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Fiumecheva

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Le piccole virtù.

Post n°989 pubblicato il 19 Febbraio 2011 da fiumecheva
 

Ultimamente ho disattivato quasi completamente il cervello.
Non mi mancano le cose da dire, ma al momento di tirarle fuori ecco che mi trovo altro da fare.
Cose rilevanti dell'ultimo mese: Topino che è entrato a far parte di un gruppo e una settimana fa ha suonato per la prima volta in pubblico.
La musica che suonano non è proprio il mio genere, ma capirete che cuore di mamma....  
Mentalmente sono distratta e lontana, anche ora che sto scrivendo con difficoltà mantengo la concentrazione, non so dove sono, ma fatto è che come sempre si ripete in questa stagione. Mi perdo nei particolari.
I primi fiorellimi in giardino, un raggio di sole un po' più luminoso, o il profumo diverso della pioggia ed ecco che mi parte il cervello.
E che a volte la vita forse mi pesa un po'. La mamma con i suoi alti e bassi, i fratelli e i figli coi loro problemi.
Non mi sto lamentando. Ho la mia isola felice, Winnie e i ragazzi che non hanno solo problemi, ma continuano a essere la mia finestra sul mondo, soprattutto in questi periodi che tendo più del solito a isolarmi  
Quel piccolo dolore in fondo al cuore rimane, è lì: Pa'.
Ma a questo non posso porre rimedio, solo continuare a conviverci..

"E adesso siamo veramente adulti, pensiamo, e ci sentiamo stupiti che essere adulti sia questo,

non davvero tutto quello che da ragazzi avevamo creduto, non davvero la sicurezza di sé, non

davvero un sereno possesso di tutte le cose della terra. Siamo adulti perché abbiamo alle spalle

la presenza muta delle persone morte, a cui chiediamo un giudizio sul nostro comportamento

attuale, a cui chiediamo perdono delle passate offese: vorremmo strappare dal nostro passato

tante nostre parole crudeli, tanti gesti crudeli che abbiamo compiuto quando pure temevamo la

morte ma non sapevamo, non avevamo capito com’era irreparabile, senza rimedio la morte:

siamo adulti per tutte le mute risposte, per tutto il muto perdono dei morti che portiamo dentro

di noi.

Siamo adulti per quel breve momento che un giorno ci è toccato di vivere, quando abbiamo

guardato come per l’ultima volta tutte le cose della terra, e abbiamo rinunziato a possederle;

le abbiamo restituite alla volontà di Dio: e d’un tratto le cose della terra ci sono apparse al loro

giusto posto sotto il cielo, e così anche gli esseri umani, e noi stessi sospesi a guardare nell’unico

posto giusto che ci sia dato: esseri umani, cose e memorie, tutto ci è apparso al suo posto giusto

sotto il cielo. In quel breve momento abbiamo trovato un equilibrio alla nostra vita oscillante: e

ci sembra che potremo sempre ritrovare quel momento segreto, ricercare là le parole per il

nostro mestiere, le nostre parole per il prossimo; guardare il prossimo con uno sguardo sempre

giusto e libero,  non lo sguardo timoroso e sprezzante di chi sempre si chiede, in

presenza del prossimo, se sarà suo padrone o suo servo. Noi tutta la vita non abbiamo

saputo essere che padroni o servi: ma in quel nostro momento segreto, in quel momento di pieno equilibrio, abbiamo saputo che non c’è vera padronanza né vera servitù sulla terra. Così

adesso, tornando a quel nostro momento segreto, cercheremo negli altri se già è toccato loro di

vivere un momento identico, o se ancora ne sono lontani: è questo che importa sapere. Nella

vita d’un essere umano, è il momento più alto: ed è necessario che stiamo con gli altri

tenendo gli occhi al momento più alto del loro destino.

Con meraviglia, ci accorgiamo che adulti non abbiamo perduto la nostra antica timidezza di

fronte al prossimo: la vita non ci ha per niente aiutato a liberarci della timidezza. Siamo ancora

timidi. Soltanto, non ce ne importa: ci sembra d’esserci conquistato il diritto d’essere timidi:

siamo timidi senza timidezza: arditamente timidi. Timidamente cerchiamo le parole giuste in noi.

Ci rallegriamo tanto di trovarle con timidezza ma quasi senza fatica, ci rallegriamo d’avere così

tante parole in noi, così tante parole per il prossimo, che siamo come ubriacati di facilità, di

naturalezza.

E la storia dei rapporti umani non è mai finita in noi: perché a poco a poco succede che ci

diventano fin troppo facili; fin troppo naturali e spontanei i rapporti umani: così spontanei, così

senza fatica che non sono più ricchezza, né scoperta, né scelta:  ma solo abitudine e

compiacimento, ubriacamento di naturalezza. Noi crediamo sempre di poter tornare a quel

nostro momento segreto, di poter sempre attingerci giuste parole: ma non è vero che ci

possiamo sempre tornare,  tante volte i nostri sono falsi ritorni: accendiamo di falsa luce i

nostri occhi, simuliamo sollecitudine e calore al prossimo e siamo in realtà di nuovo contratti,

rannicchiati e gelati sul buio del nostro cuore.  I rapporti umani si devono riscoprire e

riinventare ogni giorno. Ci dobbiamo sempre ricordare che ogni specie d’incontro con il

prossimo, è un’azione umana e dunque è sempre male o bene, verità o menzogna, carità o

peccato." (Natalia Ginzburg, Le piccole virtù)

 
 
 
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