JOHNNY CASH – Dalla prigione di Folsom in California non si vede la luce del sole…… by Jankadjstrummer

 

JOHNNY CASH – Alla Prigione di Folsom non si vede la luce del sole…..

cash

Qualche giorno fa mi è capitato di trovare, nelle scorribande sonore su internet, uno spezzone di documentario che raccontava un evento memorabile nella storia della musica: il concerto che ha tenuto Johnny Cash dentro la prigione di Folsom in California nel 1968 ed immortalato nell’omonimo LP.

 “All you have with you in the cell is your bare animal istinct. I speak partly for experience, I’ve been behind bars a few times”.                                                            Tutto quello che avete con voi nella cella è il nudo istinto animale. Parlo un po’ per esperienza, sono stato dietro le sbarre un paio di volte ”
Johnny Cash non è un personaggio bizzarro che si è messo in testa di varcare i cancelli di un carcere di massima sicurezza per proporre le sue canzoni, per cercare vana gloria ma un uomo provato dalla vita, un uomo che ha conosciuto gli abissi della dipendenza da anfetamine, la crisi esistenziale e qualche volta una  fredda cella del carcere e che cerca di uscirne fuori con la musica e con i suoi compagni d’avventura della band, compresa la dolce June Carter che è in procinto di sposare. Johnny vuole poter parlare ai detenuti alla pari come con dei veri amici, proporre canzoni, esternare sentimenti con l’atteggiamento di chi vuole un dialogo con personaggi sfortunati come spesso si sentiva lui.
Nel concerto in scaletta non inserisce i suoi pezzi classici, quelli che lo hanno immortalato come il “ man in black” ma brani che raccontano storie, che parlano di persone comuni sopraffatte dalla solitudine e dalla morte come in “I Still Miss Someone” e in “The Long Black Veil” due ballate che diventeranno memorabili  oppure storie di detenuti  che  cercano di evadere come in “The Wall” o che si lasciano andare a sentimenti dolorosi ma capaci di scrivere lettere struggenti ai propri familiari come in “Send a Picture Of Mother”. Ma torniamo al concerto, che credo fosse organizzato nella sala mensa, Johnny si presenta al suo pubblico con uno sbrigativo “Hello, I’m Johnny Cash” come a dire sono venuto per condividere con voi qualche ora perché ero anch’io un detenuto, anch’io ho varcato la soglia del carcere per qualche tragica combinazione e sono felice di potervi dare sentimenti e passione con le mie canzoni. Parte, quindi, con Folsom Prison Blues”, caratterizzato da un bel suono galoppante di chitarra, per raccontare il dolore e la sofferenza di chi non ricorda più come sia fatta l’alba di chi non può assaporare il dolce gusto della libertà. Oltre tremila detenuti sono in delirio, applausi, grida di approvazione rimbombano nella sala spoglia, il palco improvvisato quasi non contiene la band dei Family Carter i due chitarristi Perkins e Luther accompagnano il suono potente di Johnny che dimostra di essere un vero e proprio trascinatore rivolgendosi con le liriche al suo particolare pubblico e rapendoli con la sua amichevole umanità, sentimenti  di cui forse hanno più bisogno. Cash tocca nervi scoperti, ferite non rimarginate né per sé  e nè per i suoi amici prigionieri, cosi si lascia andare  e parla di droga come strumento che aiuta l’uomo a sopportare  le crisi e  il malessere esistenziale nell’inno “Cocaine Blues”, parla di amore negato ai detenuti in “Give My Love To Rose”, romanticismo, è vero, ma privo  di sdolcinatezze a  dimostrazione che i suoi brani provengono da un uomo sensibile pronto concedersi senza riserve spogliandosi dei panni della star ma cantando a squarciagola il desiderio di libertà. Ma Cash non vuole portare nella prigione di Folsom solo malinconia o l’inquietudine dei sentimenti umani vuole anche divertire,smorzare i toni tristi di chi è costretto a pagare gli errori, di chi è costretto a privarsi delle passioni ,con ironia, quindi, si prende gioco delle miserie  in una sorta di valzer che è “Busted”,  e scherza anche sugli ultimi minuti prima di salire sul patibolo in “25 Minutes To Go”,  oppure  inventa una storia  molto comica, apprezzata dai reclusi,  in  “Dirty Old Egg-Sucking Dog”, che narra le vicende di un cagnolino senza padrone che mangia le galline. Il country blues di Cash impersonifica  il vagabondo senza legge che armato di sola voce roca e chitarra  racconta le sue storie in uno show  che è un concentrato di  tensione e di tanta emozione controllato dai secondini che placano le esuberanze di ladri ed assassini che, senza falsi moralismi, vengono trattati come  fratelli.

 

Questa storia riversata su un disco è quanto di meglio si possa ottenere da un artista e mette in evidenza le tante sfaccettature della personalità di Cash, considerato nell’arco della sua 50ennale carriera come  drogato,religioso, romantico, galeotto ecc ecc, nella prigione di Folsom  si concentrano le varie anime a dimostrazione che Cash è stato un personaggio che è caduto ma è riuscito a rialzarsi, ha convissuto con le sue fobie con  il suo malessere interiore ma ha combattuto senza tregua fino all’ultimo.

 

  1. 1. Folsom Prison Blues
    Busted *
    3. Dark as the Dungeon
    4. I Still Miss Someone
    5. Cocaine Blues
    6. 25 Minutes to Go
    7. Orange Blossom Special
    8. Long Black Veil
    9. Send a Picture of Mother
    10. The Wall
    11. Dirty Old Egg Sucking Dog
    12. Flushed From the Bathroom of Your Heart
    13. Joe Bean *
    14. Jackson (con June Carter)
    15. Give My Love to Rose (con June Carter)
    16. I Got Stripes
    17. The Legend of John Henry’s Hammer *
    18. Green, Green Grass of Home
    19. Greystone Chapel

 

JANKADJSTRUMMER

 

Riascoltati per voi – BABAMAN – la nuova era…….del reggae italiano. by Jankadjstrummer

Babaman “La Nuova Era”

