Creato da vitotroiano il 08/01/2008
politica-attualità
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Post n°231 pubblicato il 06 Agosto 2013 da vitotroiano
Non saranno Silvio Berlusconi ed il Pdl a provocare la crisi di governo. A stabilirlo non c'è stata solo la rassicurazione fornita dal Cavaliere nel corso del comizio di via del Plebiscito. Neppure la ostentata assenza dei cinque ministri Pdl della manifestazione. E, se proprio vogliamo, neppure l'assenza di toni ribaldi od eversivi registrata in una piazza traboccante di rabbia per la liquidazione per via giudiziaria del proprio leader politico. La vera garanzia che non sarà il centro destra a mandare a picco il governo di larghe intese è data dall'interesse concreto che il Pdl e lo stesso Berlusconi hanno nell'evitare una crisi al buio dagli esiti assolutamente imprevedibili. Non solo le elezioni anticipate, infatti, ma come ha ipotizzato Stefano Rodotà ormai calato definitivamente nei panni del guru della sinistra più ottusa ed oltranzista, anche un governo di parte del Pd, un pezzo di Scelta civica, Sel e Movimento Cinque Stelle. Dal versante del centro destra, quindi, sempre che l'accanimento giudiziario nei confronti di Berlusconi non comporti anche l'eventualità di domiciliari muti, cioè la pretesa di impedire al leader condannato di far sentire la propria voce ai propri simpatizzanti ed elettori, Letta non deve aspettarsi sorprese negative. Per il Presidente del Consiglio, infatti, il vero pericolo viene dal fuoco amico, quello che potrebbe venire dal Partito Democratico. Non per detronizzarlo e preparare il terreno per l'esecutivo evocato da quel profeta di sciagure che è diventato Stefano Rodotà. Ma, paradossalmente, per intronizzarlo non più come semplice presidente del consiglio ma anche come leader del partito in alternativa a quel Matteo Renzi che punta ossessivamente allo stesso obbiettivo. Intendiamoci, il pericolo del fuoco amico non è per l'immediato. Anche il Pd non ha interesse ad assumersi la responsabilità di aprire la crisi nel bel mezzo dell'estate senza sapere dove potrebbe portare una avventura del genere Sia perché il gruppo dirigente del Pd appare talmente frastornato e terrorizzato dal rottamatore toscano dall'essere disposto ad inventare qualsiasi manovra, anche la più azzardata, pur di annullare il nemico in agguato. In realtà, comunque, non c'è nulla di avventuroso nel pensare di contrapporre Enrico Letta a Matteo Renzi. E non c'è nulla di irrealistico nel prevedere che in autunno le larghe intese possano aver concluso la loro missione e debbano lasciare il campo ad una campagna elettorale di chiarimento politico definitivo destinata a concludersi con un voto nella prossima primavera. Anzi, una prospettiva del genere non solo è realistica ma anche auspicabile. Il paese ha bisogno di chiarezza e di un governo stabile. Non di un esecutivo paralizzato. |
Post n°230 pubblicato il 03 Luglio 2013 da vitotroiano
La Corte d’Appello è “troppo spesso vittima e allo stesso tempo carnefice della stupefacente durata dei processi”. Lo spiega alla perfezione il Procuratore generale della Corte di Cassazione nella relazione sull’amministrazione della giustizia nell’anno 2009. Il secondo magistrato d’Italia ricorda che “il Ministero della giustizia ha pagato, fino al 2009, 150 milioni di euro di risarcimento per legge-Pinto, ha un debito ancora esistente, fino al 2008, di 86 milioni di euro e per il solo anno 2009 sono già stati contratti 31 milioni di debiti, per un totale ammontante a 267 milioni di euro”. La legge-Pinto, che fa onore alla Repubblica, prevede un’equa riparazione per i cittadini incappati in processi troppo lunghi. Sulla domanda di risarcimento giudicano le corti d’appello. La lentezza ordinaria della giustizia ha prodotto un