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Post n°273 pubblicato il 07 Dicembre 2016 da deteriora_sequor
Ma nessuno si affacciava dal fondo della sala e il rumore dei passi era solo quello degli addetti. Qualcosa mi faceva agitare dentro e dalla fissa passività ero trascorso ai più cupi pensieri, non restavo lì seduto simile ad un automa ma diventavo preda di un'irrequietezza feroce chi mi portò ben presto ad alzarmi e a passeggiare nervoso per il vasto locale. Ad un tratto udì un lievissimo cigolio nella porta e la famigliola uscì fuori con il suo miserevole carico di ricordi e di dolore. Era il mio turno. Ma la porta si richiuse. Tic burocratici, pensai, e tornai a solcare il pavimento seguendo una linea invisibile. "Ma perché non arriva?" Riflettei "Ci vuole così tanto per andare al cesso? Si sarà perso in qualche meandro oscuro? Avrà avuto una crisi di rigetto e ora sto vomitando nei bagni?" Tutto era possibile ma nulla era facile. Quello che sentivo a livello epidermico era il bisogno folle di quel disgraziato fratello, la sua presenza al mio fianco mentre andavamo insieme a riconoscere nostro padre. E invece non appariva. Guardavo demente le lancette dell'orologio che trascorrevano implacabili, e alla fine venne il momento che mi convocarono nell'obitorio propriamente detto. Tremai lievemente e i piedi si incollarono al terreno per qualche istante, poi con uno sforzo supremo mi misi in movimento ed entrai sbattendo vorticosamente le ciglia. Lì, in quel gelido ed enorme stanzone ritrovai mio padre e lo salutai con un bacio sulla fronte. Ero meravigliato di me stesso. Presi i suoi effetti, salutai cortesemente e mi ritirai. Ora cosa mi restava da fare? Ero stato tradito nel momento supremo dal mio fratellastro, nel quale avevo riposto tante speranze, e ora ero davvero solo. Ma non poteva finire così! più trascorrevano i secondi più si accelerava la mia camminata verso i bagni dell'ospedale. Entrai ma non lo vidi in giro. Guardai sotto le porte girevoli e vidi gambe divaricate di uomini impegnati a pisciare. Solo sotto al cesso 14 vidi un fagotto con dei capelli riconoscibilissimi e un braccio teso verso l'uscita. Mi misi a urlare e diedi un calcio talmente forte da scheggiare il legno intorno alla serratura. Subito accorse una marea di persone e di infermieri, arrivò subito anche un energumeno con il necessario per scassinare la porta. Così fecero molto rapidamente e apparve il corpo di mio fratello disteso al suolo con ancora la siringa piantata nel braccio, e il cucchiaio annerito dento al lavandino. Capii che stavo per svenire ma qualcosa di più forte mi fece restare saldo mentre venivano portati i primi soccorsi. Era una luce intensissima che rimbalzava dall'esterno sulle piastrelle e mi diceva che il figliol prodigo era definitivamente tornato a casa. Lì in quel cesso di ospedale ebbi la visione che Danilo si sarebbe salvato anche a sé stesso e che saremmo tornati nel nostro nido. Mentre osservavo da vicino i primi soccorsi sentivo le parole di scandalo della gente, ma non mi toccavano. Ciò che contava era che nella feccia stava avvenendo un miracolo e che, mentre correvo dietro alla barella verso la sala rianimazione, un sorriso di conforto si allargava da un orecchio all'altro. Invece della paura vivevo nel sollievo. Con uno scatto poderoso superai tutta la squadra di emergenza e sfiorai con le dita la mano bianconera di Danilo. Poi venni travolto e caddi al suolo. Quando mi riebbi stavo su una sedia a rotelle e i medici mi parlavano. Io avevo perso i sensi ma mio fratello ce l'avrebbe fatta. Così, mi dicevano battendomi sulle spalle: mio fratello l'avrebbe scampata. E Io con lui, pensai. Io con Lui. (Fine) |
Post n°272 pubblicato il 02 Dicembre 2016 da deteriora_sequor
