LOU REED – L’ANIMALE DEL ROCK – recensioni di- Trasformer del 1972 e Rock & roll animal del 1974

LOU REED  – L’ANIMALE DEL ROCK  CI HA LASCIATO!    LouLou ha scelto proprio la domenica mattina ( Sunday morning) per lasciarci  “ sto cadendo, ho una sensazione che non voglio sapere, albeggia  presto, domenica mattina sono tutte quelle strade che hai attraversato”, quella domenica  del 1966 era iniziata la sua avventura con i Velvet Underground, Lou Reed uno dei  più grandi rocker degli ultimi cinquant’anni, tante volte dato per spacciato per quella vita segnata dalle droghe ma sempre rinato per l’eccessivo amore per la musica , questa volta non ce l’ha fatta , il grande chitarrista ed autore che ha influenzato  stuoli  di musicisti , ha scelto il giorno perfetto ( A perfect day ) per lasciare la sua  eredità  fatta di suoni scarni di chitarra e liriche spesso borderline. L’eroe maledetto era nato, 75 anni fa, a  New York e più precisamente in quella Coney Island  che fu fonte di tante canzoni diventate famose  e così  come la Coney Island baby  che il sabato pomeriggio si fa bella per raggiungere in metro  Manatthan, il centro del glamour, occasione per  una vita diversa anche lui cercò l’avventura con la musica ma senza percorrere strade comode ma percorrendo il lato selvaggio della strada «Walk on the Wild Side”. Un omaggio a Lou Reed e alla sua musica in bilico tra la melodia e  il rumore che ha portato  le sue liriche rock verso la poesia pura.  RIP lou Lou!  Come potete immaginare Lou Reed è sempre stato un faro nella mia formazione rock e spesso ho parlato di lui nelle pagine di www.friendsofpoplar.it  così vi ripropongo due recensioni di due pietre miliari della produzione reediana, l’album che lo ha reso universalmente conosciuto” Trasformer”  e un album dal vivo Rock& roll animal che rende bene l’idea  del personaggio.

DISCHI STORICI RIASCOLTATI PER VOI   LOU REED – TRASFORMER

  1. Vicious
  2. Andy’s Chest
  3. Perfect Day
  4. Hangin’ Round
  5. Walk on the Wild Side
  6. Make Up
  7. Satellite of Love
  8. Wagon Wheel
  9. New York Telephone Conversation
  10. I’m So Free
  11. Goodnight Ladies

Corre l’anno 1972 le nuove generazioni si sono lasciati alle spalle il movimenti hippie, i grandi ideali di “paece & love” per approdare nella frenesia del divertimento, del disimpegno, in  quello che viene indicata come l’era del rock decadente racchiuso nel motto “sesso droga e rock’n’roll”  A quel punto il rock diventa glam: sesso, ambiguità, eccessi, sfida alle convenzioni borghesi, rifiuto dei modelli dominanti, il gusto per il travestimento, l’ostentazione della bisessualità, il rock come teatralità, trucco, parrucche, abiti luccicanti di lustrini da dive anni ‘30

L’ Inghilterra è la patria del glam, Gary Glitter, Alice Cooper, Brian Ferry dei Roxy Music, Marc Bolan dei T-Rex e David Bowie reduce dal successo di Ziggy Stardust , in cui impersona un alieno androgino. E’ proprio il Duca Bianco che, affascinato ed ispirato dai Velvet Underground il gruppo più influente e importante della rock d’avanguardia,  non accetta che un talento così grande come l’ex chirarrista Lou Reed finisca nel dimenticatoio. Infatti il  primo album solista, di Lou Reed”, malgrado alcune buone canzoni, fu un flop  clamoroso. Bowie si propone di collaborare alla produzione del suo secondo album,Lou Reed non rifiuta questa opportunità e vola a Londra, subito affascinato dall’ambiguità sessuale, dalla intelligenza e dalla classe di David Bowie, tanto simile a quello di Andy Warhol. L’album che ne viene fuori “ Transformer” è da shock, rivoluzionario per il linguaggio usato, anticipa il cambiamento del costume e della morale. Già la copertina è provocatoria raffigura Lou Reed dai colori molto contrastati che sembra di assomigli ad un “Frankenstein del rock”, opera del fotografo Mick Rock mentre sul retro una doppia immagine dello stesso modello, in versione sia da travestito sexy, sia da maschio a cui infilano una banana nei pantaloni per simulare un’erezione. Pateticamente l’edizione italiana fu censurata e venne  coperto l’inguine del travestito ritratto.

