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L'amore ha il potere di fissare il passato in eterno presente.... Questa frase, annotata su un quaderno all'inizio del romanzo, è il tema conduttore della storia d'amore tra il giovane Kayfa e Miryam, donna matura e d'esperienza, che lo inizierà alle gioie e alle sofferenze dell'amore. Immersi in uno scenario da favola, facendosi scudo di una barriera di bugie e verità che metterà a rischio i loro affetti più cari, i protagonisti vivranno la loro passione senza freni con la complicità del mare e dell'intimità della casa di lei. Fondamentale la figura di Omar, pescatore egiziano con un intenso vissuto alle spalle, che attraverso la propria esperienza aiuterà Kayfa a districarsi nei meandri della mente e del cuore per avviarsi sul proprio cammino esistenziale.
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Dopo la bella mezza maratona di ieri a Agropoli, sarebbe stata mia intenzione raccontare le emozioni provate prima, durante e dopo la gara. Purtroppo, come sta diventando sempre più di prassi, anche ieri ci sono stati runner's colti da malore durante e dopo la corsa costringendomi a anteporre alle emozioni e all'allegria suscitati dalle festa sportiva un'approfondita riflessione sul perché ci sono persone disposte a mettere a rischio la propria salute pur di ottenere un “risultato” di prestigio.
La conclusione, ovviamente del tutto personale, è che, probabilmente, e sottolineo il condizionale perché non vorrei che qualcuno potesse offendersi, per alcuni la corsa non rappresenta solo un momento di sano svago sportivo da condividere con gli amici. Ma è diventata, o sta diventando, una vera e propria ossessione; un veicolo mediante il quale appagare il proprio ego frustrato con il risultato sportivo. Da obiettivo sportivo, la competizione contro il tempo si trasforma in una vera e propria sfida contro il mondo intero al fine di dimostrare agli altri la propria grandezza.
In virtù di tale contorta logica esistenziale, ecco che l'agone sportivo non rappresenta più solo un momento di pura adrenalina da cui lasciarsi trascinare per tutta la gara ma da abbandonare subito dopo aver tagliato il traguardo. Bensì si trasforma in una droga che induce crisi d'astinenza quando non si corre, ossessionando la mente dell'atleta con paranoiche fissazioni. Prima di tutte quella della dieta a ogni costo per non mettere chili onde compromettere la performance, e l'esigenza di affidarsi a pseudo allenatori e pseudo farmacisti pronti a offrire a peso d'oro le proprie consulenze e le proprie medicine magiche garantendo risultati insperati in poco tempo. Omettendo che il costo non si riassume solo in un oneroso esborso pecuniario ma anche in nefasti effetti per la salute.
Seppure consapevoli dei pericoli cui vanno incointro, molti sono i runner's disposti a rischiare pur di “fare il tempo” per poi pavoneggiarsi con gli altri.
È ovvio che sto estremizzando il discorso, estendendolo al di là delle dinamiche che ieri hanno causato il malore di alcuni atleti.
Sicuramente quanti ieri a Agropoli sono stati vittime di malori non rientrano nell'esasperante logica che ho sopra tracciato. Certamente la causa del loro venir meno in gra è da addebitarsi al caldo, a una cattiva alimentazione pregara, o semplicemente all'aver forzato il fisico oltre i propri limiti. Errori comuni che commettono quanti, correndo da poco tempo e allenandosi poco, non hanno ancora maturata la differenza che passa tra una 10 e una 21 km. Senza contare quella tra una 21 e una 42!
Per quanto mi riguarda non mi stancherò mai di ripeterlo, la corsa deve essere prima di tutto un piacere. Nel momento in cui si trasforma in ossessione, si è inesorabilmente riusciti a trasformare lo sport in patologia mentale da cui è difficile poi uscirne.
Arrivare un minuto dopo rispetto agli altri non ci cambia in peggio la vita. Né ce la cambia in meglio arrivare un minuto prima degli altri. Paradossalmente il pretendere di arrivare a ogni costo prima degli altri potrebbe addirittura rivelarsi fatale!
Poiché oramai anche la corsa è diventata un business su cui molto pseudo dirigenti ci speculano per poi battere cassa da chi di dovere, è evidente che laddove ci sono interessi economici scattano meccaniche mentali difficili da reprimere. Un atleta consapevole che se arrivasse primo potrebbe guadagnare una discreta sommetta, o comunque entrare nelle grazie della propria società la quale farà di tutto per assecondarne le esigenze pur di averlo in squadra con sé perché "fonte" di guadagno, non si può escludere che possa cadere in tentazione e commettere qualche "illecito" pur di esere più forte rispetto agli altri...
Come già dissi in altra sede, siamo runner non supereroi, non dimentichiamocelo!
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