Babaman

E’ uscito in giugno 2012 questo ennesimo lavoro del giovane rasta/rapper,  che mi ha autografato alla presentazione, siamo a quota 11, finora avevo sempre pensato che Babaman  fosse il classico artista innamorato del raggae come ritmo ma senza convinzione e senza una fede vera, mi sono dovuto ricredere ascoltando questa “La Nuova Era”. Intanto si tratta di un disco ambizioso non fosse altro che per le collaborazioni( Sizzla, Burro Banton, Jodian Pantry) poi per i temi che tratta, il declino che sta vivendo la nostra società, questo cambiamento negativo che porta a numerose lacerazioni e che ci proietta, quindi, in una nuova era sicuramente non rosea. L’album si apre con una sorta di preghiera a Jah ( il Dio rasta ) Have Mercy, la splendida voce di  Ky-Mani Marley introduce un canto  Nyabinghi ( si tratta dei primi canti della tradizione rastafari ) suggestivo e interamente cantato in italiano, il testo è intenso e ricco di messaggi chiari: “Porta luce su questo pianeta cosi pieno di guai. Porta pace per i figli tuoi, solo tu puoi Ya Nai King Sellasie I, Rastafari“. La seconda traccia, “La Realtà” cambia nel ritmo ma continua nell’invettiva contro la nostra società “Il mondo ormai non gira più ma rotola verso il basso come i sassi“.Un brano orecchiabile e che potrebbe essere un bel tormentone sulle nostre spiagge. Poi c’è il brano “ Dritto” in cui riemerge il classico ritmo del cantante milanese, il testo passa quasi in secondo piano come si intuisce nel verso “Il mio messaggio in questo pezzo è devi saltar“. La quarta traccia, “Teach Us the Wayb”, è un mix di testo tra l’italiano e l’inglese è il primo duetto dell’album con il jamaicano Sizzla. “Rastafari I Me Say” ha un testo molto bello in cui traspare la fede sincera rastafariana di Babaman mentre in “Must Affi Survive”si parla di sofferenza e povertà nel sud del mondo e del cinismo dei paesi ricchi che pensono solo al “soldo” ed a una certa gioventù occidentale che è accecata dagli stili di vita fatti di apparenza e di ostentazione del benessere, Babaman recita “ io sono preoccupato per le sorti di un pianeta gestito da chi crede in un satanico sistema, io canto insieme a Burro Banton per la gente che sta male, in Europa, in America, in Jamaica o Africa,c’è chi ha veramente troppo e chi non ha niente.” Poi “Le Bimbe” , una canzoncina ironica sul ruolo della star e su come le ragazzine spesso rimangono abbagliate dal personaggio pubblico che qualsiasi cosa faccia, fa vibrare il cuore e le fa urlare “ Oh mamma mia”, questo brano è stato molto criticato perché pare che il ritmo e la base siano un po’ scopiazzate, niente di scandaloso, mi sembra, la musica è talmente semplice e fresca che sarebbe ingiusto bollarla come plagio anche se può somigliare ad un altro brano. Ma torniamo al disco, continua con “Non Sono Solo”  si torna ai ritmi e alle tematiche dell’album, i versi sono semi seri ma un messaggio Babaman lo espime con chiarezza, bisogna aprirsi agli altri, bisogna parlare con la gente, perché in ognuno c’è una storia, una vita da cui poter cogliere positività. Con “ Princess” cantata con Jodian Pantry il ritmo rallenta le rime diventano dolci quando Babaman si rivolge ad una ragazza che le ha rubato il cuore “ Ridammi indietro il cuore, ridammi indietro la ragione che mi hai preso il giorno che mi hai detto il tuo nome……principessa questo bad-man non so se vuole sposarti però lui vuole amarti tutta la notte e vuole che tu lo tartassi di baci e di carezza, lo sai! Poi finalmente un brano veramente hip-hop “ la gatta”  che viene riproposto anche in versione remix con molti ospiti, versi passionali in rima dedicati ad una sexy gayl come ama chiamarla lui…… Babaman è un artista che le nuove generazioni adorano, mio figlio sedicenne, colleziona tutta la sua produzione ed è molto attratto dai riferimenti culturali legati alla religione e allo stile di vita dei rasta-fari, “La Nuova Era” è pregno di misticismo religioso, devo riconoscere che è un bel disco, fresco, gradevole e se vogliamo denso di buoni messaggi e con un sound che richiama i Caraibi ( la gestazione del disco è avvenuta in Jamaica) ideale per accompagnarci in queste giornate afose estive.

Babaman

JANKADJSTRUMMER

TRACKLIST “LA NUOVA ERA”

01. Have Mercy (Ky-Mani Marley Skit)
02. La Realtà
03. Dritto
04. Teach Us the Wayb (feat. Sizzla)
05. Rastafari I Me Say
06. Must Affi Survive (feat. Burro Banton)
07. Le Bimbe
08. Non Sono Solo
09. Princess (feat. Jodian Pantry)
10. La Gatta
11. Notte (feat. Ensi)
12. No Man Curse
13. A Bocca Aperta
14. Illuminati
15. La Gatta (feat. Vacca, Primo, Nto, Amir, Bassi Maestro e Mondo Marcio) [Remix

LOU REED – L’ANIMALE DEL ROCK – recensioni di- Trasformer del 1972 e Rock & roll animal del 1974

LOU REED  – L’ANIMALE DEL ROCK  CI HA LASCIATO!    LouLou ha scelto proprio la domenica mattina ( Sunday morning) per lasciarci  “ sto cadendo, ho una sensazione che non voglio sapere, albeggia  presto, domenica mattina sono tutte quelle strade che hai attraversato”, quella domenica  del 1966 era iniziata la sua avventura con i Velvet Underground, Lou Reed uno dei  più grandi rocker degli ultimi cinquant’anni, tante volte dato per spacciato per quella vita segnata dalle droghe ma sempre rinato per l’eccessivo amore per la musica , questa volta non ce l’ha fatta , il grande chitarrista ed autore che ha influenzato  stuoli  di musicisti , ha scelto il giorno perfetto ( A perfect day ) per lasciare la sua  eredità  fatta di suoni scarni di chitarra e liriche spesso borderline. L’eroe maledetto era nato, 75 anni fa, a  New York e più precisamente in quella Coney Island  che fu fonte di tante canzoni diventate famose  e così  come la Coney Island baby  che il sabato pomeriggio si fa bella per raggiungere in metro  Manatthan, il centro del glamour, occasione per  una vita diversa anche lui cercò l’avventura con la musica ma senza percorrere strade comode ma percorrendo il lato selvaggio della strada «Walk on the Wild Side”. Un omaggio a Lou Reed e alla sua musica in bilico tra la melodia e  il rumore che ha portato  le sue liriche rock verso la poesia pura.  RIP lou Lou!  Come potete immaginare Lou Reed è sempre stato un faro nella mia formazione rock e spesso ho parlato di lui nelle pagine di www.friendsofpoplar.it  così vi ripropongo due recensioni di due pietre miliari della produzione reediana, l’album che lo ha reso universalmente conosciuto” Trasformer”  e un album dal vivo Rock& roll animal che rende bene l’idea  del personaggio.

DISCHI STORICI RIASCOLTATI PER VOI   LOU REED – TRASFORMER

  1. Vicious
  2. Andy’s Chest
  3. Perfect Day
  4. Hangin’ Round
  5. Walk on the Wild Side
  6. Make Up
  7. Satellite of Love
  8. Wagon Wheel
  9. New York Telephone Conversation
  10. I’m So Free
  11. Goodnight Ladies

Corre l’anno 1972 le nuove generazioni si sono lasciati alle spalle il movimenti hippie, i grandi ideali di “paece & love” per approdare nella frenesia del divertimento, del disimpegno, in  quello che viene indicata come l’era del rock decadente racchiuso nel motto “sesso droga e rock’n’roll”  A quel punto il rock diventa glam: sesso, ambiguità, eccessi, sfida alle convenzioni borghesi, rifiuto dei modelli dominanti, il gusto per il travestimento, l’ostentazione della bisessualità, il rock come teatralità, trucco, parrucche, abiti luccicanti di lustrini da dive anni ‘30