Feci appena in tempo a vederlo prendere la strada della toilette che Io ero già sulla ben nota e riconoscibile via per l'obitorio. La testa mi girava forsennatamente e le gambe mi reggevano a malapena, ma sapevo di dovere resistere per mio padre, per mia madre, per Danilo. Attraversai corridoi asettici e ogni tanto incontravo qualche coppia, o più persone che si sorreggevano stravolte dal dolore. Avevo pianto durante quella terribile cavalcata insieme alla pena? Non lo ricordavo più. Adesso mi sembrava di avere del marmo al posto delle guance dove ogni tanto si posava l'umida carezza di una lacrima. Ma nulla di diverso. Era come se il lutto continuo mi avesse cristallizzato e scolpito con cura, mi muovevo simile a un automa; ero cosciente che ci sarebbero voluti anni per metabolizzare quello che stavo sperimentando in pochi minuti. Il cammino era lungo e mi permetteva di sentire con chiarezza la congerie di pensieri che si agitava nel cervello, sbattendo contro le pareti craniche. Non v'era un nesso, un filo logico: ogni tanto canticchiavo tra me e me e subito un pensiero molesto si insinuava con visioni di ferrovie, di uomini e donne in un letto, di bambini che giocavano nei prati. Solo dopo un quarto d'ora mi accorsi di avere sbagliato direzione e di essere finito nel reparto di cardiologia. Un'addetta mi accompagnò dolcemente sulla giusta strada e tornai a procedere con i ricordi e i pensieri che non la smettevano di straziarmi e di confondermi. Fu quando le mie gambe stavano rifiutando di reggermi oltre che giunsi davanti alla morgue. Mi sorprese di trovare una famiglia intera ad attendere il proprio turno, e la cosa mi indispose. La morte non metteva la freccia e non aveva diritto di precedenza. Mi avrebbero sentito allo sportello reclami! Vi sono attimi in cui non si può abbandonarsi come sempre alla burocrazia ospedaliera, oppure era una cosa normalissima ed ero solo Io a stare sclerando? Pensai a Danilo, che forse in quel momento stava seguendo le mie tracce verso l'estremo saluto a nostro padre. Provai un senso di vertigine e mi sedetti su un pancaccio. La famiglia di fronte a me restava in piedi e non smetteva di singhiozzare. Pensai a chi avessero perduto: un figlio? Una nonna? Il mondo fuori dagli altissimi finestroni sembrava sbarrato e nulla trapelava delle piccole, allegre gioie, delle partite a pallone, dei videogiochi elettronici, delle scopate, dell'alacre lavoro dei dipendenti di tutte le ditte del mondo. Sentivo montarmi la rabbia a rimpiazzare la confusione mentale quando la famigliola venne invitata a entrare. Se tardavo ancora un poco pensai che avrei avuto accesso con Danilo. Non doveva essere molto lontano, a meno che non si stesse perdendo fra oncologia e neuropsichiatria infantile. Accavallai le gambe e mi lisciai la riga dei pantaloni per non assopirmi. L'unica cosa che mi risultava perfettamente chiara era che fossi completamente solo in un mondo dove non esisteva il minimo rumore e le pareti erano affrescate di bianco e di sbavature di azzurro. Suggerivano il cielo? Forse questo era l'intento ma Io allungavo il collo verso i corridoi nell'attesa della venuta del mio fratellastro. (Continua) |
Post n°271 pubblicato il 28 Novembre 2016 da deteriora_sequor
Di nuovo montammo sulla mia utilitaria, ma appena installati un brivido fortissimo mi percorse tutto lasciandomi con la bocca spalancata ad arrancare per un po' d'aria. Danilo era immobile al mio fianco e sembrava ibernato in una posizione di attesa. La mano destra mi tremava talmente che non riuscivo ad inserire la chiave nel sistema di accensione. Eravamo come due statue di ghiaccio incapaci di un qualsiasi gesto che fosse conseguente a un pensiero. "Danilo..." mormorai battendo i denti "Fai qualcosa." Tremando vistosamente lui mi disse: "Forse potrei provare a guidare Io." "Se te la senti..." Aprii la portiera e scesi portandomi all'altro capo della macchina mentre il mio fratellastro si spostava al posto del guidatore. Compresi immediatamente che avevamo mutato posizione ma il risultato era lo stesso. Anche Danilo tentava di beccare lo spinotto di accensione ma non vi riusciva per l'eccessivo tremolio. Eravamo bloccati. "Che ci sta pigliando? non possiamo restare congelati su questo catorcio vita natural durante." "Forse è meglio prendere il bus." Suggerì lui. "Prima dobbiamo riacquistare la funzionalità delle nostre membra." Fu in quel momento che squillò il mio cellulare con la notizia che papà era appena