Lou Reed canta le sue canzoni, accompagnandosi con la chitarra suonata con un pedale wah-wah premuto a metà ed impreziosite dai raffinati arrangiamenti di archi, fiati e delle parti di pianoforte che rendono il suono ben definito. Questo suono metropolitano coniugato benissimo con la melassa del glam ha partorito piccoli capolavori che mantengono nel tempo una freschezza incredibile  Ma riascoltiamo il disco, si parte  con “Vicious”, il cui testo fu suggerito da Warhol che gli chiese di scrivere una canzone sull’essere viziosi, lui ironicamente propose l’ambiguità, “ Vicious/ you hit me with a flower/ You do it every hour/ oh baby, you’re so vicious”. Il frustino sadomaso diventa un fiore. Assolutamente geniale anche negli arrangiamenti formati solo da un riff di chitarra distorta,  “Andy’s Chest”, una dolce canzone d’amore abbellita da splendidi cori e dedicata ad Andy Warhol che, nel 1968, rischiò di morire per mano di una folle che gli sparò nel petto. Poi parte  “Perfect Day” che esprime  la grandezza dell’opera di Reed la sublimazione di un “giorno perfetto” e lo fa con una semplicità e una poesia tali da lasciare interdetti. Sembra che l’abbia scritta per la moglie che aveva a quei tempi. Una dolce ballata arricchita da gli arrangiamenti per pianoforte e archi, una interpretazione sentita che ci dice, come può essere un giorno perfetto, senza i problemi e le angosce quotidiane. In “Hangin’Around” si mettono alla berlina coloro i quali pensano di essere trasgressivi ma sfiorano il patetico il ttuuto con un sound canzonatorio di pianoforte e chitarra. Poi parte lo swing e il famoso giro di basso di “Walk on the Wild Side”, un nostalgico ricordo dei personaggi che affollavano la Factory, il laboratorio artistico creato da Warhol, tutti alla ricerca dei 15 minuti di celebrità che non si negano a nessuno.

Ogni strofa della canzone rappresenta la vita e le caratteristiche di uno dei personaggi che affollano la New York trasgressiva, viziosa, mostrando con semplicità l’altra faccia della realtà perbenista. In “Walk On The Wild Side” si sprecano i riferimenti ad un mondo sommerso di chi vive sul lato selvaggio della strada, travestiti, prostituti, pratiche sessuali eccessive. “Make Up”, rappresenta il primo manifesto dell’orgoglio omosessuale celebrato con suoni molto melodici. Stiamo uscendo. Fuori dalle nostre tane, per le strade!  “Satellite of Love” è una ballata glam  accompagnata dalla splendida voce di Bowie, Lou Reed qui  si diverte a scherzare sulla gelosia. La base armonica è più aperta, costruita in gran parte da accordi in tonalità maggiore, e lo strumento principe è il pianoforte. C’è molto rock, invece in “Wagon Wheel”, che pare sia stata scritta da Bowie, in cui emergono i malesseri legati al suo rapporto di coppia.  “New York Telephone Conversation”, è accompagnato da un pianoforte stile belle èpoque, il testo è dedicato a Warhol a cui piace fare chiacchere e pettegolezzi. “I’m So Free” è pezzone rock tirato, in cui primeggia un bellissimo assolo di chitarra, forse il pezzo più gioioso dell’album, il testo è un inno a “Mother Nature” che in gergo è la marijuana e i suoi figli sono i consumatori.  L’album si chiude con  “Goodnight Ladies” in cui si parla di solitudine e amori finiti.  “Transformer”, ebbe una straordinaria forza: restituire fiducia e trasformare  Lou Reed da figura underground di culto in rockstar, è un album senza tempo una collana di perle scelte che lo rende un capolavoro del rock degli anni ’70.

