripete, in contesti per lo più neutri) a scatenare una ola di risate e ammiccamenti tra gli ultra quarantenni. Luxuria, da vera signora, ignora questi tristi siparietti e continua a fare drag-politics. Purtroppo però, al temuto momento del dibattito, non può ignorare chi le rivolge le domande. Immagino che chi ritenesse che il suo essere transgender non ne faceva un fenomeno da baraccone non ha avvertito necessità di porle domande. Chi invece aveva capito poco si è prodotto in un question time imbarazzante.

La medaglia d’argento va a una signora che con fare aggressivo dice:

Lei forse è troppo giovane per ricordare (e qui Luxuria quasi la bacia per la contentezza) che negli anni ’70 le femministe come Lush Iragarè (Luce Iragaray, teorica femminista americana) difendevano le minoranze mooolto prima dei gay (il pubblico sano di mente mormora: e quindi?). In più io non capisco perché siete tanto fissati con l’adozione, perché io penso che la famiglia – questo verso l’ho scritto io, eh! chiosa con finta modestia- è ariosa come una camera a gas. Quindi, che volete fare voi (voi chi?) con i bambini, una cosa tipo i kibbutz o le comuni?

Braccia del pubblico sano di mente in caduta libera.

Con molto stile,  Vladimir-politica fa notare alla signora che una coppia di due persone dello stesso sesso resta comunque una coppia e non diventa un condominio di depravati.

La medaglia d’oro va ad un signore sulla sessantina, grezzissimo, visibilmente emozionato, che, con grande spreco di lettere sbagliate, chiede ansimando:

Io vi vorrei fare una domanta personale. Ora che vi siete operata e siete divendata una NEA DONNA (Luxuria poco prima ha detto di aver fatto una mastoplastica per diventare“assennata”)...volevo sapere...ma voi provate l’orgashmo?

Gelo.

Vladimir-donna di spettacolo, dopo un attimo di muto stupore, improvvisa un teatrino in cui pudicamente confida al signore che lei è donna solo dalla testa al seno. Fortuna che intervengono le signore in prima fila, rivelatesi tutte transessuali operate, che risolvono i dubbi del signore emozionato (chissà quante notti solitarie trascorse pensando a questo dilemma).

Insomma, a parte qualche curiosità morbosa, l’impressione finale di Vladimir Luxuria- donna di spettacolo-politica è di una persona armoniosa, colta e ironica che ha fatto di leggerezza e tolleranza il suo stile di vita. D’altro canto, come ha detto lei stessa, siamo tutti un po’ trans: chi transita da un corpo all’altro, chi da un partito all’altro. In fin dei conti tra me e Mastella non c’è differenza.

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Dei cinque libri della mia vita

Post n°48 pubblicato il 21 Maggio 2007 da jo_march1979
 

Rieccomi sulla blog-sfera! riprendo l’attività raccogliendo l’invito di RosexelA a descrivermi attraverso 5 libri che mi hanno segnato.

Prima di tutto designo i miei 5 successori in questo gioco:

 Fayaway, perché a quanto ho avuto modo di capire abbiamo una formazione letteraria simile – e siamo entrambe sopravvissute all’Orientale di Napoli -;

Ossimora, perché mi ritrovo spesso nella sua sensibilità (anche se non si direbbe);

Eric_Van Cram, perché le sue battute fulminanti devono essere nate dalle letture giuste;

Voodoo Dolly, perché mi piace come scrive, quindi mi piacerà ciò che ha letto;

Manu_80.m , per gli stessi motivi di Vodoo Dolly.

Dopo aver stilato una lista di una cinquantina di libri, dopo aver chiesto un parere a chi mi conosce bene (e che mi ha suggerito libri che piacciono a LUI) e dopo aver deciso di barare con un fuori classifica, sono pronta a giocare anch’io.

