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LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

 

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Prologo  (il seguito forse lo leggerete un giorno, in un libro)

Post n°413 pubblicato il 20 Marzo 2008 da kayfakayfa

Quella mattina la nebbia fitta rendeva praticamente impossibile distinguere la strada che dai monti scendeva a valle. Avvolto in un mantello ricavato da un sacco di iuta, il locandiere, uomo alto e grosso, il viso rubicondo dai radi capelli neri e le folte sopraciglia che gli conferivano un aspetto severo, con un forte cigolio aprì la porta e apparve sulla soglia della locanda. Sconsolato volse lo sguardo intorno nel tentativo di penetrare la spessa foschia per individuare la strada.
-         Maledizione - mormorò tra sé. - Con questo tempo anche oggi nessuno passerà di qui. Sono giorni che non si vede un cliente, se continua così, tra breve sarò costretto a chiudere! -
Con un moto di stizza afferrò i lembi del mantello con entrambe le mani e se li strinse al collo. Quindi fece per rientrare. Stava per richiudersi la porta di spalle, di botto si arrestò. Lentamente volse il capo e iniziò a fissare attraverso la nebbia, tendendo le orecchie. Il rumore di zoccoli diventava sempre più percettibile. Chi era quel pazzo che con quel tempo si arrischiava per la via? Il cavaliere e il suo bianco destriero apparvero all'improvviso, quasi fossero fantasmi! Osservandoli avvicinarsi, la schiena dell'oste fu attraversata da un brivido gelido. Fu tentato di rientrare ma la paura gli impediva di muoversi. Con un leggero strattone alle redini, il cavaliere arrestò il cavallo a ridosso della locanda. Era vestito elegantemente di scuro. Sul volto ovale, dai tratti marcati, era segnata la serenità. Incrociandone con gli occhi lo sguardo scuro e sincero, l'oste si tranquillizzò.
-         Salve buon uomo - salutò il cavaliere - E' questa la locanda dei sette anelli?
-         Sì -
Il volto dell'uomo si illuminò in un sorriso. Senza apparente fatica smontò da cavallo.
-         Cosa posso fare per lei? - chiese l'oste
-         Ho appuntamento presso la vostra locanda - rispose l'uomo, passando dolcemente la mano sul collo del cavallo. - E' per caso già giunta una carrozza?
-         No, voi siete il primo.
-         Bene. Nell'attesa, posso entrare a rifocillarmi? -
-         Sicuro - rispose l'oste eccitato. Da settimane non vedeva un cliente. Quell'improvvisa, inaspettata presenza aveva la parvenza d'essere un buon auspicio. Si spostò di lato per consentire all'ospite di entrare nella locanda da dove si diffondeva un buon profumo di cibo.
- Che profumino - fece l'uomo con un sorriso di apprezzamento - Cosa c'è sul fuoco? -
-         Spezzatino di carne con erbe del mio orto -  
-         Benissimo! Con vero piacere farò onore alla vostra cucina. Ovviamente avrete anche dell'ottimo vino!?
-         Riserva speciale, per ospiti speciali - rispose prontamente l'oste. Con uno scatto raggiunse la credenza accostata alla parete dall'altro lato della sala. Si chinò, aprì una delle ante in basso e vi trasse una brocca. Prese poi un boccale dal ripiano soprastante e ritornò dall'uomo che nel frattempo si era accomodato a un tavolo vicino alla finestra. Fuori la nebbia stava diradando. Tra i nembi in dissolvenza svettavano le cime dei monti che circondavano la valle.
-         Il tempo sta migliorando, buon segno - sussurrò a bassa voce.
Udendo quelle parole, istintivamente l'oste guardò attraverso i vetri. Gli sembrava impossibile che in pochi attimi quella nebbia tanto densa svanisse d'incato. Un pallido sole penetrava il velo di foschia con i suoi raggi, creando tutt'intorno un'atmosfera magica di riflessi di luce. Un raggio si posò sul volto dell'oste che fu colto da una sensazione strana, mai provata prima. Con mano tremante, riversò il vino dalla brocca nel boccale e lo porse al cliente.
-         Qualcosa non va? - domandò l'uomo fissando l'oste con un sorriso strano, afferrando il boccale nella mano. Bevve a piccoli sorsi.
-         Davvero ottimo il vostro vino - disse soddisfatto - Vi sono grato che mi consideriate degno di questo nettare. Non credo l'offriate a tutti i vostri clienti!
-         Infatti, voi siete il primo che lo gusta!
-         Potrei sapere perché mi riserbate questo privilegio pur non conoscendomi?
-         Non lo so! Ho la sensazione che siete una persona speciale.
-         Mai fidarsi delle sensazioni perché spesso sono il peggior nemico dell'uomo. Un uomo deve imparare a fidarsi unicamente della propria ragione! Ma mi rendo conto che imparare a ragionare non è per niente facile. Occorre un lungo e duraturo studio della filosofia perché un giorno ciò sia possibile!
L'oste ascoltò quelle parole senza però riuscire a coglierne il senso. Era quella la prima volta che in vita sua sentiva pronunciare quella strana parola, filosofia!