Consiglio per chi volesse approfondire il libro di                                                Victor Bockris, Transformer – La vita di Lou Reed, Arcana Editrice, Roma, 1999, pag. 203

RIASCOLTATI PER VOI  – Lou Reed  – Rock N’ Roll  Animal ( 1974 )

  1. Tracce
  2. Intro/Sweet Jane – (Steve Hunter, Lou Reed) – 7:48
  3. Heroin – (Lou Reed) – 13:12
  4. How Do You Think It Feels – (Lou Reed) – 3:41 (*)
  5. Caroline Says I – (Lou Reed) – 4:06 (*)
  6. White Light/White Heat – (Lou Reed) – 4:55
  7. Lady Day – (Lou Reed) – 4:05
  8. Rock ‘n’ Roll – (Lou Reed) – 10:21
  9. (*) Tracce non presenti nella versione originale sul LP del 1974, inserite nella versione rimasterizzata del 2000.

 

Per recensire questo live, registrato  nel dicembre del 1973 alla “Academy of Music” di New York,  mi sono munito di una buona cuffia di quella che entrano completamente nell’orecchio che hanno una resa eccezionale, era il minimo per  l’ascolto di uno dei live più intensi della storia del rock   “Rock’n’roll  Animal”, quarto album solista di Lou Reed  uscito  dopo l’accoglienza tiepida ricevuta sia dalla critica che dal pubblico, per il concept-album  Berlin . Sul palco con Dick Wagner e Steve Hunter alle chitarre, Ray Colcord alle tastiere, Pentii Glan alla batteria e Parakash John al basso, Lou Reed dà vita ad un live memorabile, emozionante, eccitante e a tratti violento ma splendido.  Un concerto incredibile che a distanza di quasi 46 anni non ha perso la sua bellezza,  fatta di rock sanguigno,  viscerale, cinque brani ( che sono diventati 7 in questa  versione rimasterizzata che sto ascoltando) che la voce di Lou Reed e gli intrecci chitarristici hanno reso immortali.  In Rock N Roll Animal, Lou Reed  celebra e rivitalizza essenzialmente 4 brani degli ex Velvet Underground e li rende più fluidi ma nello stesso tempo più robusti musicalmente in versione live. Era il periodo della grande metamorfosi di stile, Lou Reed dapprima glam ora recitava la parte del personaggio  un po’ decadente e nichilista ma capace sul palco di offrire musica di gran classe. A questo punto non mi resta che far partire il disco che inizia con  una intro di oltre tre minuti dove le due chitarre si rincorrono e si intrecciano in un “duello ” tra Steve Hunter e Dick Wagner nell’attesa che entri il leader con il  riff inconfondibile di  “Sweet Jane”, con gli applausi che accompagnano l’entrata in scena di un Lou Reed magrissimo, con i capelli biondi cotonati e occhiali scuri, il quale si dimostra in gran forma, nonostante il suo periodo tormentato, e attacca con la voce distorta: “Standin’ on the corner, suitcase in my hand , Jack is in his corset, Jane is her vest / And me, I’m in a rock’n’roll band”. Gli assoli di chitarra si susseguono poi per tutto il pezzo con Dick & Steve che si scambiano i ruoli e fanno sentire la loro potenza, il suono mi riporta indietro di secoli e non possono non  chiudere gli occhi e dondolare la testa al ritmo della musica, una catarsi che dura oltre 7 minuti . Si continua con il tenue e delicato suono di “Heroin”, storica canzone già dei Velvet Underground che proviene direttamente dal personale inferno di Lou Reed, qui riproposta in una versione più dilatata (oltre 12 minuti ), con lunghi assoli di chitarra intervallati da tante pause, da acrobazie