Metto fuori classifica due autori, perché non potrei limitarmi a citarne una sola opera, mi hanno influenzato troppo: Louisa May Alcott, che con i quattro libri delle Piccole Donne - nonché con il delizioso Una ragazza fuori moda - , ha irreversibilmente segnato la mia infanzia, insegnandomi (l’ho capito poi)  a cercare calma e armonia in tutte le situazioni. Possibilmente senza prendermi troppo sul serio.

 A quindici anni ho incontrato  Luigi Pirandello, che ha sconvolto la visione del mondo in cui cominciavo ad affacciarmi: ho maniacalmente letto tutte - o quasi- le sue opere, e devo ancora trovare qualcosa che mi abbia influenzato di più di Sei personaggi in cerca d’autore e delle Novelle per un anno.

 

Adesso gioco pulito, indicando disciplinatamente i cinque incipit dei libri della mia vita:

In mezzo alle montagne c'è il lago d'Orta. In mezzo al lago d'Orta, ma non proprio a metà, c'è l'isola di San Giulio. Sull'isola di San Giulio c'è la villa del Barone Lamberto, un signore molto vecchio (ha novantatre anni), assai ricco (possiede ventiquattro banche in Italia, Svizzera, Hong Kong, Singapore, eccetera), sempre malato. Le sue malattie sono ventiquattro. Solo il maggiordomo Anselmo se le ricorda tutte. Le tiene elencate in ordine alfabetico in un piccolo taccuino: asma, arteriosclerosi, artrite, artrosi, bronchite cronica, e così avanti fino alla zeta di zoppía. Accanto a ogni malattia Anselmo ha annotato le medicine da prendere, a che ora del giorno e della notte, i cibi permessi e quelli vietati, le raccomandazioni dei dottori: «Stare attenti al sale, che fa aumentare la pressione», «Limitare lo zucchero, che non va d’accordo con il diabete», «Evitare le emozioni, le scale, le correnti d’aria, la pioggia, il sole e la luna».

Gianni Rodari, C’era due volte il barone Lamberto

Questo libro,  che ho letto verso gli 11-12 anni, narra la storia del vetusto barone Lamberto che ringiovanisce anche più di quanto vorrebbe. Mi ha insegnato che il paradosso può essere perfettamente plausibile, basta saperlo raccontare. (Un grazie a RosexelAche, citando Rodari tra i suoi cinque libri, mi ha fatto ritornare in mente il barone Lamberto, che avevo amato e dimenticato).

Molti anni dopo, di fronte al plotone di esecuzione, il colonnello Aureliano Buendìa si sarebbe ricordato di quel remoto pomeriggio in cui suo padre lo aveva condotto a conoscere il ghiaccio. Macondo era allora un villaggio di venti case di argilla e di canna selvatica costruito sulla riva di un fiume dalle acque diafane che rovinavano per un letto di pietre levigate, bianche ed enormi come uova preistoriche. Il mondo era cosí recente che molte cose erano prive di nome, e per citarle bisognava indicarle col dito.

Gabriel Garcìa Marquez, Cent’anni di solitudine

Amore e odio, vita e morte, leggerezza e impegno. Leggende e verità, realismo e magia. Un villaggio che diventa universo. La perfezione.

 

L’idea dell'eterno ritorno è misteriosa e con essa Nietzsche ha messo molti filosofi nell'imbarazzo: pensare che un giorno ogni cosa si ripeterà così come l'abbiamo già vissuta, e che anche questa ripetizione debba ripetersi all'infinito! Che significato ha questo folle mito?
Il mito dell'eterno ritorno afferma, per negazione, che la vita che scompare una volta per sempre, che non ritorna, è simile a un'ombra, è priva di peso, è morta già in precedenza, e che, sia stata essa terribile, bella o splendida, quel terrore, quello splendore, quella bellezza non significano nulla. Non occorre tenerne conto, come di una guerra fra due Stati africani del quattordicesimo secolo che non ha cambiato nulla sulla faccia della terra, benché trecentomila negri vi abbiano trovato la morte fra torture indicibili.
E anche in questa guerra fra due Stati africani del quattordicesimo secolo, cambierà qualcosa se si ripeterà innumerevoli volte nell'eterno ritorno?
Sì, qualcosa cambierà: essa diventerà un blocco che svetta e perdura, e la sua stupidità non avrà rimedio.

