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LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Settembre 2019

SIGNATURE RERUM – IL SUSSURRO DELLA SIBILLA

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[...]Poggiai le valige sulla soglia della villa. Presi le chiavi dalla tasca del giubbotto e aprii l'ingresso del mio nuovo alloggio.
L'odore di chiuso ristagnante nell'ambiente testimoniava che la casa era disabitata da tempo. Ne fui sorpreso perché Stefania e Francesco amavano vivere lì. Soprattutto d'inverno, quando il tranquillo sciabordio del mare riecheggiava sulla spiaggia solitaria, permettendo di fare lunghe passeggiate sul bagnasciuga senza il pericolo di inciampare nei bagnanti stesi al sole; d'essere involontario(?) bersaglio di pallonate, o, peggio ancora, d'essere investiti dagli ombrelloni sradicati dal vento.
Entrambi concordavano che l'autunno e l'inverno erano le sta-gioni migliori per godere delle facoltà terapeutiche e spirituali del ma-re. Sostenevano che il mormorio delle onde dava voce a un mistero irrisolvibile, inducendo a una profonda riflessione su una questione, se-condo loro, fondamentale per capire la vita e l'uomo: qual è l'esatto momento in cui l'onda nasce e quello in cui muore. Tra quanti si tormentavano nella soluzione dell'enigma, vi era chi affermava che l'onda si forma nell'attimo in cui sembra morire, ossia quando si riversava sulla riva con un ultimo, rabbioso ruggito. A sostegno di questa tesi, costoro riferivano dell'allegra melodia che si levava dai filamenti di schiuma dell'onda morta allorché, insinuandosi tra i ciottoli sulla sabbia, rifluivano nel mare come anime finalmente libere dal vincolo corporale, pronte a librarsi nel cielo quasi rinascessero a nuova vita.
Sebbene il problema non avesse mai suscitato il mio interesse, quando spalancai le imposte del balcone nel salottino per cambiare aria alla casa, affacciandomi sulla spiaggia a osservare le onde rin-corrersi sul mare fui assalito dal dubbio: la morte non potrebbe essere il preludio di una nuova vita?[...]

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ERAVAMO TANTO RICCHI a Il Centro L’Arte della Felicità

Post n°2037 pubblicato il 26 Settembre 2019 da kayfakayfa
 

 

annamaria

Napoli

Mercoledì 25 settembre presso IL CENTRO L'ARTE DELLA FELICITA', Via Betlemme 31 - Napoli, si è presentato ERAVAMO TANTI RICCHI, di Annamaria Varriale, edito da HOMO  SCRIVENS. La serata è stata introdotta da Francesca Mauro che ha spiegato le funzioni del Centro e in particolare quella dei Dialoghi, "momenti di incontro con personaggi di rilievo del panorama culturale nazionale e internazionale" per favorire la riflessione, nell'ambito dei quali rientrava la rappresentazione del libro. Quindi la parola è passata ad Andrea Punzo, corresponsabile del Centro, che ha messo in risalto l'alto valore sociale del testo dove i rapporti umani, in particolare quelli familiari, risultano elemento imprescindibile per la felicità degli uomini.

Scritto con un linguaggio asciutto e scorrevole, privo di ricercatezze stilistiche come si conviene a un'opera che vuole "semplicemente" raccontare uno spaccato familiare diluito in circa settant'anni di storia d'Italia - si va dal ventennio fascista al 69, anno della strage di Piazza Fontana ma anche dell'uomo sulla luna -, ERAVAMO TANTO RICCHI è un condensato di eventi in cui chiunque abbia vissuto una parte di quegli anni non faticherà a ritrovarsi con un pizzico di nostalgia. In particolare negli affreschi famigliari in cui l'autrice sottolinea quasi con pudore l'importanza della famiglia e di quelle figure come sua madre e poi sua sorella impegnate a tenerla unita anche quando la drammaticità e tragicità degli eventi ne mettevano in a dura prova la coesione.

In un'epoca come la nostra dove i rapporti umani sono sempre più scanditi dai ritmi veloci e volatili imposti dalla società del progresso, in cui l'amicizia e l'amore sono per lo più regolamentati dagli algoritmi di un sistema informatico che ci illude di avere un'infinità di amici conteggiando il numero di contatti e  like che regolamentano la nostra vita sui social network dove mettiamo alla berlina la nostra esistenza senza chiederci chi ci sia dall'atro lato dello schermo, l'album di ricordi della Varriale è un prezioso spaccato di rapporti umani veri fatti di gioia e dolore, risa e lacrime, carezze e baci, rimproveri e schiaffi.

