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LA VOCE DI KAYFA

IL BLOG DI ENZO GIARRITIELLO

 

Messaggi di Giugno 2018

POZZUOLI, IL DEGRADO ARCHEOLOGICO E' SENZA LIMITI

Post n°1916 pubblicato il 28 Giugno 2018 da kayfakayfa
 

Questa mattina insieme alla giornalista Danila Mancini del giornale online Voce di Napoli - fu lei che domenica scorsa mi contattò su Messanger, dopo aver letto sul mio blog l'intervista che anni fa feci a Carlo Santillo l'ultimo custode della Grotta della Sibilla sul lago d'Averno - ci siamo recati a fare un giro di perlustrazione nell'area flegrea per verificare lo stato di degrado e di abbandono in cui versano alcuni siti archeologici.

La prima tappa è stato il lago d'Averno con la pseudo grotta della Sibilla, per la cui riapertura al pubblico Danila ha intenzione di battersi con determinazione. Contrariamente a quanto immaginavamo, una volta superata la sterpaglia che ostruisce l'ingresso del viale di accesso, la strada non risulta impraticabile e, passando sotto un cunicolo di sterpi, con relativa facilità si arriva al cancello di accesso chiuso da una spessa catena con catenaccio. Facendoci luce con le torce degli smartphone, siamo riusciti a illuminare l'interno dove sono visibili le suppellettili di don Carlo.

Lateralmente al camminamento finale che conduce al sito archeologico, un tratto della rete di contenimento a protezione da eventuali frane è divelto, non si capisce se a causa di un cedimento del terreno  - a riguardo sul suolo non ci sono segni che lascerebbero presagire ciò - o per opera dell'uomo, nel qual caso bisognerebbe capirne lo scopo.

Avendo spiegato a Danila che la pseudo grotta della Sibilla è una delle tante grotte scavate dai soldati romani sulla collina all'epoca, circa il 30 a. C.,  in cui nel lago era ancorata la flotta romana - lo specchio d'acqua risultava collegato direttamente al mare grazie a un canale di accesso, oggi ridotto a uno stretto naviglio che corre parallelo alla strada asfaltata - non ho potuto tacerle della Grotta di Cocceio, così denominata perché costruita nel 37 a. C. dall'ingegnere romano Lucio Cocceio Aucto su incarico del generale Marco Vipsanio Agrippa, la cui apertura al pubblico, dopo ben settantacinque anni, era stata data per certa entro quest'anno dalle varie autorità competenti.

Diversamente, tuttora la Grotta di Cocceio è chiusa, seppure agli inizi di marzo ne fu celebrata l'apertura in pompa magna alla presenza delle varie cariche istituzionali locali. In relazione a questa apparente riapertura, stando a quanto riferitomi dal pittore Antonio Isabettini, memoria storica di Pozzuoli e dei campi Flegrei, nel corso degli anni nella grotta hanno nidificato diverse specie distinte e protette di pipistrelli la cui caratteristica è quella di accoppiarsi una volta all'anno nel silenzio assoluto. Pertanto fino a quando questo problema non verrà risolto, è difficile che la grotta divenga accessibile al pubblico.

Proseguendo la nostra escursione sulle sponde del lago, ci siamo imbattuti in quello che impropriamente è ritenuto il tempio di Apollo, trattandosi invece dei resti di una delle stufe che all'epoca romana componevano il sito termale di Baia.

Anche qui il degrado è visibile, seppure la spianata su cui sorge il sito sia stata ripulita dalle erbacce che in passato ne rendevano impossibile l'accesso.

Tuttavia parlare di degrado, per quanto riguarda i siti archeologici citati, è relativo rispetto all'abbandono in cui versa la necropoli romana sottostante il Ponte Azzurro che collega via Fascione con via Solfatara.

Quando vi siamo giunti, Danila è rimasta letteralmente senza parole: ai nostri sguardi si è presentato uno scempio indicibile. Una lunga spianata di mura romane complete di archi e pilastri è del tutto inghiottita dalla sterpaglia, nemmeno fossimo nella foresta amazzonica. Mentre la copertura di lamiere e bitume, posta a protezione dello scavo dalla pioggia, in alcuni punti è divelta tanto che l'acqua non ha problemi a riversarsi nel sito arrecandovi danni che si possono ben immaginare.

