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« IL REDDITO DI ESISTENZALA RIFORMA COSTITUZIONAL... »

SENATO SI, SENATO NO

Post n°865 pubblicato il 13 Novembre 2016 da rteo1

SENATO SI, SENATO NO

Preciso subito che non intendo prendere parte al derby referendario. Le tifoserie di entrambi gli schieramenti stanno adoperando tutti i mezzi, e anche i mezzucci, pur di raggiungere il proprio scopo elettorale. Bisogna però fare chiarezza su un punto importante, che la Riforma costituzionale ha offerto come occasione di riflessione: il Senato della Repubblica. Ebbene si, il Senato, al di là degli effetti, ossia del bicameralismo paritario o differenziato. Dopo aver atteso invano di sentire qualche divulgatore o esperto della "Riforma Costituzionale" mi sono reso conto che tutti (nessuno escluso) hanno eluso il problema fondamentale, cioè spiegare quale sia il ruolo del Senato in una Costituzione dello Stato. E allora, poiché lo ritengo necessario, anche come bagaglio culturale dei cittadini, ma anche di molti politici improvvisati, cercherò, seppur sinteticamente, di dare un mio modesto contributo. Per farlo, però, mi appellerò, prima di tutto, all'ausilio di Aristotele. Questi, a differenza dei moderni politici e giuristi, che hanno elaborato le definizioni più disparate e spesso evanescenti (la legge fondamentale dello Stato, la legge delle leggi, senza dire della fantasiosa "Costituzione più bella del mondo"), definiva così la Costituzione: «è l'ordinamento delle varie magistrature d'uno Stato e specialmente di quella che è sovrana suprema in tutto». Non vi è dubbio che le Costituzioni del secondo dopoguerra abbiano assunto una diversa "fisionomia", ma questa attiene soprattutto alla necessità di introdurre nella Costituzione  le libertà e i diritti fondamentali (e i doveri) dei cittadini (come la Prima Parte della Costituzione italiana) per difenderli dagli abusi del potere di governo. Per tutto il resto, invece, la Costituzione rimane tuttora lo strumento per prevedere quali debbano essere le cariche dello Stato e come debbono essere conferite. Ed è proprio qui che s'innesta il Senato della Repubblica. È  facile comprendere che prevederlo oppure no tra gli organi dello Stato fa differenza. Per poter stabilire, però, se esso sia o meno necessario alla democrazia bisogna, anzitutto, conoscerlo meglio. Il termine Senato deriva da senex, che significa vecchio (per cui ci si riferisce agli anziani o padri); infatti, i membri erano inizialmente gli anziani del popolo romano che costituivano il consiglio degli anziani, che aveva funzioni consultive (poi anche esecutive, legislative e giudiziarie). Secondo la tradizione, il Senato fu costituito da Romolo, ed era composto da 100 membri scelti tra i Patrizi; successivamente Tarquinio Prisco aggiunse altri 100 senatori, che in seguito divennero 300, tutti nominati dal rex. Con Silla, poi, il Senato raggiunse i 600 membri e con Cesare 900, per poi essere nuovamente ridotto a 600 da Augusto. Nel tempo ai patrizi (patres) si aggiunsero, poi, anche i plebei diventati ricchi o perché erano entrati a far parte delle magistrature (conscripti, cioè "iscritti"); la carica era vitalizia. Nel periodo successivo il Senato fu soppresso dagli ordinamenti medioevali. Esso "riappare" con lo Statuto Albertino, ma era di nomina Regia e la carica era a vita (ma senza alcuna indennità). Il Senato, unitamente al Re, e alla Camera dei Deputati esercitava la funzione legislativa. È questa, perciò, a cui oggi occorre fare riferimento per decidere: Senato Si, Senato No. Costantino Mortati (Costituzionalista di altri tempi) nell'Assemblea Costituente spiegò così (all'incirca) le ragioni di avere o meno una seconda Camera: è necessaria quando bisogna integrare la volontà del Popolo; quando, cioè, non c'è omogeneità sociale. In questi casi, ferma restando l'elezione diretta del popolo, bisogna garantire la rappresentanza politica nell'organo legislativo anche alle diverse categorie sociali. Nasce così la seconda Camera, per far partecipare le varie categorie (o le Istituzioni territoriali, come nella Riforma) nella formazione delle leggi. In verità, quando vi è omogeneità del Popolo (e comunque quando si ha il fine politico di renderlo tale, ossia unito) l'Assemblea deve essere monocamerale, perché la legge deve essere generale, ossia valida ed efficace per tutti i cittadini (e per le istituzioni), e non speciale né settoriale. Costituisce, pertanto, un'anomalia anche la partecipazione degli Enti territoriali, come seconda Camera (il Senato della Repubblica previsto dalla "Riforma") perché la titolarità della funzione legislativa generale, ossia il potere di fare le leggi valide per tutti, in democrazia (senza interferenze delle oligarchie) può essere riservata soltanto ai cittadini-elettori (Popolo), e, per essi, ai loro diretti rappresentanti. E a chi volesse richiamare la Costituzione Francese va detto che questa (anch'essa del dopoguerra), comunque, prevede in Costituzione l'elezione "Indiretta" e il Senato "rappresenta le collettività territoriali" (che sono altra cosa rispetto agli enti). Ripartire la funzione legislativa, pertanto, anche tra cittadini e enti territoriali significa incidere sulla forma democratica del governo perché in questo modo la legge non è l'espressione della sola volontà generale del Popolo ma sarà anche l'espressione degli enti istituzionali, i quali, da "creazioni giuridiche" e artificiali diventano soggetti politici alla stregua dei cittadini- elettori (del Popolo). Il "Senato Si, o il Senato No" si pone, quindi, in diretto collegamento con l'esercizio della funzione legislativa e le domande alle quali rispondere sono le seguenti: la legge generale, ossia valida per tutti (anche per le istituzioni territoriali), deve essere soltanto l'espressione della volontà generale dei cittadini da parte della Camera che direttamente li rappresenta ? la democrazia italiana ha bisogno di differenziare la Camera dei cittadini con una seconda Camera, ossia quella degli Enti territoriali ?