Andrea Punzo e Franca Mauro discutono del libroAndrea Punzo e Franca Mauro discutono del libro

Per questo motivo il libro dovrebbe essere letto soprattutto dai giovani, vittime predestinate di un sistema in cui l'apparire a ogni costo sta producendo inconsapevoli mostri che non si preoccupano di  bullizzare un compagno o violentare una ragazzina, registrando tutto con lo smartphorne per poi condividere i filmati in rete affinché il pubblico ammiri le loro gesta...

A riguardo non stupisce se un gruppo di insegnanti abbia imposto la lettura del libro ai propri allievi affinché scoprissero il significato dei valori di cui tratta il libro, come loro stesse hanno ammesso durante la discussione in sala.

ERAVAMO TANTI RICCHI ci racconta di un tesoro sempre più nascosto nelle profondità dell'animo umano. Di cui rischiamo di perdere ogni traccia in quanto la fiamma rischiarante il cammino che vi conduce arde nei nostri cuori e il propellente che l'alimenta è l'amore e il rispetto per il prossimo, al giorno d'oggi merci davvero rare.

Elda Salemma ha allietato la serata con le sue canzoniElda Salemma ha allietato la serata con le sue canzoni

Se perfino il regista Pupi Avati, dopo aver letto il libro, ha sentito l'esigenza di inviare una e-mail all'autrice ringraziandola per il proprio lavoro; esaltando i contenuti del libro; mettendo a sua volta in risalto quanto nel dopoguerra si fosse ricchi pur avendo poco, risulta evidente, oserei dire scontato il valore sociale del volume.

La serata è stata allietata dalla splendida voce di Elda Salemme, figlia dell'autrice, che ha intervallato la discussioni con brani musicali, cantando in lingua inglese accompagnandosi con la chitarra.

Concludendo, volendo giocare con le parole, potremmo dire che, presentando ERAVAMO TANTO RICCHI, "Il Centro" ha fatto centro!

 
 
 

Annamaria Varriale e le Ricamatrici di Bacoli

Post n°2036 pubblicato il 15 Settembre 2019 da kayfakayfa
 

 

Pozzuoli

Sabato 14 settembre, con il convegno PREPHILLOXERA presso Palazzo Migliaresi, s'è ufficialmente aperta la XIV edizione di Malazè il festival ArcheoEnoGastronomico dei Campi Flegrei che proseguirà fino al 24 settembre con eventi sparsi su tutto il territorio flegreo e hub culturali al Rione Terra, sul Lago d'Averno e nel Cratere degli Astroni. Tra gli eventi in programma sabato 14, in contemporanea con il convegno di cui sopra,  nel salone d'ingresso di Palazzo Migliaresi le ricamatrici di Bacoli dell'Associazione "Antonia Maria Verna" hanno esposto alcuni manufatti. L'associazione è presieduta dalla scrittrice Annamaria Varriale;vicepresidente Nadia Severino. Abbiamo colto l'occasione per intervistare il presidente per meglio conoscere l'associazione e le sue attività.

Annamaria Varriale, al centro, e Nadia Severino, all'estrema sinistra, insieme alle maestre e a un gruppo di allieve della scuola di ricamatrici

Annamaria Varriale, la quarta a sinistra, e Nadia Severino, all'estrema sinistra, insieme alle maestre e a un gruppo di allieve della scuola ricamatrici di Bacoli

 

Annamaria Varriale da scrittrice a Presidente dell'Associazione Ricami di Bacoli Antonia Maria Verna, a cosa è dovuta questa metamorfosi?

Io amo l'arte in tutte le sue forme e il ricamo è sicuramente un'espressione artistica, non soltanto puro artigianato. Inoltre, quando posso, sostengo tutte le attività di volontariato che portano avanti le eccellenze locali, e questo è sicuramente un bellissimo esempio. All'epoca mi chiesero se volessi essere Presidente dell'associazione, ne fui onorata, e da sei/sette anni ricopro l'incarico.

logo associazione

 

Chi era Antonia Maria Verna?

