Creato da middlemarch_g il 24/01/2008
'Fallisci meglio' è il mio secondo nome
 

Messaggi del 09/09/2008

Incontri da treno

Post n°230 pubblicato il 09 Settembre 2008 da middlemarch_g
 

Per tornare a casa ho viaggiato su un Intercity. E’ una cosa che non mi capitava da anni, perché ormai, a meno che non prenda un treno da pendolari per andare in città, l’alternativa è solo l’Eurostar. Un mezzo più comodo, ma meno poetico, ed è uno dei rari casi in cui della poesia faccio a meno volentieri. L’unica cosa che mi dispiace è che un Intercity ha quella dimensione da microcosmo che nelle carrozze di un  Eurostar si perde.

Nel mio scompartimento, seduta di fronte a me, c’era una ragazza infelicemente brutta. Infelicemente brutta è diverso da tragicamente brutta. Il tragico ha una modalità oggettiva che all’infelice manca, un po’ come nella vita. Nell’infelicità c’è un margine di scelta, di correità con il destino. Magari ti capitano determinati eventi esteticamente tristi, poi la natura si rifiuta di inviare soccorsi, e alla fine di un assedio che può essere più o meno lungo, l’infelicemente brutta si arrende. Decide che non c’è più niente da fare e smette di combattere. In realtà non è vero, non è come per quelle rare e tragiche bruttezze improponibili da cui davvero non ti puoi difendere. In questo caso sarebbe bastato evitare di indossare stracci raccattati a caso dall’armadio, andare da un parrucchiere due volte l’anno, prendere in considerazione una cosmetica minima, e lavorandoci sopra con un po’ di amorevoli attenzioni credo davvero che avrebbe potuto portare a casa un dignitoso pareggio. Essere una donna che non noti, che non attrae l’attenzione. Cosa che, come molte donne sanno, è già un risultato tutto sommato non disprezzabile. Perché anche la bruttezza fa girare la testa per strada, ed è un potere che possiede in forma molto amplificata rispetto al suo contrario.

Lei invece collaborava col suo destino con l’entusiasmo di certe martiri cristiane in orgasmo all’idea di farsi spolpare da un leone. E va bene. Sono scelte. La bellezza o la decenza estetica non sono obblighi, e costano energia. Non solo in termini empirici. Ci vuole anche il coraggio di sapersi vedere diverse con gli occhi della mente prima che questa diventi una percezione condivisa. C’è chi preferisce dedicarsi ad altro, e non ci trovo niente di male.

Però ho sempre la sensazione che quando la strada della negazione di se’ prende questa velocità in una donna ancora relativamente giovane, alle sue spalle deve esserci necessariamente una condizione di solitudine estrema. La felicità è sempre frutto di coraggio. Il coraggio in casi eccezionali può venire con un atto eroico, ma onestamente questa è una cosa che càpita quasi solo nella letteratura per ragazzi o nelle storie di guerra. Nella vita ha a che fare con altre cose. Con l’amore più di tutto, direi. Con la presenza. Con la compagnia che qualcuno sceglie di offrirti in certe lunghe notti molto desolate.

Se nella vita non hai avuto niente di tutto questo, il coraggio della felicità non è un'opportunità alla portata di tutti.

 
 
 

Io, potendo, ne farei comunque a meno

Post n°229 pubblicato il 09 Settembre 2008 da middlemarch_g

Senza ombra di dubbio. Ecchecacchio.

 
 
 

In altre parole

Post n°228 pubblicato il 09 Settembre 2008 da middlemarch_g

Potremmo quindi ipotizzare che il rifiuto sia una forma altissima di amore, una sorta di sacrificio di sangue che colui che rifiuta fa, consapevole che in questo modo nè lui nè chi viene rifiutato potranno mai liberarsi l'uno dell'altro?

 
 
 

Tutto più chiaro

Post n°226 pubblicato il 09 Settembre 2008 da middlemarch_g
 

Il mio albergo a Ischia era a gestione familiare. Gestione familiare mediterranea, per la precisione. Che sarebbe: il padre a bordo piscina a sorridere agli ospiti indossando giacche col fularino color pastello da mane a sera, e la madre e la figlia a  sbattersi nell’ufficio della reception smazzandosi prenotazioni tutto il giorno.

La trovavo una cosa simpatica. Se non altro sembrava all’insegna della più sana armonia. E poi ogni famiglia  ha diritto al suo grado di autodeterminazione dei popoli. Contenti loro, contenti tutti. Diciamo che il padre dava il meglio di sé sul piano pubbliche relazioni, e in fondo ci sapeva fare. Era affabile, ma non indiscreto né indisponente. Pronto alle chiacchiere se ne avevi voglia, ma dispostissimo a lasciarti in pace se ti vedeva spiaggiato sul lettino e tutto preso dalla tua dimensione zen.

E poi mi ha illuminato sulla natura di una cosa a cui non avevo mai pensato. La galanteria me l’ero sempre immaginata come un cerimoniale autoreferenziale messo in atto in epoche in cui la distribuzione del lavoro era molto diversa da quella attuale, e in cui una piccolissima parte della popolazione non aveva da fare una mazza tutto il santo giorno, per cui poteva permettersi di perdersi in salamelecchi e metterci due ore a fare una cosa che si poteva ottenere in un quarto del tempo. Per esempio: passare la notte a elaborare un carme  da 50 endecasillabi faleci in onore degli occhi di Monna Vanna, invece di dirglielo a voce, e poi tastarle le tette.

Quando ci incrociavamo sulla soglia di una porta, si tirava indietro di mezzo metro per lasciarmi passare, e poi me la  teneva aperta per ore dopo il mio passaggio. Con me e con tutte, sia chiaro.  Non operava distinzioni. Il suo grado di democrazia estetica era assoluto. E infatti è stato osservandolo farsi da parte e lasciar passare una bella ragazzetta bionda che l’ho notato. Mi sono data davvero della patetica imbecille per non averci mai pensato prima.  

Perché ci ho messo così tanto a capire che incrociare una donna frontalmente e imbastire un patetico balletto per lasciare che ti superi nel rispetto della più pura etichetta, in buona sostanza serve solo a guardarle anche  il culo?

 
 
 

Great expectations

Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.

Samuel Beckett

 

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