GIORNI STRANI

Vita di comunità: mai come ora dobbiamo fare appello a ogni nostra singola cellula. E' giunto il momento di imprimere una violenta accelerazione all'intelligenza della nostra specie, come una frustata di tramontana: l'occhio non sarà occhio e la mano non sarà più mano, negli anni venturi.

Creato da sergioemmeuno il 22/04/2011
 

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Personaggi e fatti

Il nome e cognome dei personaggi appartenenti ai racconti e ai tag "frammenti di scrittori in erba" e "il mio romanzo", come pure i fatti narrati, sono frutto della mia fantasia.

 

Messaggi di Luglio 2012

Annata 1974: frame su ciò che ero, e su ciò che pensavo sarei divenuto...

Post n°678 pubblicato il 31 Luglio 2012 da sergioemmeuno
 

 

   No, non è facile spiegare certe cose, le parole hanno limiti. Ma ci proverò.

   La natura è già presente nei nostri abissi, grezza ma ben ramificata, sin da quando veniamo al mondo. E ne parlo con cognizione di causa. Ognuno di noi parte da quel porto.

   Questa foto in cui sono felice in un campo è di quando avevo quattro anni… L’età dell’innocenza e della spensieratezza, viene ripetuto come un mantra da sempre. Peccato che non mi faccia tanto facilmente ingannare dalle foto: diversi ricordi, dai tre anni in su, sono rimasti registrati nel mio archivio; e spesso i pensieri erano grigi, dilanianti. Forse la rinomata depressione infantile?

   Rimembro, ad esempio, quando rimanevo i pomeriggi da solo dai nonni, mentre volavano nell’aria le note della sigla del Dipartimento Scuola Educazione; su tutte, il meraviglioso pezzo Oxygene di Jean Michele Jarre.

   Mi ripassano i frame di quando a volte, nella testa, ripetevo il mio nome e cognome…Sergio M… sino alla paranoia.

   Ricordo, altresì, quando gli altri bimbi torturavano le lucertole o i gattini, ma a me quei giochi facevano ribrezzo.

   Sempre in quell’età, riscorrono i frame di quando “sentivo” le mie prime pulsioni sessuali; specie quando quella donna, con quel seno ballonzolante, mi correva dietro per gioco.

  Evidentemente, in quegli “anni spensierati” la coscienza era già presente, ingombrante, vigile. Altra spiegazione non c’è. E sarei lieto di confrontarmi con voi tutti su esperienze simili.

   E il fatto più curioso non è solo il rivedersi quelle immagini, quei suoni di Jarre o altro, quei profumi di succo di frutta alla pera o marmellata alle more… l’elemento strano – un vero trip – è ricordarsi ciò che all’epoca pensavo sul mio futuro, su ciò che sarei potuto divenire, anzi, su ciò che sarei divenuto. E forse, a dirla tutta, il piccoletto non ci era andato poi così lontano: ma qui, ci vorrebbe un post a parte, tutt'altro che facile da buttare giù.

   Vienimi a trovare qualche volta, Sergiolino. Eh?!

Buenos dias a toda la comunidad!

 

 
 
 

Sir Edward e quella meraviglia in un'oasi di cemento.

Post n°677 pubblicato il 28 Luglio 2012 da sergioemmeuno
 

  

 

  Appuntamento consueto del giovedì sera al Café Le Procope, sulla rue de l'Ancienne Comédie.

   <<Qual è stato, Edward, il tuo amore più... insomma, sì... più particolare>>, gli chiesi osservando quegli occhi imprescrutabili.

   <<Commissa', cosa significa "particolare">>, rimase spiazzato, e quasi mummificato, con quel braccio in avanti, con la cenere che si era accumulata sulla sigaretta. Cenere pigra. Lesse il mio pensiero: <<Intendi, un amore prezioso... speciale? a prescindere da tutto?>>

   <<Esattamente, sir.>>

   Un sorso di cognac, i suoi occhi si liquefarono. <<Anni fa, con una giovane donna, partì tutto da un'amicizia fatta di confidenze e di storie...>>

   <<Continua, sir. Ti prego.>>

   <<In breve tempo, capimmo che avevamo bisogno l'uno dell'altro.>>

   <<Fin qui nulla di anomalo... cosa c'era di diverso>>, obiettai smanioso di seguirlo sul filo di quei ricordi.