L’ Inghilterra è la patria del glam, Gary Glitter, Alice Cooper, Brian Ferry dei Roxy Music, Marc Bolan dei T-Rex e David Bowie reduce dal successo di Ziggy Stardust , in cui impersona un alieno androgino. E’ proprio il Duca Bianco che, affascinato ed ispirato dai Velvet Underground il gruppo più influente e importante della rock d’avanguardia,  non accetta che un talento così grande come l’ex chirarrista Lou Reed finisca nel dimenticatoio. Infatti il  primo album solista, di Lou Reed”, malgrado alcune buone canzoni, fu un flop  clamoroso. Bowie si propone di collaborare alla produzione del suo secondo album,Lou Reed non rifiuta questa opportunità e vola a Londra, subito affascinato dall’ambiguità sessuale, dalla intelligenza e dalla classe di David Bowie, tanto simile a quello di Andy Warhol. L’album che ne viene fuori “ Transformer” è da shock, rivoluzionario per il linguaggio usato, anticipa il cambiamento del costume e della morale. Già la copertina è provocatoria raffigura Lou Reed dai colori molto contrastati che sembra di assomigli ad un “Frankenstein del rock”, opera del fotografo Mick Rock mentre sul retro una doppia immagine dello stesso modello, in versione sia da travestito sexy, sia da maschio a cui infilano una banana nei pantaloni per simulare un’erezione. Pateticamente l’edizione italiana fu censurata e venne  coperto l’inguine del travestito ritratto.

Lou Reed canta le sue canzoni, accompagnandosi con la chitarra suonata con un pedale wah-wah premuto a metà ed impreziosite dai raffinati arrangiamenti di archi, fiati e delle parti di pianoforte che rendono il suono ben definito. Questo suono metropolitano coniugato benissimo con la melassa del glam ha partorito piccoli capolavori che mantengono nel tempo una freschezza incredibile  Ma riascoltiamo il disco, si parte  con “Vicious”, il cui testo fu suggerito da Warhol che gli chiese di scrivere una canzone sull’essere viziosi, lui ironicamente propose l’ambiguità, “ Vicious/ you hit me with a flower/ You do it every hour/ oh baby, you’re so vicious”. Il frustino sadomaso diventa un fiore. Assolutamente geniale anche negli arrangiamenti formati solo da un riff di chitarra distorta,  “Andy’s Chest”, una dolce canzone d’amore abbellita da splendidi cori e dedicata ad Andy Warhol che, nel 1968, rischiò di morire per mano di una folle che gli sparò nel petto. Poi parte  “Perfect Day” che esprime  la grandezza dell’opera di Reed la sublimazione di un “giorno perfetto” e lo fa con una semplicità e una poesia tali da lasciare interdetti. Sembra che l’abbia scritta per la moglie che aveva a quei tempi. Una dolce ballata arricchita da gli arrangiamenti per pianoforte e archi, una interpretazione sentita che ci dice, come può essere un giorno perfetto, senza i problemi e le angosce quotidiane. In “Hangin’Around” si mettono alla berlina coloro i quali pensano di essere trasgressivi ma sfiorano il patetico il ttuuto con un sound canzonatorio di pianoforte e chitarra. Poi parte lo swing e il famoso giro di basso di “Walk on the Wild Side”, un nostalgico ricordo dei personaggi che affollavano la Factory, il laboratorio artistico creato da Warhol, tutti alla ricerca dei 15 minuti di celebrità che non si negano a nessuno.

Ogni strofa della canzone rappresenta la vita e le caratteristiche di uno dei personaggi che affollano la New York trasgressiva, viziosa, mostrando con semplicità l’altra faccia della realtà perbenista. In “Walk On The Wild Side” si sprecano i riferimenti ad un mondo sommerso di chi vive sul lato selvaggio della strada, travestiti, prostituti, pratiche sessuali eccessive. “Make Up”, rappresenta il primo manifesto dell’orgoglio omosessuale celebrato con suoni molto melodici. Stiamo uscendo. Fuori dalle nostre tane, per le strade!  “Satellite of Love” è una ballata glam  accompagnata dalla splendida voce di Bowie, Lou Reed qui  si diverte a scherzare sulla gelosia. La base armonica è più aperta, costruita in gran parte da accordi in tonalità maggiore, e lo strumento principe è il pianoforte. C’è molto rock, invece in “Wagon Wheel”, che pare sia stata scritta da Bowie, in cui emergono i malesseri legati al suo rapporto di coppia.  “New York Telephone Conversation”, è accompagnato da un pianoforte stile belle èpoque, il testo è dedicato a Warhol a cui piace fare chiacchere e pettegolezzi. “I’m So Free” è pezzone rock tirato, in cui primeggia un bellissimo assolo di chitarra, forse il pezzo più gioioso dell’album, il testo è un inno a “Mother Nature” che in gergo è la marijuana e i suoi figli sono i consumatori.  L’album si chiude con  “Goodnight Ladies” in cui si parla di solitudine e amori finiti.  “Transformer”, ebbe una straordinaria forza: restituire fiducia e trasformare  Lou Reed da figura underground di culto in rockstar, è un album senza tempo una collana di perle scelte che lo rende un capolavoro del rock degli anni ’70.

Consiglio per chi volesse approfondire il libro di                                                Victor Bockris, Transformer – La vita di Lou Reed, Arcana Editrice, Roma, 1999, pag. 203

RIASCOLTATI PER VOI  – Lou Reed  – Rock N’ Roll  Animal ( 1974 )

  1. Tracce
  2. Intro/Sweet Jane – (Steve Hunter, Lou Reed) – 7:48
  3. Heroin – (Lou Reed) – 13:12
  4. How Do You Think It Feels – (Lou Reed) – 3:41 (*)
  5. Caroline Says I – (Lou Reed) – 4:06 (*)
  6. White Light/White Heat – (Lou Reed) – 4:55
  7. Lady Day – (Lou Reed) – 4:05
  8. Rock ‘n’ Roll – (Lou Reed) – 10:21
  9. (*) Tracce non presenti nella versione originale sul LP del 1974, inserite nella versione rimasterizzata del 2000.

 