notevole incremento di domande. Con questa paradossale conseguenza: che i ricorsi non riguardano più soltanto il ritardo del processo originario, ma anche il ritardo del processo riparatorio, che genera a catena altri ricorsi per il ritardo del ritardo! Perciò il Procuratore generale invoca una riforma che riduca significativamente “quegli incresciosi fenomeni della cosiddetta “Pinto-bis”, ossia la richiesta del danno anche per il ritardo nella conclusione del procedimento-Pinto; ci sono ormai casi anche di Pinto-ter e di Pinto-quater”. E conclude con un interrogativo che sorprende per la sua lapalissiana evidenza: “Perché continuare a sprecare tante risorse per risarcire i danni dell’arretrato, quando potrebbero essere destinate a smaltirlo?”. Già, perché? Forse perché, parafrasando Orazio, in Italia “omne desinit in piscem”. Pure le cose buone si pervertono. |
Post n°229 pubblicato il 12 Giugno 2013 da vitotroiano
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Post n°228 pubblicato il 25 Maggio 2013 da vitotroiano
Tratto dal foglio.it Claudio Cerasa All’interno del dibattito un po’ minimalista relativo al futuro della legge elettorale fino a oggi la discussione tra i partiti è stata tutta centrata sul seguente tema: come diavolo si può modificare questo dannato Porcellum per evitare che alle prossime elezioni si venga a creare una situazione simile a quella che si è verificata alle ultime elezioni? C’è chi dice con un piccolo premio di maggioranza nazionale da applicare al Senato, c’è chi dice con una soglia da raggiungere per avere il premio alla camera, c’è chi chiede di tornare al Mattarellum, chi propone la legge dei sindaci, chi propone piccole modiche al porcellum, qualcuno pensa al modello ungherese, altri sognano il modello australiano, e quasi nessuno invece – tranne rarissime eccezioni – ammette che l’unico modo per dare una stabilità al nostro paese, garantire il bipolarismo, aiutare il sistema dell’alternanza e rottamare i piccoli partiti, è quello di lavorare per trasformare il sistema istituzionale italiano in un sistema simile a quello francese: elezione diretta del capo dello stato con doppio turno, appunto, alla francese. Negli ultimi giorni, a sponsorizzare questo modello, sono stati a sinistra Renzi e Veltroni e a destra il ministro Quagliariello. Molte parole, ma poco di più. C’è però una novità che potrebbe animare il dibattito, e la discussione sul tema sistema elettorale, ed è una proposta di legge che è stata depositata la scorsa settimana alla Camera da un gruppo di deputati di ogni corrente del Pd e che punta a introdurre nel nostro paese proprio il sistema presidenziale francese. Uguale. Identico. Elezione diretta del capo dello stato e doppio turno. Una rivoluzione. I sostenitori di questo disegno di legge sono Vinicio Peluffo (veltroniano), Roberto Giachetti (renziano), Enzo Amendola (dalemiano), Dario Parrini (renziano), Andrea Manciulli (dalemiano), Chiara Braga (area dem), Walter Verini (veltroniano), Antonio Misiani (bersaniano), Andrea Martella (veltroniano), Alan Ferrari (Area Dem). La proposta c’è. Il fronte del Pd che lo appoggia è trasversale. Il Pdl lo vuole. Renzi lo vuole. D’Alema lo vuole da tempo. Veltroni lo vuole da tempo. Bersani lo vuole da tempo. Tutti lo vogliono da tempo. Che aspettate? Se non ora quando?
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Post n°227 pubblicato il 26 Aprile 2013 da vitotroiano
La rielezione di Giorgio Napolitano è frutto di una partita giocata novanta minuti è, al novantunesimo l'arbitro fischia un rigore e di fronte al rischio, ormai concreto, per il Parlamento di eleggere un Presidente della Repubblica “per caso” e per il Pd e la sinistra italiana di votare il candidato di un movimento antistatale e di incerta fisionomia democratica.