   <<Un attimo, eh! Avevamo ambedue la stessa percezione>>, un segmento di esitazione, <<era come se una meravigliosa creatura si fosse creata una vita a se stante, nutrendosi delle nostre fragilità, sensazioni, pensieri... non so se rendo...>> balbettava adesso. <Capisci? si era voluttuosamente attaccata a noi, armata di mestiere, potere, consapevolezza.>> E gesticolava con lo stuzzicadente dentro il bicchierino.

   <<Una deliziosa e  luminosa  entità che vi attraversava, parlava la vostra stessa lingua, vi univa, suppongo... succhiando avida energia...>>

   <<Oggi mi stupisci, ehe. E  sì, è proprio così. Una creatura che ci aveva sottratto da questa dimensione, da questo mondo conosciuto. Per mostrarci i prodigi del suo Giardino incantato.>> E sorrise di una tenerezza incredula, mistica: <<E il Tempo ci era estraneo. E non ci dispiaceva affatto che ci succhiasse energia, credimi... perché ci ripagava immensamente, in qualche modo... Nel nostro sfinimento eravamo felici perché nudi, dimentichi di noi stessi.>>

   <<Bellissimo, sir. Mi hai fatto affacciare su un'oasi di verde...>>

   <<No carissimo, perdonami.>> Guardò in un angolo verso il basso. <<Una meraviglia in un'oasi di cemento.>>

Una meraviglia in un'oasi di cemento.

 
 
 

Destino, quel Librone della nostra vita, la mia imbranataggine con le donne...

Post n°676 pubblicato il 27 Luglio 2012 da sergioemmeuno
 

 

 

   Spesso e volentieri, non a torto, nel corso della nostra meravigliosa esistenza tiriamo in ballo il Destino… sicché ci diciamo che doveva andare così o additiamo qualcun altro per la spiegazione di ciò che è successo. Nell’amore, nei rapporti d’amicizia, nel lavoro, nell’arco lungo di questo dono, a volte inconsapevole, che si chiama Vita.

   Destino deriva dal greco ìstemi (sto), che a sua volta discende dalla radice indoeuropea sta che indica lo stare fermo, la posizione fissa. Curioso come questa antichissima radice sia comune a moltissime parole: statica, stabilità, stelo, ostinazione.

 

   Ma possiamo veramente cambiare e addirittura invertire il corso degli eventi? O ci possiamo sbattere fin quanto vogliamo, ma tutto è già scritto su quel Librone sacro che sfogliamo giorno dopo giorno?

  

   Ecco, volgendomi indietro, mi viene da pensare al mio rapporto con le donne. A causa di condizioni non ottimali – la mia timidezza/insicurezza, un ambiente probabilmente provinciale e una scuola prettamente maschile –, nella mia prima gioventù ero davvero un disastro… Finché, un bel giorno, nel culmine della depressione più acuta, presi il toro per le corna e mi rivolsi a uno fattucchiere, il Dottor V, che mi annullò la presunta negatività in cinque o sei sedute. Soluzione pittoresca che, per ovvie ragioni, sconsiglierei a chiunque… tant’è mi è servita a liberarmi di ogni blocco e, da lì a breve, avrei fatto numerose conoscenze. Complice anche il nuovo ambiente metropolitano.

 

   E questa nuova mentalità toccò l’apice nell’estate del 1994, quando conobbi la mia attuale compagna di vita. In un’agenzia di assicurazioni, captai le onde sonore che veicolavano le risposte di una fresca donzella, a un paio di metri da me, al fortunato agente di fronte: era il suo numero di telefono, e non me lo sarei mai più dimenticato. Non me lo scrissi affatto su carta, ma ciò non mi impedii di ricordare quelle cifre e telefonarle la sera stessa: la sorella mi disse che non era in casa. Riprovai il giorno dopo e riuscii a parlarle, spiegandole che l’avevo notata in agenzia e desideravo incontrarla. Al secondo appuntamento, scattò il primo bacio e poi tutto il resto.

 

Molti pensatori hanno scritto del Destino, ma il pensiero del maestro indiano Osho Rajneesh lo trovo il più calzante:

“Accettare l'esistenza del fato comporta un suicidio, in quanto toglie ogni responsabilità all'essere.”

