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LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Maggio 2017

IL PAPA NON É GRILLINO MA NEMMENO RENZIANO

Post n°1815 pubblicato il 28 Maggio 2017 da kayfakayfa

Come era prevedibile le parole pronunciate dal Papa ieri a Genova durante l’incontro con i lavoratori dell’Ilva stanno suscitando una ridda di interpretazioni e di polemiche politiche di cui ne avremmo fatto volentieri a meno. Cos’abbia esattamente detto il Pontefice di così scioccante è presto detto: a un certo punto, rivolgendosi agli operai e agli imprenditori presenti nel capannone, Francesco ha condannato i sussidi, dichiarando “non il reddito per tutti ma il lavoro per tutti”. Aggiungendo, “un buon imprenditore risolve i problemi non licenzia!”.

E subito c’è stato chi politicamente s’è appropriato di quelle frasi, strumentalizzandole a proprio uso e consumo, per dimostrare che la visione del Papa è in sintonia con la propria e contraria a quella dei suoi avversari politici.

È il caso del Segretario del Pd Matteo Renzi che alcune settimane fa definì anticostituzionale il reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia dei cinque stelle, in quanto, a suo giudizio e con fondate ragioni, essendo l’Italia una Repubblica fondata sul lavoro, come recita l’articolo uno della Costituzione, qualunque forma di reddito assistenziale mina tale principio.

Dimenticandosi però che altrettanto incostituzionali sono i milioni di italiani senza lavoro...

Poiché le parole di Francesco giungono giusto una settimana dopo quelle di Grillo durante la marcia Perugia-Assisi per il reddito di cittadinanza, “siamo noi i veri francescani”, che suscitarono l’ira del Vaticano al punto che il giorno dopo, durante un incontro con i giornalisti, il Segretario di Stato Pietro Parolin stigmatizzò l’affermazione del leader del M5S asserendo, “nessuno può pretendere di avere l’esclusiva del messaggio francescano.  Sono contento che i politici si richiamino a San Francesco, ma che ci si definisca veri francescani non si può dire”, forte è il dubbio che le parole del Santo Padre non solo condannino senza “se” e senza “ma” una politica assistenzialista, ma mirino a screditare politicamente il M5S, reo di essersi auto identificato in San Francesco,  che da sempre si batte perché in Italia venga introdotto il reddito di cittadinanza.

Le parole del Papa devono essere apparse al Segretario del Pd come manna caduta dal cielo. E infatti sulla sua pagina facebook  Renzi ha subito scritto un post: “Ciò che Papa Francesco ha detto a Genova sta coerentemente dentro la grande storia della dottrina sociale della Chiesa Cattolica ma assume un valore straordinario in questo preciso momento storico. Ve lo ripropongo perché credo che sia fonte di grande ispirazione e riflessione. Davanti alle "ideologie" che chiedono di dare a tutti un reddito, di far mantenere le persone con un assegno sociale Papa Francesco rilancia sulla necessità non di un reddito per tutti, ma un lavoro per tutti." Perché "senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti". E il Papa insiste: "Bisogna guardare senza paura e con responsabilità alle trasformazioni tecnologiche dell'economia". Non sussidi e assistenzialismo, ma crescita e lavoro: questo il messaggio che nel nostro piccolo vogliamo rilanciare con forza. Perché il lavoro è innanzitutto questione di dignità prima che fattore meramente economico.
Avanti, insieme”.

Dal suo blog Beppe Grillo ha replicato: “Oggi Papa Francesco ha parlato dei due temi che sono al centro del dibattito per il futuro del nostro Paese e della nostra civiltà: reddito e lavoro. I piccoli leader in cerca di visibilità e i piccoli giornalisti hanno subito strumentalizzato alcune sue parole a fini politici, ma non si sono soffermati a capire e hanno ascoltato solo quello che pareva a loro. Il Papa ha detto che "Il sistema politico a volte sembra avvantaggiare chi specula e non chi investe", come dargli torto davanti a un governo che ha abolito l'articolo 18 per rendere più facili i licenziamenti? Ha criticato il gioco d'azzardo, che il governo continua a incentivare in tutti i modi possibili, e la scelta di mantenere negozi aperti 24 ore su 24.

