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Par condicio, me ce ficco

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Qui finisce l'avventura del Signor Bonaventura

Post n°297 pubblicato il 17 Febbraio 2009 da sparus_rm

 

Qui finisce l'avventura del Signor Bonaventura. E' stato bello fintanto è stato possibile pensare che questo posto fosse diverso da ciò che è. Ogni giorno dalla barra dei blog amici sparisce qualche amico che mi piaceva poter leggere, e che come me non si ritrova più in quello che è diventato un autentico caravanserraglio di donne barbute, nani e altre strane bestie. Gold user, blog rilevanti, malati di visibilità, gente che a quarant'anni suonati vagheggia di amicizie da asilo di infanzia, di caffè virtualmente offerti, piacioni da stabilimento balneare in cerca di rimorchio: non mi è mai interessato averli tra le palle, non sono mai stati questi i miei interlocutori. E non mi interessa postare altro per regalare un pezzo di me a chi non lo merita. Tanto vale lasciarlo detto per quelle persone, poche per la verità, che hanno condiviso con me questo pezzo di strada.

Muoia Sansone con tutti i filistei.

 
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Goodbye un attimino (addio una sega)

Post n°296 pubblicato il 26 Gennaio 2009 da sparus_rm


Non sono ancora morto su Libero che già vedo una folla di gente pronta con i fiori in mano che ticchetta nervosamente sul vetro dell'orologio. Sto scrivendo l'editoriale d'addio, ma ha già raggiunto le dimensioni di un tomo di patristica medievale, indi per cui, cari parenti e amici vestiti a lutto, datemi ancora un attimino, prima di far stirare le zampe a questo blog.

 
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Sante parole

Post n°295 pubblicato il 16 Gennaio 2009 da sparus_rm
Foto di sparus_rm

"L'unico modo per star tranquilli su libero è essere banali. se siete veramente banali non vi toccherà nessuno. potrebbero farvi addirittura conferencemaster."

Itsoh

Non avrei saputo scriverlo meglio.

 
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I conformisti

Post n°294 pubblicato il 28 Dicembre 2008 da sparus_rm
Foto di sparus_rm

I conformisti dicono solo cose già dette da qualcun'altro e hanno sperimentate sicurezze da ostentare. I conformisti sanno bene ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, e non si sbagliano mai. I conformisti non dicono mai "cazzo"; "fregna" ma "pene" o "vagina". I conformisti non scopano, fanno all'amore. I conformisti hanno sempre le mutande pulite che non si sa mai cosa può succedere, nella vita. I conformisti fanno buon viso a cattivo gioco e vino rosso fa buon sangue. I conformisti si affidano alla saggezza popolare, non bestemmiano mai e festeggiano il Natale e tutte le feste comandate. I conformisti credono in Gesù e nella Madonna e hanno sempre una cara parola per ognuno. I conformisti non disegnano cazzi neglli ascensori. I conformisti credono che il partito abbia (quasi) sempre ragione e che stia facendo un ottimo lavoro e che il paese avrà magnifiche sorti e progressive. I conformisti usano un  linguaggio che non disturba, sono sempre politicamente corretti e vivono in un modo di ipoudenti, diversamente abili e di persone di colore. Sono pronti ad accettare qualsiasi diversità, purché non sia a casa loro. I conformisti sanno annusare l'aria meglio di chiunque altro, sanno sempre dove tira il vento e quando tira dalla parte sbagliata tacciono e stanno zitti. Quando si sentono al calduccio e in buona compagnia in un mondo di tutti uguali a sé stessi, personcine per bene e di buone maniere diventano arroganti, aggressivi. Iniziano a farsi chiamare "maggioranza silenziosa", "popolo eletto", pretendono di avere il loro posto al sole o un pezzettino di lebensraum, organizzano ronde, distruggono vetrine, marciano su qualche città a caso, chiedono che le brutte canzoni siano messe al bando. I conformisti, soprattutto, sono sempre in prima fila quando si tratta di organizzare roghi di libri o di eretici, ad acclamare il carisma del capo di turno tanto se non va bene faranno presto ad ammazzarlo. I conformti sono sempre in prima fila alle pubbliche esecuzioni. I conformisti, brave persone.