Milan Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere

Letto dopo l’esame di maturità, nel pieno delle incertezze, delle paure, della paura della pesantezza della vita. Non mi ha aiutato a semplificare le cose, ma è uno dei pochi libri che hanno davvero cambiato qualcosa in me.

 

Sotto le rosse mura di Parigi era schierato l'esercito di Francia. Carlomagno doveva passare in rivista i paladini. Già da più di tre ore erano lì; faceva caldo; era un pomeriggio di prima estate, un po' coperto, nuvoloso; nelle armature si bolliva come in pentole tenute a fuoco lento. Non è detto che qualcuno in quell'immobile fila di cavalieri già non avesse perso i sensi o non si fosse assopito, ma l'armatura li reggeva impettiti in sella tutti a un modo. D'un tratto, tre squilli di tromba: le piume dei cimieri sussultarono nell'aria ferma come a uno sbuffo di vento, e tacque subito quella specie di mugghio marino che s'era sentito sin qui, ed era, si vede, un russare di guerrieri incupito dalle gole metalliche degli elmi. Finalmente ecco, lo scorsero che avanzava laggiù in fondo, Carlomagno, su un cavallo che pareva più grande del naturale, con la barba sul petto, le mani sul pomo della sella. Regna e guerreggia, guerreggia e regna, dài e dài, pareva un po' invecchiato, dall'ultima volta che l'avevano visto quei guerrieri.
Italo Calvino, Il cavaliere inesistente

Essere o non essere? Pesantezza o leggerezza? Calvino si pone domande simili a quelle di Kundera, ma risponde al peso della vita con la levità della scrittura. Il mio modello.

 

Presto nel mattino, tardi nel secolo, Cricklewood Broadway. Alle 6,27 dell’1 gennaio 1975, Alfred Archibald indossava un abito di velluto a coste ed era seduto a bordo di una Cavalier Musketeer Estate, con la faccia riversa sul volante. Sperava che il giudizio divino su di lui non fosse troppo severo. Giaceva abbandonato in avanti, la bocca molle, le braccia a croce, spalancate ai due lati, come un angelo caduto; nei pugni stringeva le medaglie dell’esercito (a sinistra) e la licenza matrimoniale (a destra), perché aveva stabilito di portare i suoi errori con sè. In un occhio gli si rifletteva una lucina verde: segnalava una svolta a destra che aveva deciso di non fare. Era rassegnato. Era preparato a tutto questo. Aveva gettato in aria una moneta e si era attenuto rigidamente al risultato. Si trattava di un suicidio premeditato. Anzi, della sua risoluzione per l’Anno Nuovo.

Zadie Smith, Denti Bianchi.

 Il XXI secolo del mondo e della letteratura. Avrei voluto scriverlo io.

 

 

 

 

 
 
 

Avviso ai naviganti

Post n°47 pubblicato il 15 Maggio 2007 da jo_march1979

Sarò latitante per un po', sono impegnata a lavorare troppo per delle traduzioni pagate troppo poco. Allo stesso tempo cerco di coltivare rapporti con persone che mi piacciono poco - ambientino universitario- ma che potrebbero darmi qualcosa.
Ogni volta che prendo un caffè, ascolto con un sorriso di plastica una pseudoconfidenza, prendo un appunto simulando interesse, mi viene in mente una frase della scrittrice George Eliot in Middlemarch (cito a memoria):

Per i mortali esiste un tipo di stupidità assolutamente intollerabile, e un'altra perfettamente accettabile - altrimenti, in verità, che cosa ne sarebbe delle relazioni sociali?

