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NAPOLITANO, "QUEL REFERENDUM NON S'HA DA FARE"

Post n°1715 pubblicato il 26 Giugno 2016 da kayfakayfa

A 48 ore dal referendum britannico che di fatto ha sancito l’uscito della Gran Bretagna dall‘Unione Europea – uscita che dovrà essere ratificata dal Parlamento britannico, trattandosi di un referendum consultivo, e dovrebbe avvenire entro i prossimi due anni con modalità tutte da definirsi visto che fino a oggi nessun membro dell’Unione ne aveva mai rinnegato l’appartenenza – la domanda che da più parti ci si pone è “ha senso delegare direttamente alla volontà popolare scelte complesse come la brexit, dato che i cittadini non hanno le competenze adeguate per decidere in merito a questioni squisitamente tecniche!?”.

Tale dibattito in Italia è alimentato dalle affermazioni di Giorgio Napolitano, Mario Monti e Walter Veltroni, nonché da più di un osservatore e commentatore politico secondo cui è stato  un errore delegare ai cittadini britannici una scelta tanto complessa di cui avrebbe dovuto farsi invece carico esclusivamente la politica. Anche perché, intervistati, molti che avevano voltato per l’uscita dall’UE sembra se ne siano pentiti, ammettendo di aver votato per l’uscita perché in totale disaccordo con le scelte di Bruxelles che danno l’impressione di minare i propri diritti; ma inconsapevoli dei contraccolpi negativi che l’uscita dall’Ue causerà a se stessi e soprattutto ai propri figli.

E in effetti, da un’analisi dei flussi elettorali, risulta che a votare per l’uscita del Regno Unito dall’UE sono stati gli abitanti delle zone di campagna e gli anziani mentre i giovani erano per l’Europa.

Dunque il voto britannico non solo sarebbe un terremoto a livello globale politico e finanziario  – uso il condizionale in quanto, se davvero lo fosse, lo scopriremmo solo nel tempo, premesso che l’UK esca davvero dall’UE – ma prima di tutto uno scontro generazionale in cui i vecchi hanno anteposto le proprie paure e esigenze a quelle dei propri figli e nipoti. Chiudendo loro le porte a un futuro privo di frontiere e dunque di maggiori opportunità per il futuro.

Se la visione di Napolitano, Monti e Veltroni è opinabile sotto molti punti di vista in quanto, a prima vista, lede il principio stesso di democrazia che contempla la sovranità del popolo al di sopra di tutto e di tutti - l’articolo 1 della Costituzione italiana recita testualmente “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” – è però altrettanto vero che ci sono questioni dove la mancanza di conoscenze tecniche impone l’ausilio alla volontà popolare di chi possiede le competenze necessarie per operare politicamente per il loro bene affinché non si intacchino né i principi costituzionali, né gli equilibri che regolamentano i rapporti con le altre nazioni.

A tal fine è evidente che l’ausilio di cui sopra lo può garantire solo la politica con i propri rappresentanti scelti dagli stessi cittadini mediante elezioni.

In virtù di tale ragionamento non avrebbero torto Napolitano e quanti come lui lamentano l’utilizzo della consultazione popolare diretta per dirimere questioni squisitamente tecniche e dunque il cui parere dovrebbe essere a esclusivo appannaggio dei tecnici.

Il problema nasce laddove la presenza di tecnici al governo - vedi governo Monti fortemente voluto da Napolitano all’indomani delle dimissioni dell’ultimo esecutivo Berlusconi, bocciato dall’Europa perché ritenuto incapace di attuare le riforme necessarie per evitare il default dell’Italia e quindi trascinando l’Europa nel baratro finanziario - ha partorito tutta una serie di riforme tra cui la famigerata riforma pensionistica Fornero che, seppure hanno evitato la bancarotta del paese, hanno finito di affossare nella povertà la povera gente.

Se i politici e i cosiddetti tecnici si mostrassero davvero capaci di fare al meglio il proprio mestiere per cui sono pagati profumatamente dai contribuenti, non sarebbe  necessario indire referendum su questioni specialistiche.

Poiché il mondo della politica, non solo italiana, si mostra sempre più incapace di tutelare gli interessi dei cittadini, favorendo quelli delle banche e dei grandi finanzieri – vedi la vicenda Banca Etruria e Popolare di Vicenza dove a rimetterci sono stati i piccoli investitori truffati dalle banche che, pur di disfarsi di titoli spazzatura, li hanno affibbiati in maniera truffaldina ai clienti in possesso di piccoli capitali, omettendo loro  i rischi derivanti da quegli investimenti – è comprensibile che le parole di Napolitano, Monti e Veltroni suscitino il risentimento di tanti che credono nella democrazia.

È giusto che la politica reclami i propri diritti. Ma quando risulta principale responsabile delle disgrazie del proprio paese, con che diritto la politica più reclamarli se essa stessa viene meno nei propri doveri verso il popolo sovrano di cui è servitrice?

Non dimentichiamoci che in Italia più volte la volontà popolare espressa con un risultato referendario è stata poi disattesa dalla politica con vili escamotage. Uno su tutti il referendum abrogativo per il finanziamento pubblico ai partiti. Da lì fu cancellato dall’esito referendario e da lì fu subito reintrodotto sotto forma di rimborso elettorale in barba alla volontà popolare. E che dire del referendum che aboliva la privatizzazione dell’acqua? 26 milioni di italiani votarono per renderla pubblica e invece, dopo due mesi dal referendum, il governo Berlusconi, con la finanziaria bis, riammise i privati nella gestione dell’acqua. Il successivo il governo Monti avallò quanto, alla faccia del rigore e dell’equità sociale che andava sbandierando ai quattro venti il Presidente del Consiglio.

Senza dimenticare che all’ultimo referendum in Italia, quello sull’abrogazione delle trivellazioni a mare, sia Renzi che Napolitano, contrariamente a quanto imposto dalla Costituzione a dei funzionari pubblici, sostennero il fronte dell’astensionismo per evitare che si raggiungesse il quorum su un tema in cui il governo si è trovato in imbarazzo per via di alcune intercettazioni telefoniche da cui risultava che il Ministro per lo sviluppo economico Federica Guidi si era impegnata con il proprio compagno Gianluca Gemelli, in affari con le compagnie petrolifere, affinché un emendamento che favoriva le compagnie, stralciato dallo Sblocca Italia, riapparisse improvvisamente nella Legge di Stabilità per la gioia delle lobby petrolifere.       

La democrazia contempla la sovranità del popolo. Quando tale sovranità è tradita, offesa e derisa da chi dovrebbe rispettarla, ossia la politica, è ovvio che poi il popolo pretende di fare da sé anche in questioni che non gli competono. Magari preferendo affidarsi a degli inesperti ma onesti anziché a degli esperti, se non disonesti, sicuramente incapaci visto in che misere condizioni hanno ridotto il paese.

La vera antipolitica non sono né Grillo, né Salvini, né la Le Pen, né Farage.

La vera antipolitica, è la politica che non rispetta la volontà dei cittadini; che, alla prova dei fatti, si dimostra incapace di saper fare il proprio mestiere.

La brexit non è semplicemente uno schiaffo a quei santoni che da Bruxelles pretendono di decidere le sorti di una nazione affamandola – leggi Grecia – perché rispetti i patti, infischiandosene delle sofferenze dei cittadini.

La brexit è uno schiaffo a tutta la malapolitica sparsa a macchia d’olio nel vecchio continente  che sa solo promettere, urlare, ricattare ma non sa fare!

“Se votare facesse qualche differenza non ce lo lascerebbero fare.” (Mark Twain)

 
 
 
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