LA VOCE DI KAYFA

Birmania: Buddismo e Vangelo

Le immagini televisive provenienti in questi giorni dalla Birmania dei monaci buddisti che sfilavano in corteo sotto la pioggia torrenziale, a piedi scalzi, avvolti nelle loro vesti rosse lerce d'acqua, per le vie allagate della capitale Rangoon, per manifestare contro la dittatura militare che da oltre quarant’anni governa affamando il paese; coinvolgendo lentamente anche la popolazione, tanto da costringere il governo a mandare in piazza l’esercito per reprimere con rappresaglie di fuoco e arresti la protesta, non potevano non suscitarmi delle riflessioni sul cattolicesimo e la presunta crisi spirituale in cui verserebbe l’occidente, in particolare l’Italia, (almeno questa è lìopinione dell’Arcivescovo angelo Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana e Arcivescovo metropolita di Genova, nonché generale di corpo d'armata dell'Esercito Italiano.) 

La reprimenda del Papa contro il capitalismo durante l’Angelus di domenica 23 settembre, in cui ad un certo punto afferma che Il denaro non è "disonesto" in se stesso, ma più di ogni altra cosa può chiudere l’uomo in un cieco egoismo. Si tratta dunque di operare una sorta di "conversione" dei beni economici: invece di usarli solo per interesse proprio, occorre pensare anche alle necessità dei poveri, imitando Cristo stesso, il quale – scrive san Paolo – "da ricco che era si fece povero per arricchire noi con la sua povertà" (2 Cor 8,9). Quindi parlando del profitto invita a una distinzione: si confrontano due logiche economiche: la logica del profitto e quella della equa distribuzione dei beni, che non sono in contraddizione l’una con l’altra, purché il loro rapporto sia bene ordinato. Aggiungendo che la logica del profitto, se prevalente, incrementa la sproporzione tra ricchi e poveri e un rovinoso sfruttamento del pianeta. Quando invece prevale la logica della condivisione e della solidarietà, è possibile correggere la rotta e orientarla verso uno sviluppo equo e sostenibile,  è certamente condivisibile, ma si perde nel vago se ad essa non seguono azioni concrete cui partecipino fattivamente i fedeli non solo a parole o con sventolio di fazzoletti!

Leggendo e rileggendo le parole del Papa, ripensando ai monaci buddisti uccisi o segregati nelle prigioni di stato birmane per aver avuto il coraggio di sostenere le ragioni del popolo, non potevo non riandare con la mente ai Patti Lateranensi, che dall’11 febbraio 1929 regolamentano i rapporti Stato-Chiesa in Italia. Né potevo esimermi dal riflettere sulle ragioni che spingono sempre più giovani ad allontanarsi dal cattolicesimo, avvicinandosi ad altre forme di culto. Se migliaia sono i giovani che convergono nei raduni annuali col Papa, (dove Sacro e profano si mescolano visto che molti degli artisti che si esibiscono sul palco non conducono di certo una vita ortodossa così come impone la Chiesa! O si deve pensare che, pur di tirare quanta più acqua al proprio mulino, il Vaticano è sempre pronto a chiudere un occhio se non addirittura entrambi come per la concessione del Duomo di Modena per celebrare i funerali di Pavarotti seppure il maestro fosse divorziato e risposato in seconde nozze?), è altrettanto vero che una piccola, ma crescente, fetta di giovani e non rinnega o rifiuta il Vangelo per avvicinarsi alle religioni orientali, in particolare il buddismo. La giustificazione che molti prelati danno di questo fenomeno di emigrazione secondo cui esso è la logica conseguenza della libertà di azione che le religioni orientali lascerebbero (notate il condizionale!) all’individuo allo scopo di aumentare i proseliti, oggi decade. Sostituita, a mio avviso, da una spiegazione più semplice ma evidente, come i fatti birmani dimostrano: il buddismo è davvero vicino alla gente, il cattolicesimo putroppo no!

Nonostante le lodevoli opere missionarie sparse per il mondo, le tante comunità cattoliche che operano sul territorio, le associazioni di volontariato e tant’altro a favore dei poveri che la Chiesa sostiene, quel che non convince nell’atteggiamento ecclesiastico riguardo il rapporto con la società è l'essere sempre protesa all’assistenzialismo, se non addirittura infondere l'impressione nella gente di perpetrare una sorta di sottile ricatto psicologico tipo “se sei con me ti aiuto, se sei contro di me ti sostengo spiritualmente con la preghiera ma ti precludo le porte della Tempio” come avvenne per Welby!

Quest’atteggiamento intransigente, quasi dittatoriale, (ovviamente inteso in termini spirituali), in totale contrapposizione con il Vangelo è sicuramente figlio, di quegli stessi Patti Lateranensi di cui sopra (unitamente a una politica secolare da parte della Chiesa sempre tesa più alla conquista del potere temporale anziché di quello Spirituale), se da un lato garantiscono autonomia alla Chiesa sul territorio nazionale, dall’altro la inibiscono se volesse a sua volta far sentire in maniera chiara e convincente la propria voce su questioni strettamente sociali e politiche, facendo subito gridare i più ad un suo atto di ingerenza nelle questioni nazionali.

Il family day voluto dall’Arcivescovo Bagnasco trova il tempo che trova visto che a sostegno dell’evento in piazza scesero politici che con la famiglia, così come la intende la Chiesa, non hanno nulla da spartire, anzi! Ma soprattutto perché con i tempi che corrono, e visto quel che costa, mettere su famiglia e soprattutto mantenerla premette che o si è figli di benestanti, o si è vinto al Superenalotto, o si è semplicemente folli!

Quanto stanno facendo i monaci buddisti in birmania altro non è che praticare l’insegnamento del Vangelo in cui si impone al pastore di sacrificarsi per la salvaguardia e il bene delle proprie pecore, rappresentato dal sacrificio in croce di Gesù! Perché per una volta la Chiesa non tralascia la politica e compie un gesto concreto per arginare la deprecata deriva morale dell'Italia e sensibilizzare chi di dovere ad adoperarsi concretamente per fronteggiare le difficoltà che tante famiglie hanno nel nostro paese ad arrivare almeno a metà mese, in cui tutti gli uomini, sia di destra sia di sinistra, si riconoscano, al punto da condividerlo, scendendo in piazza per sostenerlo anche a costo di rimetterci le penne?

Noi siamo qua che aspettiamo. Ma per favore, fatti non parole, altrimenti ci rivolgiamo a San Grillo!