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PER MIO PADRE

Post n°105 pubblicato il 05 Giugno 2006 da kayfakayfa
Foto di kayfakayfa

Caro papà,
mi sarebbe tanto piaciuto non dover mai scrivere queste righe perché significava che stavi bene; che l'alzaimer che lentamente, ma inesorabilmente, da quasi 10 anni ti sta consumando la mente e il corpo non ti aveva colto.
Tra di noi, è inutile negarlo, non c'è mai stato vero dialogo. Vuoi perché la mattina scendevi presto da casa per andare a lavoro e rientravi spesso tardi; vuoi per il tuo carattare tanto chiuso al punto da indurre i tuoi amici a soprannominarti, quand'eri ragazzo, "il monaco"; vuoi perché, a tua volta, avevi vissuto un rapporto privo di dialogo con tuo padre, un uomo di stampo militare capace di intimorire col solo sguardo (come più d'una delle tue sorelle tuttora ricorda); vuoi per tante cose, tra di noi non c'è stato mai un vero rapporto d'intesa, di comunicazione come dovrebbe esistere tra genitori e figli.
Non immagini quanto io abbia sofferto per ciò, soprattutto quando ascoltavo i miei amici raccontare della complicità che avevano con il papà.
E' vero, quand'eravamo piccoli, d'inverno, la domenica mattina ci portavi ad assistere alle mattinate al cinema o a passeggio in un  parco per sfogare la nostra voglia di vivere e giocare, divertendoti a giocare insieme a noi, tu più ragazzino di noi. Oppure il sabato pomeriggio e la domenica mi portavi con te a giocare a pallone. Ma questo non mi è certo bastato per crescere senza il rimpianto di non aver trovato in te quel forte punto di riferimento da prendere ad esempio durante la mia crescita d'uomo.
E' vero, mi hai trasmesso la passione per l'arte e lo sport e te ne sarò eternamente grato perché grazie a loro sono riuscito a superare tanti vincoli caratteriali che mi impedivano di esprimermi senza pudore verso il mondo. Ma, credimi papà, la cultura e lo sport sono solo dei palliativi. Per cercare di vivere in maniera quanto meno dignitosa in questo mondo occorre prima di tutto avere la fortuna quando si è ragazzi di trovare un "maestro", una guida, un FARO che ti rischiari la via nelle tenebre del mondo, che ti indichi il cammino da seguire nella tempesta.
Questo ruolo tocca a noi genitori! Siamo noi con i nostri atteggiamenti, parole, gesti quotidiani a tracciare l'impronta su cui si struttureranno il carattere, le certezze, le ambizioni dei nostri figli. Quando tutto questo ci viene a mancare per tanti motivi ecco che, crescendo e divenendo uomini, da grandi portiamo in noi lacune incolmabili che si riflettono a loro volto negativamente nel rapporto con i nostri figli e col mondo.

Mamma spesso mi accusa di non preoccuparmi di te, di non pensarti: se solo sapesse quanto si sbaglia! E' vero che quando passo a trovarvi, cerco subito un pretesto per andare via. Ma se lo faccio non è certo perché non ti voglia e non vi voglia bene!
Papà sapessi quanto sto male quando ti vedo nello stato in cui sei. Quanto mi incazzo quando, raccontandomi delle difficoltà sempre maggiori che ha ad accudirti, mamma si offende, iniziando a piangere se mi azzardo a suggerirle di prendere una badante che l'aiuti, almeno di giorno, a starti accanto. 
Certo O., nonostante il lavoro e la famiglia, si smazza per alleviarle la fatica e la sofferenza, cercando d'essere presente il più possibile. 
E' più forte di me, io non ci riesco! Potrei addurre la scusa che avendo anch'io famiglia e lavorando presso un privato non ho la disponibilità che ha lei insegnando in una scuola statale. Mentirei!
La verità è che ogni volta che vengo a trovarvi e ti vedo, com'è accaduto ieri mattina, seduto di sbieco sulla poltrona o sulla sedia, le palpebre semichiuse, lo sguardo spento, muoverti sempre più a fatica perché il male, putroppo, se pure rallentato dai medicinali, avanza, vorrei piangere di rabbia, chiedere a Dio "perché?"
Chiunque ti conosca da sempre, ti ricorda come un uomo serio, tranquillo, tutto famiglia e lavoro.
Vedi papà è proprio quest'aspetto di te, questo tuo spirito di sacrificio mal ripagato dalla vita, (ma chi sono io per emettere certi giudizi?) che ha aperto in me una frattura profonda, insanabile, inducendomi a rivedere il mio modo di pensare e di vivere rispetto al tuo.
In questi ultimi due/tre anni ho iniziato ad agire in maniera totalmente diversa dal mio solito modo di essere e di fare. Non perché ritenessi sbagliati i tuoi suggerimenti che primeggiavano l'importanza del lavoro e della famiglia nella vita di un uomo. Semplicemente perché la vita è un battito di ciglia!
Papà non mi stancherò mai di ripetere che l'insegnameto più importante che tu mi potessi dare è stato la tua improvvisa malattia.
Pensare che un uomo il quale fino a poco più di dieci anni fa giocava a calcio, tenendo testa senza problemi a chi era più giovane di lui, e amava fare lunghe passeggiate senza mai stancarsi oggi sia ridotto alla stregua di un bambino da accudire sia quando mangia sia quando fa i bisogni, mi ha spinto più volte a riflettere sulla futilità e fugacità della vita.
Nessuno avrebbe mai immaginato quel che la vita aveva in serbo per te dopo che per oltre quarant'anni ti sei sacrificato per non farci mai mancare il pane! 
La tua malattia mi ha insegnato a cogliere a volo le occasioni che la vita mi offre, quelle occasioni che avrei sempre desiderato di vivere. Ma che rifiutavo se poi si presentavano perché mi ponevo tanti problemi di natura etica, morale.
Oggi, nonostante anch'io abbia una famiglia, ho fatto del CARPE DIEM il motto su cui impostare il mio esistere.
Quel che è successo a te e a tanti altri, mi è di monito a non rifiutare mai più lo "zuccherino" che all'improvviso la vita mi offre solo perché "non è giusto, non è leale, non è morale fare certe cose!" Non che abbia deciso di darmi al crimine, questo mai. Semplicemente ho deciso di VIVERE!
Chi mi dice  che quell'istante di insperato piacere che la vita pare volermi regalare altro non sia che l'anestitico per attutire la mazzata che la vita stessa sta per darmi o mi ha precedentemente dato affinché non abbia solo tristi ricordi quando verrà il tempo delle rimembranze ?
Papà, perdonami!
 
Ti voglio bene!

   

 
 
 
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