Una suora di Ivrea che nel 1828 fondò l'ordine delle Suore di Carità dell'Immacolata Concezione di Ivrea, scomparsa nel 1838 e beatificata nel 2011. Nel 1860, subito dopo l'unità di Italia, un gruppo di suore dell'ordine si trasferì a Napoli per portare assistenza agli orfani e alle ragazze meno fortunate istituendo orfanotrofi e asili. In seguito le suore estesero la loro opera di carità e di educandato in altre zone dell'ex Regno di Napoli tra cui Bacoli dove fondarono non solo asili e scuole ma anche la scuola di ricamo che esiste tuttora.

Dov'è esattamente situata la scuola?

Cappella, una frazione di Bacoli. Il  parroco della chiesa della Madonna del Buon Consiglio, molto cortesemente, ci ha messo a disposizione il laboratorio che fu di suor Michelina Scotto di Vetta la quale a sua volta aveva delle ragazze a cui insegnava il ricamo legato alla tradizione delle suore di Ivrea.

Uno dei manufatti della scuolaUno dei manufatti della scuola

Quante iscritte avete?

Attualmente venticinque tra cui anche ragazze disabili e donne che purtroppo hanno perso i figli le quali hanno scoperto nel ricamo una valida terapia per fronteggiare il proprio handicap e il proprio dolore. E poi ci sono ragazze e donne che lo fanno per passione tra cui un ingegnere e una psicoterapeuta. Come zone di provenienza le nostre allieva vengono non sono solo dai campi flegrei ma anche da Napoli, Calvizzano, Acerra a conferma che l'arte del ricamo, contrariamente a quanto si possa pensare, è viva più che mai su tutto il territorio campano anziché in zone ristrette.

I corsi quante volte a settimana si tengono?

Tre volte a settimana, dalle 9 alle 12. La scuola apre il primo ottobre e chiude il 30 maggio. La quota di iscrizione è di 15€ più 20€ mensili. Un importo irrisorio proprio per non tradire lo spirito ecumenico che caratterizzò la fondazione della scuola, ma che ci consente quel minimo di sostentamento per l'acquisto del materiale didattico e la partecipazione a eventi come Malazé che richiedono  dei piccoli investimenti se vuoi fare bella figura quando ti presenti.

Annamaria Varriale tra le maestre ricamatrici Pina e Teresa Costagliola

Annamaria Varriale tra le maestre ricamatrici Pina e Teresa Costagliola

I manufatti, una volta terminati, vengono messi in commercio?

No, le ragazze cuciono esclusivamente per loro, la famosa "rota", al fine di regalarsi un prodotto la cui realizzazione richiede una spesa iniziale di poco più di 20€ per l'acquisto del panno su cui ricamare, ma quando sarà terminato avrà un valore di mercato di oltre 200€. Per essere precisi, seppure i manufatti non vengono venduti, spesso riceviamo commissioni da parte di ragazze e donne in procinto di sposarsi le quali ci chiedono di realizzare dei capi specifici per il loro corredo, o addirittura da persone del luogo, in particolare di Monte di Procida, emigrate all'estero, per lo più negli Stati Uniti, che ci richiedono capi particolari per serbare con sé oltreoceano un ricordo della propria terra.  Ciò ci consente di portare avanti un'arte di grandissimo impegno e capacità che, diversamente, rischierebbe di scomparire. Inoltre, vista la disoccupazione che c'è oggi nel nostro paese,  l'arte del ricamo offre una grande opportunità di lavoro con ampi margini di guadagno,  se fatta come si deve.

Sirena ricamata dalle ricamatrici di Bacoli

Dunque il ricamo è un mestiere che rende!?...

Potrebbe rendere! Purtroppo, essendo un lavoro artigianale, e quindi circoscritto, è poco conosciuto. Pertanto  le committenze scarseggiano. Per far sì che l'arte del ricamo diventi un'impresa occorrerebbe fosse più conosciuta. Noi in passato abbiamo organizzato mostre, ad esempio SUL FILO DELLA CANAPA, estendendo gli inviti a realtà come la nostra dislocate su tutto il territorio nazionale per  conoscerci, confrontarci e farci conoscere dal pubblico. Purtroppo anche questo tipo di iniziative richiedono investimenti e con i pochi fondi di cui disponiamo non possiamo certo permetterci chissà che! Inoltre questo fa sì che per le maestre della scuola non ci sia  alcun guadagno; lo fanno  per passione e  per tenere viva una tradizione locale che si tramanda da madre in figlia da oltre un secolo.