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Post n°226 pubblicato il 31 Luglio 2012 da vitotroiano
- Restano lontane le posizioni dei partiti su una riforma condivisa della legge elettorale. In particolare a bloccare la situazione è il timore del Pd che il Pdl intenda portare avanti “doppio gioco”, risuscitando l’alleanza con la Lega come per il semipresidenzialismo. Una posizione resa esplicita sabato da Pier Luigi Bersani, che ha evocato il rischio di una “rottura irrimediabile” nella maggioranza che sostiene il governo Monti. A dare voce ai timori del Partito democratico è il senatore Nicola Latorre in un’intervista a La Stampa: “Il Pdl sta facendo il doppio gioco - afferma il parlamentare -. Gioca alla doppia maggioranza, una che sostiene il governo Monti e una che lo vuole minare. Se non cambia registro, c’è il serio rischio che salti la maggioranza di governo. È esplicito, un film già visto con le riforme costituzionali, dove c’era un’intesa che il Pdl ha stracciato dopo le amministrative, per ritrovare un asse con la Lega. Stanno facendo la stessa cosa con la riforma elettorale”. A poco sembrano valere le rassicurazioni del Pdl che il partito non è intenzionato a mettere all'angolo il Pd votando una legge elettorale con la Lega e (eventualmente) Udc. Ma il malumore cova. |
Post n°225 pubblicato il 11 Luglio 2012 da vitotroiano
I ripetuti, quasi ossesssionanti, richiami del Quirinale alle forze politiche sui diversi temi, in primis, sulla legge elettorale, rivelano ciò che alla politica è nascosto da anni, mostrano una verità elusa, svelano il mistero: della loro perduta identità. O della loro stessa ragion d’essere.Sono richiami assolutamente politici che, tuttavia sembrano come scoprire un passato lontano, remoto, quasi arcano, il tempo cioè in cui le parole erano precise, forti, chiare perché avevano riferimenti chiari e incontrovertibili, ovvero i partiti e, dietro questi, se non dentro i partiti stessi, delle idee precise, forti, da combattimento e da governo. Le parole avevano un senso perché la politica possedeva quella capacità di avvincere e di convincere proprio perché ogni partitio aveva un’idea del paese, del mondo, della storia. Se oggi dovessimo chiedere al Pdl o al Pd, all’Udc o a Sel (l’Idv è il dipietrismo più il grillismo = giustizialismo) che paese ipotizzino, che futuro propongano, che idea rilancino e quali progetti sostengano per l’Italia che verrà, ascolteremmo borbottii sul liberalismo condito di decisionismo, gargarismi sul progressismo, ideuzze sul cattolicesimo liberale, slogan straconosciuti sulla ecosostenibilità. Su tutto, l’assordante chiacchiericcio pseudopolitico, simile a un pavone cangiante e coloratissimo, ovvero il sistema elettorale preferito: ed ecco il maggioritario da non abbandonare, il proporzionale da non scartare, sia pure con lo sbarramento, le preferenze da non buttare e, ancora, il semi-presidenzialismo, il doppio turno, il premio di maggioranza o di partito, collegi alla spagnola, senato federale e via elucubrando. Mettono il carro davanti ai buoi, in una sarabanda di proposte e controproposte al fondo delle quali l’ottimo Napolitano ha scorto, e non era tanto difficile scorgerlo, il cattivo genio del lasciamo le cose così, teniamoci il porcellum, e...amici, o nemici, come prima. E’ chiaro e lampante che così impostato, senza cioè un rilancio dello sforzo progettuale di ciascun partito rispetto al proprio paese, il tema della riforma elettorale, meglio, del sistema elettorale, finirà in archivio. Ma c’è un ma, grande come una casa. E lo hanno ripetuto in tanti, compresi alcuni nei diversi schieramenti consapevoli che il Porcellum è una delle grandi cause dell’attuale degrado e astensionismo. Sia per la concessione ai boss partitici della facoltà incontrollata di nominare chiunque in Parlamento sottraendo all’elettore la libertà di scelta del proprio candidato, sia quello spropositato premio di maggioranza che lungi dal garantire la stabilità ha favorito scissioni,gruppuscoli, ricatti e destabilizzazioni, condite di ruberie e di mirabolanti rimborsi di cui il caso Belsito e Lusi sono la punta di un iceberg ben più gigantesco. Ed è infatti contro questo iceberg che è andato a schiantarsi il Titanic Italia, salvato, per ora, da Napolitano con un governo