Mi sono ricordato che un giorno imprecisato di maggio scorso avevo abbandonato ogni vis polemica per accorgermi che in tarda primavera, quando l’aria è limpida e il sole già riscalda con generosità sin dal mattino, ci si poteva affacciare da ogni lato della casa della Ghiacciaia, quartiere che nominandolo fa sempre un certo curioso effetto con chi non conosce Busalla, per sentirsi immersi nel verde dei giardini, l’uno accanto all’altro, il Parco dell’ex Ospedale Frugone, in attesa di diventare promessa di inutile RSA, la selva abbandonata sul declivio della vecchia Camionale e lungo il sentiero, parte finale della via al Santuario della Vittoria.
Allora mi era piaciuto immaginare che tra i tanti rami del pino silvestre del giardino amico vivessero abbastanza felici, come su un appiglio sicuro, uccelli di vario genere, dopo le loro corse frenetiche alla ricerca di bruchi nei prati, avanzi di casa nel piccolo rifugio in legno, appositamente esposto sul tronco dell’albero di melo, il più vecchio, e, perché no, esausti dopo teneri amori primaverili.
Tra i rami del pino, lo ricordo bene, si nascondeva ogni mattina un merlo, uccello assai simpatico anche nell’incedere a piccoli salti, la cui presenza era resa certa dal suo gorgheggio instancabile, divertente, tutto da interpretare. In realtà un fischio puro, flautato, molto vario dotato di evidenti capacità imitative. Di certo si stava alternando con un altro merlo, poco distante, tanto da far pensare che si trattasse di un richiamo amoroso, il suo, del maschio che vuole mettere su famiglia, alla ricerca di una compagna, naturalmente femmina.
Per capire gli atteggiamenti del merlo, un po rintanato nei labirinti del pino, un po cantante appollaiato sulla punta dell’albero, quasi a volersi far vedere fisicamente, mi era parso di capire che il merlo era guidato anche da una giustificata prudenza per la presenza nell’ambiente della Gazza Ladra e delle Cornacchie delle famiglie dei Corvidi. Uccelli diversamente rapaci. onnivori, pericolosi per i piccoli volatili come i passeri e distruttori di nidi costruiti con fatica.
I movimenti degli uccelli, le loro storie ricostruite con tanta fantasia si presterebbero a sottintendere metafore umane divertenti anche per taluni Sindaci ed amministratori della Valle. Qui interessa chiarire che ci si è ricordati dei famosi ruderi del Parco Frugone di Busalla visti quel giorno nel verde del giardino, tra fiori, piante e canti del merlo, quando arrivati ad Arenzano, aperta la porta del terrazzo, la vista del Parco del castello sede del Comune si arricchì delle fronde di un pino mediterraneo che non riusciva a occultare l’ex Ospedale Maria Teresa, lascito generoso per finalità sanitarie e di assistenza, imbavagliato come un inutile relitto, alla pari di quelli di Busalla, diventato di ARTE in virtù di una decisione illegittima. Anche ad Arenzano non mancano gli uccelli necessari perché le due storie possano considerarsi assolutamente analoghe.
CB