Una serie di manufatti delle ricamatrici di Bacoli

Quante insegnanti avete?

Due sorelle, Pina e Teresa Costagliola: sono bravissime! Ritornando al discorso degli esigui fondi di cui disponiamo, ci tengo a sottolineare che come scuola non riceviamo il benché minimo sostegno da parte delle istituzioni: non pretendiamo un contributo economico, ma almeno una struttura dove impiantare la scuola le autorità ce la potrebbero concedere... Se non fosse stato per il parroco di Cappella che ci ha concesso di disporre dei locali del vecchio laboratorio di ricamo, oggi tutto questo che ammirate a Malazè probabilmente non esisterebbe.

Domanda d'obbligo, quali sono le ambizioni della scuola?

Di crescere e di farci conoscere per tramandare quest'arte bellissima che è anche terapeutica in quanto, attraverso la necessaria concentrazione per ricamare, aiuta a rilassarsi e a dimenticare le problematiche esistenziali. Già questo mi sembra un buon motivo per sostenerla! 

 
 
 

GIANNI BICCARI PRESENTA LA SUA MOSTRA DI FOTO DI SCENA A POZZUOLI

Post n°2035 pubblicato il 09 Settembre 2019 da kayfakayfa
 

L'immagine può contenere: 2 persone, persone che sorridono, persone in piedi

Sabato 7 settembre a Pozzuoli, presso il Polo Culturale di Palazzo Toledo, alla presenza dell'Assessore alla Cultura del Comune di Pozzuoli Maria Teresa Moccia Di Fraia, s'è inaugurata la mostra fotografica EMOZIONI E PALCOSCENICO di Gianni Biccari. La mostra sarà visitabile fino al 21 settembre, tutti i giorni esclusa la domenica, dalle 9-13 e dalle 15-19. Per l'occasione abbiamo rivolto alcune domande all'autore.

 

Dopo circa un anno dal successo al PAN, Gianni Biccari ripropone la mostra di foto di scena EMOZIONI E PALCOSCENICO a Pozzuoli, quali sono le aspettative?

Di far conoscere al pubblico e a chi volesse fruirne l'esistenza di questo vasto archivio fotografico che ho creato in trent'anni di attività come fotografo di scena.

Quando ti intervistai durante la mostra al PAN mi raccontasti di un attore presente all'inaugurazione il quale, il giorno dopo, ti telefonò per farti complimenti e chiederti perché non avevi esposto una sua foto: in questa mostra compare?

Ci sta e spero la foto gli piaccia. Lo scopriremo a breve visto che dovrebbe venire.

Nell'anno in corso hai improvvisamente ripreso a pieno regime la tua attività fotografica in maniera, oserei dire, inarrestabile: a cosa lo imputi?

A questa incontenibile voglia di fotografare che mi è tornata. Io ho sofferto il passaggio dalla pellicola al digitale. Poi ho vissuto il momento topico della crisi dello spettacolo per cui la committenza si è assottigliata, anche perché molti si accontentavano della foto scattata con il telefonino. La molla per la ripresa è scattata grazie a mio figlio Matteo che vuole fare l'attore e al pensiero che tutte le fotografie di scena che ho finissero nel dimenticatoio.

L'immagine può contenere: 4 persone, tra cui Matteo Biccari, persone che sorridono, persone in piedi e testo

Gianni Biccari con Luca Sorbo, curatore della mostra, e suo figlio Matteo

Dopo Napoli e Pozzuoli in quale altre sedi approderà la mostra?

A giugno di quest'anno è stata a Roma, alla cartiera latina sull'Appia Antica, e probabilmente dovrebbe andare a Pisa...

Da dove nasce questo progetto puteolano?

Nasce da una comunione di intenti con l'Assessore della Cultura Maria Teresa Moccia Di Fraia. Tempo fa ci incontrammo e le portai il catalogo che stampammo per il PAN, lei rimase entusiasta e mi chiese di trovare un modo per esporla a Pozzuoli. Abbiamo avuto l'opportunità di poter usufruire dei locali di questo splendido Palazzo Toledo e in un mese ci siamo dati da fare perché il progetto si realizzasse.