extraparlamentare che esegue la lettera della Bce dell’agosto scorso (governo Berlusconi). Una salvezza pro tempore, come si sa, che tuttavia sta ingannando i protagonisti, sia con l’ipotesi non del tutto sbagliata, del governo presente e futuro di larghe intese tipo Grosse Koalition, sia con la speranziella del Pd di vincere a mani basse nel 2013 grazie al sopravvisuto Porcellum, con alleanze variabili ora con ora senza Casini. Tutti, o quasi, se si eccettua il giovane e intelligente Renzi che ha sfoderato un suo programma fatto non solo di rottamazioni ma di progetti antichi e futuri a volte in chiave blairiana se non craxiana, sembrano catturati dallo sforzo di inventarsi un sistema elettorale ad personam. E i programmi, e le idee, e i progetti? Così, tanto per dire: il Pdl di Alfano e soci, che ha a che fare con il Dna prodotto da una leadership storica, che Italia vuole? Che idea di paese ha? Quale Europa intende promuovere? Quale pogettualità ha in serbo su cui mobilitare il corpo stanco e deluso del centro destra? Dove è finito lo spirito liberale, di cui questo giornale e il suo direttore, hanno quotidianamente richiesto il rilancio? Si ritorni ai fondamentali, verrebbe voglia di dire, anche se la stessa parola “liberale” è stata così sbadatamente bistratta dal mai nato partito liberale di massa... |
Post n°224 pubblicato il 31 Gennaio 2012 da vitotroiano
Non volere accorgersi che l'avvento del governo dei tecnici ha cambiato radicalmente il panorama politico italiano, significa – soprattutto - non volere prendere atto della fine di un'epoca storica che ha preso il nome di bipolarismo. Berlusconi lo ha fatto, mentre Bossi che ricorda, qua e là la metafora struggente di Oscar Wilde che ne “Il ritratto di Dorian Gray" inseguiva l''impossibile eterna giovinezza col risultato di finire travolto dall'inesorabile incalzare del tempo. |
Post n°223 pubblicato il 10 Ottobre 2011 da vitotroiano
Parlando a Lucera, in provincia di Foggia, dove ha inaugurato una sezione del Psi intestata al padre Bettino, Bobo Craxi ha dichiarato che “un moderno Partito socialista non può non ispirarsi agli orientamenti di fondo della migliore stagione riformista dei socialisti degli anni ’80. Allora”, ha proseguito Craxi, “con ben altro ‘piglio’ venne aggredita la crisi economica riportando l’Italia nella serie ‘A’ dei Paesi industrializzati: oggi, invece, siamo in zona retrocessione e recessione. Si rispolvera con orgoglio”, ha aggiunto, “la stagione di De Gaperi e la moralità di Berlinguer. Noi rispettiamo tali riflessioni, ma è bene ricordare che Craxi non fu da meno e, forse per questo, criminalizzato con ignominia. Dopo tutte le ‘lezioncine’ a sinistra sulla questione morale, vedere a Milano autorevoli dirigenti del Pci finire sotto processo per tangenti fa un certo amaro effetto. Solo per questo”, ha concluso il dirigente socialista, “in molti dovrebbero chiedere scusa”.
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Post n°222 pubblicato il 26 Luglio 2011 da vitotroiano
Rino Formica Prende nuovo e diverso corpo la questione giustizia che in questi ultimi trent’anni è stata influenzata da interferenze politiche. Lo scontro tra garantismo e giustizialismo vedeva in campo due contrastanti legioni: i garantisti che si richiamavano al principio costituzionale del giudice “ soggetto solo alla legge”; i giustizialisti che si appellavano ad una forzata interpretazione della norma costituzionale per invocare il diritto del giudice a leggere la legge in stretta connessione con l’evoluzione politica e sociale della società. Questa discussione si sta esaurendo perchè i pregi ed i difetti delle due interpretazioni producono assoluzioni e condanne in tutte le aree politiche. E’ in via di esaurimento il sostegno assoluto e acritico di una parte politica ad una tendenza partigiana della magistratura. Bene ha fatto il Presidente della Repubblica a porre la questione giustizia come crisi della giustizia all’interno di una più vasta crisi di sistema.Ciò vuol dire una cosa semplice: non bastano più le sentenze per modificare le leggi, e le leggi per correggere le sentenze. L’attuale giustizia è un elemento di freno e di disorientamento nel processo di sviluppo e di crescita civile della società. Parlamento e C.S.M. non possono più essere camere in conflitto tra di loro, ma insieme devono ridisegnare i confini tra politica, giustizia e società per correggere le disastrose invasioni di campo prodotte dal caos politico del “novismo” anni novanta. *Tratto da "Critica Sociale"