spirato. Lo dissi a Danilo e lui in quel momento fece girare la chiave e accese il motore in tutta tranquillità. Lo shock, invece di sconvolgerci definitivamente, era riuscito a rompere la diga entro cui ci eravamo arenati. Gli diedi tutte le indicazioni per raggiungere l'ospedale tanto più che erano sei anni che non guidava. Evitammo di striscio alcune fiancate e altrettanti marciapiedi, saltammo due stop ed evitammo all'ultimo momento un senso unico. Finché giungemmo alla meta e parcheggiammo in modo improbabile nello spicchio orientale del posto. Scendemmo e ci guardammo. Mi vidi riflesso con un pallore mortale nella faccia del mio fratellastro e la secchezza dell'aria era anche la nostra. L'aridità di chi sta perdendo i pezzi ma non riesce ad arrendersi. "Chiudi l'auto." Dissi, e la frigidità del mio tono riuscì ancora a meravigliarmi. "E adesso? Non riesco a tornare in quella dannata morgue." "Abbiamo smarrito tutto, cerchiamo di mantenere almeno la dignità. Hai ancora intenzione di andartene?" Mormorai sommessamente. "Non credo. Dove potrei andare? In Comunità non mi vogliono più, per loro sono guarito e debbo cercare il mio posto nella vita, e poi..." "E poi cosa? Non te la senti di lasciarmi solo. Ti senti in debito? Guarda che non è questo il problema. Non devi avere sensi di colpa nei miei confronti." "Non è questione...Ma avevo immaginato le cose diversamente." "Pensavi di essere accettato tranquillamente in famiglia? Così purtroppo non è stato. Il giocattolo si è rotto. Adesso tentiamo di riconoscere nostro padre e di portare via i suoi ricordi. è un ultimo sforzo che ti chiedo, Danilo." "Lasciami andare in bagno a rimettermi in sesto, poi ti raggiungo all'obitorio, ok?" Annuii poco convinto e gli sussurrai di non perdere troppo tempo, che nemmeno Io ero una macchina e avevo bisogno di un sostegno. Lo guardai ciondolare verso l'ingresso del nosocomio, poi, dopo un tempo che mi parve eterno mi decisi a seguirlo per prendere, una volta, trascorse le porte scorrevoli, un'altra direzione. (Continua) |
Post n°270 pubblicato il 22 Novembre 2016 da deteriora_sequor
Ci dissero che nostro padre s'era ulteriormente aggravato e che gli era stata amministrata l'estrema unzione. Ci chiesero se potevamo essere presenti prima che avvenisse l'irreparabile e Io dissi di sì. Poi misero giù e anch'Io appoggiai la cornetta. "Sentito?" Feci a Danilo. Lui aggiunse: "Non so se riuscirò a reggere tutto questo. Dovrò tornare al metadone. dovrò tornare in comunità, dovrò abbandonare tutte le mie speranze." "Perché?" Feci, scrollandolo pesantemente. "Mia madre se n'è andata, tuo papà sta per seguirla, ma restiamo noi due. Questo è l'essenziale, ricorda che siamo fratelli e che nessuno può togliercelo, nemmeno Dio quando deciderà di chiamarci presso di Lui." Danilo annuì mesta mente e mugugnò: "Sono distrutto. Tutta la notte a camminare. Ho paura che i miei nervi cedano all'improvviso." "Non te lo puoi per mettere, tanto meno ora. Dobbiamo avere una benedizione da nostro padre. Ci deve indicare la strada." "Non lo potrà fare" Esplose mio fratello "Ormai è un cadavere." E piombò sulla poltrona in un diluvio di lacrime. Dentro di me combattevano lo stupore di vederlo in quello stato e l'angoscia che mi lasciasse solo ad affrontare la vita. Seriamente, non potevo permettermelo. Lo tenevo in ostaggio, mi aggrappavo con le unghie e con i denti a un uomo che era stato un tossico e una personalità fragilissima pur di non navigare al buio fra i marosi e gli scogli dell'esistenza. "Non cedere" dicevo a me stesso mentre lo osservavo regredire a uno stato embrionale di confusione e afasia. Mi versai un sorso di brandy e lo feci fuori d'un sorso. Poi gli tornai vicino e cominciai a studiarlo come fa l'entomologo con la farfalla. "Il tempo è poco" Sussurrai "Potrebbe essere troppo tardi ogni minuto che passa. Ti trascino Io, non avere paura." Lo afferrai per un braccio ma lui si ribellò e ritrasse l'arto. Allora, preso da un'ira irrefrenabile, lo schiaffeggiai più volte, ma era come carezzare un sasso. Esausto mi gettai sul canapè, incrociando le braccia. "Va bene." Fece lui