 

Insomma, la mia idea è che quando sentiamo il bisogno di forzare certi eventi lo dobbiamo fare, con determinazione feroce.

Con i denti, con le unghie, con la bava alla bocca, con la presenza di noi stessi…

 

Beninteso, non sempre le cose potranno andare come desidereremmo, no? Ma il “nostro” dobbiamo comunque farlo, oserei dire con "spirito olimpico"… male che vada lo zainetto sulle nostre spalle sarà più ricco...

  

 

E voi, avete qualche esempio da rispolverare in cui avete impugnato con fermezza il vostro Destino, intraprendendo quindi una Nuova strada?

 
 
 

Primi anni '90: il mio amico Claudio, quella fiamma intensa, il Signor Crono...

Post n°675 pubblicato il 26 Luglio 2012 da sergioemmeuno
 

 

   Salve a tutti… sono partito sul filone del “come eravamo” e, poveri voi, credo che ormai mi ci soffermerò tutte le volte che avverto questa morsa dentro il ventre…

   Pensando allo sport, ci sono le annate in cui si verificano quelle condizioni particolari per cui una squadra outsider o uno sportivo di non primissimo piano vince inaspettatamente e dominando.

   Ecco, spostandomi ora nei rapporti umani, penso possa succedere un qualcosa di simile, un’amicizia o un amore che in un breve periodo esplode dal nulla e lascia i suoi solchi profondi nella tua anima: una fiamma breve ma intensa, che non baratteresti con null’altro; una fiamma alla quale, tutte le volte che ti ci riavvicinerai, ti farà sentire calore, tenerezza – lo stesso Signor Crono che passa per riscuotere la rata: sempre con quel ghigno e quel sigaro in bocca, lui, il bastardo –, finanche la voce e il sorriso  fresco e le frasi spassose del tuo compagno… nella fattispecie, voci e sorrisi di quei vent’anni urlati, rampanti. Già, i vent’anni…

 

   E dopo anni in cui ci eravamo tenuti quasi a distanza, pur frequentando  tre annate nello stesso gruppo scout, nella primavera e nell’estate del 1991 scoppiò la nostra amicizia che ci appiccicava l’un con l’altro per l’intera giornata. Gli amici della comitiva venivano e andavano, ma noi due costituivamo una bipolarità umana inscindibile.

Lavoro nei campi di pomodoro,  e poi via! al mare di S.Agostino, col sottofondo degli Alan Parsons.

Partite di risiKo! in notturna, con spaghettate piccanti e bicchieroni di tropical bat

La fissa per quelle sigarette demodé, le Muratti Ambassador

Eppoi quegli svariati esilaranti “giretti” col cartellone spiritico… esilaranti e morbosi direi, impudenti noi!

Dopo un po', eravamo arrivati al punto di posizionare il dito sulla monetina, e, in tre secondi, puntuale quel grottesco "eccolo!" che sanciva la visita dello spiritello: avrebbe iniziato a sfrecciare come un bolide sull’anello di Indianapolis… Entità: perdonateci la nostra irriverenza dell'epoca, eh.

 

Quella fiamma è fievole, ma è sempre lì, pronta a svampare con una goccia

di memoria. Assieme a me.

 Un abbraccio, Claudio.

 

 
 
 

Sul traguardo della mia prima pubblicazione... in compagnia di me medesimo e non solo...

Post n°674 pubblicato il 24 Luglio 2012 da sergioemmeuno
 

 

 

   Quando l'altro giorno sono entrato a controllare i messaggi, immediatamente, nel caos delle righe in grassetto, ho letto un mittente speciale: Direttore. Era la risposta dell'onesto editore alla mia controproposta sulle condizioni contrattuali di Generazione oltre la linea. Avrà accettato?

   Trattenendo il respiro, leggo una scarna riga di 5 o 6 parole: aveva accettato la mia controfferta "più umana", mantenendo le stesse condizioni. Mai messaggio elettronico fu così benedetto! A giorni, mi piomberò nel loro ufficio a mettere una firmetta. Alla quinta proposta in un paio di anni, questa volta accetto senza esitare.