(ovviamente è riferito sia ai miei amabili intelocutori che a me stessa)

A presto (inshallah) 

Jo

 
 
 

Delle coppie miste

Post n°46 pubblicato il 10 Maggio 2007 da jo_march1979
 

Sabato a Roma ci sarà una manifestazione contro i Dico, promossa da politici come Casini e Berlusconi che, come dice il comico Maurizio Crozza, amano così tanto la famiglia da essersene creata più d’una.

La guerra tra chi sostiene il sacro vincolo della famiglia e chi, a seconda dei punti di vista, avalla la legalizzazione di Sodoma e Gomorra, o semplicemente difende i diritti dei cittadini italiani, sta infuriando su tutti i media.

Mi stupisce che i crociati a difesa della famiglia, che descrivono scenari apocalittici se si dovessero legalizzare ad esempio i legami gay, non si siano accorti che nel nostro Paese c’è già una coppia, onnipresente in televisione, che con il suo modello diseduca i giovani e avvicina l’Apocalisse.

Mi riferisco ai protagonisti dello spot di un deodorante per ambienti: un’elefantessa sposata con un millepiedi.

La coppia è regolarmente unita in matrimonio (la Signora Elefantessa lo dichiara alla fine dello spot, definendo il Signor Millepiedi “mio marito”).

Inoltre la Signora Elefantessa mostra anche un certo affetto verso il consorte, che, grazie al magico deodorante, dopo gli allenamenti di calcetto può portare a casa cinquecento paia di puzzolenti scarpe da ginnastica. Odore a parte, credo che una moglie che sopporti 500 paia di scarpe in giro per casa dia una prova d’amore gigantesca, che testimonia la solidità di questo legame immorale. Come può essere sfuggito alle maglie della censura che ha da ridire anche sulla moralità di Un medico in famiglia?

Inoltre nessuno dei nostri politici timorati di Dio si è chiesto come questa coppia faccia a riprodursi. Non riesco a immaginare il Signor Millepiedi che copula con la Signora Elefantessa nemmeno con i voli di fantasia più arditi. Questo vuol dire che la coppia in questione non continua la specie, trasmettendo una visione distorta del vincolo matrimoniale: come se si dicesse che si  può stare insieme solo per amore e non per ottemperare al dovere coniugale della procreazione.

 

Di fronte a tanta aberrazione, l’immagine di una coppia formata da due uomini- in effetti di uguale genere sessuale, ma almeno appartenenti alla stessa specie –per me sbiadisce clamorosamente.

 
 
 

Dell'arte delle epistole

Post n°45 pubblicato il 06 Maggio 2007 da jo_march1979
 

Ho una passione viscerale per le rubriche della posta sui giornali. Amo alla follia le lettere scritte dai lettori, su qualunque rivista. Mi interessano poco i commenti immaginesull’attualità o le dotte dissertazioni; mi appassionano mediamente le vicende personali, mentre prediligo i racconti di disavventure e le denunce: dalle buche nell’asfalto alle troppe copertine dedicate a Monica Bellucci, dai costi eccessivi del caffè della macchinetta ai surreali (dis)servizi della Telecom.
Ho anche una classifica dei miei giornali preferiti, quelli che mi offrono la Posta dei lettori più appassionante.

Fuori graduatoria metto le lettere di lamentele pubbicate su Pc Professionale. Gente a cui succede di tutto: autocombustione dei portatili, schermi di computer che non visualizzano i file ma solo Rai Uno, assistenze telefoniche che chiedono di digitare password in finlandese…in realtà c’è poco da divertirsi (io stessa avrei potuto mandare lettere favolose, con la sfiga teconologica che mi contraddistingue), ma, non saprei spiegare perché, la posta dei lettori di Pc Professionale mi scatena attacchi di riso che diventano –letteralmente - convulsioni. Sarà per il sollievo di non essere al loro posto.