Questo post è polemicamente dedicato a chi ha bannato il blog di Cinasky0 e di Piazza delle Erbe. Non erano sufficientemente conformisti: non c'erano cazzi sufficientemente ammiccanti.

Post Scriptum: sono stato informato del fatto che alcuni dei lettori di questo blog hanno ricevuto messaggi privati in cui, oltre al tentativo di mettermi in cattiva luce con pesanti illazioni sulla mia vita personale, i destinatari venivano invitati a leggere "documenti riservati" a prova di presunti "trattamenti di favore" da parte dello Staff di Libero nei miei confronti e verso terzi. Trattandosi di un fatto molto grave, oltre che particolarmente squallido, chiederei gentilmente agli altri destinatari di messaggi di questo genere di contattarmi urgentemente in privato.

Vi ringrazio anticipatamente. 

 
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Acquaintance. Felice di conoscerla

Post n°293 pubblicato il 19 Dicembre 2008 da sparus_rm
Foto di sparus_rm

Gli amici dei miei amici sono davvero miei amici? A volersi guardare attorno qualche dubbio è legittimo averlo, specie se ancora pensiamo che ci sia differenza tra ciò che avviene nel cosiddetto “mondo virtuale” e nella realtà, nella vita di tutti i giorni. Confesso: anch’io ho un profilo su Facebook, l’ho aperto pensando che poteva essere un buon sistema per tenermi in contatto con persone con cui condivido amicizie a distanza o interessi professionali, per poterci parlare senza avere sempre dietro agendine, rubriche di posta elettronica o roba del genere. Tuttavia, sono una persona a suo modo abbastanza riservata, e non mi piace più di tanto raccontare di me cose troppo personali a persone sconosciute. Mi ritrovo oggi a riflettere su chi siano davvero i miei amici, ondine ed offline. Sono sempre più infastidito dai colleghi di lavoro che usano FB per ficcanasare nei tuoi fatti personali, che se cambi lo stato in “impegnato in una relazione” ti inviano un messaggio per chiederti chi sia la fortunata, da chi tira fuori le foto delle gite scolastiche di venticinque anni fa e tagga tutti a tutto spiano, che ti chiede “amicizia” senza averti mai conosciuto (a me è arrivata una richiesta da un cubano che ha messo nel profilo una sua foto davanti ad una conga). Soprattutto, mi fa un po’ senso l’eterno ritorno del passato remoto. Persone con cui venti o più anni fa non ti prendevi e non ti capivi, alle quali sentivi di non avere nulla da dire e nemmeno la voglia di starle a sentire. E che oggi ti chiamano, ti cercano, ti invitano a rimpatriate. Gente che nel tempo ha elargito a piene mani giudizi non richiesti, alimentato pettegolezzi al limite dell’indecenza, utilizzato qualsiasi occasione per mettersi in mostra, persino la scomparsa di qualcuno a cui avevi voluto bene. E oggi, dopo averli affidati tranquillamente alla corrente della vita, ritornano a bussarti alla porta. “Hai una nuova richiesta di amicizia”, “Tizio ti ha invitato a fare il test “quello che le donne vogliono davvero” (e io sono senza dubbio un uomo). E altre amenità. C’è solo un modo per salvarsi: ignora, ignora, ignora.

 
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Una vita low cost

Post n°292 pubblicato il 28 Novembre 2008 da sparus_rm

I miei mobili e parte del restante arredamento li ho comprati all’Ikea o a Casamercato. La cucina invece l’ho presa ad una liquidazione. I miei abiti, le mie scarpe li compro negli outlet o nelle catene di negozi a buon mercato, ma non per questo vesto in maniera trasandata. Non mi piace svuotarmi le tasche per portare a spasso il brand di qualche famoso stilista. Cerco di comprare solo cose belle e di buona qualità. Mi sposto continuamente in aereo per lavoro, e tutte le volte che posso prendo i voli di Ryanair, perché un bicchiere d’aranciata in più non vale un biglietto che costa il triplo. Detesto gli alberghi, che trovo costosi, freddi e claustrofobici, preferisco dormire nei bed and breakfast che magari col gestore puoi anche scambiarci quattro chiacchiere. Odio mangiare in quei ristoranti pretenziosi che ti portano un cubetto di roba in un piatto schizzato di salse colorate ed esci senza esserti minimamente saziato. Meglio una cena in grande stile a casa con gli amici: pesce dall’antipasto ai contorni, vino buono e dolci della pasticceria siciliana. Non mi piace andare in vacanza a Forte dei Marmi a Porto Cervo o a Courmayeur, perché non mi interessa spiare dal buco della serratura la vita dei cosiddetti Vip, e poi comunque non avrei i soldi per andarci. Meglio una sperduta isoletta greca di trecento abitanti. Il mio motorino è del 1999, e conto di utilizzarlo fintanto che cammina. La macchina ce l’ho, ma ci faccio 12.000km l’anno, quasi nessuno per andare al lavoro. I miei due cellulari li ho presi con i punti ricarica. Sono un precario, e vivo low cost. What else?