Addirittura su una lamiera sono evidenti i resti di un uccello in avanzato stato di decomposizione, ulteriore conferma, se ce ne fosse bisogno, dell'assoluto abbandono in cui versa un simile patrimonio archeologico che in qualunque altra parte del mondo sarebbe protetto e valorizzato come attrattiva turistica con conseguente arricchimento economico per l'intera comunità locale.

Mentre a Pozzuoli, non si capisce perché, tale tesoro è lasciato morire nell'assoluta indifferenza istituzionale, come testimonia il cancello d'ingresso sfondato da cui chiunque più accedervi e perpetrare ogni sorta di scempio archeologico.

Per vedere filmati e foto, cliccare sui sottostanti link:

Fimati: 1234

Foto: 234567, 891011

 
 
 

APPELLO DI UNA LETTRICE, SALVIAMO LA GROTTA DELLA SIBILLA

Post n°1915 pubblicato il 24 Giugno 2018 da kayfakayfa
 

Era più o meno la fine del 2003 quando ebbi modo di intervistare per il Bollettino Flegreo Carlo Santillo, l'ultimo custode della Grotta della Sibilla situata all'interno della boscaglia che circonda il Lago d'averno. Lo stesso articolo lo riproposi sul mio blog, seppure in forma ridotta, il 7 maggio 2014.

Ed è grazie a questo post che in mattinata sono stato contattato su Messanger da una signora, di cui ovviamente non  farò il nome per tutelarne la privacy, la quale, dopo aver letto l'intervista a don Carlo, mi ha scritto quanto segue: "Difficile spiegarLe tramite un messaggio così freddo il motivo per cui Le scrivo. Mi riferisco a questo. Oggi sono tornata in uno dei luoghi che ha segnato la mia vita: la grotta della Sibilla dove ho conosciuto il signor Carlo (che io ho sempre chiamato Arturo). Alla vista dello scempio sono rabbrividita: preservativi usati, erbaccia, tronchi d'albero che ne ostacolano il passaggio, calcinacci caduti. Non si può lasciare un luogo di quel grandissimo valore storico in uno stato di abbandono simile. Mi aiuti, La prego. Vorrei smuovere le coscienze per portare la luce nella grotta, ma non so davvero da dove iniziare."

A margine del messaggio, mi lasciava il suo contatto telefonico e alcune foto dell'ingresso della grotta che allego nel pezzo.

Seppure non fosse mia abitudine telefonare agli sconosciuti, il messaggio mi aveva emotivamente scosso che non ho potuto fare a meno di chiamarla.

Dalle prime battute che ci siamo scambiati ho avuto la percezione che dall'altro capo del telefono vi fosse una persona davvero addolorata per il degrado in cui versa la grotta, ma seriamente decisa a fare qualcosa per recuperarla.

grotta della sibilla 1

Non avendo più notizie di don Carlo da oltre due anni, tramite conoscenze comuni mi era stato riferito che fosse passato a miglior vita. Quando glielo ho comunicato, la signora mi ha risposto che invece era vivo e vegeto; che lo aveva sentito al telefono proprio il giorno prima, dopo aver rintracciato il suo recapito su internet mentre faceva una ricerca per capire a chi poteva rivolgersi per avere maggiori informazioni sulla grotta; che quando aveva incominciato a fare domande insistenti sulla grotta, don Carlo aveva bruscamente interrotto la comunicazione, non prima di augurarle buona giornata.

A quel punto le ho chiesto di darmi il numero e l'ho chiamato. Non appena l'inconfondibile voce sottile di don Carlo ha risposto, "chi è?", la gioia mi ha rallegrato l'animo. Contrariamente a quanto temevo, si è subito ricordato di me. Quando gli ho chiesto notizie della grotta, rammaricato mi ha risposto, "signor Giarritiello, dopo oltre 140 anni che la mia famiglia e io abbiamo preservato la grotta e accompagnato i turisti al suo interno, purtroppo l'ho dovuta abbandonare".