   Ecco, forse si chiude un cerchio che è iniziato un ventennio fa, ovverosia da quando iniziai a fissare i "pensieri" sulla carta. Un paio di decadi in cui la vita stessa, a onor del vero, mi ha dato moltissimo su ogni fronte: e mi ritengo fortunato. Forse è per questo che mi sono "concesso" il lusso di tormentarmi la mente...

   Ora poggio il culo sulla terra umida, a pochi metri della meta, e mi godo il paesaggio da questa collinetta. L'ultimo tratto di strada digrada dolcemente verso il mare. In questo percorso alcune figure mi sono state affianco per un po', poi ne sono seguite altre.

  Mi fermo un attimo: non ho dubbi su chi citare su tutti: un flash. Due anime splendide e ahimé sfortunate: il mio coinquilino della Garbatella, il curioso e attempato Guru Andrea B, pranoterapeuta; Massimiliano A., angelo biondo, compagno indimenticato dell'Istituto Industriale Marconi di Civitavecchia, un ragazzo dalla sensibilità mo-struo-sa.....................................

   Eppoi vabbè... c'è ovviamente Laura e... ouch ouch... la mia entusiasta compagna di vita...

   Su questo declivio, ormai in solitaria, sussurro buenas noches...

... mentre pastori maremmani e cicale sembrano prendermi per i fondelli senza alcuna pietà.

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Vecchio post di Andrea B.: http://blog.libero.it/GIORNISTRANI/11295861.html

 

 
 
 

La paura del donarsi, minestra di patate o tartine e champagne...

Post n°673 pubblicato il 24 Luglio 2012 da sergioemmeuno
 

Quando c'è la paura e la rinuncia di donarsi in amore si pensa sempre alla vigliaccheria o alla mancanza di attributi...

Ma non sempre è così.

Può essere anche una scelta obbligata dal buon senso. Un piccolo dolore è meno peggio di un dolore titanico successivo.

Innamorarsi, a differenza di amare, non porta sulla schiena il peso della responsabilità... E all'origine non dovrebbe essere un fatto razionale, ok, ma, in un secondo tempo, necessita anche della ragione.

E, SULLO STESSO TAVOLO, fra una minestra di patate e le tartine con champagne... bisognerebbe scegliere sempre la prima.

 
 
 

>>>> Quei "pensieri figli di nessuno", abbandonati, denigrati, che difficilmente vengono detti...

Post n°671 pubblicato il 22 Luglio 2012 da sergioemmeuno
 

  

 

 

 

  

   Giorno a tutti. Oggi mi si è presa così, e getto a pioggia quei pensieri incatenati che a mio avviso, troppo spesso, vengono occultati sotto il manto dell’omertà, del ben noto perbenismo e del pudore. Pensieri scomodi, rinnegati, marginali. Mi riferisco ovviamente a qualsiasi contesto. E sottolineo che sono prospettive personali, eh!

  

   Purtroppo, anche se non dovrebbe essere così, non di rado un genitore ha una leggera predilezione verso un figlio/a piuttosto che un altro… Se sono di sesso opposto, si riesce facilmente ad avere a disposizione un alibi pret a porter per ogni uso e consumo; ma se il sesso dei figli è lo stesso, la predilezione diventa un mannaia e, se si ha un pizzico di umanità, se ne avverte il senso di colpa. Perché non è cosa bella e giusta.

 

   Molti uomini, più di quanto si pensa, sarebbero curiosi di provare un’esperienza con un altro uomo. C’è un muro sociale e “naturale” molto alto: ecco l’ostacolo. Ma di fatto basterebbe incontrare la “persona giusta” (ridete… sì, ridete). A volte, nel reale, questa mia conferma la estorco con rudimentali tenaglie al malcapitato di turno. “Bella forza!” direte voi, ma… scusate – sono costretto a fare l’avvocato di me medesimo –, non pretenderete che certe confessioni/conferme escano fuori con la dolcezza?

   Se c’è Sensibilità e Intelligenza, ci deve essere per forza anche la figlioccia Curiosità: e da qui a un avvicinamento del IV tipo con un man il percorso non è poi così lungo.