-         Cosa è? - domandò, appoggiandosi con le mani sul tavolo.
-         Cosa è cosa? -
-         La filosofia, cosa è? -
-         E' lo studio della conoscenza. Imparare a conoscere è fondamentale per saper ragionare! Se non si conosce qualcosa come si può pretendere di ragionarci sopra?
-         Quanto costa imparare a conoscere?
A quella domanda, l'uomo sorrise.
-         Se vuole sapere quanto costa in termini economici, imparare a conoscere costa poco, giusto il prezzo di qualche libro. Ma in termini pratici, costa tanto perché prima di tutto bisogna imparare a conoscere se stessi.
-         O ma allora per me imparare a conoscere costa nulla perché io mi conosco!
L'uomo aggrottò la fronte e prese a fissare l'oste in maniera severa.
-         Non vorrei deluderla ma io invece penso che lei non si conosce affatto!
Risentito, l'oste levò le mani dal tavolo incrociandole sul petto. Con sguardo truce fissava l'uomo guardare aldilà della finestra. La nebbia si era completamente diradata. L'incantevole scenario dei monti e della valle si offriva ai loro sguardi contenuto nel rettangolo di vetro come un quadro. Come si permetteva quello sconosciuto di mettere in dubbio la conoscenza che egli possedeva di se stesso? Chi altri se non lui sapeva cosa gli piacesse mangiare, cosa gli piacesse fare durante il tempo libero? Chi altri se non lui sapeva come piantare i semi nel proprio orto, allevare al meglio le proprie vacche perché dessero sempre dell'ottimo latte, cavalcare il proprio mulo senza frustarlo sul soma? Che altri se non lui sapeva distinguere ogni singola gallina del proprio pollaio tanto da chiamarle ognuna per nome? Chi altri se non lui conosceva gli intimi segreti riposti nel proprio animo che la notte davano vita ai propri sogni e ai propri incubi? Come si permetteva quello sconosciuto di mettere in dubbio che egli non conosceva se stesso? L'intenso aroma di carne che inizò a diffondersi nella sala, lo distolse da quei pensieri. Volse le spalle all'uomo e si diresse verso il camino in cui bolliva il paiolo con dentro lo spezzatino. Afferrò il mestolo immerso nella pentola e prese a rimestarvi con vigore.  Prese un piatto dalla mensola soprastante il camino, lo accostò alla pentola e col mestolo iniziò a riempirlo di brodo e di carne. Tornò al tavolo e servì l'uomo con aria torva.
-         Le chiedo scusa se le mie parole l'hanno offesa - fece l'avventore afferrando il cucchiaio. L'oste non rispose. Raggiunse la credenza per prendere il cestino col pane che posò sul tavolo davanti all'uomo.
-         Accetta le mie scuse? - fece l'ospite, portandosi il cucchiaio alle labbra.
-         Voi signori avete di noi povera gente una pessima opinione - disse l'oste, pulendosi le mani con uno straccio. - Ci considerate degli animali! Non pensate che rispetto a voi, noi non abbiamo avuto la fortuna di nascere in una famiglia agiata che ci consentisse di studiare. Io lavoro da che ero bambino. Mia madre mi ha insegnato a leggere e a scrivere quel tanto che bastasse perché sapessi fare i conti e fossi in grado di annotare sul registro i nomi dei clienti o compilare un ordine di merce. Non so cosa significa né un giocattolo, né una festa! L'unico divertimento che mi fosse concesso era all'inizio dell'anno quando accompagnavo mio padre in paese alla fiera! Lei parla di filosofia, di libri. Dice che per acquisire la conoscenza basta comprare dei libri e iniziare a studiare! Quanto costa un libro? Cinque, dieci soldi? Sa che per cinque o dieci soldi io compro il foraggio e il mangime per le mie bestie, oppure li metto da parte per la vecchiaia, quando non avrò più la forza di lavorare la terra e badare da solo a me stesso e alle mie bestie? -
Masticando, l'uomo lo fissava con attenzione.
-         Lei  è un brav'uomo - disse allorché ebbe ingoiato il boccone - Sono sicuro che la vita saprà ripagarla di tutti i sacrifici che ha fatto finora!
-         Ripagarmi? E quando? Alla mia età mi resta ben poco da sperare.
-         Quanti anni ha?
-         Faccia lei -
-         Mica sono un indovino - rispose l'uomo, riempiendosi il boccale di vino.
-         Tra breve compirò cinquant'anni ma me ne sento il doppio! Ho visto patire e ho patito tanta sofferenza che se solo avessi un briciolo di coraggio da tempo l'avrei fatta finita.
-         Non le sembra di esagerare? - disse l'uomo con aria interrogativa, poggiando il mento sulle nocche delle mani, i gomiti puntati sul tavolo. L'oste sospirò profondamente. Improvvisamente il suo sguardotrafisse la finestra. In lontananza, sulla via che sopraggiungeva dalle montagne, una nuvola di polvere preannunciava l'arrivo di una carrozza. Osservando a sua volta l'avvicinarsi del polverone, sul volto dell'ospite per un istante si disegnò un'impercettibile sorriso.
 