dopo qualche minuto, e si alzò squassato e tremante. "Portami da Luigi." Con un balzo gli ero già a fianco e lo sostenevo nei passi incerti verso l'uscita. Riuscivo a capirlo: era in pezzi, per la stanchezza fisica e per la tensione nervosa. Io, al contrario, ero come attraversato da una corrente elettrica, come se un fulmine mi stesse sezionando da capo a piedi. Dovevo avere una figura impressionante, mi pareva di non riuscire a sbattere le palpebre e la mano che imprigionava il braccio di Danilo tremava. Lo stavo letteralmente trascinando verso l'ascensore e ve lo ficcai dentro seguendolo immediatamente. Giungemmo a pianoterra e incrociammo la signora Vergani che stava aspettando. Appena si spalancarono le porte scorrevoli lei diede un balzo all'indietro e soffocò un urletto. La sconvolgemmo ma non trovai nulla per giustificare il nostro stato. Io, sempre amabile e ruffiano, non la salutai nemmeno e spinsi il mio vampiro avanti a me, fuori, fino al sole che era spuntato all'improvviso. (Continua) |
Post n°268 pubblicato il 17 Novembre 2016 da deteriora_sequor
"Vai a riposare." Gli dissi "è tutta la notte che sei in giro. Devi recuperare un po' di energia. Secondo me sei a pezzi." "Non quanto immagini" Mi rispose asciutto. "Ho avuto modo di riflettere parecchio in queste ore e mi sono reso conto che sto invadendo la tua vita con brutalità e ingiustizia. è saggio, Simone, che mi tolga di mezzo, e mi cerchi una casa, una vita, una professione che non pesino sulla tua persona. Penso di avere combinato guai già a sufficienza ed è arrivato il momento di mettere uno stop." Un brivido freddo mi percorse tutto il corpo a quelle parole. L'idea di vederlo partire e abbandonarmi solo in quella casa maledetta era sufficiente a sconvolgermi. "Non puoi lasciarmi" Biascicai "Ormai siamo fratelli." Lui mi batté una mano sulla spalla e mi sorrise: "Non è vero. Siamo nemici. Per qualche strana ragione ho pensato che potessimo trovare un'armonia, e così la pensava anche Luigi, ma abbiamo sbagliato entrambi. è stato un errore irrompere nella tua famiglia e farla a pezzi, malgrado non ci fosse da parte mia questa intenzione. Quella che doveva essere una possibilità si è trasformata in un'ossessione che ha trascinato nella morte tua madre e che sta portando nostro padre al limite della resistenza umana. Che tu voglia crederci o no, non c'era da parte di Luigi una malvagia rivalsa nel condurmi in casa tua. Credeva seriamente di mettersi in pace con la sua coscienza e di farsi perdonare i propri peccati. Voleva fare qualcosa di buono della sua vita prima di andarsene, e fra queste cose buone c'ero anch'Io. Magari la possibilità ti farà ridere ma lui credeva profonda mente nella bellezza dell'avere amato Elisa, mia madre, e di avere avuto un figlio da lei. Non v'era nulla di perverso in tutto ciò: era un sentimento puro e candido." Io restai immobile mentre lui si stava avviando verso l'ingresso con il suo minuscolo zaino da viaggio. Poi feci una corsa di una diecina di metri e gli saltai sulla schiena con un ruggito. "Tu non puoi lasciarmi...non adesso ...Tu non puoi lasciarmi..." Ripetevo come inebetito mentre lo prendevo a cazzotti nei fianchi. Lui si difendeva in qualche modo ma era travolto dalla mia febbre desolante e non se la sentiva di reagire. Rotolammo insieme per terra e ci avviluppammo per diversi minuti finché restammo ansanti e senza forze sul pavimento scambiandoci occhiate buie. Fu allora che risuonò il telefono di casa. Com'era successo con mia madre il ring mi trapassò le orecchie e mi fece drizzare i peli sulle braccia mentre tentavo, senza successo, di rimettermi in piedi e di correre verso l'apparecchio. Danilo mi aiutò a sollevarmi e insieme, più lentamente di quanto avevo immaginato, ci portammo al ricevitore appoggiandoci l'uno alle spalle dell'altro. (Continua) |
Post n°267 pubblicato il 12 Novembre 2016 da deteriora_sequor