 

   La maggior parte di noi, anzi, una buona parte di noi (meglio eh?) è un “potenziale omicida”. Chi ha subito momenti di forte esasperazione sa bene che, dopo ore giorni mesi anni di quella goccia che cade fra le pareti del tuo cervello carsico, inizia ad affiorare un impulso distruttivo verso l’inconsapevole antagonista. Si può arrivare a un omicidio anche per una prolungata sequenza di lievi ma numerosi "colpetti isterici" in crescendo, non sussiste solamente l’esplosione (raptus) e il gesto pianificato (il peggiore): è una mia personalissima idea che ignoro se sia stata considerata in letteratura, un “delitto per picchettamento”… in quei momenti è come scendere innumeri piccoli gradini verso il basso senza averne coscienza, proprio di chi non è malvagio ed efferato nell’animo. E' un qualcosa che, a un certo punto, ho pensato possa essere capitato con la Franzoni nel delitto di Cogne (un fatto che all'epoca seguii non poco).

   Tuttavia riuscire a superare il tutto può essere una grande occasione di crescita. Sarò anche inquieto ma dentro tengo fibre di ottimismo.

   Altresì vorrei tranquillizzare coloro che, dopo tale bizzarra teoria (?), dovessero turbarsi e guardarmi in modo diverso… Ehi! Pss… si sa quasi tutto di me, e mi trovate pure su Feisbuk… tranquilli eh!

 

   Noi uomini siamo sempre bendisposti e comunque a nostro agio con donne disinvolte nei propri costumi di condotta sessuale. Poi però, se abbiamo la straordinaria fortuna di divenire padri di femminucce, man mano che crescono, spostiamo il nostro asse e ci rendiamo conto che desidereremmo figlie morigerate; sicché sorge un confronto spietato fra i due piani agli antipodi, da cui, bisogna saperne uscir fuori come funamboli, in bilico fra un bigottismo fin troppo facile e la comoda e passiva accettazione di una sessualità ormai lontana dalla campana asettica degli anni Cinquanta.

 

   In molti di noi, credo, c’è un pensiero perverso e al contempo mirabolante: l’idea che una persona al quale siamo antipatici, se non addirittura malvisti, faccia un testacoda e si mostri disponibile a divenire nostra “amica”. Ecco, non è una cosa facile, ma se nascesse un’amicizia o comunque una simpatia/sintonia con qualcuno che prima mi detestava o comunque non mi sopportava, io ne sarei sorprendentemente felice!

  

Se avete in mente altri “pensieri figli di nessuno”… siete ovviamente i benvenuti.

Buona domenica a todos!

 
 
 

Rapporti padre-figlio di un tempo, zio Piero, mio nonno Vincenzo Tavani e "il Quadro più bello"...

Post n°670 pubblicato il 21 Luglio 2012 da sergioemmeuno
 

  

 

 

  Le memorie di mio Zio Piero sull'indimenticabile papà Vincenzo.

   Quanto tempo perduto potrei dire oggi, ripensando a quando da ragazzo, profondamente timoroso di mio padre, non trovavo mai il coraggio di dialogare con lui, esprimendogli apertamente tutti i miei sentimenti.

   Come tutti i ragazzi che guardavano i loro padri come a dei modelli da imitare, anch’io provavo per lui grande ammirazione e rispetto, cercando di imitarne la rettitudine e l’onestà.

   E’ piacevole ripercorrere la propria vita guardando a tutto ciò che si è riusciti a costruire insieme. La passione per l’arte sicuramente me l’ha trasmessa lui, così come la natura ed il modo di capire e comprendere l’uomo con i suoi innumerevoli problemi, i suoi danni, le sue gioie.

   Picasso diceva che l’artista ha tre occhi: il terzo ha la funzione di vedere oltre la retina, in profondità, tirando fuori tutto ciò che c’è di prezioso dentro.

   E’ forse per questo che non perdevo mai le sue uscite estemporanee en plen air, e quando dipingeva cercavo di “rubare” con gli occhi il più possibile i suoi segreti… e quante volte mi sono dato per vinto!

 

   Autodidatta e colorista indiscusso, con una forte carica pittorica indistinta, amava disegnare il soggetto abbozzandolo col pennello a sciabolate direttamente sulla tela o sulle tavolozze già preparate con tonalità bruna.