Visto che lo spazio messo a disposizione dal comune è quasi tre volte superiore a quello del PAN, presumo ti sia divertito nell'allestimento...

Assolutamente sì! Abbiamo rivoluzionato completamente l'allestimento: al PAN le fotografie  erano a parete, adesso invece sono esposte su strutture che, ci tengo a sottolinearlo, abbiamo creato mia moglie e io  con l'aiuto di Massimo Colutta e Michele Schiano. Ci siamo divertiti anche perché, grazie allo spazio a disposizione, ho potuto esporre foto XXL che mai avrei potuto presentare al PAN, o, se lo avessi fatto, ne avrei messe tre, sacrificando tutte le altre.

L'immagine può contenere: 2 persone, persone in piedi

Gianni Biccari con l'Assessore alla Cultura Maria Teresa Moccia Di Fraia

In un recente incontro che avemmo all'ART GARAGE non escludesti di realizzare un progetto fotografico che avesse come soggetto Pozzuoli e i campi flegrei, è sempre vivo?

Sì, mi frulla in testa l'idea di coniugare l'antico e il moderno. Però, preso da tante cose, in primis la rassegna fotografica che coordino all'ART GARAGE, è un progetto che al momento ho accantonato.

Quando riprenderete all'ART GARAGE?

Tra fine ottobre e inizio novembre. Già abbiamo contatto tutti gli autori, dobbiamo stilare solo il calendario.

Anche quest'anno, come le precedenti edizioni, darete spazio esclusivamente a fotografi o prevedete qualche intermezzo con un altro tipo di artisti?

Per il momento solo fotografi, ma non escludo che durante il cammino non potremmo inserire qualcosa di diverso dalla fotografia.

Buon lavoro

Grazie!  

 
 
 

Luca Sorbo, una vita per la fotografia

Post n°2034 pubblicato il 09 Settembre 2019 da kayfakayfa
 

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Docente di fotografia, cinema e televisione all'Accademia delle Belle Arti di Napoli, considerato tra i massimi esperti di fotografia in Italia, Luca Sorbo è il curatore della mostra fotografica EMOZIONI E PALCOSCENICO di Gianni Biccari esposta a Pozzuoli presso il Polo Culturale di Palazzo Toledo dal 7 al 21 settembre. Approfittando della sua presenza al vernissage, gli abbiamo posto alcune domande sulla fotografia in generale e quella di Biccari in particolare.

 

Professor Sorbo cosa rappresenta per lei la fotografia?

Un linguaggio straordinario che da quando è nato nel 1839 ha completamente cambiato la visione del mondo. Basta semplicemente pensare al ritratto: prima dell'avvento della fotografia le persone non avevano un ritratto di sé, a meno che non appartenessero alla ristretta cerchia dell'aristocrazia che poteva permettersi un pittore. Prendiamo come riferimento questa mostra di foto di scena, noi cosa sappiamo delle rappresentazioni di Moliere o di Shakespeare? Non sappiamo nulla di quali fossero gli allestimenti di questi grandi autori in quanto non abbiamo una documentazione come invece l'abbiamo oggi grazie alla fotografia.

Lei come si è avvicinato alla fotografia?

Ho cominciato come amatore a diciotto anni, poi a ventinove anni come fotogiornalista e a trentacinque mi sono interessato della storia della fotografia e delle tecniche fotografiche. Oggi, con un po' di immodestia, posso dire d'essere considerato tra i maggiori esperti di fotografia a livello nazionale.

Lei dunque nasce come fotografo, come avviene il passaggio dallo scatto alla critica allo scatto?

A un certo punto mi sono accorto che c'era tanta gente che faceva fotografie e poca che le guardava. E mi sono reso conto che guardare le fotografie è difficile quanto farle! Per cui oggi il mio impegno come docente di belle arti e in altre scuole è quello di  insegnare le persone a guardare le fotografie.

Cosa intende esattamente con "guardare la fotografia"?

Avere la capacità di comprendere quello che l'autore ha fatto! La lettura di un'immagine è prima di tutto emozionale e possono farla tutti. Però quando poi si vuole passare dall'aspetto emozionale alla consapevolezza è necessario saper decriptare le scelte tecniche ed espressive. Dunque conoscere il linguaggio fotografico e comprendere quale scelte ha fatto l'autore per raggiungere quel risultato.