Alla domanda se fosse stato costretto per problemi di salute - stando per tanti anni a contatto con l'umidità della grotta, don Carlo ha contratto un'artrite reumatoide alle anche che da tempo lo costringe a camminare col bastone - , mi ha risposto: "No, la salute non c'entra niente. Seppure ora sono allettato per altri motivi di salute (ecco spiegato il perché da almeno un paio di anni non lo vedevo più in giro), all'epoca la dovetti abbandonare perché è pericolante, sia all'esterno che all'interno. Non immagina quante volte è franato davanti al cancello d'ingresso. Meno male che era chiusa altrimenti, prima o poi, la tragedia ci scappava. La mia coscienza non mi permetteva di continuare a condurvi la gente all'interno. Nella grotta non c'è un'uscita di sicurezza. Che senso aveva rischiare?"

"Non si può fare nulla per metterla in sicurezza?" gli ho chiesto. La sua risposta è stata lapidaria: "Seppure si stendesse lungo la collina una rete di protezione per contenere la caduta dei massi, anche all'interno c'è il rischio che frani. Mi creda, oramai la grotta è morta!"

Chi ha avuto la fortuna di visitare la grotta guidato da don Carlo, sa bene con quanto amore e abnegazione egli svolgeva il proprio ruolo di "caronte", così amava definirsi: la domenica e nei giorni di festa allestiva una scenografia di luci, accendendo lungo tutto il camminamento della grotta una fila di lumini di cera e muniva i visitatori di candele, anziché delle solite torce elettriche, accrescendo con il riverbero delle fiamme la suggestione del luogo.

Per quest'attività di assoluto volontariato don Carlo non percepiva un soldo, se non le offerte dei visitatori che investiva nella manutenzione della grotta.

Oggi anche questa "grotta", che per quasi un secolo e mezzo ha segnato con orgoglio un pezzo di storia dei Campi Flegrei,  è da archiviare tra i tanti siti archeologici dell'area flegrea abbandonati nell'assoluto degrado. Non si capisce se per questioni burocratiche o altro...

Quante altre persone, come la signora che mi ha scritto, vi si sono recate, vi si recano e vi si recheranno per visitarla e, invece di vivere la suggestiva emozione suscitata dal mistero che vi aleggia, saranno colte dallo sconforto derivante dal degrado che si mostrerà ai loro occhi, uno scempio ingiustificato in un paese civile?

Possibile non si possa fare nulla per recuperare la grotta, riconsegnandola ai vecchi splendori del passato?

Mica bisognerà rivolgersi alla sibilla per conoscere le sorti del suo il suo destino!?

 
 
 

LA SCORTA A SAVIANO E' IL PREZZO PER LA LIBERTA'

Post n°1914 pubblicato il 23 Giugno 2018 da kayfakayfa

È proprio vero, noi italiani abbiamo la memoria corta, anzi cortissima. L'ulteriore conferma di questa particolarità nostrana è la polemica in atto da alcune settimane tra il Ministro degli Interni Matteo Salvini e lo scrittore Roberto Saviano, nata prima dal veto del Ministro all'approdo in un porto italiano della nave ong Aquarius con 629 migranti a bordo e successivamente dalla sua proposta di censire i rom.

Com'è nel suo stile, l'autore di Gomorra le cose non le manda a dire e senza giri di parole ha tacciato di fascismo il Ministro degli Interni il quale, per tutta risposta, ha dichiarato che valuterà se ci sono gli estremi per cui Saviano continui a usufruire della scorta  - lo scrittore è sotto scorta da quando pubblicò il bestseller mondiale Gomorra in cui rivelò come fosse strutturata l'organizzazione criminale dei casalesi che, per questo motivo, lo condannò a morte.

Da quando è iniziata la querelle Salvini-Saviano/scorta sì-scorta no, come accade sempre in questo paese, si sono formate due tifoserie, ossia persone che ragionano di pancia: da una parte quella dello scrittore, dall'altra quella del Ministro.

Quella dello scrittore attacca a testa bassa Salvini e chi ne difende l'operato, definendoli, nel migliore dei casi, razzisti. Accostando il censimento dei rom proposto da Salvini alla schedatura degli ebrei attuata dal fascismo 80 anni fa, cui seguirono le leggi razziali e poi lo sterminio degli ebrei.

Viceversa chi difende il Ministro, dipinge come buonisti Saviano e i suoi seguaci, attribuendogli la colpa di spendersi solo a parole per i migranti ma di non fare concretamente nulla per loro. Aggiungendo, a ulteriore sostegno delle proprie posizioni anti-migranti, e dunque anti-Saviano, le pessime condizioni igienico-sanitarie in cui versano sia i centri di prima accoglienza dei migranti sulle nostre coste, sia i campi rom; nonché fa presente che, laddove migranti e rom mettono radici - strade e piazze a ridosso delle stazioni ferroviarie e periferie urbane ed extra urbane -, ci sarebbe un incremento esponenziale della prostituzione maschile e femminile e della criminalità.