Ha detto anche che "l’obiettivo da raggiungere non è il reddito per tutti, ma il lavoro per tutti, perché senza lavoro per tutti non ci sarà dignità per tutti". La proposta di Reddito di Cittadinanza del MoVimento 5 Stelle va esattamente in questa direzione. Il Reddito di Cittadinanza del MoVimento 5 Stelle garantisce a tutti i cittadini di avere un reddito al di sopra della soglia di povertà e contemporaneamente permette loro di inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro. L'occupazione è il fine del Reddito di Cittadinanza, ma mentre si raggiunge questo obbiettivo dobbiamo tirare fuori milioni di persone dalla povertà, garantire loro un tenore di vita dignitoso che gli consenta di potersi sfamare e vivere a testa alta all'interno della società. Il Reddito di Cittadinanza che il MoVimento 5 Stelle propone all'Italia è una misura che è presente in tutta Europa, tranne che nel nostro Paese e in Grecia ed è l'unica risposta possibile all'emergenza nazionale che i partiti hanno causato e fanno finta di non vedere: la povertà.

Non è un mistero che il lavoro che dà reddito stia scomparendo a causa dell'avanzata dell'automatismo, della robotica e dell'intelligenza artificiale. Non tenere in conto questo dato, per chiunque si candidi a governare il Paese, è segno di miopia. Il CEO di Facebook Mark Zuckerberg, nel suo discorso ad Harvard, ha avanzato l'ipotesi di un "reddito di cittadinanza universale, per dare a ognuno un punto d'appoggio per provare a fare cose nuove. Cambieremo lavoro molte volte, quindi abbiamo bisogno di assistenza ai bambini che sia accessibile, per potere andare al lavoro, e di cure sanitarie che non siano legate a un'azienda." Elon Musk, CEO di Tesla, ha avanzato la stessa proposta a più riprese. Sono due delle persone al mondo che hanno i mezzi più avanzati per avere un'idea precisa del futuro che ci aspetta.

Ma adesso la priorità è il Reddito di Cittadinanza come proposto dal MoVimento 5 Stelle: garantiamo alle persone una dignità e aiutiamole a inserirsi o reinserirsi nel mondo del lavoro.”

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Probabilmente preda dell’entusiasmo per quanto aveva ascoltato da Francesco,  peccato che nel suo post Renzi  abbia omesso di citare e analizzare l’altra affermazione forte del Papa: “un buon imprenditore risolve problemi non licenzia”.

Essendo stato il suo governo ad abolire l’articolo 18 che tutelava i lavoratori dai licenziamenti ingiusti; ad aver introdotto i voucher per i pagamento delle prestazioni occasionali - la cui frettolosa  abolizione a marzo di quest’anno da parte del governo Gentiloni a molti è apparsa come una manovra indotta da Renzi per evitare il referendum per la loro cancellazione proposto dalla CGIL al fine di scansare una nuova mazzata referendaria  dopo quella subita con il No alla riforma costituzionale  del 4 di dicembre, in vista delle primarie del Pd, e la loro probabile reintroduzione  che sta alimentando uno scontro tra governo e sindacati e all’interno della stessa maggioranza di governo; ad aver varato una riforma del lavoro, il jobs act, che non ha affatto risolto il problema della disoccupazione, soprattutto giovanile, nel nostro paese -  come molti avevano preventivato, una volta terminato il periodo in cui gli imprenditori che assumevano potevano godere dei benefici fiscali, le assunzioni sono crollate e aumentati i licenziamenti per giusta causa; ad aver varato una riforma scolastica ribattezzata enfaticamente Buona Scuola, che tanti problemi ha creato e sta creando agli insegnanti, imponendo trasferimenti in massa dal sud al nord, mettendo a rischio la tenuta di interi nuclei familiari; ad aver varato il Decreto Salva Banche che di fatto azzerava i risparmi di migliaia di piccoli azionisti per salvare Banca Etruria, il cui vicepresidente era il papà di Maria Elena Boschi, all’epoca Ministro delle Riforme, oggi sottosegretario alla Presidenza del Consiglio,  e altre tre banche in crisi; ad aver entusiasticamente paragonato due anni fa il rilancio di Alitalia al rilancio dell’Italiaoggi Alitalia è miseramente fallita ed è in svendita; essendo stato il suo governo ad aver acuito tutta una serie di problematiche sul piano lavorativo a danno dei lavoratori, favorendo imprese e banche, non si comprende l’entusiasmo dell’ex Premier alle parole del Papa.

