Petali di parole

Bentornata, nemica mia!

Ovviamente la stavo aspettando. Proprio come quando tuo figlio si nasconde dietro l’angolo per farti uno scherzo: tu lo sai benissimo, ma fai finta di spaventarti per farlo contento.
Bene, la aspettavo proprio così, la mia nemica giurata. E lei m’aspettava dietro questo maledetto angolo di Trieste, in cima a questa collina. Appena ho aperto la porta della mia camera, ieri sera, è saltata fuori con il suo ghigno perfido di sfida.
- Pensavi d’avermi sconfitta, eh?
- Sì, lo pensavo.
- Come vedi ti sbagliavi.
- Sì, mi sbagliavo.
- E ora? Ora lo sai cosa t’aspetta, vero?
- Sì, lo so.
- Su, piangi, idiota, piangi. Devo bere.
- Ecco, ecco le mie lacrime. Bevi pure.
Un pugno. Un pugno in pieno viso, devastante. E poi un calcio nello stomaco.
- Iniziavo a sentirmi sola, senza di te, sai?
- Dovrei ridere?
- No, idiota, piangi tutte le lacrime che hai.
- Ok, ok, come vuoi tu.
- Hai imparato a chinare la testa, eh? Con gli anni hai imparato a strisciare ai miei piedi, vero? Brava ragazza, brava. Mi dispiace così tanto torturarti che ti torturo più volentieri.
- Non sei affatto divertente, te lo ripeto.
Altro calcio, più forte, nella schiena. Dolore lancinante, gli occhi vagano alla ricerca di un rantolo, di un respiro, fosse pure l’ultimo.
Mi prende dai capelli, mi schiaffeggia tanto da farmi tornare a respirare.
- Non farlo mai più.
- Uh! Altrimenti che fai? Chiami il tuo amichetto? La tua amichetta? La mamma?
- Sì.
- E pensi che ti daranno retta?
- Sì.
- Povera illusa! Lui è uscito con i suoi amici, lei anche, mentre tua madre ha tuo padre e tua sorella vicino. Tutti sono felici e spensierati, si divertono, si rilassano, stanno bene. E tu? Tu, piccola cretina, tu stai bene?
- No.
- Vedi? Sono tutti lontani e tu sei sola, sola come un cane, arrenditi.
- Ok, mi arrendo.
- Bene.
Sferra un altro pugno, stavolta mi colpisce lo zigomo e l’occhio, procurandomi una ferita sanguinante al sopracciglio.
- Puttana, sei solo una puttana.
- Sì, sono una puttana, e anche tu lo sei.
- No, io non lo sono.
- E invece sì che lo sei. Te l’ha detto anche lui.
- Non è vero.
- Ti ha detto che non sei “pura”, che non sei innocente, che sei troppo maliziosa, ti ha dato più volte della scaricatrice di porto. Cosa credi che pensi di te, eh?
- Mi vuole bene.
- Pensa che sei una puttana.
- Smettila.
Brandisce una spranga di ferro. Un secondo dopo non sento più nulla, non vedo più nulla, non ho coscienza di me e del mondo.
Impiego un tempo indefinito per riprendermi.
- Allora? Chi è la puttana?
- Io.
- Brava.
Ennesimo calcio. Mi colpisce in pieno viso. Ora sanguina anche il naso. Mi guarda.
- Sei orrenda, ragazza mia.
- Grazie, altrettanto.
- Non ti conviene fare la spiritosa con me, lo sai.
Con il suo bastone di legno mi colpisce di nuovo la schiena.
- Sei orrenda.
- Lo so.
- Fai schifo.
- Lo so.
- Brava. Ora piangi un altro po’, poi dormi. Continuiamo domani.
- Come vuoi tu.
Piango, mi tocca.
Buonanotte, nemica mia. Spero che soffochi.