 
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Vince198
Vince198 il 13/11/16 alle 12:43 via WEB
Non sono molto esperto di diritto costituzionale ed è per questo che mi sono, per così dire, ingegnato per cercare di comprendere questa riforma (che raccoglie in sé aspetti oscuri per me), oltre che essere raffazzonata e pasticciata.
Per entrare nel merito di questa discussione, oltre ad avere avuto colloqui e pareri con persone che conoscono bene questa materia (miei familiari che hanno dedicato e dedicano tuttora la loro vita allo studio della giurisprudenza a livello universitario) in quanto docenti ordinari, ho letto osservazioni di illustri giuristi quali De Siervo, Zagrebelski che in questa materia hanno esperienza e capacità indiscusse a mio avviso.
Senza riportare osservazioni capillari che prenderebbero troppo tempo e spazio per chi legge, ho letto con attenzione un “memorandum“ di Zagrebelski (Loro diranno, noi diciamo) che mi ha convinto ad esprimere il mio NO a questi cambiamenti.
Il problema, in fin dei conti, a dire di Zagrebelski non è tanto istituzionale quanto politico. Convengo. Basta vedere come sono arrivati, con quali escamotage di vario tipo, cambio di regole in corso, all’approvazione di queste riforme a colpi di maggioranza e di fiducia per comprendere che sono solo volontà governative non di tutto l’arco parlamentare.
Una riforma che riguarda tutti si fa con il contributo di tutti, non della sola maggioranza politica che, per giunta se non ricordo male, vorrebbe pure dettare regole all’opposizione, sul modo di opporsi con criteri per l’appunto dettati dalla maggioranza stessa. Se non è questa arroganza allo stato dell’arte, non saprei come altro e meglio definirla.
Se avesse voluto essere più credibile questo governo, secondo me avrebbe dovuto seguire la stessa via che i nostri padri della patria misero in atto nel dopo guerra: la commissione dei 75 avrebbe dovuto essere un pilastro indefettibile, con l’evidente intento di fare modifiche da parte di rappresentanti di tutto l’arco parlamentare. Darle un tempo come avvenne nel dopo guerra (12 mesi sarebbero stati sufficienti) per poi procedere alla promulgazione delle modifiche. Sicuramente si sarebbe raggiunto un risultato unanime o quasi, superiore al 66% ed avremmo reso da tempo operative le modifiche ritenute necessarie.
Così non è stato – lo abbiamo potuto osservare in questo periodo - ed ora il governo, invece di legiferare, sembra preso solo da questa smania di rendere il 4 dicembre come un punto invalicabile per il nostro (soprattutto per il suo) futuro.
Intanto la situazione economica peggiora, dal gennaio 2016 il debito pubblico cresce di circa 8,8 mld di euroì/mese, i nostri poveri aumentano, i disoccupati non trovano sbocchi, le tasse non calano, le chiacchiere governative sono a livello esponenziale etc. etc.
Non “tifo” per nessuno dei partiti politici da diversi anni pur essendo globalmente indirizzato da sempre verso una destra liberale e moderata. Questo perché secondo me queste modifiche non sono dettate dal buonsenso ma da chi, extra parlamento, ha interessi a che queste riforme che sminuirebbero l’attività del legislatore (il parlamento) vengano al più presto approvate.
Vedo comportamenti poco chiari nel sotto bosco della politica (che non traina da tempo, ma che è trainata da forze sovranazionali trasversali “straniere”) ed è per questo che dico NO. Dovrà rimediare, se del caso, un parlamento democraticamente eletto, non da questa banda di nominati di cui non mi fido neanche per sentito dire.
Grazie per l’ospitalità e per avermi consentito di esprimere la mia opinione, buona domenica. Vincenzo
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 14/11/16 alle 09:00 via WEB
Sono io a ringraziarti. Stamattina ho preso conoscenza di questo commento partecipato, ma non ho tempo per rispondere adeguatamente. Lo farò appena possibile. Mi complimento per l'interesse dimostrato e la neutralità verso le tematiche in discussione. Zagrebelski è stato uno dei primi costituzionalisti da me conosciuto (indirettamente) perché oltre 35 anni fa, la mia professoressa di diritto Costituzionale, Lorenza Carlassare, organizzò con lui un convengo. Suscitò, inutile dirlo, un grandissimo interesse. Ho letto quasi tutto di lui e condivido quasi sempre. Voglio soltanto dire - ma ritornerò sul tema - che il problema, come giustamente rilevi, è politico, ma per poterlo comprendere bisogna avere avuto "confidenza" con le opere politiche di Aristotele, Platone, Cicerone, ecc., che molti costituzionalisti (peggio ancora i politici al governo) di certo non hanno. A presto
(Rispondi)
 