 A meno che in esse, riportate solo in parte nel suo post, Renzi non  veda un appiglio da giocarsi in campagna elettorale contro il M5S, sperando di far presa sull’elettorato moderato che da quando è scomparsa la DC o non va più a votare, o vota per i partitini di centro che oggi fungono da sostegno al governo - vedi Alfano e Verdini - ma se passasse una legge elettorale con lo sbarramento al 5% sarebbero fuori dai giochi costringendo i loro elettori a indirizzare altrove il proprio voto.

Per il momento una cosa è certa, le parole che il pontefice ha pronunciato ieri a Genova non sono né una condanna al M5S, seppure enunciate nella città natale del suo leader, né un sostegno a Renzi e alle sue politiche sociali.

Ieri a Genova il Papa ha bacchettato sia gli imprenditori che speculano sulla pelle dei lavoratori, e sono tanti, sia i politici che gli reggono il gioco varando leggi che favoriscono le imprese penalizzando i lavoratori.

Mi sa che Renzi ha poco da gioire!

 
 
 

RENZI E I PREGIUDICATI A PESO VARIABILE

Post n°1814 pubblicato il 25 Maggio 2017 da kayfakayfa

Quando ascolti Matteo Renzi arringare contro il M5S, accusandolo d'avere come fondatore e leader un pregiudicato - alias Beppe Grillo condannato in definitiva per omicidio colposo in seguito a un incidente stradale avvenuto nel 1981 in cui perirono alcuni suoi amici - e poi ascolti lo stesso Renzi auspicare un dialogo con il leader di Forza Italia - alias Silvio Berlusconi condannato in definitiva a 4 anni per evasione fiscale, il quale, in virtù della legge Severino votata da PD e FI, è estromesso dalle cariche pubbliche - per varare in tempi brevi una legge elettorale in sintonia con la Costituzione, ti sorge il dubbio se il Segretario del Pd non stia in stato confusionale.

Se infatti agli occhi di Renzi nessun pregiudicato, né un partito da lui fondato, dovrebbe fare politica, non si capisce poi perché, né all'epoca del Patto del Nazareno, né ora, il Segretario dle Pd non si sia posto né si ponga alcun problema a dialogare con Berlusconi.

A meno che agli occhi di Renzi un pregiudicato per omicidio colposo - il quale proprio per questa sua condizione non si candida alle elezioni, mostrandosi coerente con i canoni etici del proprio movimento che da sempre invoca che gli indagati e i condannati restino fuori dal Parlamento - sia peggiore di un pregiudicato per reati fiscali, quindi una persona che ha commesso reati contro quello stesso Stato che vorrebbe rappresentare e governare.

Sarebbe il caso che Renzi spiegasse il motivo di questa disparità di giudizi tra un pregiudicato e l'altro.

Tanto per capire!

 
 
 

NICOLA DRAGOTTO, IL SOGNO DIVENTA REALTA'

Post n°1813 pubblicato il 19 Maggio 2017 da kayfakayfa

 

L'appuntamento è alle 18 al teatro Bellini. Come al solito quando devo muovermi con i mezzi pubblici, mi anticipo abbondantemente. Considerata la loro cronica mancanza di puntualità, a Napoli si usa fare così se si vuole sperare di arrivare in tempo a un appuntamento.

Quando entro nel foyer del teatro, scorgo Nicola seduto su una poltroncina conversare con un uomo anziano dallo sguardo vivace. Quando poi me lo presenterà, scoprirò che è ex funzionario della RAI. 

Appena mi intravede, Nicola si alza e mi viene incontro. Nel suo affettuoso abbraccio percepisco l'emozione che lo agita nemmeno fosse un ragazzino. Gli occhi scintillanti di gioia testimoniano che non mi sono sbagliato nell'interpretarne l'interiorità. Al mio cospetto non ho l'avvocato sessantenne, da sempre appassionato di musica e di letteratura, bensì un adolescente in eterno conflitto con la carta di identità.