Lascia perplessi che molti di coloro che sono schierati con lo scrittore appartengono al PD, ossia a quella forza di governo il cui Segretario dell'epoca, Renzi, in un suo libro affermava che i migranti andavano aiutati a casa loro, suscitando l'ira di Saviano che replicò, " quanta ipocrisia da parte di chi vende armi ai regimi."

Che Saviano non susciti particolari simpatie finanche nell'ambiente culturale di sinistra è cosa ben nota. Non è un caso se lo scrittore fu uno dei pochi intellettuali di sinistra a scagliarsi più volte contro l'allora segretario e poi premier Renzi. Senza contare che fu sempre lui a denunciare il conflitto di interessi dell'allora Ministro Boschi nella vicenda Banca Etruria, chiedendone le dimissioni.

È legittimo che Saviano possa non piacere come scrittore, i gusti letterari sono personali. Così come è probabile che l'antipatia che lo scrittore suscita in maniera trasversale da destra a sinistra derivi non tanto dal suo atteggiarsi a tuttologo, quanto dai suoi successi economici in termini di  vendite dei suoi libri nel mondo - si sa, i vincenti alimentano l'invidia degli altri.

Ma gli va riconosciuto il merito che quando il governo Renzi iniziò a fare politiche di destra, le denunciò apertamente. Viceversa, tanti intellettuali di sinistra, nel momento in cui Renzi assurse al potere e si mosse in sintonia con i precedenti governi Berlusconi, né dissero nulla, né mossero un dito per denunciare quanto stava avvenendo. Mentre quando in precedenza quelle stesse politiche  voleva attuarle il centrodestra berlusconiano, non si fecero scrupoli di scendere in piazza, organizzando girotondi intorno ai palazzi del potere o scrivendo articoli al vetriolo contro il governo; mentre i loro giornali uscivano con un postit giallo sulla prima pagina in segno di protesta contro la legge "bavaglio" che il governo stava varando per limitare l'informazione, poi non se ne fece più nulla. Quando poi la stessa proposta di legge, ma più restrittiva, la presentò Renzi, tutti zitti.

Bene, quegli stessi intellettuali - dall'onestà intellettuale a corrente alternata, verrebbe da dire -, sono gli stessi che oggi attaccano Salvini per le sue politiche "fasciste". Ma tacquero quando Minniti, Ministro degli interni del governo di centrosinistra a guida Gentiloni sostenuto dal PD, per ridurre gli sbarchi, stipulò un patto con la Libia, istituendo centri di accoglienza sulle coste libiche al fine di bloccare le partenze di quanti erano pronti a imbarcarsi per l'Europa, pur sapendo che quei centri di accoglienza in realtà sono dei veri e propri lager dove  contro i "detenuti" vengono perpetrate violenze di ogni genere.

Essere in disaccordo con Saviano va benissimo, purché alle sue ragioni si contrappongano di valide. Diversamente se si è contro di lui solo per partito preso, magari perché risulta antipatico, meglio tacere.

Invocare che gli si tolga la scorta per via delle sue idee, non è né di destra , né di sinistra: è una tale meschinità che si commenta da sola. magari con un vocabolo che in questi giorni è quanto mai abusato, fascismo!

Vivere sotto scorta per aver avuto il coraggio di scrivere ciò che precedentemente altri avevano taciuto, seppure scrivendolo si è diventati benestanti, è segno che la libertà ha un prezzo.

E che prezzo!

