RIASCOLTATI PER VOI – BAUHAUS – IN THE FLAT FIELD
- Dark Entries
- Double Dare
- In The Flat Field
- God In An Alcove
- Dive
- Spy In The Cab
- Small Talk Stinks
- St. Vitus Dance
- Stigmata Martyr
- Nerves
Ieri mentre riordinavo il mio archivio musicale MP3 mi sono imbattuto in un album storico che mi ha riportato indietro di quasi 40 anni, il magnifico “In the flat field” dei Bauhaus pubblicato nel 1980. Si tratta del loro primo album ufficiale, anche se bisogna dire che il gruppo aveva già raggiunto una certa notorietà con un EP che includeva la funerea “Bela Lugosi’s Dead” che diventò un inno del gothic rock, un omaggio all’attore Bela Lugosi famoso per aver interpretato tante volte il vampiro Dracula, personaggio che influenzò tanto l’attore da divenirne schiavo. Il nome Bauhaus è ispirato al movimento architettonico/ artistico della Germania degli anni ’20, il nucleo storico della band è composta dal chitarrista Daniel ASH, dai fratelli Haskins batteria e basso, e da Peter Murphy cantante e portavoce del gruppo. Ma veniamo rapidamente al disco che si presenta di “rottura” già dalla copertina, una bella foto in bianco e nero di un corpo nudo maschile che pare suoni una trombetta celestiale su un fondo nero. Ma quando parte l’introduzione e il primo brano “Double Dare” si capisce subito che stiamo varcando la porta degli inferi, la batteria che va a circolo su un riff di chitarra un po’ distorto mentre la lugubre voce di Murphy diventa al tempo stesso glamour e rabbiosa, da qui forse la doppia sfida del titolo. Parte il pezzo omonimo In the flat field è si è investiti da una frenetica batteria e da un basso ipnotico mentre le chitarre diventano velenose e producono un atmosfera quasi da trip psichedelico. La voce triste di Murphy urla un testo che da l’idea della sua paranoia esistenziale (“I do get bored, I get bored In the flat field” ), della paura di non farcela (“Find me out this labyrinth place”) e della voglia di rigare dritto (Assist me to walk away in sin, Transfer me to that solid plain). God in an alcove è un altro pezzo tirato in cui è ben in evidenza il basso che accompagna la chitarra agitata e frenetica di Ash, anche qui la voce di Murphy è libera e senza freno spazia da toni epici cantati di gran classe ad urla lancinanti e a toni funerei, “We’re going down to the kamikazi dive Like insects in a Chinese lantern now “ sto precipitando in basso a testa in giù come un insetto che cade in una lanterna cinese è una dichiarazione di sconfitta in chiaro spirito punk. Questi primi 4 pezzi sono veramente tosti, una sequenza allucinante che fu riproposta nel loro concerto al Tenax di Firenze dei primi anni 80 che mi impressionò, sembrava si essere ad un sabba sacrificale in cui gli adepti perfettamente abbigliati in nero con tuniche e visi marcatamente truccati con matita nera e fondotinta bianco seguivano le scorribande schizzoidi di Murphy. Nel prosieguo del disco i toni si attenuano, si scivola verso un sound malinconico e dalle atmosfere rarefatte in cui l’accostamento con i Joy Divicion diventa più marcato; Spy in the cab rappresenta il vero stile dark, una canzone che riferisce di una strada che conduce alla pazzia attraverso l’ossessione di essere sempre spiati da un Grande Fratello. Small talk stinks, è il pezzo piu banale dell’album, forse quello più commerciale, una chitarra semplice ed accattivante che però non riesce a trasmettere nulla mentre si ritorna ai ritmi iniziali con il brano St.Vitus Dance chitarre distorte e batteria persistente riescono a creare atmosfere insolite ed originali, anche qui la voce ha un ruolo determinante nella economia del brano gli da un glam che ricorda il migliore Iggy Pop. La location di Stigmata Martyr potrebbe essere una chiesa sconsacrata in stile gotico dove vengono compiuti sacrifici e consegnati doni al diavolo, qui il basso ti avvolge e la voce diventa di nuovo terrificante mentre la chitarra tesse una danza evocativa, qui Murphy diventa sacrilego ed evoca immagini della Passione di Cristo e recita una preghiera in latino che diventa in questa circostanza parecchio macabra. (“In nomine patri et filii et spiriti sanctum”) Il disco si chiude con Nerves che rappresenta la ciliegina sulla torta, si tratta di un pezzo quasi improvvisato con note a casaccio, rumori metallici e rintocchi da funerale che suggellano il marchio Bauhaus. Anche qui, in primo piano, l’eclettismo e la presenza scenica di Murphy riescono a creare uno stile ripreso da uno stuolo di gruppi della scena dark. Un finale ai limiti della schizofrenia in cui è ben chiaro lo spirito trasgressivo del gruppo dove la drammaticità delle composizioni diventa motivo di teatralità. Devo dire senza ombra di dubbio che riscoltare questo album è stato un salto all’indietro verso un periodo in cui il post-punk e il dark erano radicati in tantissimi giovani che avevano oltrepassato la stagione degli impeti giovanili dettati dal punk più viscerale. Si tratta di un disco essenziale per capire il fenomeno perché è una esplosione, un vulcano in eruzione che ha condotto la musica rock verso un flat field.
Buon ascolto o riascolto da jankadjstrummer