 

Conosco Nicola da circa vent'anni e so benissimo quanto ci tenesse a realizzare un disco 

per lasciare una traccia della propria arte in questo mondo dai valori alterati; sbalzati, direbbe lui. So delle sue lotte sociali da avvocato per affermare i diritti di chi è vessato ingiustamente dalle istituzioni, le sue amarezze per i tanti torti subiti sul piano personale, sentimentale, professionale e artistico. Soprattutto so dello smarrimento che lo colse poco più di un anno fa quando, all'improvviso, il suo cuore fece i capricci tanto che poco mancò ci lasciasse, così, senza alcun preavviso.

 

Quando lo intervistai alcuni mesi fa in prossimità dell'usicta de disco, L'Ultima Causa, Nicola mi confidò che l'aver sperimentato su se stesso quanto fosse esile il filo che separa la vita dalla morte, si è rivelato fondamentale nel decidere che era giunto il momento di lavorare al disco affinché uscisse.

Dopo avermi presentato alcuni suoi amici, Nicola si apparta in un angolo a chiacchierare con uno di loro. Osservandone l'immagine riflettersi in uno specchio del foyer

 

ho la sensazione che in quello specchio non si rifletta semplicemente il ritratto di un artista ma la sua stessa anima.

Guardarlo darsi da fare come un pazzo nell'allestimento della sala, poco prima dell'inizio della serata; salutare con sorrisi e gridolini di gioia le tante amiche e i tanti amici accorsi lì per condividere con questo momento importante e unico; sentirlo raccontare di sé, di quel che rappresenta per lui il disco; ma soprattutto sentirlo cantare è stata una gioia che  ha consolidata in me la certezza che un uomo è figlio dei propri sogni; che solo chi ha il coraggio di credervi fino in fondo pur di realizzarli, potrà finalmente alzare le braccia al cielo mentre da vincitore taglia il traguardo della vita.

 

Ieri ascoltando Nicola cantare in quella sala illuminata dalla propria gioia e da quella di quanti gli vogliono bene e lo apprezzano artisticamente, rigirando tra le mani il suo disco, ho avuto la sensazione che le dita non sfiorassero un freddo prodotto industriale. Bensì una creatura viva, dotata di corpo, anima e voce.

L'Ultima Causa è Nicola Dragotto!

 
 
 

RENZI, UN PREMIER ALL'OSCURO DI TUTTO?

Post n°1812 pubblicato il 16 Maggio 2017 da kayfakayfa

Ieri sera a, Otto e Mezzo, il senatore Gotor di MDP, la neo formazione politica capeggiata da Bersani che raccoglie gli scissionisti del Pd, parlando della vicenda Boschi-De Bortoli – nel suo ultimo libro Poteri (quasi) forti, l'ex direttore del Corriere della Sera e del Sole 24 Ore scrive di un intervento del Ministro delle Riforme Boschi con l'allora ad di UNICREDIT Ghizzoni affinché Unicredit acquistasse Banca Etruria, il cui vicepresidente era il papà del Ministro, per salvarla dal carck, smentendo la Ministra che in un'audizione parlamentare aveva negato ogni suo intervento – ha ammesso che il silenzio di Ghizzoni è una tacita ammissione che sia lui la “talpa” di De Bortoli.
Diversamente, non appena la notizia fosse trapelata, avrebbe subito smentito.

Dello stesso avviso di Gotor sono Paolo Mieli e Andrea Scanzi, entrambi presenti alla trasmissione, per i quali l'autorevolezza e la professionalità di De Bortoli, unitamente alla mancata smentita di Ghizzoni, sono indice di assoluta credibilità per quanto concerne quanto si riferisce nel libro.

Né le minacce di querela della Boschi possono far pensare che davvero il Sottosegretario non abbia mai pressato Ghizzoni dato che, al momento, non risulterebbe in tal senso alcuna azione legale da parte degli avvocati della Boschi verso De Bortoli o altri.

Estendendo il discorso della vicenda Banca Etruria all'inchiesta Consip, in cui sono coinvolti tra gli altri il Ministro dello Sport Lotti e il papà di Renzi, Gotor ha fatto notare un'anomalia che da tempo evidenziano quanti si interessano all'inchiesta: l'ad di Consip Marroni  accusa Lotti di averlo informato dell'inchiesta; Lotti nega, accusando Marroni di mentire. È evidente che uno dei due mente, eppure sia Lotti che Marroni restano ognuno al proprio posto come se nulla fosse. Un fatto alquanto strano, vista la gravità delle accuse e i ruoli sensibili che entrambi occupano.

