Creato da: donulissefrascali il 29/10/2005
Rinnovamento Sociale per la partecipazione di tutti ai diritti umani.

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LA LEGGE FUNZIONALE ALLA DEMOCRAZIA

Post n°277 pubblicato il 04 Agosto 2009 da donulissefrascali

LA LEGGE  FUNZIONALE ALLA  DEMOCRAZIA                 

Per  definire la funzionalità della legge alla democrazia è fondamentale definire in senso filosofico il concetto di giustizia. Per Platone la giustizia era la virtù dell'ordine ,funzionale non solo ad assicurare nella realtà sociale l'equilibrio fra le classi, fra i cittadini, ma anche nella vita intellettuale: l'equilibrio delle tre espressioni dell'anima : intelletto, affettività, e desiderio. La giuistizia umana  appariva quindi come la realizzazione di un ordine ideale, fondato su una struttura nella quale esistesse un'uguaglianza di rapporti,di diritti e di doveri. A differenza di Platone,parte dall'uso dei termini "giusto e ingiusto".Siccome però il senso delle parole si comprende più facilmente attraverso la loro negazione, Aristotele prende l'avvio definendo tre tipi di ingiustizia: ! ) ingiusto è chi viola la legge; 2 ) colui che guadagna più di quanto gli spetti; 3 ) colui che non rispetta l'uguaglianza. L'uomo che approfitta di una sua posizione sociale  e accumula una quantità di beni procurando disagi ai suoi simili infrange a suo favore l'uguaglianza al diritto alla vita.    

 
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PADRONI DI SE STESSI ED AUTOEDUCAZIONE

Post n°276 pubblicato il 28 Luglio 2009 da donulissefrascali

PADRONI  DI  SE  STESSI  ED  AUTOEDUCAZIONE  

Lo stretto rapporto tra pedagogia e filosofia implica  che i problemi dell'educazione siano risolti secondo esigenze più profonde di quelle che ha in se l'esperienza educativa. Anche per l'educazione l'esperienza deve reintegrarsi sul piano del pensiero che ci dice che l'uomo è un essere che si determina e che agisce consapevolmente, che costruisce poco a poco la sua vita. Vi si riconosce in quanto è un suo sforzo di realizzazione , ed aspira al meglio perchè il bene che realizza abbia unsuo valore. La conquista e la sua realizzazione è l'esperienza dell'uomo affidata alla coscienza di se che rende ragione del suo divenire. L'auto coscienza si trasforma nella consapevolezza che l'individuo ha di se come soggetto.Gli oggetti stessi,gli obiettivi che l'uomo si pone, fanno parte integrante dell'auto coscienza in quanto la coscienza di un fine non può che essere la conoscenza che il soggetto ha di se stesso in una sua determinazione. Allora lo spirito dell'auto educazione si risveglia spontaneamente e l'individuo prende coscienza del dovere di auto educarsi che sostanzialmente è frutto dell'attuazione continua di personali decisioni responsabili e dell'accettazione dell'antropologica socialità      

 

 
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REALLTA' PEDAGOGICO EDUCATIVA NELLA SOCIETA'

Post n°274 pubblicato il 23 Luglio 2009 da donulissefrascali

Il cambiamento dell'educazione tradizionale e della sua consorella chiamata pedagogia ritengo sia da considerarsi uno dei fini primari per un rinnovamento isttuzionale della società.Se è vero che lo scopo al quale tende l'educazione è determinato dall'adattamento dell'individuo al costume vigente è logico che con alla base una tale educazione,nessun progresso potrà mai essere realizzato dall'uomo. E' errato ritenere che l'individuo in genere e tutti gli individui si debbano adattare ad un sistema vigente uguale per tutti, che è sinonimo della negazione dell'espresione di se stessi. Tutto ciò che non evolve,che è statico, non da origine a progresso. La condizione umana deve essere  migliorata e quindi cambiata. Il cambiamento sarà più naturale quando un individuo riesce ad esprimere se stesso. La tecnologia si è evoluta e siamo diventati macchine anche noi, senza prendere coscienza che quanto ci necessita non è il dover rincorrere realtà materiali ma il sentire ma sentire i veri bisogni del vivere. L'educazione di oggi non ci permette di pensare alla nostra vita ma ci fa seguire delle illusioni  che abbiamo scelto spinti da condizionamenti pubblicitari.                     