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Post n°221 pubblicato il 26 Luglio 2011 da vitotroiano
Come per D'Alema, Travaglio vicedirettore del Fatto Quotidiano; ne ha anche per Bersani. Ha assestato il colpo di grazia alla candidatura del segretario del Pd alla premiership per il centrosinistra. |
Post n°220 pubblicato il 28 Giugno 2011 da vitotroiano
A Milano, culla e patria del Cavaliere, città dei trionfi di Fi, con lunghe gestioni sindacali (dal 1997 al 2011, da Albertini a Moratti, nel Pdl, con un Presidente di Provincia, Podestà, eletto lo scorso anno e un Governatore tosto e di lungo corso come Formigoni, si assiste al tutti contro tutti. |
Post n°219 pubblicato il 18 Maggio 2011 da vitotroiano
Di fronte ai dati, c’è poco da filosofare. I risultati milanesi - in attesa del ballottaggio che, peraltro, non è mai scontato, tanto meno sotto la Madonnina - parlano chiaro. Le tre cause della sconfitta: quella berlusconiana, quella morattiana e quella leghista. Il che sta a indicare la crisi di un ciclo politico durato quasi venti anni. |
Post n°218 pubblicato il 16 Maggio 2011 da vitotroiano
Edi Rama è stato confermato per la quarta volta consecutiva sindaco di Tirana. Il leader del partito socialista albanese ha vinto di nuovo la gara per la guida della capitale battendo il suo rivale Lulzim Basha ex ministro dell'Interno. La vittoria di Rama è arrivata dopo una settimana di battaglia. Infatti lo spoglio iniziato lunedì scorso è andato per le lunghe e solo nella giornata di sabato è terminato. La vittoria di Tirana dà al leader del partito socialista la possibilità di proseguire quel percorso di riqualificazione della città che sta portando avanti fin dal primo mandato. |
Post n°217 pubblicato il 28 Aprile 2011 da vitotroiano
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Post n°216 pubblicato il 19 Aprile 2011 da vitotroiano
Il comizio milanese di Berlusconi pro Moratti sindaco è, a tutti gli effetti, una chiave di lettura non soltanto di una scelta amministrativa importante a priori, ma, soprattutto, della campagna politica anticipata, per ora solo ipotizzata, ma domani chissà. I temi berlusconiani nella sua città non divergono molto da quelli narrati spavaldamente a Roma il giorno prima, segno, per l’appunto, della loro sostanziale univocità di base: la supremazia di una maggioranza di governo legittimata A Milano, tuttavia, il Premier ha voluto dare un tocco per dir così poetico, ricordando una struggente canzone di D’Anzi, “Nostalgia di Milano” che tocca molte corde dei milanesi d’importazione che parlano un italiano influenzato da una doppia contaminazione dialettale: quella di origini lontane e quella più vicina ambrosiana, il cosiddetto terronese inventato negli ’80 dal pugliese Abatantuono. |
Post n°215 pubblicato il 08 Aprile 2011 da vitotroiano
La separazione delle carriere nel resto dell'Europa, Francia-Germania-Spagna rientra nell'ordinamento.Non capisco per quale motivo in Italia si fa tutto questo can-can.
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Post n°214 pubblicato il 05 Aprile 2011 da vitotroiano
Il secondo mandato del premier spagnolo Zapatero è stato talmente opaco da lasciare ormai appena intravvedere i successi del primo. Il Psoe a picco nei sondaggi non è una conseguenza dell’usura fisiologica di una leadership ormai al vertice da 7 anni. Blair con la terza vittoria del suo New Labour ha dimostrato che – nonostante l’Iraq – si può vincere anche tre volte di fila, se il fisico regge e visione e missione riescono ancora a raccontarla giusta. Il tonfo del Psoe è tutto ascrivibile all’approssimazione e agli errori del governo Zapatero. Sono lontani tempi in cui il Bambi spagnolo osava sperimentare la mescolanza tra il Nuovo centro di Schröder e la Terza via di Blair, inaugurando la sua Nuova via, che finiva per essere presa sul serio più degli originali, con gli osanna laici, ma pur sempre dementi, della nostra sinistra salottiera. Eccettuata la crociata anti-cattolica intrapresa per puntellare il partito a sinistra, ridotta all’osso la strategia