"Non intendevo ferirti" Mi disse "Il problema stava nel fatto che eri fuori controllo e, di questo mi assumo tutte le responsabilità, non ho ragionato sulla potenza di quel dannato farmaco. Ma questo dimostra, comunque, che sei un puro, una persona che non ha mai abusato di neurolettici o roba affine." "Per scoprirlo era proprio necessario farmi quello scherzo?" "Non era una vigliaccata, te lo giuro! Come affrontare la...morte di una madre? Ho ricordato la mia pena e ho pensato che stordirti per qualche ora fosse la soluzione migliore per te. Ma ho sbagliato, Benedetto Iddio se ho sbagliato!" Sollevai la testa, poi tutto il busto e mi sedetti sulla sponda del divano: "Come sei arrivato a casa?" Danilo sorrise amara mente e biascicò: "Ho preso un autobus che mi ha portato completamente fuori zona. Da allora era troppo tardi e me la sono fatta tutta a piedi. Non ricordavo l'esatta disposizione delle strade e quella della nostra via. Per fortuna un tizio che girava con il cane mi ha aiutato." Riflettei assorto lungo un paio di minuti e poi lo fissai: "Cristo Santo, dall'ospedale all'altro capo della città e poi a piedi fino a qui! Ti ho giocato davvero un brutto tiro." Il mio fratellastro non rispose subito. Si limitò a ricambiare il mio sguardo e poi emise un leggero sospiro: "Me lo sono meritato. Ti ho cacciato dalla stanza di nostro padre e poi non ho fatto nulla per impedire che gli infermieri ti buttassero nel parcheggio. In quel momento mi sono spaventato di me stesso." Mi alzai in piedi scrollandomi la giacca di dosso. Poi camminai sino alla finestra, guardai il gigantesco pendolo: erano le sei del mattino. Continuava a piovere. "Sai cosa penso: che ti abbia fatto bene dare fondo al barilotto dell'odio. Lo so, ci sono degli istanti in cui vorresti uccidermi, eliminarmi dalla tua vista, massacrarmi. Quando mi hai cacciato dalla stanza di nostro padre lo hai fatto con piacere, anzi era una rivincita molle rispetto a quello che il tuo subconscio avrebbe voluto. Però lo hai fatto e ti sei sentito bene. Io penso, Danilo, che stai reprimendo tutti i tuoi istinti con le cazzate della comunità di recupero. In un certo senso l'odio nei miei confronti ti sta riportando alla vita; quella vera. Posso sbagliarmi, però..." "Lui ebbe un moto di orrore sul viso, come il guizzo di una lucertola, ma poi si ricompose immediatamente e i lineamenti si distesero nella solita, angelica, annosa espressione: "Volevo solo difendere mio padre dalle tue brutte parole, dalle tue considerazioni. Il nozinan aveva liberato tutta la rabbia repressa (come se non avessi fatto abbastanza) e ha illuminato con una specie di torcia elettrica anche gli angoli più celati. Non doveva restare nulla di incompiuto o di abbozzato. Volevi uccidere moralmente Luigi." Questa volta toccò a me un moto di disgusto e pena ad attraversarmi la faccia. E del resto poteva essere vero: ricordavo una specie di ubriacatura e di folle orgoglio. Forse, avessi avuto la possibilità di restare solo con papà, gli avrei staccato tutti i macchinari che lo tenevano in vita. Era possibile una simile antipatia, a confinare con il disprezzo, per giungere all'omicidio? Amavo mia madre sopra ogni cosa - questo era vero - ma poteva tutto ciò tradursi nella crudeltà, raffinata e premeditata, verso l'uomo che aveva riversato il suo seme dentro la donna per offrirmi la Vita? (Continua) |
Post n°266 pubblicato il 07 Novembre 2016 da deteriora_sequor
Mi ripulii lo sporco dell'asfalto e tentai di mantenermi eretto mentre cercavo la mia automobile in mezzo alle poche che erano rimaste. Avevo le gambe come bambagia e delle nuvole fitte ficcate proprio dentro al cervello. Tentavo di orientarmi ma oscillavo e impiegavo troppo tempo a fare pochi passi. Al termine, dopo un tempo indefinito, toccai la carrozzeria della mia automobile e mi ci aggrappai, stremato. Salì al posto del guidatore e rimasi per qualche attimo intirizzito e stravolto. Il pensiero di Danilo che mi cacciava dalla stanza di mio padre mi faceva ribollire il sangue, così come il trattamento che avevo ricevuto da parte del personale infermieristico. Girai la chiavetta di accensione e misi in moto pur non sentendomi fisicamente in grado di condurre il mezzo. Ma l'importante era lasciare il mio fratellastro a piedi. In qualche maniera riuscì a distinguere il dedalo di viuzze