Per recensire questo live, registrato  nel dicembre del 1973 alla “Academy of Music” di New York,  mi sono munito di una buona cuffia di quella che entrano completamente nell’orecchio che hanno una resa eccezionale, era il minimo per  l’ascolto di uno dei live più intensi della storia del rock   “Rock’n’roll  Animal”, quarto album solista di Lou Reed  uscito  dopo l’accoglienza tiepida ricevuta sia dalla critica che dal pubblico, per il concept-album  Berlin . Sul palco con Dick Wagner e Steve Hunter alle chitarre, Ray Colcord alle tastiere, Pentii Glan alla batteria e Parakash John al basso, Lou Reed dà vita ad un live memorabile, emozionante, eccitante e a tratti violento ma splendido.  Un concerto incredibile che a distanza di quasi 46 anni non ha perso la sua bellezza,  fatta di rock sanguigno,  viscerale, cinque brani ( che sono diventati 7 in questa  versione rimasterizzata che sto ascoltando) che la voce di Lou Reed e gli intrecci chitarristici hanno reso immortali.  In Rock N Roll Animal, Lou Reed  celebra e rivitalizza essenzialmente 4 brani degli ex Velvet Underground e li rende più fluidi ma nello stesso tempo più robusti musicalmente in versione live. Era il periodo della grande metamorfosi di stile, Lou Reed dapprima glam ora recitava la parte del personaggio  un po’ decadente e nichilista ma capace sul palco di offrire musica di gran classe. A questo punto non mi resta che far partire il disco che inizia con  una intro di oltre tre minuti dove le due chitarre si rincorrono e si intrecciano in un “duello ” tra Steve Hunter e Dick Wagner nell’attesa che entri il leader con il  riff inconfondibile di  “Sweet Jane”, con gli applausi che accompagnano l’entrata in scena di un Lou Reed magrissimo, con i capelli biondi cotonati e occhiali scuri, il quale si dimostra in gran forma, nonostante il suo periodo tormentato, e attacca con la voce distorta: “Standin’ on the corner, suitcase in my hand , Jack is in his corset, Jane is her vest / And me, I’m in a rock’n’roll band”. Gli assoli di chitarra si susseguono poi per tutto il pezzo con Dick & Steve che si scambiano i ruoli e fanno sentire la loro potenza, il suono mi riporta indietro di secoli e non possono non  chiudere gli occhi e dondolare la testa al ritmo della musica, una catarsi che dura oltre 7 minuti . Si continua con il tenue e delicato suono di “Heroin”, storica canzone già dei Velvet Underground che proviene direttamente dal personale inferno di Lou Reed, qui riproposta in una versione più dilatata (oltre 12 minuti ), con lunghi assoli di chitarra intervallati da tante pause, da acrobazie sonore e con la splendida voce di Reed che rende tutto ancora più magico anche quando descrive con tristezza la dipendenza da eroina  (“Don’t know just where I’m going / But I’m gonna try for the kingdom, if I can cause it makes me feel like / I’m a man / When I put a spike into my vein / And I tell you things aren’t quite the same”)“Non so proprio dove sto andando / Ma proverò per essere re, se posso farlo cosi mi fa sentire / Sono un uomo / Quando metto un ago nella mia vena / E lo dico le cose non sono più le stesse ”;  parte un organo che sembra placare lo stato d’animo, si sentono urla dal pubblico, poi sul palco, inizia nuovamente il canto di Reed, un viaggio interminabile tra i mille suoni in cui si  continuano ad alternare  suoni soffusi e violenti che terminano con una  esplosione musicale dirompente,una sorta di trance che si chiude con gli applausi del pubblico.                                                                                     “White light/White heat” è il terzo brano  dell’esperienza Velvet Underground  che parte subito con una batteria quasi ossessiva e la voce di Reed stravolta, intermezzata dalle chitarre in un rock’n’roll quasi violento che rende bene l’idea  del clima newyorkese  dei primi anni’70. (“White light / White light going messin’ up my mind / Don’t you know, it’s gonna make me go blind / White heat / White heat, it tickle me down to my toes / White light / Oh, have mercy, white light have it, goodness knows”) “Luce bianca / Luce bianca che mi rovina la mente / Non lo sai, mi renderà cieco / Calore bianco / Calore bianco, mi solleticherà fino alle dita dei piedi / Luce bianca / Oh, abbi pietà, bianco la luce ce l’ha, la bontà lo sa ”) . Poi “Lady Day”, l’unico pezzo del disco tratto da “Berlin”,  un brano che parte lento e riflessivo ma che diventa devastante  nella parte finale, direi che il brano che mi piace meno del concerto. Resta “Rock ‘n’ Roll”, ultimo brano del disco, già presente in “Loaded” dei Velvet Underground del 1970, qui acquista spessore per le continue rincorse di assoli di chitarra in cui si  alternano momenti di calma , con tastiere e leggere percussioni, ad energiche incursioni sonore.  E’ una interminabile versione  questa Rock ‘n’ Roll, con le chitarre in grande evidenza e con lo splendido assolo di basso Prakash John che conducono verso l’apoteosi finale in cui tutti gli strumenti  si scatenano in un ritmo e una potenza che non conosce uguali. Dopo aver ascoltato intensamente questi 5 piccoli gioielli  non si può non provare soddisfazione nel pensare che il disco calato nella realtà musicale degli anni ’70 sia ancora oggi capace di emozionare e di creare atmosfere appaganti. Un consiglio se vi approcciate per la 1° volta a questo disco fatelo con calma senza fretta, concedetevi 30 minuti di pausa chiudete gli occhi e gustatevi il vostro sogno rock!

Buon ascolto da JANKADJSTRUMMER

DISCOGRAFIA  ESSENZIALE

Transformer (1972)

Berlin (1973)

Rock’n’Roll Animal (1974)

Sally Can’t Dance (1974)

Street Hassle (1978)

New Sensations (1984)

New York (1989)

Songs For Drella (1990)

Magic And Loss (1992)

The Raven (2002)

IL DECOLLO DEGLI U2 scritto da JANKADJSTRUMMER

 

 

Il DECOLLO DEGLI U2. Scritto da Jankadjstrummer

Propongo una biografia della ascesa dei mitici U2 con notizie ed aneddoti pescati di qua e la nel web e romanzati per rendere simpatica la lettura anche per i non amanti della musica rock. E’ un tentativo prendetelo come tale…e buon divertimento!