 

 
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LA PROPRIETA AL SERVIZIO DELLA PESONA: DISTRIBUZIONE DEI BENI E PROPRIETA'

Post n°273 pubblicato il 21 Luglio 2009 da donulissefrascali

I problemi del lavoro sono strettamente legati a quelli della proprietà e della ripartizione dei beni della terra. Come il lavoro, la prprietà è eminentemente al servizio della persona e da questo carattere personale derivano i suoi diritti e la sua funzione. L'armonizzazione di diversi gruppi sociali nel seno di una stessa comunità richiede una ripartizione ugualmente armoniosa dei beni creati per tutti; ripartizione che si estende oltre le frontiere nazionali e lega tra loro i popoli, non sempre fortunati ed evoluti allo stesso modo, attravesrso diritti e doveri reciproci. Pio XII in parecchie circostanze, si è chiaramente pronunciato su questi diversi punti. Esiste, primo fra tutti,un diritto fondamentale dell'uomo di usare i beni materiali della terra. Pio XII cerca di mostrare le conseguenze di un tale diritto nelle condizioni dell'umanità di oggi. Pio XII riferendosi su questo argomento a Pio XI nell'enciclica Quadragesimo Anno,cita: " A ciascuno si deve attribuire la sua parte di beni; e bisogna procurare che la distribuzione dei beni creati, che ognuno vede quanto ora sia causa di disagio  per il grande squlibrio fra i pochi straricchi e gli innumerevoli indigenti,venga ricondotto alla conformità con le norme del bene comune e della giustizia sociale.    

 
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SOCIOLOGIA CRISTIANA NEL PENSIERO DI PAPA PACELLI

Post n°272 pubblicato il 17 Luglio 2009 da donulissefrascali

Saremmo dei cristini distratti ed inetti,se non prendessimo adeguata cosienza della potenza e della ricchezza di parola sgorgata dll'incomparabile fecondità e dalla meravigliosa versalità di Pio XII desideroso di soccorrere con nuovo argomentodi perenne dottrina l'insorgenza di mille nuovi problemi. 

 
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STATO SOCIALE E DEMOCRAZIA

Post n°271 pubblicato il 29 Giugno 2009 da donulissefrascali

La definizione dello stato sociale è strettamente legata  al concetto di democrazia :non può esistere uno stato sociale se non esiste una vra democrazia e non può essere promosso un vero stato sociale se chi detiene il potere lo detiene in funzione di un servizio alla base . Solo attrverso una precisa definizione delle funzioni di servizio al cittadino da parte del potere si definiscono le linee della vera democrazia secondo l'etimologia della parola greca,demos-cratos, che significa "potere del popolo".Nella concezione contemporanea della democrazia confluiscono tre grandi tradizioni del pensiero politico:

1      La classica,tramandata come teoria Aristotelica .

2      La teoria medioevale romana che prevede il potere delegato dal popolo ai   suoi rappresentanti o al principe .

3      La teoria moderna legata essenzialmente a due forme di governo: una nata con il sorgere delle grandi monarchie e l'altra con il nascere della forma repubblicana, elettorale.

La teoria classica di democrazia trova la sua origine nel pensiero filosofico greco,che la usarono per definire un sistema politico nel quale il potere di governa era tenuto ed esercitato dal popolo,cioè dal corpo dei cittadini che si radunavano nell'agorà.La cultura democratica greca . ebbe un lungo periodo di stasi,con qualche apparizione nel mondo romano con il tribunato della plebe.Sempre questi concetti avevano pure consentito di sostenere che anche dove il popolo aveva delegato ad altri il potere di fare leggi,aveva conservato il diritto di apportare modifiche secondo la consuetudine e secondo le norme antropologiche.     

 

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DEMOCRAZIA , FONDAMENTO DELLO STATO SOCIALE

Post n°270 pubblicato il 26 Giugno 2009 da donulissefrascali

Quando la democrazia era solo un ideale,era facile darne una definizione .Si contapponeva ai sistemi politici allora in vigore, che si fondavano sul principio di autorità. Benchè poresse sembrare utopico che gli affari comuni non fossero gestiti dai governanti,iniziava a trapelare il pensiero che il "governo del popolo da parte del popolo per il popolo" potesse rispondere in maniera più soddisfacente.Senza dubbio tale implicava una fillosofia  politica diversa perchè il popolo poteva reclamare l'esercizio del potere,solo in quanto titolare.La democrazia era quindi essenzialmente una forma di govarno. Questa concezione identifica la democrazia con una forma costituzionale che si è rivelata insufficiente quando gli uomini non si sono più limitati a rappresentarsi la democrazia,ma hnno tentato di viverla.Risultò quindi evidente che il concetto puramente formale della democrazia era veramente troppo ristretto per rispondere ad una esigenza il cui contanuto si ampliava al ritmo dell'evoluzione sociale . Ne consegue che l'anlisi della democrazia porta a considerarla più una tendenza che una forma operativa di governo. D'altronde,considerando le istituzioni politiche in cui gli operatori  dicono di volerla realizzare,risulta evidente come nella prassi questi abbiano cancellato l'ideologia e i concetti che avevano contrassegnato la democrazia presso i primi propositori.         