Quando parla di "scelte dell'autore", lei dà per scontato che una foto sia costruita a monte?

No, assolutamente! La foto può essere casuale, come spesso accade. L'autore diventa tale nel momento in cui,tra tanti scatti, sceglie proprio quella foto. Io non solo valuto lo scatto, ma il perché l'autore ha scelto di rendere pubblico proprio quello scatto. Successivamente l'autore si valuta nel complesso delle foto, non sulla singola foto.

Come definirebbe Biccari fotografo?

Gianni prima di tutto è una persona attentissima alla tecnica e poi è un grande appassionato di teatro. Questo è il motivo per cui EMOZIONI E PALCOSCENICO è una mostra pregevole. Lui è riuscito ad unire alla competenza tecnica la passione per il teatro. Riuscire a gestire le emozioni attraverso la tecnica rende pregevoli le sue foto.

In Italia qual è il livello della fotografia?

Partiamo da un punto fermo, la fotografia in Italia viene considerata bene culturale solo dal 1999. Dal 2006 sono nati i corsi universitari, quindi abbiamo una tradizione accademica un po' debole. Però c'è un grandissimo entusiasmo. Le mostre di fotografia sono frequentate più di quelle di pittura, sempre più giovani le si avvicinano. Manca una consapevolezza critica  e storica che necessita di tempo. Non abbiamo una tradizione fotografica radicata come ce l'hanno la musica e la pittura.   

Perché l'Italia ha riconosciuto con ritardo la fotografia come forma d'arte?

Perché ci sono cose molto più importanti come la letteratura, la pittura... Siamo il paese dei Giotto, Leonardo, Michelangelo, Raffaello; dei Dante, D'Annunzio, Pirandello... Il mondo istituzionale ha sempre guardato alla fotografia come un qualcosa di minore. La foto per anni è stata considerata mezzo per documentare, non un qualcosa che facesse arte avendo una propria capacità espressiva!

Quali sono i fotografi italiani che vanno per la maggiore?

Riferendoci ai napoletani, Mimmo Iodice, uno dei più grandi fotografi a livello europeo, Antonio Biasiucci, Ettore Accetta. A livello nazionale Ferdinando Scianna, Basilico... C'è una pattuglia di autori che però devono fare tutto da soli, non avendo uno stato che li sostiene. Come invece accade in Francia. Inghilterra e in Germanio dove ci sono istituzioni pubbliche che aiutano degli autori.

Questo arretramento dell'Italia rispetto alle altre nazioni a cosa lo imputa?

Alla disorganizzazione che purtroppo ci caratterizza un po' in tutti i campi... Non riusciamo a fare sistema/paese. Però c'è il vantaggio che in questa disorganizzazione il singolo autore magari riesce ad ottenere risultati anche superiori rispetto a quelli del francese, del tedesco, dell'inglese che sono abituati a dei percorsi più comodi.

Come nasce la collaborazione con Biccari?

Nasce da un incontro casuale in cui lui mi parlò della sua attività di fotografo di scena a cui non dava tanta importanza. Avendo io studiato la storia della fotografia, e occupandomi di fotografia da venticinque anni, gli chiesi di vedere le foto e, visionandole, mi accorsi che il materiale era interessante. Ecco, se mi consente, il mio piccolo merito è quello di aver spinto Gianni  a organizzare questa mostra, storicizzandola. Vorrei ricordare che nel catalogo della mostra il testo di presentazione è di Giulio Baffi, il più grande critico teatrale italiano, il quale parla in maniera entusiasta del lavoro di Biccari, elogiandone la passione per il teatro che si riflette nella bellezza dei suoi scatti. Io ho storicizzato queste foto in un contesto importantissimo come il teatro a Napoli per cui ora abbiamo materiale che documenta trent'anni  di teatro.

Quali sono i suoi progetti personali per il futuro?

Sto realizzando un libro per la cineteca di Bologna,GLI ANNI SETTANTA A BOLOGNA; sto lavorando a un progetto con il MAN sulla documentazione del museo; un progetto a Capua. Fortunatamente è un periodo do lavoro molto intenso, forse troppo!   

 
 
 

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