U2

“Dublino, ottobre 1976”. Fa un freddo cane, tanto è vero che fuori dal portone della Mount Temple School, si aggira solo un giovane liceale, mal vestito e chiaramente in preda ad una crisi di nervi. Si chiama Larry Mullen, ha appena perso il posto di batterista in una delle bande che girano per le vie della città con grancasse e tromboni, fatto fuori perchè non aveva il look giusto: questa la versione ufficiale del suo licenziamento. Sbollita la rabbia, Larry si avvia verso la bacheca degli annunci, per apporre il suo: “Batterista rock cerca musicisti per formare un gruppo”. Non bisogna attendere tanto, pochi giorni e si fanno vivi cinque allievi della stessa scuola: Paul Hewson, i fratelli Dove e Dick Evans, Adam Clayton e Neil Cormick. La formazione a sei, denominata “Feed back”, però, dopo pochi giorni di prove in una cantina di periferia, si rivela un disastro. Neil, infatti, decide di fare le valigie, senza aspettare che qualcuno gli dica di andarsene. I cinque rimasti, visto che non hanno più zavorra, decidono di continuare cambiando il nome in “The Hype”. Dove, che per via della forma a punta della sua testa, viene denominato “The Edge”, si aggiudica la chitarra solista, mentre il fratello Dick deve accontentarsi di quella ritmica; Adam continuerà a suonare il basso, mentre Paul, denominato “Bonovox” (dal nome di un negozio dublinese di cornetti acustici) viene eletto all’unanimità cantante. Bonovox, ancora sotto shock per la morte della madre Iris nel 1974, è un adolescente inquieto. Nella Mount Temple School si fa subito notare per i suoi improvvisi scatti d’ira che lo portano a distruggere tutto quello che gli capita sotto mano. Quando il punk non è ancora un fenomeno di massa, lui si presenta a scuola con capelli rossi sparati in alto, pantaloni viola attillati, giacca stile anni 60 e una catenella di acciaio che va dal naso all’orecchio. Tutto questo lo porta a qualche contrasto con The Edge, l’esatto contrario, un ragazzino timido, figlio di un ingegnere inglese, il cui suo unico interesse nella vita è quello di suonare la chitarra. L’unico vero musicista del gruppo è Adam, che però è il più vispo dei cinque, il ruolo del più figo del liceo gli va a gonfie vele; il suo vero obiettivo, più che a imparare a suonare il basso, è una vita spericolata a base di sesso droga e rock’n roll. Larry Mullen, che in questo periodo è il vero motore della compagnia, organizza la sala prove dove la band muove i suoi primi passi. Il luogo prescelto è un capanno per gli attrezzi nel giardino della casa di The Edge a Malahide, un sobborgo di Dublino. Nonostante il loro impegno ed il loro entusiasmo, i ragazzi si rendono conto, dopo poche settimane, che rifare le canzoni di Patty Smith e dei Talking Heads, è un’impresa superiore alle loro capacità. Decidono così di iniziare a scrivere canzoni. Dick Evans non ci sta e lascia il gruppo per raggiungere i Virgin Prunes. Dopo una bevuta colossale in un pub di Dublino tanto famoso quanto malfamato, un amico di Bonovox, Steve Averill, conia la magica sigla U2. La trasformazione del gruppo è definitiva. U2 può significare “you too” (anche tu), ma è anche il nome del piccolo aereo usato dagli americani alla fine degli anni 50 per spiare le postazioni militari sovietiche. Con una manciata di canzoni appena sfornate, gli U2 si buttano nella mischia e decidono di suonare ovunque ci sia un palco. Una scelta coraggiosa che li porta ad esibirsi in situazioni tragicomiche davanti ad ubriachi cronici. Esauriti i posti dove esibirsi dal vivo, gli U2 afferrano al volo la loro vera prima occasione, stravincendo un concorso per giovani band organizzato dal quotidiano “Evening Press” e dalla birra “Harp Lager”. In palio 500 sterline ed un’audizione presso la CBS. Con l’aiuto del manager Paul Mc Guinnes pubblicano il loro maxi singolo “U2-Three”, in tutto tre canzoni (“Out of Control”, “Stories for Boys” ,”Boy-Girl”) che fanno della band il gruppo di punta della nuova scena irlandese. In pochi giorni la sala prove nel giardino di The Edge viene preso da assalto da centinaia di ragazzine urlanti, costrette ad andarsene per via di una pioggia fastidiosa, provocata dallo scorbutico Larry e dal suo idrante. Il 19 marzo 1980 è il momento della svolta. Bono e compagni vengono arruolati dalla “Island” di Chris Blackwell, l’ uomo che ha fatto conoscere Bob Marley in tutta l’Inghilterra. Il sospirato contratto, però, ha l’effetto di una bomba. In vista delle registrazioni del primo album, la tensione sale alle stelle e gli incontri in studio si trasformano in risse. Gli ultimi giorni di marzo sono i più pesanti, e sono dedicati alla stesura di “I Will Follow”. The Edge è isterico. Ha appena litigato con i genitori, gli ha chiesto di rinviare di un anno l’ iscrizione all’università per concedere una chance agli U2. Alla tensione in sala si aggiunge quella in sala prove, ogni volta che parte con il giro di chitarra di “I Will Follow”, vede Bono scuotere la testa. La scena si ripete un’infinità di volte, si arriva al punto che Bono strappa dalle mani la chitarra di The Edge, ferendolo nel suo orgoglio e scatenando così la reazione di quest’ultimo. Tra liti furibonde, si arriva al 20 ottobre, quando “Boy” compare nei negozi di dischi del Regno Unito. “Finalmente un gruppo pop con il cervello!”: è il coro unanime della critica. Nella prima settimana di dicembre la band sbarca negli States, dove si esibisce al Ritz di New York. L’esperienza americana è devastante, il concerto funziona, ma Barry Ulead, primo manager del gruppo, è scomparso, lo ritroveranno più tardi in un commissariato di polizia dopo aver assistito ad un omicidio. Dopo due giorni viene ucciso John Lennon, a rivolverate, Bono ne rimane sconvolto. Dopo una breve esperienza in Europa, si ritorna in America, ai primi di marzo del 1981, dove quattro simpatiche “grampes” riescono ad introdursi nei camerini rubando una valigietta con 300 dollari ed i testi del nuovo album, “October”. Bono è sull’orlo della depressione, è costretto ad improvvisare in studio i testi delle canzoni. L’atmosfera è tesissima, Bono, Larry e The Edge sono in preda ad una crisi mistica, iniziano a dubitare che la fede cristiana possa sfasare la militanza in un gruppo rock. Nell’aria c’è l’ipotesi dello scioglimento, che a questo punti sembra sicuro, ma, fortunatamente, dopo giorni di riflessione, e forse grazie all’illuminazione divina, i tre si convincono che essere cristiani e suonare in una rock band, non è una contraddizione. Il 1983 è l’anno del terzo album, il quale grazie a pezzi mitici come “Sunday Bloody Sunday” proietta gli U2 nell’olimpo delle mainstream band. E’ l’anno frenetico che Bono e compagni vivono in tour, catapultandosi da un continente all’altro, i concerti sono delle vere e proprie maratone dove può succedere di tutto, ed infatti succede di tutto. Nel Massachuttes, arena di Worchester, scattano le manette per Bonovox. In una pausa tra un pezzo e l’altro, si accorge che due energumeni del servizio d’ordine schiaffeggiano una ragazzina intenzionata a salire sul palco, egli allora si avvicina e strappatala dalle mani dei due, la porta sul palco con lui e la invita a ballare. Appena Bono riprende a cantare, la fan, intrepida americana, si incatena alla sua caviglia con un paio di manette di cui, ovviamente, non ha le chiavi. Bono è costretto, così, a continuare buona parte del concerto con la ragazzina ai suoi piedi, fino a quando non riescono a liberarlo segando le manette. Nel Connecticut, a metà dello show, la batteria di Larry Mullen si spezza in due parti. A Bono saltano i nervi ed inizia ad inseguire il povero Larry ricoprendolo di insulti. Fortuna di Mullen, interviene The Edge che con un paio di cazzotti riporta Bono alla calma. A Los Angeles si arriva all’inverosimile, si sfiora la follia pura, il protagonista è ancora una volta lo scapestrato Bonovox. Verso la fine del concerto si scatena una rissa furibonda nelle prima file. Gli U2 cercano invano di ristabilire la calma, ma fallito ogni tentativo, Bono decide di a fare a modo suo. Sotto gli occhi increduli dei suoi compagni e nello stupore generale, si porta su una balconata e minaccia di lanciarsi nel vuoto. Visto che la folla non reagisce, Bono si tuffa. A salvare il cantante degli U2 sono le decine di persone che ne attudiscono la caduta. Nel 1984 con “The Unforgettable Fire”, gli U2 sono ufficialmente candidati a sostituire i “Police” nel ruolo di band più famosa del mondo. Per il passaggio di consegne si deve aspettare fino al 1986 in occasiona dell’ultima data del tour organizzato per beneficenza da “Amnesty International”. E’ la serata che mette fine all’avventura di Sting e soci. La folla del “Giants Stadium” lo sa bene e accoglie i tre inglesi con un boato assordante, lo show prosegue senza sorprese fino a “Invisible Sun” quando succede quello che nessuno si sarebbe aspettato: uno alla volta i membri degli U2 entrano sul palco e sostituiscno quelli dei Police. Larry si siede al posto di Copeland, Adam si infila il basso di Sting, The Edge la chitarra di Summers e Bonovox si impossessa del microfono, dopo alcuni attimi di silenzio da parte del pubblico incredulo, è il delirio. Da questo momento in poi lo scettro di band del pianeta è nelle mani dei quattro di Dublino. Gli U2, sull’onda dello strepitoso successo, continuano a stupire: addirittura finiscono sulla copertina del “Time”, prima di loro vi erani riusciti solo i Beetles. Le riprese del videoclip di “Where the streets have no name”, girato sul tetto di un negozio di liquori a Los Angeles, paralizzano la città. Migliaia di persone prendono d’assalto l’edificio costringendo la polizia a chiudere il traffico per parecchie ore. Il concerto all’ “Olimpic Stadium” entra direttamente nella storia: in onore della band viene accesa la fiaccola olimpica. Era accaduto solo per l’inaugurazione delle Olimpiadi e per l’arrivo del Papa. A questo punto non li può fermare più niente e nessuno. Non riesce a fermarli neanche il sindaco di San Francisco che trascina Bono in tribunale, dopo che quest’ultimo aveva imbrattato una statua con la frase: <>. Il risultato: Bono viene assolto, mentre il sindaco non viene riconfermato al rinnovo dell’am/ne cittadina. Non riescono a fermarli neanche la minaccie di morte, che li costringono ad esibirsi, per qualche anno, su di un palco protetto dalla polizia in borghese. Sono gli anni di “The Joshua tree”. Gli U2 sono ormai consolidati al punto di trasformare in oro tutto quello che toccano. Dopo lo sgretolamento del muro, mentre la DDR scompariva dalle carte geografiche, Bono e soci si muovevano per le strade di Berlino, cercando ispirazione dall’atmosfera di cambiamento che si respirava. La base operativa sono gli studi Hansa dove David Bowie ha inciso i suoi tre album più rappresentativi. Nascono qui i pezzi di “Actung Baby”(1991): il disco che cambia volto al sound di Bono e compagni. Musica elettronica, ritmi “industrial”, noise rock ed il solito grande gusto melodico sono gli ingredienti della nuova avventura. Più del disco, però, quello che lascia a bocca aperta è la scenografia dello “Zoo TV Tour”, fatta di schermi giganteschi, televisori dappertutto, macchine Trabant sospese nel vuoto, e cellulare a disposizione di Bono per chiamare durante i concerti gli uomini politici più rappresentativi. Non c’è mossa degli U2 che non finisca in prima pagina, figurarsi quando Bono e compagni manifestano insieme a Green Peace contro l’installazione di un impianto nucleare a Sellafield nel nord-ovest dell’Inghilterra. Intanto Bono da “The Fly”, la famelica rockstar con gli occhiali neri protagonista dello “Zoo TV Tour”, si trasforma in Maephisto, un piccolo diavolo con tanto di corna. Il cambio di look avviene in contemporanea con la pubblicazione di “Zooropa”(1993), insieme a “The Joshua Tree”, uno degli album più belli in assoluto. “Zooropa” è l’ultimo album in studio prima di “Pop”, uscito nel marzo del 1997. Dopo il grande spettacolo di Reggioemilia, che è di quelli che mozzano il fiato, con più di 150mila fans scatenati, dove Bono arriva agridare sul palco:<>, gli U2 sembrano volersi prendere un po’ di riposo. Rimangono comunque sulla cresta dell’onda, restando sulla scena per il loro impegno sociale. In occasione del Giubileo, infatti, sperano la richiesta del Papa di eliminare, per questo evento, il debito dei paesi del terzo mondo, verso quelli più industrializzati. Bono si fa portavoce in tutto il mondo di tale richiesta, (chiamata “Jubilee 2000”) arriva addirittura in Italia in occasione del Festival di San Remo, dove insieme a Jovanotti si esibisce sul palco dell’Ariston, dopo aver avuto un colloquio con il Presidente del Consiglio, Massimo D’Alema, il quale, oltre a cancellare il debito che tali paesi hanno con l’Italia, si impegna anche a far si che le altre nazioni seguano l’esempio italiano. Segue qualche mese di lavoro in studio, e finalmente ritornano con “All that you can’t leave behind”. Il resto è storia recente.