 
Vince198
Vince198 il 14/11/16 alle 16:13 via WEB
Nel frattempo, condividendo quanto hai osservato (ho fatto studi classici e qualcosa ricordo ancora, sebbene gli anni abbiano un po' offuscato quel bel periodo della mia vita giovanile), lascio alla tua cortese attenzione il punto 6 del "memorandum" di Zagrebelski in cui che va giù duro, non poco:
« S'inorgogliranno chiamandosi "governo costituente".
Noi diciamo che "governo costituente", in democrazia, è un'espressione ambigua. Sono i governi dei caudillos e dei colonnelli sud-americani quelli che, preso il potere, si danno la propria Costituzione: Costituzione non come patto sociale e garanzia di convivenza, ma come strumento, armatura del proprio potere.
Il popolo e la sua rappresentanza, in democrazia, possono essere "costituenti".
I governi, poiché sono espressione non di tutta la politica, ma solo di una parte, devono stare sotto la Costituzione e non sopra, dove credono invece di stare i nostri riformatori, che si fanno forti dello slogan "abbiamo i numeri": come se avere i numeri, comunque racimolati, equivalga a sentirsi autorizzati a fare quel che si vuole. Ridurre la democrazia a una questione di numeri è l'espressione della santa ignoranza di chi s'è accaparrato la gestione di queste cose. »
Quest'uomo, Zagrebelski, pur dichiarando la sua appartenenza alla sx (non credo proprio quella attuale) ha una visione della democrazia veramente elevata. Me ne compiaccio vivamente, profondamente.
(Rispondi)
 
 
 