Questa mattina Il Fatto Quotidiano svela un'intercettazione telefonica tra Renzi e il padre in cui l'ex premier esorta il genitore a dire la verità sulla vicenda Consip.

Lo stesso Renzi questa mattina sulla sua pagina facebook, commentando l'intercettazione resa nota dal Fatto, pur dichiarandosi a sua volta vittima della gogna mediatica, ammette che quell'intercettazione dimostra come egli non sapesse nulla dei, presunti, intrallazzi del padre con Romeo.

Allo stesso tempo, se fosse vero che la Boschi, all'epoca in cui era Ministro delle Riforme, cercò di pressare Unicredit per l'acquisto di Banca Etruria, e Renzi, pur essendo Premier, non ne sapesse nulla, sorge forte il dubbio che il Segretario del Pd, nella sua totale onestà intellettuale, è inadatto a governare perché incapace di cogliere gli, eventuali, intrighi, che persone appartenenti al proprio entourage tramano alle sua spalle, mentre lui si danna l'anima per salvare il paese dai populisti!

Dopo essere stati governati da un premier che credeva che una sbandata Marocchina, frequentatrice delle sue cene eleganti, fosse davvero la nipote di Mubarak, il pensiero di essere stati governati, e molto probabilmente tornare a esserlo, da chi non si sarebbe avveduto che nella sua cerchia di fedelissimi qualcuno avrebbe approfittato della sua amicizia e del potere di cui era stato da lui investito per fare i propri comodi, non depone certo a favore di Renzi.

Se fosse vero, come in tanti sostengono auspicando che mai il M5S governi il paese, l'onestà non basti per poter amministrare una nazione, lo stesso principio varrebbe per Renzi: un premier onesto, ma ignaro delle oscure trame che verrebbero intessute a sua insaputa dai propri fidi, sarebbe un pericolo per la sicurezza nazionale.

Intanto, secondo Gentiloni, la Boschi avrebbe chiarito la propria posizione.

Quale?

 
 
 

BOSCHI, IL CAVALLO DI TROIA DI RENZI PER AFFOSSARE GENTILONI?

Post n°1811 pubblicato il 11 Maggio 2017 da kayfakayfa

Da oggi è in libreria, edito da la Nave di Teso, Poteri forti (o quasi), di Ferruccio De Bortoli, le cui anticipazioni dei giorni scorsi di un capitolo dove è scritto che nel 2015, epoca del governo Renzi, l'allora Ministro delle Riforme Maria Elena Boschi avrebbe chiesto all'ad di Unicredit, Federico Ghizzoni, di valutare l'acquisto di Banca Etruria, una delle tre banche il cui crack, con conseguente decreto salva banche dello Stato, ha visto volatilizzarsi i risparmi di migliaia di risparmiatori.

Essendo a quella data il papà della Boschi vice presidente dell'istituto di credito, già all'epoca del decreto si parlò di conflitto di interessi del Ministro che smentì le proprie ingerenze in cdm.

Le rivelazioni di De Bortoli, respinte al mittente dalla Boschi con minacce di querele - estese, sembra di capire, sia al M5S che sta cavalcando l'onda dello scandalo come si conviene a qualsiasi opposizione, sia a quanti ne chiedono le dimissioni, Bersani incluso? - stanno mettendo in forte imbarazzo non solo la Boschi, promossa nel frattempo nell'attuale governo a Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ma l'intero esecutivo.

Sembra infatti difficile, diversamente da quanto avvenne due anni fa, che questa volta il capo del governo possa difenderla senza rischiare una crisi. All'epoca il governo Renzi fece quadrato attorno alla Ministra in quanto poteva contare non solo su una forte maggioranza in Parlamento, ma anche nel sostegno di diversi partiti di opposizione che, pur di evitare il rischio di una crisi con relativo rinvio alle urne e probabile vittoria del M5S, non calcarono la mano nel chiederne le dimissioni.

Dopo il referendum costituzionale del 4 dicembre, clamorosamente bocciato dagli italiani, lo scenario politico è completamente cambiato. Sulla scia di quel risultato che di fatto sancì la sconfitta personale di Renzi e della Boschi, cui la riforma era intestata, dimessosi Renzi da Premier e da segretario del Pd, poi rieletto giusto una settimana fa, a Palazzo Chigi è subentrato Paolo Gentiloni, Ministro degli esteri nel precedente governo, la cui squadra è praticamente rimasta la stessa rispetto a quella dell'ex rottamatore, tanto da indurre molti a ipotizzare che il suo governo altro non sia che una fotocopia, neppure tanto sbiadita, del precedente. La cui durata sarebbe subordinata alla volontà di Renzi.

