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La mia personale giungla cambogiana

 

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Avevo una collezione di “Topolino”…

Post n°4 pubblicato il 17 Agosto 2005 da sparus_rm
 
Foto di sparus_rm

Sono partiti tutti. Tutti in vacanza. Io non ho potuto né voluto farle. Come si dice… Ubi maior, minor cessat. In sintesi è tutto qui. Le mie giornate sono di noiosa clausura, quando tutti gli amici stanno fuori cosa vuoi fare? Un po’ di internet lentissimo,  qualche telefonata, un giro in motorino, i piatti, lavare il pavimento, stendere i panni, bere una birra, cucinare, mangiare. In questo strano ferragosto e dintorni la noia è stata tremenda. Un approssimativo barbecue a base di bistecche e salsicce a casa di un altro “pari grado” della giungla cambogiana mi è sembrato una festa al limite dell’incredibile. Un po’ semana santa a Siviglia, un po’ carnevale di Rio. Ma che palle. Dovrei, anche, pare, si mormora lavorare. Eh si. L’aiuto coordinatore, giovane e senza esperienza ha fissato una consegna elaborati per il 20 agosto. In bozza. Penso che il mio contributo consisterà in un dettagliatissimo riassunto delle principali avventure di Calvin & Hobbes. Che tra l’altro sarebbe anche uno dei miei fumetti preferiti di tutti i tempi. E allora parliamo di fumetti. Avevo una collezione di “Topolino” smisurata, gigantesca, enciclopedica. Con la stessa infantile compulsività con cui la maggioranza dei miei coetanei cedeva agli album di calcio della Panini, alla collezione di squadre del subbuteo, io collezionavo copie di Topolino. Annate intere ordinate ed archiviate come i faldoni di un ministero, c’era di tutto, dalle storie di Macchia Nera a psichedelici mostri alieni di consistenza gelatinosa. C’è la storia dell’abulia da contraccolpo e quella in cui Topolino e Pippo si fingono pescatori per incastrare Gambadilegno misterioso ladro di pesci. Ed un intero stipetto all’ingresso dedicato solo agli almanacchi. I pomeriggi passati a riordinarli, a ripassare qualche “classico”, a carezzare le copie. Ad annusarne l’odore. A ricordare le merendine di quando ero bambino che ora non ci sono più. Poi tutto finì con un’autentica rivelazione: Panorama. Inizialmente incuriosito dalla possibilità di fare finalmente fare il salto di qualità dal catalogo intimo di Postal Market e poter avere altre fonti bibliografiche sulla sconosciuta fenomenologia corporea femminile. Il settimanale, da sempre fedele alla linea tette e culi in copertina, offriva insperate promesse di conoscenza. Ben presto però cominciai ad ammirare le inchieste, a detestare il gossip, ad essere annoiato della politica, ad interessarmi di tecnologie. Ad amare ed odiare il mondo dei media, e dell’informazione. Un incontro che si è poi rivelato fatale. Ne è la prova il fatto che ho scelto un blog per parlare delle mie avventure. Eravamo rimasti ai fumetti. Mi piacevano da morire anche i cartoni animati. Ma non tutti. I giapponesi mi hanno sempre detto poco, tranne qualcuno. Mi facevano invece impazzire i cartoons di Charlie Brown, davvero irresistibili. E poi quelli delle ventenni hippy che volevano vivere in una comune e praticare il sesso libero. Ero sinistramente affascinato dalle edificanti ed incomprensibili produzioni della DDR, della Cecoslovacchia, dell’Ungheria. A quei tempi, da quei paesi non venivano le pornostar, ma dei cartoni animati tetri, in cui persino gli sfondi sono quelle delle città industrializzate a cazzotti dal socialismo reale. Filopat e Patafil, surreali filiformi clown di quell’epopea.  E a noi ci è anche andata bene, quasi di lusso. Penso al protagonista di “Goodbye Lenin”, che da bambino stravedeva per Gagarin e per Honecker… Eh sì, anche perché ognuno ha i suoi vizi. E il mio è la cinefilia, in forma gravemente scanzonata. Ecco, per esempio, stasera ho visto un film francese. Un’opera di introspezione, con Sandrine Bonnaire che interpretava il ruolo di una signora vagamente sciroccata che avendo sbagliato la porta del suo psichiatra, entra da un commercialista e gli racconta per sei sedute tutti i cazzi suoi senza dargli il tempo, la possibilità di dirgli che lui non era uno psicanalista. Naturalmente il marito s’incazza e lo minaccia. Patetico. Due maroni indescrivibili, quasi biblici. Però l’ho visto. 

 
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