(Nella foto: la spartana camera di un Albergo della catena NH)

 
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Indovina dove

Post n°291 pubblicato il 19 Novembre 2008 da sparus_rm

Indvinate dove sono oggi, come ci sono arrivato e magari a fare cosa.

 
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Giornate tipo

Post n°290 pubblicato il 12 Novembre 2008 da sparus_rm
Foto di sparus_rm

Sveglia – preparare la colazione - consumare la colazione - lavare il cumulo di piatti della sera – bagno – doccia – vestirsi – smadonnare perché non sai che metterti – scendere – buttare l’immondizia – slegare il motorino – commissioni - arrivare al lavoro cercando di salvarti la vita dai pirati della strada – cercare posto per il motorino perché i parcheggi riservati sono occupati dalle macchine – spostare due o tre motorini parcheggiati in diagonale - accendere PC – aspettare aggiornamento antivirus – scaricare posta – rispondere mail urgenti - aprire sito giornale – lavorare al pc – telefonare – rispondere a telefonate – rispondere mail meno urgenti – decidere che è ora di pranzo – vedere chi vuol venire a pranzo – decidere dove andare a pranzo – prendere caffè – dieci minuti di cazzeggio su internet – ricominciare a lavorare al pc – controllare mail, facebook, blog, sito giornale – lavorare ancora al pc – assumere pillola per il mal di testa che ti è venuto a forza di stare davanti al pc – assumere pillola per il raffreddore che ti è venuto andando in motorino – uscire tre minuti per un caffè – ricontrollare posta – lavorare al pc – telefonate – aspettare in anticamera - parlare con il capo – salutare il capo – slegare il motorino – arrivare a casa cercando di salvarti la vita dai pirati della strada – arrivare sano e salvo a casa – iniziare a cucinare – consumare la cena - sparecchiare – preparare cumulo di piatti per la mattina dopo – accendere la televisione – smadonnare perché hai 900 canali satellitari e non c’è un cazzo lo stesso – vedere una minchiata qualsiasi – bere un bicchierino di passito o di altro alcolico – lavarsi i denti – mettersi in pigiama – andare a letto.

 
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A beautiful day

Post n°289 pubblicato il 05 Novembre 2008 da sparus_rm
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Mailand on my mind (Milano al tempo della crisi)