 
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ANTAGONISMO TRA SALARIO E PROFITTO

Post n°266 pubblicato il 23 Maggio 2009 da donulissefrascali

    ANTAGONISMO TRA  SALARIO      E PROFITTO                       

              Tra salario e profitto c’è antagonismo perché nel lungo periodo il profitto opera sempre contro il salario per contrastarne la la sussistenza. Esiste anche un antagonismo tecnico tra  rendita .e profitto che opera contro la redditività che viene superato dal progresso tecnico  perché a parità di prestatori d’opera occupati determina un aumento dei profitti e una riduzione delle rendite. In tale impostazione è difficile vedere e leggere un conflitto tra le classi sociali per quanto riguarda la distribuzione. Se cala il profitto per l’aumento del salario unitario, cioè se i lavoratori riescono a diminuire lo sfruttamento, diminuirà il profitto e ciò spingerà l’imprenditore (capitalista ) a cambiare le tecniche  diminuendo l’impiego del lavoratore e aumentando quello delle macchine. Ciò determinerà disoccupazione in seguito alla riduzione  di personale impegnato e quindi in conseguenza riduzione del  salario globale. Con questa impostazione nasce un conflitto sociale insanabile riguardo alla distribuzione . Occorre, in seguito a questa analisi,affrontare i problemi con nuove politiche sociali.

  .            La teoria  del progresso tecnico può eliminare o attenuare l’antagonismo sociale se viene programmata  una nuova forma istituzionale  che preveda  un nuovo assetto sociale.                                                                 Prendere coscienza di una necessità di rinnovamento sociale, oggi è divenuta fondamentale per una vera pace mondiale. Ritengo sia opportuno fare una considerazione di come vengono distribuiti in vari paesi del mondo le risorse economiche ai propri cittadini  partendo dai dati forniti dalla World Bank,1992. Sulla base di tali dati , facciamo alcuni confronti , avvertendo che non sempre sono assolutamente  attendibili per la diversità degli anni di riferimento e per la diversità della situazione generale di un determinato paese. Se consideriamo i paesi sottosviluppati, si ha una distribuzione molto eguale,ma purtroppo della miseria. Da queste riflessioni  si impone la volontà di progettare una programmazione di politiche sociali che consideri non solo i problemi di un singolo paese, ma un sistema di giustizia sociale che investa la distribuzione della ricchezza e del benessere a tutta l’umanità                                                                                                                            

 
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DISTRIBUZIONE DELLE RICCHEZZE

Post n°265 pubblicato il 11 Maggio 2009 da donulissefrascali

DISTRIBUZIONE DELLE RICCHEZZE

I problemi della distribuzione del reddito e delle ricchezze sono da sempre fondamentali nella scienza economica e politica: alcuni importanti studiosi hanno fondato tutti i problemi dell’economia politica sulla teoria della distribuzione del reddito. I punti su cui si fonda la teoria sociale per la distribuzione della ricchezza è la seguente: la presenza di categorie, di ceti o classi sociali collegati con il processo di produzione che esercitano su di esso un diritto partecipativo. Le categorie sociali sono le seguenti: i lavoratori, gli imprenditori (o capitalisti), i proprietari immobiliari. Questi avanzano richieste sulla ripartizione del prodotto netto o reddito. L’esistenza di categorie sociali che partecipano alla produzione e quindi al reddito richiede un profondo esame e analisi per definire il giusto diritto e la misura della partecipazione. E’ necessario per un’equa distribuzione tenere presente le rendite dei proprietari immobiliari (che mettono a disposizione le strutture immobiliari) i diritti al profitto degli imprenditori che apportano alla produzione capitale monetario e i diritti salariali dei lavoratori, ossia con la prestazione della mano d’opera. Le precedenti affermazioni spiegano ed evidenziano perché si deve parlare di teoria sociale della distribuzione della ricchezza e della sua complessità. Il problema non è infatti limitato e circoscritto alla definizione di un quantum di remunerazione per ogni realtà che partecipa alla produzione, ma l’impegno e la complessità che ne deriva per la distribuzione del prodotto netto nella società e tra i suoi membri che deve essere determinato dai bisogni e dalle esigenze vitali dei medesimi. Una riflessione di questo tipo è particolarmente confacente alla tradizione delle scienze sociali per una congrua definizione giuridica della proprietà e della partecipazione ai beni.