che portava fuori dalla clinica e mi avviai, poi, su strade più ampie e percorribili. La sedazione non riusciva ad arrestare il bruciore dell'umiliazione subita e mi conduceva verso casa lasciando alle spalle Danilo, che avrebbe penato non poco per trovare un bus che lo lasciasse dalle mie parti. Era una vendetta forse stupida ma molto appagante e mi sentivo incendiare dall'eccitazione per la rivalsa sul fratellastro che mi aveva trattato come una fastidiosa zanzara sul viso del padre. L'avrei ripagato con la stessa moneta e avrei messo in chiaro i rapporti gerarchici all'interno della casa. Quello era l'appartamento dei miei genitori e lui era solo un ospite tollerato a malapena. Non aveva nessun diritto di alzare la cresta. Con l'incombere del buio parcheggiai sotto casa e salì le scale. La sedazione si stava attenuando e mi chiesi se tanto dello spirito angelico di Danilo non fosse dovuto alle pastiglie che ingurgitava. Avevo sperimentato sulla mia pelle la potenza di quel concentrato chimico e la sua resistenza al trascorrere delle ore. Entrai e non accesi le luci; mi ricordavano l'obitorio dove mia madre stava ora a riposare in una delle cellette apposite. Le luci violente sono fatte apposta per scassare il cervello e dislocare la riconoscibilità dei luoghi e dei sentimenti. Entri in posti simili come un pezzo di ghiaccio ed esci pezzo di metallo. Così a tentoni trovai il divano e mi raggomitolai alla ricerca di un atollo dal quale potessi vedere il mare della disgrazia che mi circondava. Ebbi comunque un'illuminazione e andai a prendere il mozzicone di una candela. Lo misi in sicurezza e accesi. Così come il suono della sveglia anche l'odore della cera mi riportava a una sensazione di serenità e sicurezza. Fissavo rapito le ombre che il mozzicone disegnava sul muro, oscillando fra brutte grinte e visioni infantili pacifiche e affettuose, poi mi incantavo a non staccarmi dalla fiammella, che sorgeva impetuosa sotto i miei occhi e rifletteva un mare galattico in fiamme, un universo fatto ancora di sogni e incubi da decenne. Mi gettai addosso il giaccone sul divano mentre stavo appisolandomi. Danilo era lontanissimo. sotto una pioggia che si era fatta nuovamente torrenziale, senza ombrello (entrambi erano nel mio bagagliaio), sperso e spaurito. In quei precisi istanti mi augurai che morisse, che venisse ingoiato dalla notte periferica e cadesse in crisi di panico con conseguente infarto. Questo provai prima di svegliarmi nel dolce mattino con la faccia del fratellastro a pochi centimetri dalla mia. (Continua) |
Post n°265 pubblicato il 02 Novembre 2016 da deteriora_sequor
Giungemmo nel reparto rianimazione, che appariva come un bunker sotto assedio. Continuo viavai di persone e di addetti in tonaca azzurra, passaggio di Dottoroni con stuoli di servitù alle costole in attesa di una sola parola chiarificatrice. Io e Danilo ci appiattimmo istintivamente contro la parete bianca. Avremmo potuto fare serata in quel posto se il mio fratellastro non avesse preso il coraggio a due mani e non si fosse spostato in direzione dello sportello informazioni. Lo sentì farfugliare qualcosa e ricevere più dinieghi che altro dall'impiegata. Il sangue cominciava a bollirmi mentre l'effetto del nozinan mi sbarazzava delle ultime inibizioni. Mi avvicinai. "Senta, nostro padre sta morendo per un blocco renale e ci sarebbe gradito anche solo vederlo prima che tiri le cuoia. Può farci il favore di essere così gentile da indicarci la direzione della sua degenza?" Forse il fatto che le parole mi uscissero metalliche dalla bocca ebbe un'impressione sulla donna che ci fornì le giuste tracce. Così, come due derelitti (e Io ancora con gli effetti personali di mia madre nel sacchetto trasparente) ci muovemmo stanchissimi verso la stanza in cui era custodito Luigi. Percorremmo cinquanta metri e finalmente trovammo la stanza II/C. Il vecchio era sotto la tenda ipobarica per complicazioni respiratorie e una quantità spaventosa di cannule e flebo ne segnavano il corpo magro e ossuto. Aveva gli occhi semichiusi e non dava la minima impressione di riconoscerci mentre succhiava