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Petali di parole

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Cagna

Post n°244 pubblicato il 22 Gennaio 2007 da lumiss

La mia cucina non mi era mai sembrata così squallida prima. Improvvisamente riuscivo a vedere le ragnarele pendere dalle pareti, la montagna di piatti ancora da lavare nel lavello, sacchi di immondizie abbandonati vicino al secchio, anche quello ricolmo. Mi parlava come se fosse la cosa più normale del mondo, come se non potesse che andare così. Io a malapena lo ascoltavo. le sue parole non mi interessavano affatto. Anzi, pensavo ad altro. Non mi interessavano i suoi motivi, le sue spiegazioni, le sue giustificazioni. Io, semplicemente non riuscivo a realizzare, a capire, a rassegnarmi. Non potevo credere che lui, di li a poco, sarebbe uscito dalla porta di casa mia per non farci mai più ritorno, che non avremmo più trascorso serate a bere tè. Giocare a scacchi, guardare film, o fare l'amore. "Finita, per sempre". Che colpo basso, mamma mia. Chi se lo sarebbe mai aspettato? Io di certo no. Io avevo già programmato la mia vita in funzione di lui, in funzione di noi: aspettavo solo che quella vita arrivasse. E invece è finita, finita per sempre.
Tutto quello che riesco a chiedermi ora è di cosa riempirò la mia vita. E alla fine la risposta che mi dò è sempre la stessa: lui tornerà da me. E sbaglio, lo so, ma tanto lui tornerà da me, perchè mi ama, perchè si accorgerà che quell'altra è solo un fuoco di paglia, non è nulla di sensato, nulla di costruito con sudore e fatica. Si renderà conto che non fa per lui e tornerà da me.
E invece no. Non tornerà, me lo sta ripetendo, deve entrarmi in testa. Non tornerà. Come posso accettare questo? Come posso pensare che non vivrò con lui, che non avremo figli, che non ci trasferiremo assieme in un'altra città, come avevamo progettato? Devo arrendermi, è finita.
Si sta rivestendo, per andare via definitivamente. Mi vesto anche io, in fretta, e prima ancora che lui abbia potuto chiudersi il giaccone io sono già fuori di casa. Corro, scappo, non voglio vederlo uscire da casa mia. Voglio ricordarlo seduto alla sedia della cucina, mentre mi implora di non piangere, chè comunque mi vuole bene e non vuole farmi sorffrire.
E scappo veloce come il vento di questa città, rotolo per discese e mi affanno per salite. Le strade sono deserte.
Dopo tanta corsa, inizio a guardarmi inotrno, mi chiedo se mi stia seguendo, se sia rimasto a casa mia, se sia tornato a casa sua. Sono all'incorcio che abbiamo fatto ogni giorno per anni, una via porta a casa mia, l'altra, a casa sua. Mi blocco lì. Non so andare avanti. Mi siedo sotto la statua di Rossetti, dove metri e metri di sigari dolciastri sono stati consumati. Mi guardo in giro. Non una macchina, non una persona, non una luce alle finestre dei palazzi. Anche i semafori sono spenti.
Lì, sconsolata, torno a parlare con la mia solitudine.
Mi alzo, esausta, per tornare a casa. Un cagnetto, un randagio, si guarda intorno spaurito: è sbucato fuori da un angolo e dopo avermi vista, viene di me con passo spedito. Ha il guinzaglio ancora legato al collo. E' un guinzaglio logoro, quindi il cane deve essere stato abbandonato da parecchio. Si para di fronte a me. Ci risediamo l'uno accanto all'altra.
- Sei stato abbandonato, piccolo? - gli chiedo.
Il cane abbassa la testa, poi, sospirando leggermente, guarda lontano, oltre il giardino.
- Anche io sono stata abbandonata. Io che non chiedevo altro che potergli stare accanto tutta la vita.
La bestiola si accuccia accanto a me, senza smettere di guardarmi.
- Hai mangiato, cucciolo? Sarai stanco, povero. Chissà quanto hai avuto paura! Chissà quanto hai aspettato che il tuo padrone tornasse a prenderti. Povero, povero, piccolo.
Il cane si alza, fa un piccolo giro, intorno alla statua, come se l'aria fosse divenuta improvvismanete troppo pensante per lui. Poi, torna davanti a me e mi fissa dritta negli occhi. Io ricambio sinceramente il suo sguardo, e allungo una mano per accarezzargli la testa. Mi accorgo che è ferito, sanguina sul costato.
Povera bestia! Chi può aver avuto il coraggio di abbandonare una cosa così piccola ed indifesa a sè stessa, al mondo? Chi?
Mi viene in mente di cercare una medaglietta, o un tatuaggio. Trovo la prima appesa al collare. Mi aspettavo che ci fosse scritto il nome del cane. C'è, invece, incisa una frase: "Il vero amore è quello dei cani!". Mi lecca la mano, il mio piccolo amico.
Quasi mi sento mancare. Sento che le forze mi stanno abbandonando. Decido così di salutare il mio compango di solitudine e di tornare a casa.
Proprio mentre mi alzo, il cane prende il suo logoro guinzaglio in bocca, e si avvicina a me. Mi guarda, aspetta.
Gli sorrido, lo prendo in braccio e lo stringo forte mentre lui mi lecca il viso bagnato. Lo rimetto a terra, prendo il suo guinzaglio e, assieme, ci avviamo verso casa.
Avrà fame, povero cucciolo.

 
 
 
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