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la sete verde

"Avete 'n vo' li fior' e la verdura | e ciò che luce od è bello a vedere; | risplende più che sol vostra figura: | chi vo' non vede, ma' non po' valere." Guido Cavalcanti

 

 

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il grande stagno del senso ordinario

Post n°239 pubblicato il 02 Maggio 2018 da bluaquilegia

PAOLO CONTE

ALLE PRESE CON UNA VERDE MILONGA


 

 

 

 

 

 

WALLACE STEVENS

- IL SENSO ORDINARIO DELLE COSE


Cadute le foglie, torniamo
al senso ordinario delle cose. E' come se
avessimo esaurito l'immaginazione,
inanimi in un savoir (sapere) inerte.

E' difficile persino scegliere l'aggettivo
per questo freddo vacuo, questa tristezza senza causa.
La grande struttura è diventata una casa modesta.
Nessun turbante percorre i pavimenti immiseriti.

La serra ha più che mai bisogno di una riverniciatura.
Il comignolo ha cinquant'anni e pende da una parte.
Uno sforzo fantasioso è fallito, una ripetizione
nella ripetitività di uomini e mosche.

Eppure l'essenza dell'immaginazione doveva
essa stessa essere immaginata. Il grande stagno,
il suo senso ordinario, senza riflessi, foglie,
fango, acqua come vetro sporco, espressione di un certo

Silenzio, il silenzio di un ratto uscito a vedere,
il grande stagno e lo sfacelo delle ninfee, tutto ciò
doveva essere immaginato, come una conoscenza inevitabile,
imposta, come impone una necessità.

 

 

 

 

 

RENE' MAGRITTE

- LE PAYS DES MIRACLES, 1964

 

 

 

 

 

 

 

MARK STRAND

- L'UOMO SULL'ALBERO


Sedevo tra i rami freddi di un albero.
Ero senza vestiti, soffiava vento.
Tu eri lì sotto, con un cappotto pesante,
il cappotto che hai adesso.

E quando l'apristi, scoprendoti il petto,
tarme bianche presero il volo, e ciò che dicesti
in quel momento cadde a terra in silenzio,
la terra ai tuoi piedi.

La neve scendeva dalle nuvole fin nelle mie orecchie.
Le tarme del tuo cappotto volarono nella neve.
E il vento, sotto le mie braccia, sotto il mento,
piangeva come un bambino.

Non saprò mai perché
le nostre vite volsero al peggio, e neanche tu.
Le nubi mi affondarono nelle braccia e le braccia
si sollevarono. Si sollevano ora.

Oscillo nell'aria bianca invernale
e lo strido dello storno mi si stende sulla pelle.
Un campo di felci mi copre gli occhiali: li pulisco
per poterti vedere.

Mi giro e le foglie mutano colore con me.
Le cose non sono solo se stesse in questa luce.
Tu chiudi gli occhi e il cappotto
ti cade dalle spalle,

l'albero si ritrae come una mano,
il vento si adatta al mio respiro, ma nulla è certo.
La poesia che mi ha rubato queste parole dalla bocca
potrebbe non essere questa poesia.

 

 

 

 

 

RENE' MAGRITTE,

- LE PALAIS DE RIDEAUX

 

 

 

 

 













 
fuck nota


fabbrico un piccolo caos
per nulla cosmico,
a questa breve follia ci pensavo ieri
guardando uno minimo
scorcio di mare grigio,
sovrastato dal cielo grigio,
attraverso le dita dei miei piedi,
immagine infelice, lo so,
ma assolutamente autentica.
ci ho provato ad affondare nell'orizzonte
ed ho chiaramente fallito.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
 
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