In base a questa supposizione, da tempo, ossia da quando lasciò Palazzo Chigi, c'è chi non esclude che l'ex Premier avrebbe potuto trarre spunto da un incidente del governo Gentiloni per aprire la crisi e puntare alle urne, premessa la volontà di Mattarella di non sciogliere le Camere se prima non si faccia un'adeguata legge elettorale che armonizzi le due Camere.

All'indomani della formazione del nuovo esecutivo, sorprese, e non poco, la promozione della Boschi da Ministro a Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, ruolo prioritario nell'ambito delle funzioni legislative in quanto per regolamento, come chiariva ieri Silvia Truzzi su Il fatto Quotidiano, il ministro che intende proporre l’iscrizione di un provvedimento o una questione all’ordine del giorno del Consiglio dei ministri, ne fa richiesta al presidente del Consiglio allegando lo schema relativo, con la necessaria documentazione”. E ancora: gli “schemi dei provvedimenti (articolo 4), nonché eventuali documenti relativi ad altre questioni di competenza del Consiglio dei ministri, sono esaminati in una riunione preparatoria tenuta presso la sede della Presidenza del Consiglio, almeno due giorni prima della riunione del Consiglio, al fine di pervenire alla loro redazione definitiva. E chi si occupa di tutto questo? Il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri designato “segretario del Cdm”, cioè, nel nostro caso, Maria Elena Boschi, che peraltro è in generale responsabile di tutto quanto attiene all’organizzazione del Consiglio dei ministri, la sede istituzionale dell’attività legislativa del governo.

Prima delle rivelazioni in anteprima del libro di De Bortoli, nei giorni scorsi la Boschi è stata oggetto di polemica per via di una circolare emessa dalla sua Segreteria in cui si invitano i Ministri a sottoporre previamente alla visione della Segreteria della Presidenza del Consiglio qualsiasi bozza di provvedimento fosse in elaborazione.

Poiché nel suo articolo la Truzzi dimostra che tale funzione è già contemplata nel regolamento del cdm, sorge il dubbio, come giustamente sottolinea la giornalista, che, se la Boschi ha dovuto emettere una circolare per sollecitare i vari dicasteri ad attenersi al regolamento, forte è il dubbio che la sua funzione governativa verrebbe snobbata dai Ministri o poco meno.

Ora che le rivelazioni di De Bortoli ne minano la credibilità – il giornalista ha confermato ogni cosa, malgrado il silenzio di Ghizzoni e Unicredit abbia smentito quanto riferito nel libro – è evidente che la figura istituzionale della Boschi è traballante. E con essa lo stesso governo.

Dopo essersi informato, per quanto gli è possibile, sui fatti in corso, il cittadino non può che supporre che la promozione della Boschi, sorprendente finanche per gli addetti ai lavori, non fosse altro che il cavallo di Troia con cui Renzi puntava a minare dall'interno il Governo Gentiloni per farlo cadere e andare alle elezioni, sperando di tornare in sella alla guida del paese, M5S permettendo.

Infatti, sempre secondo la visione del cittadino che cerca d'informarsi e, soprattutto, di ragionare con la propria testa, è impossibile che un Premier non sapesse che un proprio Ministro avesse contattato i vertici di una grossa banca per sollecitarne l'acquisto di quella in crisi del papà. E non esclude che, pur sapendolo, l'ex Premier potrebbe aver comunque sponsorizzato la promozione del suo ex Ministro a un inacrico di maggior prestigio nell'attuale esecutivo, consapevole che, prima o poi, la bomba sarebbe esplosa, e il governo a cui il suo ex Ministro appartiene, leggi Gentiloni, si sarebbe trovato una grossa grana tra le mani che lo avrebbe messo in crisi. Dando la possibilità all'ex Premier, una volta rieletto segeratrio del Pd, di aprire la crisi e andare alle urne con l'intenzione di tornare a governare.

Ma questa, ovviamente, è solo fantapolitica!

 
 
 

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