   A volte, per insegnarmi, ripeteva che la maturità di un pittore non si misurava nel saper dipingere bene ma nel sapersi fermare al momento giusto; perché l’errore del principiante è nel voler finire subito, pretendendo di vedere il risultato come fosse un capolavoro.

   Il mare con i suoi magici grigi, la campagna con le terre d’ombra e i rossi insoliti sono stati i soggetti più cari ed espressivi. Si fermò facendo varie esperienze pittoriche, materiche e di colore, modificando a volte anche radicalmente la scala cromatica della sua tavolozza.

   Analizzò la pittura decisa e determinante di Rouault. Restò fortemente impressionato da Matisse e dalle esplosioni coloristiche dei Fauves, quelli che Lui chiamava i “diavoli” per l’uso del rosso puro in quelle tele infiammate.

   Passò attraverso lo studio della pittura sintetica, armonica e tonale di Cezanne identificandosi anche nel carattere: infatti come il maestro non amava le riunioni, le discussioni da caffè e le “mostre pilotate”; e spesso, proprio per la sua forte personalità si attirò mal dicerie e incomprensioni.

   Avrebbe desiderato vedere la pittura come un ponte che unisce le sponde dei sentimenti umani, invece si trovava spesso deluso e solo.

  

Io credo che la sua sia stata una battaglia più contro se stesso che con gli altri.

 

   Il pensiero della morte talvolta lo assaliva, e si manifestava sulla tela con improvvise esplosioni di colore puro, quasi un inno ed un’esaltazione alla vita. Questo pensiero era un qualcosa che lo aveva modificato rispetto alla vita, specie nelle scelte importanti. “Ma ve la ricordate quant’è buona la zuppa inglese?

   E forse al pensiero della morte è collegato il fatto che non ebbe mai il coraggio di organizzare una propria mostra personale: c’era dietro un triste ricordo che lo marchiò a fuoco. Un suo amico pittore, ferroviere anch’egli e pensionato, un giorno decise di organizzare una propria mostra. Ci aveva creduto moltissimo, ma le cose non andarono come aveva sperato. Conobbe la disonestà di certi critici d’arte e non volle scendere a compromessi: il dispiacere l’uccise.

 

   Mio padre traeva forza e beneficio dalle sue creature, veri esseri viventi. Le sue opere gli parlavano, pregavano con lui, erano qualcosa di più di semplici quadri, al punto di associarvi simbolicamente le persone scomparse a lui molto care: il padre, la madre e le due sorelle.

   Amava sedersi e contemplarli seguendone le linee, fischiettando e ripensando forse ai momenti in cui li aveva visti nascere.

   Che sofferenza deve essere stata per lui, quando, negli ultimi momenti della sua vita, a causa di un forte abbassamento della vista non potette più leggere né dipingere.

   Il 1980 è un anno che ricordo con piacere e commozione. Lavorammo insieme a un opera importante: una decorazione murale nel salone della nuova sede DLF di Civitavecchia: “Locomotore a vapore 740”.

   Grande la fiducia in noi posta dal presidente Morucci ed altrettanto grande è stata la responsabilità per un lavoro che, per la prima volta, vedeva assieme il padre e il figlio, il maestro e l’allievo. Confronto di idee e stili diversi, pareri, consigli, critiche.

   In quell’esperienza si è cresciuti di più, ci si è conosciuti di più, e ci si è voluti più bene: ed è questo sicuramente il “più bel quadro” della nostra vita.

   Grazie, papà.

                                                    By Zio Piero.

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p.s. In quella frase della "battaglia contro se stesso"... ci si rispecchia molto anche il nipotino Sergio...

 
 
 

Vaneggiamenti domenicali nelle mie geometrie...

Post n°669 pubblicato il 01 Luglio 2012 da sergioemmeuno
 

 

 

 

Prendete un triangolo equilatero.

 

Tracciate tre segmenti che uniscono ogni vertice col punto medio del lato opposto. Saranno le tre mediane.

 

L’ambizione, la follia e il lavoro sul proprio sé.

 

Tutti e tre si danno appuntamento al centro, nel baricentro del mio triangolo.

 

E quando si incontrano, prende forma un'idea ardita: a volte un nuovo progetto, a volte un nuovo sogno.

Buona domenica a tutti, eh!

 
 
 
 
 

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