 
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LA SCUOLA NELLA REALTA’ SOCIALE

Post n°264 pubblicato il 01 Maggio 2009 da donulissefrascali

LA SCUOLA NELLA REALTA’ SOCIALE

Nelle società più complesse, l’educazione. formale non si esaurisce nel sistema scolastico. Le Chiese, le imprese, le organizzazioni sindacali, le più svariate associazioni, danno vita ad attività formative con corsi di addestramento e aggiornamento di durata ristretta. Tali iniziative perseguono fini significativi per chi le ha istituite e per gli individui che le frequentano, ma secondarie per la società nel suo complesso. La scuola e la sua riforma rappresenta per la società di oggi un notevole problema. Studi ed esperienze per una scuola nuova sono importanti. Per questo si intende presentare l’esperienza notevole che dopo tanti anni sta riemergendo. I ragazzi non devono temere l’autorità dell’educatore, deve essere uguale a loro. Non c’è dubbio: il paradosso di Summeril appassiona o irrita perché mette a nudo le contraddizioni in cui viviamo. Forse ci appare poco riproducibile particolarmente su larga scala, perché sono rarissimi i maestri come Alexander Neil, onesti con se stessi e con gli altri. La scuola e le organizzazioni educative, pur rappresentandone la parte più ampia, non esauriscono le occasioni di apprendimento e di formazione esistenti in una società.La famiglia e le Chiese, mezzi di comunicazione di massa, l’ambiente di lavoro, le amicizie costituiscono altrettanti agenti del processo di socializzazione e fonte di istruzione e acculturazione.

 
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LA SCUOLA E LA SUA RIFORMA

Post n°263 pubblicato il 01 Maggio 2009 da donulissefrascali

LA SCUOLA E LA SUA RIFORMA

La scuola può essere definita come un’organizzazione specializzata nell’educazione formale prevalentemente rivolta alle nuove generazioni di un insieme esteso di conoscenze teoriche, di abilità pratiche e di criteri di orientamento del comportamento individuale e di discipline in ambito di vita. La scuola è pubblicamente riconosciuta dalla società in quanto trasmette delle competenze e afferma valori norme e modelli comportamentali cruciali per garantire la sopravvivenza nel tempo della società stessa. Per questo la loro attività diventa oggetto di normative da parte dello stato. Sempre per la loro centralità di controllo nella proposta riproduttiva dell’ordinamento e della cultura di una società, le cosiddette scuole dell’obbligo, si configurano come una imposizione, sociale e giuridica, rivolta ai membri delle nuove generazioni, non appena hanno acquisito un minimo di autonomia dai loro genitori. Le istituzioni scolastiche sono evidenziate in senso verticale. Nasce così una gerarchia di ordini formativi o cicli preposti all’educazione di particolari fasce di età e alla trasmissione di nozioni sempre più specialistiche. Questi ultimi poi forniscono competenze disciplinari riguardanti aree distinte della cultura e del mondo del lavoro Oltre che periodi sempre più ampi della loro esistenza, i bambini, gli adolescenti ed i giovani, trascorrono nelle aule scolastiche periodi sempre più estesi della loro giornata. Si può quindi affermare che nelle società contemporanee il processo di formazione delle nuove generazioni avvenga quasi isolandole dalla vita quotidiana della società.

 

 

 
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LE COOP. ROSSE: MANUALI DI CONVERSAZIONE POLITICA

Post n°259 pubblicato il 24 Aprile 2009 da donulissefrascali

LE COOP ROSSE: MANUALI DI CONVERSAZIONE POLITICA.

 