BRANI SENZA TEMPO “ Street Spirit” dei Radiohead by Jankadjstrummer

 

“ Street Spirit” dei Radiohead.

La prima volta che ho ascoltato questo brano ero in macchina in viaggio, il bimbo dormiva dietro sul seggiolino e anche mia moglie si era addormentata, era il Natale1996 ricordo di averla ascoltata distrattamente ma mi colpi il continuo arpeggio della chitarra, sempre lo stesso accordo in LA minore ( cosi mi disse un mio amico chitarrista)   fino a che non parti la voce di Tom Yorke fredda, malinconica con un crescendo dal sapore onirico. Il classico brano che non ti lascia indifferente che ha qualcosa dentro che ti cattura. L’ho dovuto riascoltare subito che capirci di più, mi colpì subito la frase finale nel testo   “Immerse your soul in love”, che sta per “Immergi la tua anima nell’amore”, mah, o non capisco le parole o forse è una frase idiomatica. Nei giorni successivi ho cercato il testo per capirci di più e ho scoperto questo capolavoro:

Ordinate file di case mi si avvicinano con fare minaccioso (Rows of houses all bearing down on me) e le loro tristi maniere mi commuovono (I can feel their blue hands touching me). Tutto è in posa (All these things into position) tutto in fila in posizione. È tutto ciò che ci preoccupa e finirà con noi (All these things we’ll one day swallow whole) per poi dissolversi. Succede sempre così (And fade out again and fade out). Questo automa non sarà mai in grado di comunicare ciò che mi affligge e lo stress a cui sono sottoposto (This machine will, will not communicate – These thoughts and the strain I am under). Sii una persona astuta e traccia un cerchio attorno a tutti noi prima che sprofondiamo negli inferi e ci dissolviamo ancora e ancora (Be a world child, form a circle before we all – Go under – And fade out again and fade out again). L’attaccamento alla vita è ancestrale, l’istinto di sopravvivenza riguarda esclusivamente il corpo e prescinde dalla volontà. Un feto che non sarà mai partorito e uccelli che sono già morti gridano mentre si battono per rimanere in vita (Cracked eggs, dead birds – Scream as they fight for life). Riesco a percepire la morte, vedo quei suoi occhietti biechi (I can feel death, can see its beady eyes). Tutto è in ordine (All these things into position), finirà con noi (All these things we’ll one day swallow whole) e poi si dissolverà. Succede sempre così (And fade out again and fade out again).
Poi prendi la tua Anima, portala sulle rive dell’Amore e immergila. Purificala, (immerse your soul in LOVE.).

Un testo psichedelico, oscuro e al tempo stesso onirico ma che non lascia nessuna speranza, un doloroso turbamento che ti infila in un tunnel di cui non si vede la luce. Il brano sembra che ci debba buttare negli inferi ma forse invece ci protegge, è questa la grandezza di Tom Yorke e C..