rteo1
rteo1 il 15/11/16 alle 12:28 via WEB
Mi compiaccio vivamente per l'analisi puntuale sulla dinamica dei modelli politici. La democrazia, di cui tutti parlano a vanvera, finora l'ha spiegata in modo insuperabile e completo Aristotele nella sua Politeia (ove descrive almeno cinque tipologie, a seconda di come si assegnano le cariche e come vengono esercitate).Zagrebelski viene da questa scuola della conoscenza e dell'approfondimento. Non è uno dei tanti "costituzionalisti" accreditati soltanto dall'università, e che oggi si sta schierando (soprattutto per il Si) senza cognizione di causa. La cultura è il frutto di un approfondimento, fino alle radici dei sistemi.Solo qui puoi trovare i "fondamentali", senza i quali ogni giudizio risulterà fallace. Grazie al tuo interessamento ho valutato come utile ritornare sull'argomento per spiegare in altri termini la nascita degli ordinamenti. Per cui Ti anticipo che scriverò, e pubblicherò, una riflessione sulla Riforma costituzionale in rapporto alla democrazia e all'oligarchia, che sono le due parti presenti in ogni Comunità-statale. Voglio soltanto, per ora, chiudere con una precisazione. Tu scrivi: Il popolo e la sua rappresentanza, in democrazia, possono essere "costituenti". No è corretto. In democrazia soltanto il Popolo è "Costituente". Quando, invece, ciò non accade, si usa in modo improprio il concetto di democrazia.
(Rispondi)
lucreziamussi
lucreziamussi il 13/11/16 alle 15:40 via WEB
Se questo e il Senato dico no .
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 14/11/16 alle 09:01 via WEB
Per le ragioni politiche che ho esposto non posso che dire No anch'io. Ciao, e grazie.
(Rispondi)
lucreziamussi
lucreziamussi il 13/11/16 alle 15:41 via WEB
Ma quali riforme ?
(Rispondi)
lucreziamussi
lucreziamussi il 13/11/16 alle 15:43 via WEB
Perche non parliamo degli immigrati ?
(Rispondi)
lucreziamussi
lucreziamussi il 13/11/16 alle 15:45 via WEB
Che giungono perche nel loro paese !
(Rispondi)
lucreziamussi
lucreziamussi il 13/11/16 alle 15:46 via WEB
Ci sono guerre su guerre !
(Rispondi)
lucreziamussi
lucreziamussi il 13/11/16 alle 15:47 via WEB
Per mano di chi !
(Rispondi)
lucreziamussi
lucreziamussi il 13/11/16 alle 15:48 via WEB
La madre Russia !
(Rispondi)
lucreziamussi
lucreziamussi il 13/11/16 alle 15:50 via WEB
U.S.A!
(Rispondi)
malware_jinx
malware_jinx il 17/11/16 alle 11:39 via WEB
Avevo già letto il tuo esauriente articolo sul tuo blog. Il commento al mio post integra quegli scritti. A differenza di te, io opto per una panoramica della situazione (che per altro si snoderà in tre o quattro interventi) assai concisa, per ragioni puramente pratiche: le lunghe trattazioni non vengono lette da nessuno, purtroppo, su qs pigra community. Che il Senato abbia una funzione prettamente legislativa mi pare cruciale in una democrazia, soprattutto quando si tratta di fungere da organo di controllo sull’operato dell’altra camera. Sono le leggi, e null’altro, ciò che connota un regime, e ciò che inevitabilmente va ad impattare sulla vita e sull’eventuale grado di libertà del cittadino. Mi sembra ovvio e naturale che esse, prima di essere promulgate, subiscano un severo esame da parte del parlamento. Ora, non mi sfugge certo quanto arduo sia, ultimamente, far giungere un testo alla Gazzetta Ufficiale in tempi accettabili, date le improbabili componenti dei governi, quindi dei parlamenti. Ma in questo sta, in fondo, l’autorevolezza nonché l’abilità di un esecutivo. E’ troppo comodo affermar di subire intralcio dalla presenza di due organi, istituiti per fare da contrappeso decisionale l’uno dell’altro, e pensare di risolvere l’empasse chiedendo al popolo di abolirne uno, quindi di rinunciare ad pezzo delle sue garanzie di libertà. E poi con quante ignobili pressioni!!! Ciao, Jx
(Rispondi)
 
rteo1
rteo1 il 18/11/16 alle 10:18 via WEB
Ti ringrazio, anzitutto, per il commento. Sento, tuttavia,il dovere di precisare alcune inesattezze. La "seconda Camera" (ossia il Senato) che, come tu dici, deve "controllare" la Camera legislativa è una esigenza della oligarchia. Viene da lontano, dal Senato della repubblica romana e dell'impero. Il Senato esercitava l'auctoritas, ossia il controllo preventivo sulle deliberazioni dell'assemblea popolare e, qualora, a sua discrezione, esse fossero ritenute contro l'ordinamento aristocratico dei patrizi non potevano essere "promulgate". Oggi tale ruolo è stato riconosciuto alla Coorte Costituzionale (nel bene e nel male).Circa, invece, quanto affermi, che è giusto che le leggi prima di essere promulgate "subiscano un severo esame da parte del parlamento", devo evidenziarti che quelle cui fai riferimento sono le "proposte" e i "disegni di legge", e in alcuni casi i "decreti legge da convertire", ma non sono leggi. Queste diventano tali soltanto dopo l'approvazione proprio del parlamento. La G.U. attiene, invece, alla fase della pubblicità (pur integrando il procedimento legislativo).Ad ogni buon conto, per non dilungarmi (anche perchè hai ragione quando dici che i post lunghi no vengono letti), posso soltanto dire che quanto io scrivo attiene ai sistemi politici. Se tu mi chiedi del regime monarchico, io ti rispondo su di esso; se, invece,, mi parli di oligarchia, io ti dirò altro, così se mi parli di democrazia. In altri termini, anche in politica esistono dei modelli, e la democrazia prevede che la volontà generale, che si trasferisce nelle leggi, appartiene al popolo.
(Rispondi)
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