Lo stretto rapporto fra pedagogia e filosofia implica che i problemi dell’educazione siano risolti secondo esigenze più profonde di quelle che ha in se l’esperienza educativa. Anche se per l’educazione l’esperienza deve reintegrarsi sul piano del pensiero che ci dice che l’uomo è un essere che si determina e che agisce consapevolmente, e che costruisce poco a poco la sua vita. Vi si riconosce in quanto è una sforzo di realizzazione ed aspira al meglio perché il bene che realizza abbia un significato. La conquista e la sua realizzazione è l’esperienza dell’uomo ed anche la sua personalità, affidata alla coscienza di se che rende ragione del suo divenire e lo sorregge. L’autocoscienza, fondamento della nostra realtà spirituale, si trasforma nella consapevolezza che l’individuo ha di se stesso come soggetto. Gli oggetti stessi, gli obiettivi che l’uomo si pone, fanno parte integrante dell’autocoscienza in quanto la coscienza di un fine non può che essere la conoscenza che il soggetto ha di se stesso in una sua determinazione. Se dunque l’autocoscienza è la vita stessa dell’uomo, se informa di se ogni suo atteggiamento, l’educazione non può avere limiti fuori dell’autocoscienza. L’educazione si pone come un assoluto cioè auto educazione. Essere autocoscienti significa anche educarsi. Significa perenne presenza dello spirito in ogni suo atto, da spontaneità ed autonomia al processo educativo, e quindi presa di coscienza di se stesso. L’auto coscienza si realizza come conoscenza delle cose e quindi l’educazione si svolge nel mondo, nella realtà sociale, nella realtà che ti ha portato a conoscerci attraverso il dialogo e il confronto. Nasce cosi l’auto educazione ed esclude l’educazione determinata da una forma di potere, per far nascere un’autentica amicizia. Lo spirito dell’autoeducazione si risveglia spontaneamente e l’individuo prende coscienza del dovere di autoeducarsi e dell’attuazione continua di personali decisioni responsabili e dell’accettazione dell’antropologica socialità.

 
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I GIOVANI E LA COOPERAZIONE

Post n°257 pubblicato il 17 Aprile 2009 da donulissefrascali

PAO.LO: Parlo per esperienze personali, almeno per quanto riguarda le mie esperienze di lavoro.Ho notato parecchio individualismo. Si è portati a speculare e a schiavizzare le èpersone per sfruttarle. Questo succede perchè con l'individualismo e l'attaccamento al danaro si sfruttano le persone per procurarsi dei guadagni personali. non centra il discoerso di cooperazione almeno per quanto riguarda la cultutra della società di oggi.La maggioranza pensa per se,cerca di guadagnare il più possibile sfruttando il prossimo. Cerca di arricchirsi e non ha come obiettivo lo star bene nella società,tutti insieme.Da questo nasce lo sfruttamento.Nel momento in cui in una società entra in scena il denaro è già sintomo di un emergente individualismo perchè nella realizzazione di interessi si perdono i valori umani e si perdono i rapporti trale persone.

 
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LE COOP. ROSSE: MANUALI DI CONVERSAZIONE POLITICA

Post n°256 pubblicato il 13 Aprile 2009 da donulissefrascali

La cooperazione appartiene alla storia e alla tradizione dei riformisti liberali, socialisti e cattolici. In Italia è nata e si è sviluppata dalla convergenza delle tre anime storicamente poi confluite nella costituzione repubblicana: la cattolica, la liberal democratica la socialista riformista. La cooperazione è una forma d'impresa esplicitamente tutelata dalla Costituzione all'articolo 45, cosa ben diversa dal movimento cooperativo egemonizzato dal Pci-Pds-Ds,che nonstante le dimensioni raggiunte, ha finito per perdere progressivamente la forza propulsiva sul piano dei valori a causa della invadenza degli interessi clientelari e del partito, sul sistema cooperativistico italiano come si è andato configurando dal dopoguerra fino ad oggi. Perchè questo allontanamento dai principi della cooperazione? E' la domanda a cui si cerca di dare una risposta. L'Italia e l'Europa hanno bisogno di una cooperazione riformista e liberale al servizio dei cittadini dei consumatori e dei produttori, e non una cooperazione che mette i cittadini al servizio delle oligarchie di partito. E' ora di dire basta al più grande conflitto di interessi che le coop rosse rappresentano nel nostro paese.

 
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COMMENTI SULLA PADRONANZA DI SE STESSI E SULLA LIBERTà

Post n°255 pubblicato il 11 Aprile 2009 da donulissefrascali

La padronanza di se stessi non è sinonimo di ribellione, ma presa di coscienza del proprio essere umano. I giovani hanno detto una cosa giustissima: siamo visti come ribelli, ma non lo siamo. Hanno preso coscienza di ciò che debbono fare per essere liberi, per esprimere la propria creatività. Il potere ci valuta come ribelli, ma non è ribellione, è volontà di agire con razionalità verso noi stessi e verso il nostro prossimo. Dobbiamo avere una nostra morale. Dobbiamo definire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, senza procurare fastidi a nessuno. I potenti sono i violenti che ci impongono certi modi di agire. Chi desidera darsi degli orientamenti per una crescita libera e razionale non deve farsi condizionare dai potenti che operano unicamente con imposizioni.

 
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