In terza posizione ci sono le lettere sui quotidiani locali, o sulle pagine regionali di Repubblica e del Corriere della Sera. Con tutti i guai che abbiamo in Campania, c’è chi conserva abbastanza leggerezza da salire su un autobus e non notare lo sfacelo delle periferie di Napoli o quello dell’autobus stesso. No, la vibrante denuncia della lettera di ieri su Repubblica riguarda l’immorale abitudine, da parte di sempre più numerosi  passeggeri dell’autobus di sbadigliare senza coprirsi la bocca. Io farei follie per un uomo che non vede i falò di spazzatura ma i premolari troppo visibili del suo vicino.

Al secondo posto le lettere al sessuologo Marco Rossi pubblicate su Di Più. L’unica rubrica sul sesso in cui si censurano i termini ad esso relativi. Ho dovuto leggere diverse lettere prima di capire perché la gente fosse così preoccupata di non raggiungere la gioia. La gioia… mi chiedevo, ma non è meglio scrivere allo psicologo se si è repressi? Poi le disinvolte risposte del sessuologo, rigorosamente prive del termine orgasmo, mi hanno messo sulla giusta strada.

 

Allo stesso modo, in queste lettere non esistono termini come pene e vagina: solo organi. Di modo che, quando qualcuno si lamenta di avere un organo piccolo, si potrebbe anche pensare che si riferisca ad un fegato poco sviluppato, o ad uno strumento musicale insufficiente per suonare Bach.

(Fuori classifica, perché saranno dieci anni che non lo leggo più, le lettere della ragazzine su Cioè: io a quattordici anni sapevo a mala pena come nascevano i bambini, e leggevo domande sul sesso estremo che neanche capivo. Mi docono che oggi sia anche peggio)

Il primo posto va senza alcun dubbio alla posta dei lettori di TV Sorrisi e canzoni (ce n’è un’ampia selezione sul sito). Come si può immaginare, le lettere vertono esclusivamente sui programmi televisivi, con punti di vista che la mia povera mente di telespettatrice passiva possa immaginare.
Ve ne offro un esempio, pubblicato sull’ultimo numero. Un lettore, felicitandosi per il ritorno dal Limbo –nientemeno, da così lontano- di un programma televisivo che ama molto, ne deplora le modifiche. Con toni apocalittici: Quando cominceranno a dirci che la Gioconda non si può più restaurare e che verrà ridipinta con Photoshop? Una cultura si riconosce anche dall’intensità con cui si difende e tramanda il proprio passato .

E qual è il motivo del nostro imbarbarimento culturale, grave come un restauro tecnologico della Gioconda?

Il nuovo doppiaggio del cartone animato dei Barbapapà.

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Del gusto per la cultura

Post n°44 pubblicato il 03 Maggio 2007 da jo_march1979
 

Nel lungo ponte del primo Maggio il Ministero dei Beni Culturali ha organizzato varie attività per promuovere il patrimonio artistico italiano: musei aperti, biglietti al costo simbolico di 1 euro, eventi speciali.

Meno male che c’erano queste iniziative, perché, almeno a Napoli, ha piovuto quasi ininterrottamente  giusto il 30 aprile e il 1 maggio, per la disperazione dei gitanti già pronti con il paniere e la teglia di lasagne.
Così una massa di gente – me compresa- si è riversata nei musei.

Il primo maggio sono andata con la mia fida compagna di avventure Antonella al Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Un luogo pieno di meraviglie dell’antichità, che consiglio a tutti, tranne che nei giorni a ingresso gratuito o quasi.
Il museo era zeppo di gente: e questo in sé non sarebbe un male, non fosse che sì e no un quarto dei presenti era interessato a quello che vedeva. Il restante 75% si accontentava di ciabattare di qua e di là con sguardo vacuo.