Post n°288 pubblicato il 18 Ottobre 2008 da sparus_rm

Alle otto e mezzo del mattino la strada che dall'aeroporto porta a Milano è un'infinita gradazione di grigi. Grigio il cielo, grigia la strada, grigi sono gli innumerevoli capannoni che scorrono distrattamente dai finestrini dell'autobus. Anzi no. Ce n'è qualcuno che azzarda una facciata (una) color rosso granato o multicolor giallo fluo rosa e blu. Ci vuole quasi un'ora prima di arrivare in città, e i capannoni continuano ininterrotti, ostentando marchi conosciuti e insegne del tutto anonime. Con una formula da intellettuali d'altri tempi, si sarebbe detto “senza soluzione di continuità”. Non amo particolarmente Milano, e questo è abbastanza noto. Non amo nemmeno questi capannoni in cui si producono capannoni in cui si producono contenitori d'altro tipo come cucine, armadi, e sarcazzi vari, ma almeno rispetto chi ci lavora dentro e pressando con arte e maestria trucioli e colla tira fuori dei manufatti tangibili e visibili. Forse, persino utili. E in mezzo,  qualche grosso centro commerciale, in cui puoi fare la spesa e scegliere tra undici sale cinematografiche. Il carrello pieno di roba inutile da. rovesciare nel bagagliaio della station wagon non paga, ovviamente. Più mi addentro nella city, più mi immergo in un panorama umano in cui fatico a riconoscermi. Sono vestito bene, devo parlare in pubblico ed è per questo che sono venuto qui. Ma il mio impeccabile vestito blu mi fa sembrare uno dei tanti sbarbatelli venticinquenni appena usciti da qualche facoltà di economia o sarcazzi del genere, che hanno un lavoro che si può dire solo in inglese e che ha a che fare con i soldi: sales account, financial planner, junior consultant. Sono tutti uguali: pensano solo a come fare soldi, e più in fretta possibile. Nel breve periodo pensano all’aperitivo sui navigli, a rimorchiare il sabato, a farsi qualche innocente striscia di coca, senza stare male, però. Nel medio periodo alla casa con il giardino, alla station wagon, alla settimana bianca a Zermatt. A Milano ci sono solo loro e tutti quegli altri che servono solo a garantirne il corretto funzionamento, accompagnandoli passo dopo passo lungo la loro impegnativa giornata di sfide competitive: portieri di condomini, baristi, tassisti e tramvieri, camerieri, addetti alla manutenzione dell’aria condizionata, babysitter, ascensoristi, assistenti, stagisti, uscieri, cameriere, commessi di negozi d’abbigliamento, spazzini, donne delle pulizie, ristoratori, e poi tassisti, conducenti di metropolitane, metronotte e via fino al letto. Ho speso un autentico sproposito per dormire in una stanza arredata con i mobili di Mondo Convenienza; ma ero in zona centrale, tra le colonne di San Lorenzo e Sant’Ambrös, e poi c’era la fiera, ma lei sa che quando c’è fiera non si trova un letto in tutta la città? Ho fatto il mio lavoro, l'ho fatto anche bene, mi sono fatto valere anche stavolta. Posso tornare a casa contento anche perché oggi c’è il sole, e quasi dimenticavo che questa città se ne sta a culo stretto stretto per via della crisi. Già, la crisi finanziaria su scala globale che signora mia non si sa se domani andiamo in banca e ce li troviamo ancora, i nostri soldi. Me lo ricorda l’eurostar che mi riporta verso casa, che cos’è la crisi. Per chi non lo sapesse, alle cinque del pomeriggio di venerdì scatta la sirena dell’evacuazione: finita la santa settimana lavorativa, tutti quelli che possono se ne scappano a gambe levate lontano da Milano. All’unisono, centinaia di migliaia di persone si dirigono altrove e con ogni mezzo, intasando tram, piste ciclabili, strade dei laghi, aereoporti e stazioni ferroviarie. Chi non può e quelli che vogliono aspettare domani per partire si riversano in massa sui navigli, porta Vittoria o verso piazza Duomo. Su questo treno c’è parecchia gente che campa grazie alla finanza, che sarebbe poi quella strana arte esoterica per cui il lavoro e il denaro hanno divorziato e i soldi si fanno facendo muovere i soldi come mosconi, con le chiacchiere e le speranze di diventare ricchi che vengono scritte in bella calligrafia su pezzi di carta e per farsi credere si tiene al collo una cravatta scura. Quelli che per capirci, hanno inventato esilaranti ossimori come “prodotto finanziario”, visto che a rigore sarebbero dei servizi di intermediazione nella compravendita di debiti. Pomodori, peperoni, olio d’oliva, automobili, lampadine, televisori e macchine utensili sono prodotti invece, che non hanno nulla a che vedere con questa roba. Si capisce subito che tira un’ariaccia, sono in parecchi ad avere una faccia da chiodi. Sui tavolini ripiegabili stasera non ci sono solo i portatili ultimo modello degli