nervosamente il labbro inferiore. Finalmente entrò un' infermiera che prese dei rilevamenti. Luigi parve riaversi e, aprendo la bocca, prese a dilaniare una delle cannule che gli foravano la gola. La donna gli disse di stare fermo mentre Io scoppiavo a ridere istericamente. Danilo mi prese per la collottola e mi sbatté fuori dalla porta. Era la prima volta che lo vedevo reagire a quel modo, e in cuor mio ero soddisfatto di avergli fatto perdere le staffe. Totalmente annebbiato dal nozinan mi sdraiai su un divanetto e cominciai a sonnecchiare. Talvolta mi svegliavo di botto facevo lo sforzo per alzarmi ma cadevo puntualmente di schiena con le palpebre pesantissime. Alla fine sentì la porta della stanza II/C sbattere con un certo vigore e uscirne l'infermiera a caccia di aiuti. fu seguita immediatamente da Danilo. "Il vecchio si agita, vero? Testa dura come il sottoscritto." Ebbi il tempo di dire mentre due robusti tirapiedi dell'ospedale mi prendevano per entrambe le braccia e mi trascinavano verso l'ascensore. Poi schiacciavano il bottone sino al pianoterra. MI trascinarono per le corsie di emergenza e poi mi scagliarono senza tanti complimenti in mezzo al parcheggio. "Visite concluse" Urlò uno dei due, forse il più spiritoso. Era sera e il buio iniziava a incombere. (Continua) |
Post n°264 pubblicato il 28 Ottobre 2016 da deteriora_sequor
"è la tragedia!" Sentì dire Danilo "Lo ha colpito molto profondamente." "Succede spesso" Rispose un addetto mentre mi facevano stendere su un pancaccio con la mia giacca a sostenermi la testa e i piedi sollevati. "Ha preso qualcosa? Un calmante?" Fece un altro degli addetti. "Un nozinan intero" rispose il mio fratellastro "Ma non è abituato. L'avevo visto stravolto e ho pensato che potesse renderlo più tranquillo." "Bella idea." Udì in risposta "Gli tenga i piedi sollevati finché si sentirà in grado di camminare. Il nozinan ha un'emivita piuttosto lungo." Poi tornarono al loro lavoro chiudendo l'immenso portone. "Lascia perdere. Ce la faccio a muovermi. Prendi, piuttosto, gli effetti personali di mamma." Danilo fece come gli avevo detto e ritornò da me con una busta trasparente parzialmente colma di oggetti. La accarezzai senza avere il coraggio di aprirla. Poi, ancora intontito mi misi seduto sospirando e risucchiando aria nei polmoni. " La prima parte è fatta." Dissi scuotendo la testa "Ora andiamo a vedere morire nostro padre." Non rammento lo sguardo che ebbi in risposta ma posso immaginarlo: inebetito e stravolto. "Perché? ti aspetti un miglioramento? è un blocco renale. Alla sua età. Sai cosa significa? Ebbene non starò qui a spiegartelo ma porta diritto alla tomba." "è quello che ti aspetti, Simone? Muoia Sansone con tutti i filistei? Il male porta peggio? Lasciamo crepare anche la speranza? Vuoi vendicarti di Luigi?" Io ero obnubilato e nebbioso. Il nozinan stava ancora pestando duro e affioravano dalla coscienza e dai suoi recessi cose indicibili. "Sono molto provato, Danilo. E pessimista. Quando il sasso cede rotola fino in fondo alla scarpata e porta con sé una frana." "Non dobbiamo abbandonarci alla disperazione. Hai mai pregato?" "Fanculo! Non mi metterò in ginocchio a pretendere pietà da chi ha fatto schiantare mia mamma contro un treno. Fallo tu se ci tieni tanto." Tornai a sedermi mentre il mio fratellastro si rifugiava in un angolo dell'immenso ospedale e sprofondava in meditazione. Gli vedevo sussultare le spalle e la testa andare avanti e indietro come fosse un fedele ebreo. Non potevo immaginare dove avesse appreso quello strano modo di rivolgersi a Dio. Passarono cinque minuti, forse ne passarono dieci, finché con la voce ubriaca di farmaco lo arrestai brutalmente: "Ehi, Santa Teresa, dobbiamo muoverci. Papà ci aspetta e chissà che gli rechiamo un po' di luce e serenità per affrontare quel brutto momento." Danilo lesse il sarcasmo nella mia tirata ma si limitò a staccarsi dall'angolino e a camminare con piccoli passi nella mia direzione. "Ho la vaga sensazione che stiamo prendendo residenza in questo posto." Ebbi il coraggio di biascicare. Poi ci avviammo, sostenendoci a vicenda, verso i piani alti. Nella mano stringevo la busta trasparente e gli occhi mi si velavano sul punto di empirsi, finalmente, di lacrime. (Continua) |