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CANZONI ROCK STORICHE – Charlie don’t surf – TRA CLASH E BAUSTELLE jankadjstrummer

 

 

CANZONI ROCK  STORICHE  – Charlie don’t surf – TRA CLASH E BAUSTELLE

Tutto inizia con  quel capolavoro del 1979 che  è il film Apocalipse Now di Francis Ford Coppola, nella sua pellicola sulla guerra del Vietnam  ci sono delle scene cult che sono finite nella storia del cinema tipo quelle: «I love the smell of Napalm in the morning» “ adoro l’odore del Napalm al mattino”  oppure i soldati in  elicottero che bombardano con sotto la Cavalcata delle Valchirie di Richard Wagner o l’inquietante inizio del film con gli elicotteri che prendono il volo c con il loro tipico rombo accompagnato da The end dei Doors.                                                                                                            «Charlie don’t surf!», però, è tra le citazioni che hanno lasciato di più il segno. Charlie è il nome in codice che identifica i Viet Cong, il surf la passione del colonnello Kilgore che con i suoi uomini, esibisce la superiorità degli americani sui vietcong, facendo surf sul delta del fiume Mecong , pronunciando la famosa frase “Charlie don’t surf” ovvero I Vietnamiti non surfano. Loro non sono americani, loro non surfano come noi. La loro cultura non è la nostra, la loro storia nemmeno, a suggellare la goffa e presuntuosa superiorità degli USA gli unici che possono ambire a conquistare il mondo. I primi a cogliere al volo questo messaggio sono I Clash: nel 1980, nell’album “Sandinista” troviamo proprio “Charlie don’t surf”, una beffarda critica  alla politica USA, alle loro multinazionali che invadono il mercato modiale,  al loro becero capitalismo e tutti i loro sempre più frequenti  abusi di potere Il brano incita, con ironia, i vietcong a non farsi bombardare di Napalm ma a fare surf anche loro. Un messaggio di lotta che vale per il mondo intero.                                                                                               Fu poi la volta dell’artista milanese Maurizio Cattelan, che con la sua opera “Charlie don’t surf”  allude ad  una libertà violata, un messaggio esplicito in cui viene ritratto un manichino di un ragazzino con le mani inchiodate con due matite a un banco scolastico. Questa volta Charlie è impersonificato con una figura infantile che subisce i soprusi di una società capitalistica e rigida nei confronti dei minori.                                                                                                       Lo stesso concetto lo ritroviamo, ancora più approfondito, nella canzone dei Baustelle “Charlie fa il surf” in cui Bianconi ripropone la questione, questa volta  dal punto di vista di un ragazzino ribelle, ( lui il surf lo fa) di quindici anni, che si droga, si diverte e se ne frega di tutto e di tutti. Il testo può essere visto come una critica alla gioventù odierna e alla sua mancanza di valori e di fatiche, ma anche come un attacco al “mondo di grandi” il giovane viene invitato a sfregiare, crocifiggere e uccidere Charlie, come insegnamento e punizione. Secondo Bianconi gli adolescenti sono “ dei piccoli cristi caricaturali vittime di una società vuota, senza valori, che li vuole tutti uguali anche nel momento della trasgressione. In questo brano li prendo un po’ in giro ma un po’ li compatisce perché la loro trasgressione è falsa e serve soltanto a tenerli a bada e ad omologarli. La colpa torna quindi alle leggi di mercato, ai miti americani che ingabbiano i sogni di una generazione cresciuta a consumismo e M.D.M.A. ( i cd ACIDI in pasticche ).  La figura di Charlie ha quindi ormai acquisito un valore simbolico di denuncia verso il tutto il mondo americano, verso il potere capitalistico e verso la violenza morale dell’imposizione di potere. La cosa che più mi piace di questo filo che unisce le varie esperienze artistiche, cinema ,arte, rock  e che molto spesso le arti si intersecano e  rappresentano fervide esperienze che ispirano i giovani a lavorare sulle idee per il loro futuro e che spingono a farci credere che non tutto è perduto.

JANKADJSTRUMMER

 

charlie_dont_surf cattalanMAURIZIO CATTALAN

THE CLASH  –  CHARLIE NON FA IL SURF

Charlie non fa il surf ma pensiamo dovrebbe
Charlie non fa il surf e non è una bella cosa
Charlie non fa il surf per la sua mammina hamburger
Charlie diventerà una star del napalm

Tutti vogliono comandare il mondo intero
Deve essere una nostra tara ereditaria
E non impareremo mai
Che i satelliti bruceranno l’universo

Ci hanno detto di tener lontani gli stranieri
Non ci piace averli in mezzo ai piedi
Non li vogliamo a spasso in città
Li spazzeremo via dalla faccia della terra

Il regno delle superpotenze deve finire
Tutti questi eserciti non libereranno il mondo
Presto il rock prenderà il sopravvento e tutto cambierà
L’Africa soffoca bevendo la loro cocacola

Charlie non fa il surf ma pensiamo dovrebbe
Charlie non fa il surf e non è una bella cosa
Charlie non fa il surf per la sua mammina hamburger
Charlie diventerà una star del napalm

In una citta noiosa non c’è modo di divertirsi
Un mucchio di gente fissata va in giro a vantarsi
Tu puoi sfotterli umiliarli
Ma questa gente ci falcerà via

Che schifo, che schifezza

BAUSTELLE  –  CHARLIE FA SURF

Vorrei morire a questa età
vorrei star fermo mentre il mondo va
ho quindici anni
Programmo la mia drum-machine
e suono la chitarra elettrica
vi spacco il culo
è questione d’equilibrio
non è mica facile
Charlie fa surf, quanta roba si fa MDMA
ma le mani chiodate se
Charlie fa skate, non abbiate pietà
crocifiggetelo, sfiguratelo in volto
con la mazza da golf
alleluja alleluja
Mi piace il metal, l’r’n’b
ho scaricato tonnellate di
filmati porno
e vado in chiesa e faccio sport
prendo pastiglie che contengono
paroxetina
Io non voglio crescere
andate a farvi fottere

Charlie fa surf, quanta roba si fa
MDMA
ma le mani chiodate da
un mondo di grandi e di preti fa skate
non abbiate pietà
una mazza da baseball
quanto bene gli fa
alleluja alleluja

UN BREVE INCONTRO CON GLI AREA – Arbeit Macht Frei – scritto da Jankadjstrummer

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UN BREVE INCONTRO CON GLI AREA