autistici che si guardano i film in cuffia. Ci sono dei segni inquietanti ed inevocabili di paura e nervosismo. Subito, mi colpisce la copertina  di un libro: “Wall Street, il grande crollo”. Penso tra me e me che adesso che i buoi sono usciti dalla stalla è un po’ tardi  per mettersi a leggere roba del genere. Poche file più avanti, c’è un tipo che litiga al cellulare con il signor Marongiu in Sardegna per una spalletta da cinquanta euro che non vuol pagare. E il signor Marongiu s’incazza, giustamente, così il tipo alza la voce e informa l’intera carrozza su tutti i più minuti dettagli della loro transazione economica. Sono cinquanta euro, in fondo, ma sembra che stia trattando la vendita della Deutsche Bank ai cinesi. In un’altra poltrona, c’è una bella signora con un elegante scialle di seta cruda che, con dei vezzosi ma sobri occhialini in tartaruga legge un report di dati finanziari con le curve che, guardandole da sinistra verso destra puntano in picchiata verso il basso, senza equivoci. Accanto a lui un giovanotto con la faccia buona da seminarista che studia un austero articolo in inglese scaricato da una rivista accademica di economisti. Nel titolo, scritto in Old Bookman corpo 10 scorgo le parole “financial” e “crises”. Poco lontano, c’è un tipo che non fa altro che parlare al cellulare coprendolo con la mano per far finta di non volersi far sentire. E’ decisamente il peggiore di tutti, ma lo osservo in modo discreto ed attento perché è un tipo umano assai interessante. Io sono stanco morto ed annoiato, e lui non si accorge che con il mio PC prendo discretamente appunti delle roboanti cazzate che sta dicendo al telefono. “Sai, noi siamo fortunati, quelli hanno già perso cinquecento milioni, capito? Ora bisogna picchiare, duemila euro, cinquemila euro, bisogna vendere tutto. E via, senza rimpianti. Sette punto sei, a trenta centesimi l’una, va tutto fuori, che qui sono soldi, capito?”. Poi chiude la telefonata ed apre il Financial Times, tutto stampato fitto fitto, in cui tre o quattro volte a pagina appare la parola “crisis”. Lo tiene ben aperto, con l’etichetta dell’abbonamento alla sua azienda in bella vista, perché anche se è vestito casual tutti devono sapere che è un capitano coraggioso, un imprenditore in senso schumpeteriano, uno di quelli che salverà i nostri risparmi traghettandoli verso lidi sicuri, che ci farà tutti ricchi. Ha una smorfia brutta sul viso, come se avesse appena ingoiato un cucchiaino di té di merda. Sente Beethoven o Wagner nelle cuffiette, e si esalta. A duecentottanta chilometri all’ora il computer è connesso con un modem UMTS o qualche altro sarcazzo e ci tiene a farlo sapere. Non ne sono certo, ma credo che stia consultando qualche sito di notizie finanziarie, perchè ogni volta che si apre una nuova pagina fa una faccia come se il cucchiaino da té fosse diventato un mestolo per il brodo. Quest'ometto sprigiona boria e irritazione da ogni singolo poro. Mi metto a parlare con una collega seduto una fila dopo di lui, in modo che possa sentirmi bene mentre le espongo la mia teoria sui prodotti finanziari. Le chiedo se ha visto questa crisi. Mi consolo dicendo che meno male, così si toglieranno di mezzo tanti palloni gonfiati che non hanno mai lavorato in vita loro. Sghignazzo, pensando ad alta voce che la crisi li riconvertirà alla zappa, così la smetteranno di fare i soldi senza rischiare i propri, ma mettendo in pericolo i risparmi di una vita della gente per fare danni ovunque, attraverso operazioni speculative che hanno un orizzonte temporale così breve da renderli economicamente ciechi. Con la loro avidità senza limiti né prospettive hanno creato un sistema che non poteva reggere, e il sistema infatti non ha retto. La crisi delle banche d'affari, dei subprime, dei mutui a tasso variabile, dell'interesse composto sul debito sta per travolgere tutto come una gigantesca alluvione. Se vorranno sopravvivere, dovranno produrre pomodori e peperoni, imparare l'arte carpentiera, tenere la cofana dell'intonaco sulla spalla. E questo treno è una velocissima metafora delle stronzate della finanza: abbiamo speso migliaia di miliardi di denaro pubblico per l’alta velocità, e mi sta benissimo, poi paghiamo sessanta euro di biglietto, e cinque carrozze hanno il cesso fuori servizio. Qualche genio dell’economia gestionale penserà che pagare qualcuno per svuotarli e tenerli puliti sia uno spreco, che gli azionisti non saranno contenti di trovare nel bilancio delle spese una voce così alta per le pulizie. E allora, quasi quasi, viva la crisi, che la gente si sveglia. E inizia a prendere questa gente come merita: a calci nel culo.

 
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