Il calesse, trainato da un cavallo nero più nero della la pece, coperto di terra, si fermò davanti all'ingresso della locanda. Vi discese un uomo vestito di nero,  gli abiti e il viso imbrattati di polvere. Ai piedi calzava un paio di stivali neri, così lucidi che la luce del sole vi si rifletteva come se fosse stato uno specchio. Si avvicinò alla porta e bussò. Attese qualche secondo prima che l'oste aprisse.
-         Buongiorno -  salutò il nuovo arrivato
-         Buongiorno - fece l'oste - Il signore desidera rifocillarsi?
-         Ho appuntamento presso la sua locanda -
Per tutta risposta l'oste si fece da parte in modo che l'uomo entrasse.
-         Benvenuto, Ermete -  l'uomo seduto al tavolo salutò il nuovo ospite - Accomodati, c'è da gustare uno spezzatino eccezionale e da bere un vino che è una vera delizia.
-         Ben trovato, Socrate, hai fatto buon viaggio? - fece l'altro avvicinandosi al tavolo.
-         Ottimo, e tu?
-         Altrettanto -
-         Cosa posso servirle? - l'oste si rivolse a Ermete
-         Un'insalata mista -.
L'oste fece un leggero inchino e si allontanò.
-         Sempre il solito virtuoso, eh? - fece Socrate.
-         Socrate, sai bene che per principio aborro la carne e tutti i suoi derivati -
-         Certo, ma, di tanto in tanto, uno strappo alla regola lo si può fare. Non sai che leccornia ti perdi - così dicendo, Socrate immerse il cucchiaio nel piatto e con gusto se lo portò poi alla bocca.
L'oste ritornò, recando nella mani rispettivamente un boccale e un cucchiaio che sistemò davanti a Ermete.
- Da quanto non ci si vedeva, eh? - fece Ermete, riempiendosi il boccale di vino
- L'ultima volta è stato circa cento anni fa, allo scoppio della rivoluzione russa. Entrambi avevamo deciso di appoggiare quel movimento rivoluzionario, convinti che sarebbe stato davvero capace di cambiare il mondo, e invece, alla fine, anche i suoi più eccelsi preconizzatori, così come era precedentemente accaduto per quelli che avevano dato vita alla rivoluzione francese, hanno perso il filo della ragione, trasformandosi da salvatori della patria in tiranni sanguinari, confermando una volta ancora che l'uomo privo di filosofia, quando conquista il potere politico, da paladino della giustizia sociale si trasforma in spietato assassino, giustificando i proprio crimini col pretesto che bisogna estirpare la gramigna dal campo prima che rovini l'intero raccolto! 

