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La tetta perfertta

Post n°311 pubblicato il 01 Agosto 2010 da Arvalius

Si dice che occuparsi sui blog di tette e culi sia indice del cattivo gusto dei nostri tempi, del gigantesco bordello in cui si è trasformato il nostro paese, e bla bla bla, bla bla bla.

Sono completamente d’accordo. Anzi, ma che completamente: deppiù!

Proprio per dimostrare l’assoluta serietà di questo blog, adesso che la corruzione dei costumi ha raggiunto livelli abissali, etc. etc., intendo per questo occuparmi in questo post di alcuni aspetti scientifici riguardanti un organo caro all'immaginario di entrambi i sessi. 

Affronterò un tema già esposto ma che torna d'attualità in questi tempi grami. Una trattazione antropologico-scientifico-filosofica sulla tetta.

Al fine di fornire ogni utile dettaglio allo studio, partirò dal significo etimologico di tetta. Alcuni insigni studiosi ne traggono origine dal nibelungo tzetze. Il popolo nibelungo, come si sa, era un noto cultore delle tzetze, e ne dà prova il poema in 10.000 versi bimembri Ode alla tzetza. I nibelungi erano dei gran cultori, perché come si sa le nibelunghe erano del gran tettone, con tette che raggiungevano anche il peso di 30 kg ciascuna, e in grado di produrre una quantità di latte di oltre 15 litri al giorno, con gran gioia dei nibelungini, che ecco perché erano dei gran cristoni anche da piccoli. 

Piccola nota a margine non molto utile ai fini della trattazione ma buona comunque a sapersi. Come riportato da insigni viaggiatori del passato, le nibelunghe erano note in tutto il nord per "la lussuria della carne che in loro era insaziabile", o, per dirla con parole dell’esimio professor che adesso non mi ricordo il nome, luminare di storia nibelungica, le nibelunghe erano delle assatanate di sesso. "Assatanate", a dire il vero è una libera traduzione del pensiero del professor di cui sopra, perché i nibelunghi Satana non sapevano manco chi era. Nelle gozzoviglie intorno al fuoco, quando i nibelunghi si scambiavano delle gran pacche sulle spalle che avrebbero steso un bufalo, sghignazzando dicevano in realtà che le nibelunghe erano delle affenrirrate, perché Fenrir era un certo lupo cattivo che s’era mangiato Odino. Insomma, cose da nibelunghi. L’ho premesso, non c’entrava niente con le tette. 

Altri studiosi non meno insigni, fanno derivare l’origine del nome "tetta" dal greco thetza. Per quanto bene ne possa parlare il poema in 10.000 versi bimembri nibelungo, per quanto potessero essere assatanate di sesso le nibelunghe, sono propenso per questa seconda ipotesi, che è un derivato del suono onomatopeico del "succhiare". Una cosa è comunque chiara. Zizze e tette sono la stessa cosa. 

Un gruppo minoritario di meno insigni studiosi ne fa derivare invece l’origine dal latino poppa, da cui prese il nome la nota imperatrice Poppea, un po’ zoccola secondo le cronache dell’epoca. Indubbiamente anche il termine poppa ha il suo fascino etimologico, essendo il suo opposto, la prua, notoriamente riferito all’anatomia maschile, come anche ne cantò la notissima poetessa di cui adesso mi sfugge il nome: "Io sono semplice. Un cuore aperto come il mare. Se mi vuoi solcami subito con la tua bella prua, amado mio." 

A questo punto, si può con tutta tranquillità affermare che quando si parla di tetta, zizza e poppa si intende la stessa cosa. Rimane invece sconosciuto l’origine del burino zinna

In effetti, come si può facilmente evincere il verbo succhiare e poppare sono strettamente attinenti alle tette. Non si hanno invece notizie dello zizzare e ancor meno dello zinnare. 

Ma passiamo adesso all’aspetto più prettamente scientifico della questione, così che non si dica che in questo blog si affrontano solo temi ludici. 

La tetta è formata da certe ghiandole esocrine acinose di tipo apocrino, in cui cioè la base della cellula riforma la parte apicale trasformata nel secreto che defluisce lungo i canali galattofori e sbocca all’apice detto capezzolo. Ora, a parte il capezzolo che qualche fantasia può suscitare, vorrei che qualcuno mi dicesse che ha ancora voglia di succhiare una tetta dopo aver letto una cosa del genere, a parte naturalmente i poppanti che per fortuna loro non sanno l’italiano, e dev’essere per questo che madre natura gli fa imparare la lingua un po’ più in là con l’età, altrimenti la razza umana si sarebbe già estinta da un qualche milioni d’anni. 

Andiamo avanti. Passiamo all’aspetto strettamente filosofico. A quell’aspetto chiaramente espresso dal già nominato professore, che oltre a essere un luminare di tette nibelungiche è anche luminare di tette in senso lato. Dopo inesauribili studi, il professor luminare ebbe a dichiarare: "Quando le tette sono delle giusta forma, sono una delle poche cose per cui vale la pena di vivere."

Pensiero che mi sento di condividere, anche in considerazione dell’attuale stagione che offre notevole materiale da visionare.

 Ma come fare per stabilire quale sia la giusta forma di una tetta perfetta?

Innanzitutto, sono escluse dalla possibilità di definirsi tette perfette tutte quelle ottenute attraverso l’uso della chirurgia unita a materiali derivati da silicone. Per le altre, il problema ha una soluzione più semplice di quanto sembri. 

Dato un triangolo isoscele il cui angolo in alto sia formato dal seno e coseno di AD + AC – DC x ADADDC, la tetta perfetta si ha quando la distanza AB sia la metà di DC. E che, soprattutto, si regga senza reggiseno.

Per quanto riguarda il capezzolo, invece, esso dev’essere duro e roseo, con un’areola di diametro 1/5 DC x 1/2 AB x il seno di A.

 

Se qualche gentili lettrice avesse difficoltà a misurare le sue tette, al fine di definire se siano perfette o quanto si discostino dalla perfezione, offro volentieri un aiuto tecnico. Basterà inviare una foto e alcuni parametri pertinenti al mio indirizzo di posta (che fornirò tramite comunicazione privata attraverso la messaggeria) e nel giro di pochi giorni darò un responso scientifico.

 
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