della leadership zapateriana si è caratterizzata per una sostanziale continuità con l’azione di governo targata Aznar. Una politica economica tendente ad allargare i ristretti spazi di libertà del mercato, puntando pure sui cospicui aiuti che venivano dall’Europa. Grande merito, quello di Zapatero. In un brillante faccia a faccia che tre anni fa ebbe col candidato popolare Rajoy, richiesto seccamente dall’intervistatore di spigare come aveva speso i soldi dei finanziamenti europei, Zapatero sfilava dalla sua cartellina un disegno dei confini della Spagna e cominciava a tracciare tutte le linee dell’alta velocità ultimate durante il suo primo mandato. Provate a chiederlo a Bassolino, cosa ha fatto di dieci anni di finanziamenti europei in Campania! Rajoy, di suo, non aveva niente da dire, neppure che la maggior parte di quei progetti erano stati ideati e voluti dal predecessore di Zapatero. La politica va così. Zapatero lascia, ma il suo partito, come è stato per il Labour dopo l’era Blair-Brown, non si dà per vinto. Anzi. Velocizzando l’uscita di scena di quello che ormai era solo un peso morto, una zavorra per la competizione elettorale del prossimo anno, il Psoe mostra di essere in buona salute. Come i Tories con la signora Thatcher, defenestra il suo leader. Perché in Spagna, a differenza che in Italia, si preferisce cambiare il nome dei leader dei due partiti principali, piuttosto che modificare quello del partito. È probabile che, se non rimetterà in corsa i socialisti per la vittoria, questa iniziativa tempestiva di defenestrazione farà recuperare consenso al Psoe, permettendogli di perdere “bene” le elezioni e preparare la rivincita del 2016. Un po’ come è stato in Gran Bretagna, dove Brown ha limitato i danni, lasciando alla leva della new generation un partito in salute. Già, la new generation. Nessuno lo ricorda mai, ma Zapatero fu cooptato da Felipe Gonzales quando era un mezzo comunista (proveniente da una famiglia comunista per intero) ed eletto alle Cortes alla giovane età di 26 anni. Era molto più a sinistra di quanto non sia oggi, ma Gonzales capì che il giovanotto aveva della stoffa e lo rieducò al gradualismo socialista, portandolo in Parlamento nonostante Josè non avesse alcuna esperienza rilevante in ambito istituzionale. Anche a livello partitico Zapatero aveva fatto pochissimo. Gonzales lo cooptò. Come Blair e Brown hanno cooptato i fratelli Miliband, Ed Balls e Andy Burnham, i challengers dell’ultimo congresso laburista. Come Alcide De Gasperi cooptò Giulio Andreotti. Tutti cooptati. Alla faccia di quelli che parlano della cooptazione politica senza sapere cosa diavolo sia. |
Post n°213 pubblicato il 28 Marzo 2011 da vitotroiano
Sollecitato da Donald Macintyre, che gli domanda provocatoriamente se, in qualità di inviato del Quartetto in Medio Oriente, non si consideri impegnato a favore di una causa persa, intendendo ovviamente l'impossibilità di risolvere il conflitto israelo-palestinese, Tony Blair sorride e risponde negativamente. Credo non sia una causa persa, esordisce Blair. Due sono i motivi principali che mi inducono a credere a una pace basata sulla soluzione "due popoli, due Stati"; da un lato, non vi è un'alternativa praticabile in grado di garantire la sicurezza di Israele, dall'altro la stragrande maggioranza degli israeliani e dei palestinesi è favorevole alla two-state solution. Dalla mia esperienza come primo ministro britannico e come inviato del Quartetto (Onu, Ue, Stati Uniti e Russia), prosegue Blair, ho compreso che le più grosse difficoltà non si manifestano nei dettagli del negoziato tra le parti, ma all'interno dei due fronti. Il problema avvertito con più urgenza dagli israeliani è la sicurezza, mentre i palestinesi vivono con rabbiosa sofferenza un senso di perenne ingiustizia. Sotto questo profilo, lo sviluppo economico della Palestina rimane una priorità, in modo che i suoi abitanti non avvertano più il disagio che rende loro impossibile fidarsi della controparte. Inoltre, la crescita e la conseguente diffusione del benessere allenterebbero la presa dell'estremismo non solo in Cisgiordania ma anche a Gaza. Voglio comunque ricordare come la situazione materiale dei palestinesi sia migliorata nel corso degli ultimi tre anni. A Jenin come a Ramallah, a Gerico come a Nablus. Ora