-         Se gli uomini comprendessero quanto importante sia la filosofia, non deriderebbero coloro che  per acquisirla sacrificano l’intera esistenza alla ricerca del sapere

-         Signore, la sua insalata – L’oste poggiò davanti a Ermete un vassoio di rame colmo di verdure d’ogni genere – Per condirla gradisce il limone o l’aceto?

-         L’aceto va benissimo, grazie.

L’oste si allontanò, ritornando poco dopo con una boccetta nella mano che poggiò sul tavolo. Fece per allontanarsi ma la voce stentorea di Socrate lo bloccò:

-         Si accomodi con noi

A quell’invito, l’oste titubò. Un povero uomo come lui non aveva nulla da spartire con due signori come quelli. Che senso aveva sedersi con loro?

-         Non abbia timore, si segga! – insistette Ermete

L’oste si fece coraggio, scostò una sedia dal tavolo e si accomodò, lo sguardo basso.

- Di cosa si vergogna? – domandò Socrate

Anziché rispondere, l’oste abbassò ancora di più gli occhi sul tavolo.

-         Buon uomo, perché è così timoroso nei nostri confronti? – domandò Socrate – Ha qualche peccato di cui vergognarsi o forse è colto da un complesso d’inferiorità?

-         Voi siete dei gentiluomini, io solo un oste! – mormorò – In che modo la mia presenza può favorirvi?

-         Prima d’essere dei gentiluomini e un oste, siamo uomini. I titoli appartengono all’apparenza, quel che conta è l’interiorità. Se lei non ha commesso alcun reato, non ha nulla da temere o di cui vergognarsi. Noi sappiamo distinguere una persona onesta, meritevole di stima e fiducia, da un losco figuro, anche se veste ricchi panni! 

A quelle parole, il viso dell’oste si rasserenò. Lentamente levò lo sguardo dal tavolo e, alternativamente,  fissò i due uomini.

-         Io sono povero e ignorante. Non ho argomenti che possano interessarvi, né sono in grado di seguire i vostri discorsi. La mia cultura si limita alla conoscenza della natura e basta!

-         E le sembra poco? – s’infervorò Ermete. – La conoscenza naturale è il principio da cui partire per comprendere il mistero della creazione! Ma tale concessione non è data né da Dio né dai caratteri atavici trasmessici dai genitori bensì dall’attenta osservazione della Natura! Tutto ciò che appartiene alla Natura è fonte di verità, anche l’istinto innato di un uomo è verità! Se imparassimo ad interpretare il nostro istinto, la cui espressione comunicativa è data dalle sensazioni, nella vita difficilmente commetteremmo errori -

Ascoltando quelle parole in netto contrasto con quelle precedentemente pronunciate da Socrate, l’oste posò lo sguardo su Socrate che, come se nulla fosse, continuava a mangiare con gusto.

-         La natura non tradisce mai, ma va governata perché la sua forza è tale che, se non fosse controllata, allorché si manifestasse in tutta la sua potenza, sarebbe in grado di distruggere ogni cosa, ripercuotendosi contro noi stessi. La natura in sé è neutrale, non è né buona né cattiva, sta all’uomo, mediante l’appropriato uso della ragione, convogliarla nella giusta direzione! -

Dunque, pensò l’oste, anche se si decidesse di vivere in virtù delle sensazioni, l’utilizzo della ragione è comunque indispensabile per evitare una brutta fine! Ora capiva perché, ascoltando Ermete, Socrate non aveva battuto ciglio. Rispetto alle sue, le parole del compagno erano solo un’apparente contraddizione.  La verità consisteva nel fatto che, in qualunque modo l’uomo avesse deciso di vivere, la giusta ragione doveva prevalere su tutto se si fosse voluto vivere in maniera serena!

Ripensando a ciò, l’oste riandò con la mente a quand’era ragazzo...

 
 
 
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