Creato da lumiss il 11/07/2005

Petali di parole

Un sentiero cosparso di petali colorati

 

 

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Memorie d'un dongiovanni

Post n°214 pubblicato il 05 Agosto 2006 da lumiss
 

Sono trascorsi circa dieci anni dall'ultima volta che ho varcato la soglia del cimitero.
A Chieti, il cimitero riposa sull'ultima estremità della collina, quella che si distende fino al mare, e segna il crinale. Offre una magnifica vista su altre colline, valli, monti e sul nastro piano e azzurro della costa. A perdita d'occhio campi, vigne,uliveti, piccoli borghi color ocra, il colore della mia terra.
Accanto ad uno degli ingressi secondari (il cimitero di Chieti è vasto,e ha tre entrate) sta una piccola torre di mattoni cotti al sole, e s'adatta così bene al paesaggio che non sembra quasi opera dell'Uomo.
Stamattina ho deciso, assieme al mio papà, d'andare al mare, visto che le persone continuano a dirmi che sembro un cadavere, cosa che mi provoca non pochi fastidi. Così accompagnamo la mamma a lavoro, facciamo un salto al mercato della verdura a Chieti Scalo. Papà torna in mano con un mazzetto di basilico in mano. Prendiamo la strada per andare a Chieti alta, e già mi stupisco, visto che la via più breve sarebbe quella che poi passa davanti a casa mia. Arriviamo proprio allo svincolo per scendere a Francavilla al Mare, ma papà sterza il volante verso l'alto, verso Chieti ed il suo cimitero.
Giunti davanti al cancello, sono un po' seccata. Se non entro in quel posto da diec'anni ci sarà un motivo, anche se lì per lì non mi viene a mente. Decido quindi di entrare. Nelle mani, papà, stringe il mazzetto di basilico acquistato al mercato. Sono un po' perplessa.
Arriviamo davanti alle tombe dei nonni, i genitori di mio padre. Sono due piccoli loculi in mezzo a migliaia di altri piccoli loculi, ma sono vicini. Le fotografie che li ritraggono in colori spenti, addirittura in bianco e nero quella di mio nonno, sono incastonate in cornici d'ottone ovali. Ricordo che quando si trattò d'assicurarsi un posto per "ji'è a fà la terre pe li cic'e" , la nonna smosse mari e monti per poter essere vicina a lui. Ora lo trovo commovente. Li vedo lì, vicini, che si tengono per mano, ora che forse non sono neppure più ossa, ma solo polvere o poco più. Guardo le date di nascita e di morte.
La nonna nacque il 18 Marzo del 1905. Tanto tempo fa: ha potuto vedere due guerre mondiali, ha partorito e cresciuto 3 figli che a loro volta hanno generato e i cui figli hanno generato ancora. Ha visto crescere tre generazioni della sua famiglia e ha lasciato qualcosa di sè ad ognuno di noi. A me ha lasciato il dito anulare delle mani. Sono identici ai suoi, e a quel dito, quando ne sarò all'altezza, indosserò l'anello di pietre rosse che ha voltuto che io tenessi dopo la sua morte e lo terrò sempre, fino a quando non avrò una nipote a cui farne dono. E' morta il 19 Marzo del 1995, a novant'anni e un giorno. La sera prima che morisse, in
ospedale, a causa delle metastasi polmonari di un tumore al seno, festeggiammo tutti quanti con una torta, e volle persino vedere dalla finestra il mio piccolo cane, chiamato affettuosamente da lei "o'lazzaron'".
La data di nascita del nonno è coperta dai fiori finti che la zia mette d'estate,chè quelli veri s'avvizziscono in mezza giornata, e i nonni meritano sempre bei fiori. S'intrevade solo 1903. Anche lui ne aveva viste parecchie. Da giovane faceva il tassista, sì, ma con i cavalli. Aveva un piccolo calesse. E' sempre stato un tipo piuttosto scontroso e mi ricordo perfettamente dell'unica volta che lo vidi sorridere, qualche settimana prima che morisse. Io ero appena una bambina e credevo che m'odiasse perchè volevo sempre rubargli il posto a sedere sulla sedia a dondolo in vimini con i cuscini verdi. Morì d'infarto, appena tornato a casa, dopo essere stato al mercato, dov'era andato a fare la solita spesa per la cucina della nonna. Guardo la data: 5 Agosto 1987. Oggi è l'anniversario della sua morte. Papà apre il mazzetto del basilico, depone qualche ramo sulla lapide del nonno e qualche ramo su quella della nonna. Li guardo ancora una volta: sono la mia memoria, nella Memoria della mia Terra, una memoria che non è la loro, che sono venuti dalle Puglie, su per quell'antico tratturo per pecore, pastori e genti varie.
Tutte quelle ceneri assopite sotto il sole battente sono la Memoria di queste colline, di queste valli, di quest'alberi d'olive, di questo vino, di questo mare, di questi monti, tutto quello che è successo sta dentro queste tombe, dentro questi nomi, dentro queste fotografie scolorite, dentro questi volti ora sorridenti, ora stanchi.
M'allontano, percorrendo qualche metro. Vedo una signora anziana, di quella sana robustezza femminile abruzzese, con il viso rosso. M'avvicino un po'. La guardo meglio: piange. E' vicina alla tomba del marito, guarda la fotografia del suo uomo e piange. S'accorge della mia presenza e mi rivogle uno sguado pieno di pena. Sembra dirmi : "Non c'è più, è morto, m'ha lasciata da sola e io senza di lui mi sento persa, non ho più senso". Ricambio il suo sguardo, le sorrido delicatamente, e con gli occhi le dico "Ti capisco, cara, ti capisco".
In silenzio, m'arriampico verso il cancello del cimitero. Il mio papà mi segue a parecchi passi di distanza. Sembra triste anche lui. Mi giro un'ultima volta a guardare la mia memoria e la mia terra, poi penso: "Voglio portarlo
qui".

 
 
 
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