Il momento più intenso è stato raggiunto al primo piano, nelle sale di solito più immaginevisitate, dove si trovano i mosaici di Pompei e l’affascinante Gabinetto Segreto: nato nell’800 come deposito dei reperti a tema erotico, sottratti alla vista della gente per bene, è poi stato recuperato e aperto al pubblico. Ci sono dipinti tolti dalle pareti del lupanare di Pompei (una sorta di catalogo per far scegliere ai clienti), affreschi molto espliciti, una statua di un satiro che si accoppia con una povera capretta. Soprattutto, ci sono falli: tantissimi, grandi, piccoli, dipinti nell’eloquente affresco del Gladiatore che combatte contro il suo fallo, attaccati a venditori di focacce, a sé stanti.
Visitando le due salette, anche se razionalmente sai che sono reperti legati ad una forte simbologia religiosa di fertilità e protezione dalle forze oscure, ad un certo punto ti scappa comunque una risatina.
Anche se sei adulto e vaccinato.

  Se non lo sei, non dovresti entrare nel Gabinetto segreto: lo dicono un cartello all’ingresso e il buon senso. Invece ho visto uscire da lì maschietti e femminucce di età inferiore ai 12 anni con delle espressioni notevoli: in genere le bambine erano rosse e in preda a risolini, mentre i maschietti viravano più sul bianco e avevano lo sguardo perso nel vuoto, forse chiedendosi “Ma com’è possibile che fossero così grandi mentre io...”. Prevedo, in un paio di casi, anni di psicoterapia che si sarebbero potuti evitare portando i pargoli a vedere le mummie, invece che falli di 50 centimetri.

 Il peggio però è stato - almeno per me - vedere le sale dei preziosi mosaici, piene di cartelli “Non toccare”, invase da gente che vi passava sopra le dita con fare distratto. In particolare c’era un tizio alto e grosso, perfettamente sferico, in maglietta rosa shocking, che si poggiava su qualunque superficie, comprese le colonne ricoperte di mosaici. Io ero impegnata a maledire il suo grasso sudore palmare che corrodeva quello che era sopravvissuto a oltre venti secoli di storia, quindi mi sono persa la sua lettura di una didascalia, fortunatamente registrata da Antonella:

“Amò, senti, questo qua è il mosaico di Diòniso con pàntera...”immagine

Pàntera.

Tipo il léone, ma senza criniera.

Non ci posso ancora credere. 

  

 PS. Tornata a casa morta di stanchezza e vagamente choccata per il delirio della giornata al museo, ho sfogliato il giornale, scoprendo che mi ero persa molti eventi interessanti  nel mio amato Cilento natìo.

immaginePer esempio, a Padula (che in realtà è nel limitrofo Vallo di Diano), dove si trova la Certosa più grande d’Europa, hanno pensato bene di valorizzare lo straordinario edificio tenendo al suo interno non una banale mostra, non un’obsoleta rappresentazione teatrale, ma nientedimeno che un torneo di scopone scientifico. Immagino la ressa di spettatori – e non sto scherzando-.

A Paestum, sede di un importante sito archeologico con tre templi greci e di un bellissimo museo, hanno avuto un’idea ancora più geniale. Prendendo spunto dalle manifestazioni del tipo “Salerno a porte aperte”, in cui è possibile visitare monumenti in genere chiusi al pubblico, a Paestum si sono inventati il ben più consistente CASEIFICI A PORTE APERTE: eccezionalmente, il primo maggio è stato possibile accedere a tre caseifici, con visita guidata e degustazione. Il giornalista sottolinea poetico: Straordinario il gusto della ricotta. Non farò banali domande retoriche, del tipo “ Ma che senso ha andare a visitare un caseificio, dove puoi entrare tutti i giorni?”. Mi limiterò a sospirare, pensando che noi cilentani abbiamo un innato gusto per la cultura.



 
 
 

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