 
 
 

MIGRANTI: RICHETTI CITA IL PAPA E SALLUSTI GLI RINFRESCA LA MEMORIA

Post n°1913 pubblicato il 20 Giugno 2018 da kayfakayfa

 

Fino a ieri sera, giornalisticamente parlando, non nutrivo alcuna simpatia per Alessandro Sallusti. A far sì che modificassi, seppure per un attimo, tale considerazione c'ha pensato Matteo Richetti del Pd: ospite ieri sera a Otto e Mezzo insieme al direttore de Il Giornale per discutere della proposta di Salvini di recensire i rom e del suo divieto all'approdo dell'Aquarius carica di migranti nei porti italiani, per avvalorare la propria contrarietà e quella del Pd alle idee e azioni del Ministro degli Interni, Richetti ha chiamato in causa il Papa che in questi giorni ha invocato l'accoglienza per i migranti, mostrandosi in contrasto con le scelte del Ministro. Non rendendosi conto che in quel modo stava offrendo un assist a Sallusti. Il giornalista ha infatti colto a volo l'insperata sponda e, sorridendo, ha risposto con ironia, "mi fa piacere che Richetti citi il Papa. Vorrei che altrettanto facesse per quanto riguarda le famiglie arcobaleno e l'aborto, argomenti che il pontefice ha recentemente condannato!"

Apriti cielo. Per rimediare all'errore, con fare contrariato, Richetti ha cercato di sminuire la risposta del giornalista, definendola "banale". Ma ormai la frittata era fatta!

Nessuno può appropriarsi delle parole del Papa, così come di qualsiasi altra autorità, sia laica che religiosa, solo quando gli fa comodo per poi sconfessare la stessa autorità quando invece esprime pareri in contrasto con la propria visione di vita personale e politica.

Dire, come ha fatto Richetti che "se il Papa dice una cosa corretta non va taciuta", equivale tacitamente ad affermare che l'opposizione del Papa sulle coppie gay e sull'aborto è un errore.

Forse Richetti dimentica che, essendo il Papa il capo della Chiesa, suo compito è quello di difendere la dottrina della Chiesa la quale identifica nell'unione tra uomo e donna il fulcro su cui poggia la famiglia e, professando il rispetto per la vita in quanto dono di Dio, non può accettare l'aborto.

È legittimo non condividere le dottrine ecclesiastiche. Ma appoggiarsi al Papa per sostenere le proprie idee, e avversarlo quando invece ne sostiene altre in contrapposizione con il proprio pensiero, francamente, non è né corretto, né serio!

 
 
 

BONAFEDE IN TV E IL M5S FA HARAKIRI IN COMUNICAZIONE

Post n°1912 pubblicato il 19 Giugno 2018 da kayfakayfa

 

Per chiarire la propria estraneità nella vicenda Lanzalone, ieri sera il Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha voluto essere intervistato a Otto e Mezzo dalla Gruber, coadiuvata da Antonio Padellaro de Il Fatto Quotidiano.

L'avvocato Lanzalone assurse alla presidenza dell'ACEA, municipalizzata del comune di Roma, per scelta della sindaca Raggi, dopo che a presentarglielo furono lo stesso Bonafede e Fraccaro, in quanto a Livorno il suo studio si era occupato positivamente del concordato Aamps. Lanzalone si è dimesso dall'incarico non appena è scoppiata l'inchiesta sul nuovo stadio della Roma per cui è agli arresti domiciliari con l'accusa di corruzione insieme al costruttore Parnasi, ora in carcere, e altri indagati.

Davanti alle telecamere Bonafede ha ripetutamente dichiarato che la scelta di nominare Lanzalone Presidente dell'Acea fu della Raggi. Che lui non c'entra niente!

Purtroppo per il Ministro la sua agitazione al cospetto delle telecamere ha alimentato il dubbio che egli fosse lì perché ansioso di scaricarsi da ogni eventuale responsabilità, facendo gravare tutto sulle spalle della Raggi la quale, come il Ministro, al momento non risulta indagata.

Chi ha seguito la trasmissione avrà notato le espressioni di rabbia e di fastidio che si alternavano sul volto di Padellaro mentre ascoltava Bonafede. Così come avrà certamente colto il tono tagliente con cui il giornalista ribatteva alle dichiarazioni del Ministro, facendogli presente che ancora una volta il M5S, la giunta Raggi in particolare, si trovava coinvolto in una vicenda in cui, seppure a proprio carico non risultino responsabilità oggettive, si evidenzia l'assoluta incapacità nella scelta delle classe dirigente.

Dopo aver visto il modo goffo con cui Bonafede s'è approcciato alle telecamere, verrebbe da dire che il M5S dovrebbe non solo scegliere con attenzione la classe dirigente ma anche chi gli gestisce la comunicazione. Un'altra apparizione televisiva alla Bonafede di un qualsiasi rappresentante del M5S e le opposizione brinderanno!

 
 
 

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