Post n°263 pubblicato il 24 Ottobre 2016 da deteriora_sequor
Arrivammo che era pomeriggio inoltrato. Non avevamo realizzato quanto il lutto dilata i tempi e quanto i minuti trascorrano veloci nel dolore. Parcheggiammo e mi venne da riflettere sul fatto che mio padre stava conducendo la sua personale battaglia contro la morte ai piani alti mentre mia madre aspettava riconoscimento e sepoltura negli scantinati. Attraversammo il piazzale sotto il diluvio e mi informai all'abituale reception. Ci diedero tutte le indicazioni con espressioni contrite sul volto e finimmo con il camminare nella direzione disegnata dalle frecce dipinte a terra. Ci capitò di perderci qualche volta, ma, con l'aiuto di alcuni infermieri, alla fine giungemmo davanti alla sezione mortuaria. Le porte erano di solido acciaio e l'odore di formaldeide dominava l'aria lasciando me e Danilo sterili come due placchette di metallo. Bussai, ma l'effetto era quello di un topo che gratta all'entrata di un maniero. Decisi di girare la maniglia e accedere ma fui subito bloccato da un urlo repentino che mi gelò il sangue. "Chi siete? Attendete fuori di essere chiamati!" Fu la brusca interlocuzione. Io accostai la porta intimidito e lasciai gli addetti vestiti di azzurro continuare la loro attività. Ci sedemmo su alcune immense panche grigie che giravano tutt'attorno all'ambiente. Lì attesi con la testa che mi girava e il battito cardiaco che pulsava a mille. "Ce l'hai dietro un calmante?" Feci al mio fratellastro. Lui estrasse dalla tasca un sacchetto pieno di pastiglie e mi passò un nozinan intero. "Forse è troppo". Sospirai. "Non credo. La situazione è particolare." Gli diedi mentalmente ragione e ingollai la pasticca senz'acqua. Non mancò di fare effetto: una sensazione pesante di sonnolenza mi avvolse tutto e mentre parlottavo con lui mi accorgevo che la bocca si impastava e le parole fuoriuscivano lentissime e strascicate. Provai ad alzarmi in piedi e a camminare per l'immensa sala, ma trascinavo i piedi e procedevo come una tartaruga, facendo ben attenzione a non oscillare troppo. "Che cazzo è questa roba?" Protestai con Danilo. Lui nemmeno mi guardava. "Un antipsicotico molto potente." Disse. Io continuavo a camminare come un cavallo col paraocchi e non mi accorgevo del tempo che passava. Potevano essere ore quanto minuti. Alla fine sentì con la coda dell'orecchio che ci stavano chiamando. Un addetto azzurro ci faceva cenno dall'enorme portone in acciaio. Il mio battito era rallentato e il mio cervello era avvolto nella bambagia. Entrammo che distinguevo a malapena la mia missione: la pena s'era affievolita e la tragedia era solo un rumore di fondo che bussava alla parte posteriore del mio cervello. Vidi unicamente una lunghissima fila di sportelli alla mia destra, l'ambiente era asettico e chirurgico e il tizio in azzurro con una cartella in mano si diresse verso il loculo 44, afferrò la maniglia e fece scorrere la tavola. Doveva essere mia madre, coperta da un telo bianco sopra la sua tradizionale, robusta figura. Il tizio abbassò il telo dal viso e la vidi. Perfettamente composta e compunta, con gli occhi chiusi e il labbro inferiore solo lievemente sporgente. "Sì, è Lei." biascicai dopo un tempo che mi parve eterno. L'addetto la coprì nuovamente con cura e professionalità, poi disse: "Ci sono i suoi effetti personali in quella busta (E indicò un punto lontanissimo su un tavolaccio di zinco). siete pregati di ritirarli." Annuì e mi mossi verso il punto ma caddi in ginocchio con un filo di bava che mi usciva dalla bocca. Il nozinan stava pestando duro e mi travisava le distanze e le proporzioni. Mi raccolsero che ero più bianco dei cadaveri. (Continua)
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Inviato da: cassetta2
il 29/07/2024 alle 22:28
Inviato da: Word_User
il 07/05/2021 alle 00:00
Inviato da: cassetta2
il 02/09/2020 alle 09:18
Inviato da: angi2010
il 18/04/2017 alle 23:29
Inviato da: deteriora_sequor
il 14/02/2017 alle 09:28