sonore e con la splendida voce di Reed che rende tutto ancora più magico anche quando descrive con tristezza la dipendenza da eroina  (“Don’t know just where I’m going / But I’m gonna try for the kingdom, if I can cause it makes me feel like / I’m a man / When I put a spike into my vein / And I tell you things aren’t quite the same”)“Non so proprio dove sto andando / Ma proverò per essere re, se posso farlo cosi mi fa sentire / Sono un uomo / Quando metto un ago nella mia vena / E lo dico le cose non sono più le stesse ”;  parte un organo che sembra placare lo stato d’animo, si sentono urla dal pubblico, poi sul palco, inizia nuovamente il canto di Reed, un viaggio interminabile tra i mille suoni in cui si  continuano ad alternare  suoni soffusi e violenti che terminano con una  esplosione musicale dirompente,una sorta di trance che si chiude con gli applausi del pubblico.                                                                                     “White light/White heat” è il terzo brano  dell’esperienza Velvet Underground  che parte subito con una batteria quasi ossessiva e la voce di Reed stravolta, intermezzata dalle chitarre in un rock’n’roll quasi violento che rende bene l’idea  del clima newyorkese  dei primi anni’70. (“White light / White light going messin’ up my mind / Don’t you know, it’s gonna make me go blind / White heat / White heat, it tickle me down to my toes / White light / Oh, have mercy, white light have it, goodness knows”) “Luce bianca / Luce bianca che mi rovina la mente / Non lo sai, mi renderà cieco / Calore bianco / Calore bianco, mi solleticherà fino alle dita dei piedi / Luce bianca / Oh, abbi pietà, bianco la luce ce l’ha, la bontà lo sa ”) . Poi “Lady Day”, l’unico pezzo del disco tratto da “Berlin”,  un brano che parte lento e riflessivo ma che diventa devastante  nella parte finale, direi che il brano che mi piace meno del concerto. Resta “Rock ‘n’ Roll”, ultimo brano del disco, già presente in “Loaded” dei Velvet Underground del 1970, qui acquista spessore per le continue rincorse di assoli di chitarra in cui si  alternano momenti di calma , con tastiere e leggere percussioni, ad energiche incursioni sonore.  E’ una interminabile versione  questa Rock ‘n’ Roll, con le chitarre in grande evidenza e con lo splendido assolo di basso Prakash John che conducono verso l’apoteosi finale in cui tutti gli strumenti  si scatenano in un ritmo e una potenza che non conosce uguali. Dopo aver ascoltato intensamente questi 5 piccoli gioielli  non si può non provare soddisfazione nel pensare che il disco calato nella realtà musicale degli anni ’70 sia ancora oggi capace di emozionare e di creare atmosfere appaganti. Un consiglio se vi approcciate per la 1° volta a questo disco fatelo con calma senza fretta, concedetevi 30 minuti di pausa chiudete gli occhi e gustatevi il vostro sogno rock!

Buon ascolto da JANKADJSTRUMMER

DISCOGRAFIA  ESSENZIALE

Transformer (1972)

Berlin (1973)

Rock’n’Roll Animal (1974)

Sally Can’t Dance (1974)

Street Hassle (1978)

New Sensations (1984)

New York (1989)

Songs For Drella (1990)

Magic And Loss (1992)

The Raven (2002)

LOU REED – L’ANIMALE DEL ROCK – recensioni di- Trasformer del 1972 e Rock & roll animal del 1974ultima modifica: 2020-05-14T22:59:43+02:00da giancarlopellegrino