Creato da fiumecheva il 06/05/2005

Fiumecheva

E continuo a camminare

 

 

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Post n°112 pubblicato il 25 Ottobre 2005 da fiumecheva
 

La Donna dai Capelli Sciolti guardò il suo ventre tondo, sentì il piccolo muoversi, non mancava molto ormai al momento del parto e una volta nato il piccolo avrebbero potuto iniziare il loro meraviglioso viaggio, solo ancora un po’ di pazienza, anche se non capiva la tradizione assurda di dover stare nascosta per tutto il periodo della gravidanza, lei si sentiva forte e in grado di svolgere piccole faccende che avrebbero di certo migliorato le condizioni in cui vivevano ormai da mesi.
L’Uomo Stanco spesso usciva il mattino e tornava alla caverna la sera tardi con poco o niente da mangiare, ogni giorno gli capitava qualcosa che gli impediva di tornare presto e di trovare cibo sufficiente per sfamarsi, continuava a lamentarsi del destino avverso e poi… poi era sempre stanco, perché durante il giorno, alla ricerca disperata di cibo, aveva camminato tanto.
POVERO UOMO STANCO!
La tradizione! Anche quella sera sarebbe di certo tornato stanco e con poco cibo.
La Donna dai Capelli Sciolti rimase sola nella buia caverna, si avvicinò alla fessura nella roccia e tolse la pietra che impediva al sole d’entrare e mentre si pettinava il lunghi capelli iniziò a divagare con la mente guardando il raggio di sole. Improvvisamente si alzo in piedi e con i capelli si fece una lunga treccia, all’Uomo Stanco non sarebbe piaciuta, ma così i capelli erano più pratici. Poi, con passi incerti, si diresse verso l’entrata della caverna, man mano che s’avvicinava la luce si faceva più forte, non riusciva a tenere gli occhi aperti e con la mano li riparò. Appena gli occhi furono in grado di vedere, la Donna, non più dai Capelli Sciolti, ma dalla Lunga Treccia rimase senza fiato: fuori non era freddo come nella caverna, cielo e terra, tutto era stupendamente colorato come da tempo non ricordava più. Si guardò attorno per controllare che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, fece un altro passo e respirò a fondo l’aria tiepida. Con passo incerto si diresse verso il vicino bosco, non camminava da tanto, solo pochi passi dalla caverna, il pancione non l’aiutava di certo, ma non aveva fretta e il bosco non era lontano, non doveva entrarci, ma solo raggiungerlo. La Donna dalla Lunga Treccia giunta al bosco vide che era come pensava: ai piedi degli alberi c’erano rami secchi in quantità. Stese il suo vecchio mantello e con calma e gesti impacciati iniziò a raccogliere la legna posandovela sopra, ogni movimento le costava fatica, ma dentro di se si sentiva utile e felice. La Donna dalla Lunga Treccia e trascinò la legna nella caverna, ora poteva riscaldarla un po’, mentre tornava aveva notato che tra la vegetazione c’erano erbe e radici che si potevano mangiare, ne raccolse un po’, sua madre le aveva insegnato a distinguere le varie erbe e spesso, da bambina, l’aveva accompagnata nelle sue ricerche. Bene! Aveva fuoco e cibo e se l’Uomo Stanco avesse portato un coniglio, quel giorno avrebbero mangiato da Re.
La Donna dalla Lunga Treccia aspettò tutto il giorno l’Uomo Stanco, aveva acceso il fuoco e aveva messo le verdure su un largo vassoio di legno, aveva cercato di sistemarle in modo che avessero un aspetto gradevole e invitante, non ne aveva mangiate, voleva farlo con l’Uomo Stanco, ma lui tardava e mentre lo aspettava s’addormentò rannicchiata vicino al fuoco. Nel sonno sognò… sognò se stessa che si specchiava a una fonte e indossava un bellissimo vestito. Era un vestito rosso, era morbido e caldo e nello stesso tempo leggero e sentì se stessa dire:
“Ecco il mio vestito d’Amore!”

 
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