Deve sembrare piuttosto curioso che per un breve accenno ad un presunto contrasto di interessi tra giovani disoccupati e pensionati si prendano le mosse dalla storia del west, tra mito e dura realtà. L’accostamento si giustifica rammentando che nel far west la giustizia era improntata al fai da te, anche se le poche leggi conosciute venivano rispettate e i banditi temibili come il leggendario Jesse James erano rari. Proprio ad ad ovest del Mississippi, alla fine del 1800, si diceva che quando un uomo con la pistola incontrava sulla sua strada un uomo con il fucile, quello con la pistola era un uomo morto. E’ proprio possibile che tra disoccupati e pensionati le modalità del contrasto siano queste?
Ci si rende conto della superficialità della metafora, tuttavia utile perché i conflitti, quelli veri e quelli immaginari, appaiano meno aspri, essendo, tra l’altro, non personali, ma tra categorie, tra tanti disoccupati o sottoccupati e altrettanti pensionati, tutti comunque a carico del famoso Istituto, e assistiti da un sistema sanitario e farmaceutico che, così come son messe le cose, non li aiuta certo a campare protetti e sereni. Invece di un saggio, a saperlo scrivere, che risulterebbe comunque modesto ad illustrare una delle dicotomie del nostro sistema socioeconomico, quella dei “dei senza lavoro in età di doverlo avere” e quella, molto articolata, di “coloro che sono in pensione non avendo un lavoro regolarmente censito”, sembra meno ambizioso, più comprensibile ricorrere ad un <atto unico>, seguendo rispettosamente, sulle complicate strade della Vallescrivia, un noto giovane disoccupato che in sella ad una Olmo da corsa, compiutamente accessoriata, sale da Camarza di Busalla verso Crocefieschi. Senza particolare fatica, alzandosi raramente sui pedali, godendo dell’aria sempre più pulita lungo la salita al colle e assaporando già il piacere di una lunga discesa in Valbrevenna, tra boschi e reperti di una antica civiltà contadina. Sta scritto già nei libri pubblicati all’epoca in cui la bicicletta aveva una ruota anteriore molto più grande di quella posteriore o viceversa che fermarsi in discesa, per quanto evidentemente possibile, non è del tutto facile e frequente, come se una forza attirasse verso il basso.
Una riprova, proprio agli estremi, come si suol dire, per volutamente esagerare, dell’attrazione che il vuoto provoca sulle persone è la pericolosa tendenza a rovistare nel passato per riscoprire forme totalitarie come il fascismo, il franchismo, il nazismo, il comunismo condannate dalla storia, ma sempre serpeggianti, esercitando indiscusso fascino e discrete adesioni anche nelle verdi Vandee dell’entroterra genovese che però, in termini di consensi elettorali contano poco, e difatti hanno poco.
Si sa che a Casella, qualcuno, più di uno, è incredibilmente salito sul pulpito della Chiesa Parrocchiale per lanciare alla tradizionale buona borghesia del Paese un appello al Duce del Fascismo (qui e là sta prendendo consistenza), come avvertimento nel caso vi fosse la tendenza ad incamminarsi su una strada in Italia inesplorata, dando fiducia a forze politiche radicali in qualche modo associate ad altre resuscitate tradizionalmente di sinistra. Il ciclista riflette su quella provocazione, sente il bisogno di una sosta avvertendo l’avvicinarsi di una strada, la stessa di prima, ma definita recentemente metropolitana, sempre più pericolosa per i ciclisti.
Piomba a Busalla, il suo paese, dove regna il caos, e si ritrova in piazza Enrico Macciò, accolto da un nugolo di pensionati di età diversa, a secondo delle finestre di uscita dal lavoro trovate aperte, che discutono di gossip paesano. Viene salutato con qualche sfottò perché i disoccupati di una volta non si potevano certo permettere una bicicletta luccicante e tecnologica come la sua. Ma poi, perché i disoccupati non dovrebbero pratica una attività sportiva e attendere in salute un posto di lavoro? Piuttosto, che dire di pensionati che stanno prosciugando le riserve dell’Istituto e pretendono aumenti e indicizzazioni ? Dibattendo senza astio, quasi recitassero una commedia dell’arte, non mancavano però di sfiorare i nodi che rendono così duramente radicata la disoccupazione in Italia e così ingiusto il nostro sistema pensionistico. Una società in cui la ricchezza è distribuita in modo assurdo come la nostra non può esprimere una politica solidaristica, veramente democratica, neppure cristiana. Piace pensare che disoccupati e pensionati siano tutti, o almeno una gran parte, d’accordo sull’analisi della situazione. Salvo poi dividersi sulle strategie proposte da chi intende conservare il sistema e da chi invece intende favorire cambiamenti di fondo.
CB