bisogna insistere, combinando il negoziato politico allo sviluppo umano e lavorando per accrescere la partecipazione del basso. La tanto bistrattata Autorità Nazionale Palestinese (Anp) si sta anche impegnando per costruire un affidabile sistema giudiziario e carcerario che si appoggi su forze di polizia e magistrati leali ed efficienti. Progressi che devono essere incoraggiati per riaprire il negoziato ed è importante che il governo Netanyahu faccia la sua parte, indicando con chiarezza quale linea politica intende perseguire: abbiamo bisogno di sapere se l'esecutivo israeliano consideri ancora praticabile la nascita di uno Stato palestinese indipendente e la conclusione del processo di pace. E' interessante comprendere la psicologia collettiva israeliana, soprattutto per come si è sviluppata nell'ultimo decennio. Anni caratterizzati da decine di morti tra i civili. Anche i palestinesi hanno avuto le loro vittime, ben più numerose, ma la narrazione israeliana si sofferma su quanti hanno perso la vita negli attacchi terroristici legati alla Seconda Intifada, scoppiata nel 2000. La narrazione insiste sullo sgombero unilaterale dei coloni israeliani dalla Striscia di Gaza nel 2005, cui ha fatto seguito l'ascesa di Hamas, una formazione islamista che non ha mai abbandonato la sua retorica violenta contro Israele. Oltre a ciò, il rafforzamento di Hezbollah in Libano e le minacce iraniane hanno contribuito ad acuire l'insicurezza esistenziale percepita dallo Stato ebraico. Questa può essere una visione parziale, ma rappresenta la realtà che si vive in Israele e che frena le aperture verso i palestinesi. Obama sembra aver accantonato il conflitto mediorientale, suggerisce Macintyre. No, non direi, replica Blair. La questione resta una priorità per gli Stati Uniti e sono convinto che l'amministrazione in carica troverà il modo di portare avanti il processo di pace. A nessuno sfugge (e qui vedo una continuità con George W. Bush) che realizzare la convivenza tra uno Stato ebraico ed uno musulmano/palestinese darebbe una spinta decisiva alla diffusione della democrazia nell'area. La dimostrazione che la comprensione tra diverse civilizzazioni è nonostante tutto possibile. Io non dispero, conclude Blair. I popoli israeliano e palestinese vogliono la pace, ma attualmente non credono di avere nella controparte un interlocutore affidabile. I palestinesi vedono nello Stato ebraico l'oppressore, gli israeliani, nei fatti, diffidano sia di Fatah (per la sua debolezza) che di Hamas (per ovvi motivi). Proprio a Gaza si gioca la partita più importante. Per vincerla dobbiamo far arrivare il nostro aiuto alle persone che ci vivono. Israele ha il diritto di adottare misure per garantire la propria sicurezza, ma l'isolamento della Striscia non fa altro che peggiorare le condizioni di vita della popolazione, esasperando gli animi. Come migliorare le condizioni dei diseredati di Gaza? Con gli aiuti umanitari, ma non solo. Io insisto sullo sviluppo del settore privato e sull'innalzamento del livello di scolarizzazione. Oggi Hamas domina Gaza, ma sono certo che la popolazione locale supporterebbe l'Anp se solo la disperazione attuale venisse rimpiazzata da concrete prospettive di pace e benessere. Non ho dubbi al riguardo. (A cura di Fabio Lucchini) |
Post n°212 pubblicato il 16 Marzo 2011 da vitotroiano
Viva l'Italia, l'Italia liberata, Francesco De Gregori |
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INTERCETTAZIONI SPETTACOLO
La non politica che in Italia ormai manca da quindici anni, in questi giorni, si infiamma sulle presunte intercettazioni che riguarderebbero il Presidente del Consiglio. Silvio Berlusconi, che non è il male di questo Paese, dal '94 ad oggi è stato indagato 800 volte: nemmeno il capo dei capi (Riina) è stato così tanto perseguitato. In un Paese, dove la democrazia è occupata dal potere della magistratura e della stampa la forbice tra benessere e malessere continua ad allargarsi sempre di più. Con questo provvedimento proposto dal Governo si spera di chiudere, per sempre, una lunga stagione iniziata con la falsa rivoluzione del'92 sotto il nome "Tangentopoli". L'Italia stà diventando sempre più un Paese irriconoscibile e, questo, gli Italiani non lo meritano
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