“Arbeit Macht Frei”, Il lavoro rende liberi, questa era la scritta che primeggiava sul cancello del campo di concentramento di Aushwitz e questo il titolo scelto dagli Area per il loro debutto discografico. Per capire le alchimie che stanno alla base della loro musica è necessario contestualizzare il momento storico del loro percorso artistico, segnato dalle ideologie marxiste e caratterizzato dal forte impegno politico e umano. Musicalmente ondeggiavano dall’improvvisazione free jazz al rock, senza peraltro tralasciare la  musica etnica, l’avanguardia e la tradizione popolare, come fonte di ispirazione. A contribuire alla originalità artistica degli Area era la presenza di Demetrio Stratos, una delle voci più importanti e tecnicamente progredite del panorama italiano. Le interpretazioni di Demetrio erano caratterizzate da un’estensione vocale notevole e da un’emissione altrettanto potente. Il suo studio sulla voce lo accompagnerà nell’arco di tutta la sua breve carriera. La loro musica è assolutamente innovativa affidata quasi tutta al vulcanico Patrizio  Fariselli. Le combinazioni di stili di cui si parlava, saranno sviluppate e trovano posto nelle incursioni elettroniche dell’album ’ “Caution Radiation Area” (’74) e al confronto con la canzone tipo “Gioia e rivoluzione” (da “Crac”, ’75) –       ” …il mio mitra e’ un contrabbaso che ti spara sulla faccia cio’ che penso della vita; con il suono delle dita si combatte una  battaglia che ci porta sulle strade, dalla gente che sa amare.”  fino al  jazz-rock più attento e maturo degli ultimi album senza Demetrio Stratos. Anche per loro si parla di musica progressive ma nella sua  accezione più  evoluta, riferita al superamento degli schemi tradizionali e contaminando gli stili classici del rock. Per quanto riguarda invece l’impegno contenutistico del progetto Area basta prendere i testi per capire che siamo in presenza di testi più colti, ermetici, pieni di metafore e tutti firmati da Frankenstein alias Gianni Sassi il loro produttore. Nella prima formazione degli Area compare anche il bassista Patrick Djivas che però lasciò il gruppo per entrare nelle file della PFM, fu sostituito già dal secondo LP Ares Tavolazzi considerato il miglior bassista e contrabbassista italiano. Gli Area, ben presto diventano il  fenomeno musicale e sociale degli anni ’70  identificato con le  utopie e desideri della generazione che si colloca nell’area della protesta  extraparlamentare, senza nascondere simpatie per un certo “folklore” filo arabo, “International Popular Group” campeggiava sotto  la sigla AREA, perché forte era la loro affinità con il “Movimento” , tanto da  allegare come gesto provocatorio, all’uscita del primo album ARBEIT MATCH FREI, una minacciosa pistola  di cartone metafora per alludere alla cultura e non alla violenza. L’attività concertistica era alla base del loro progetto, suonarono a fianco dei NUCLEUS, dei GENTLE GIANT, in concerti in solidarieta’ con il Cile, con JOAN BEAZ favore del Vietnam, hanno partecipato per tre anni di seguito al FESTIVAL DI RE NUDO, AL PARCO LAMBRO  di MILANO fino ad  un concerto  terapeutico presso l’ Ospedale Psichiatrico di Trieste e alla partecipazione al FESTIVAL MONDIALE DELLA GIOVENTU’ a CUBA. Una delle ultime occasioni di vedere gli AREA, purtroppo senza DEMETRIO fu quella del 14 giugno 79 all’ Arena di Milano. Li quella sera, tantissima gente, tutti i migliori musicisti italiani e gruppi erano presenti al grande raduno, organizzato per  raccogliere fondi per sostenere l’operazione chirurgica di DEMETRIO STRATOS, ricoverato in ospedale a causa di un fulminante tumore al midollo spinale che lo stronco’ tragicamente la sera prima del Concerto. Il prosieguo dell’attività degli Area è segnata da alcuni album pubblicati negli anni ’80, interessanti dal punto di vista musicale ma privi di quella originalità e di estro di cui solo Demetrio era capace di far venire fuori.

FORMAZIONE :  Patrizio Fariselli: Tastiere  Giulio Capiozzo: Batteria Demetrio Stratos: Voce,  Paolo Tofani: Chitarra  Ares Tavolazzi: Basso

Discografia di Demetrio Stratos Solista
METRODORA 1976 (Cramps)
O’TZITZIRAS O’MITZIRAS 1978
CANTARE LA VOCE 1978 (Cramps)
RECITARCANTANDO 1978 live con LUCIO FABBRI (Cramps)
ROCK and ROLL EXHIBITION 1979 (Cramps) con Mauro Pagani, Paolo Tofani
CONCERTO ALL’ELFO (1997) (Cramps)
SUONARE LA VOCE (VHS)
LE MILLEUNA (Cramps 1980)
con I  RIBELLI : “Pugni Chiusi” (Ricordi 1967)
con ALBERTO RADIUS: RADIUS (Numero Uno 1972)
con JOHN CAGE: JOHN CAGE ( Cramps 1974)
con GAETANO LIGUORI – GIULIO STOCCHI Cantata Rossa per Taal El Zaatar 1976
con ARTISTI VARI : POESIA SONORA (Futura Cramps 1978 / 7Lp, Artis 1989 / 5cd)
con MAURO PAGANI : “MAURO PAGANI” (Ascolto 1978)
“Poesia Sonora” (Cramps /Futura 1978)
con il Gruppo dei CARNASCIALIA : “Carnascialia” (Mirto/Phonogram 1979)
DISCOGRAFIA  – AREA ( INTERNATIONAL POPULAR GROUP )
 Arbeit macht frei Luglio,Agosto,Settembre (nero)
Arbeit macht frei
Consapevolezza
Le labbra del tempo
240 chilometri da Smirne
L’abbattimento dello Zeppelin
 Caution radiation Area Cometa Rossa
ZYG (Crescita Zero)
Brujo
MIRage?Mirage
Lobotomia
 

CRAC!

L’Elefante Bianco
La mela di Odessa
Megalopoli
Nervi Scoperti
Gioa e Rivoluzione
Implosion
Area 5
  AREAZIONE Luglio,Agosto,Settembre (nero)
La mela di Odessa
Cometa Rossa
Area(A)zione
L’Internazionale
 

MALEDETTI

Evaporazione
Diforisma Urbano
Gerontocrazia
Scum
Il massacro di Brandeburgo numero tre in sol maggiore
Caos (parte seconda)
 

AREA  IL MEGLIO

CD1
Evaporazione
Arbeit Macht Frei
Luglio,agosto,settembre (nero)
L’abbattimento dello Zeppelin
ZYG
Cometa Rossa
Lobotomia
Il massacro di Brandeburgo numero tre in sol maggiore
L’Elefante Bianco
Gerontocrazia
CD2
La Mela di Odessa
Gioia e Rivoluzione
Scum
Giro,Giro Tondo
L’Internazionale
Boom Boom
Improvvisazione
 

Antologicamente

L’Elefante Bianco
Megalopoli
La Mela di Odessa
Lobotomia
Presentation Concerts Lisboa
Arbeit Macht Frei
Cometa Rossa
Luglio,agosto,settembre (nero)
L’Internazionale
L’Abbattimento dello Zeppelin (1973)
Arbeit Macht Frei (1973)
ZYG (1973)
Citazione da George L.Jackson (1974)
Nervi Scoperti (1975)
Gerontocrazia (1976)
Il Bandito del deserto
Interno con figure e luci
Return from Workuta
Guardati dal mese vicino all’aprile
Hommage a’ Violette Nozieres
Ici on Dance!
Acrostico in memoria di Laio
“FFF”(Festa,Farina e Forca)
Vodka Cola
 

Event 1996

registrato dal vivo all’UNIVERSITA’ DI MILANO
Caos II parte1
Caos II parte2
Event ’76
Il CONCERTO (Arena Civica,Milano 14 giugno 1979)(Cramps 1980)
per ricordare demetrio
morto il 13 giugno 1979
La Torre dell’Alchimista
Danza ad Anello
A.S.A.
Lectric Rag
La Luna nel Pozzo
TIC & TAC
Quartet
Sibarotega
Chantee d’Amore
Antes de Hablar Abra la B
Si sciolgono dopo poco per riformarsi nel 1997, esce l’album dal titolo:
 

 

1991 Chernobyl

15.000 umbrellas (part 1)
15.000 umbrellas (part 2)
Liquiescenza
Wedding day
Chernobyl 7991
Fall Down
Il Faut Marteler
Efstrations
Mbira & Orizzonti
Colchide
Deriva (sogni sognati vendesi)
Sedimentazioni