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«L'Italia celebra una menzogna, è solo retorica»
Il capitano Romano parla della necessità di riscrivere la storia:«Italiani dal 1946 e ricordare le stragi del Sud»
Capitano Alessandro Romano... A proposito, perché la devo chiamare capitano?
«Èun titolo onorifico che mi fu dato dalla principessa Urraca diBorbone per le mie ricerche storiche».
Suona un po’ antico...
«L’esercito borbonico aveva due sovranità, su armi e spirito. La prima non c’è più, resta quella morale».
M alei è borbonico o neoborbonico?
«Assolutamente neoborbonico».
La differenza dov’è?
«Ilneoborbonico fa parte di un’associazione che si occupa dellarilettura storica».
Un revisionista?
«Assolutamenteno. Noi vogliamo un risveglio identitario del popolo meridionale perfarlo riscattare dalla sua condizione. Il nostro non è revisionismo,è una rivoluzione culturale».
E il borbonico?
«Be’,l’essere borbone significa entrare in una sfera politica, aspirarea creare un ordinamento. Noi non facciamo politica: ci sono esponentirepubblicani, monarchici. Ognuno ha le sue idee».
Ma riconoscete Carlo di Borbone?
«Certo. È il simbolo vivente della nostra storia, delle nostre tradizioni. Rappresenta la nostra nazione». Alessandro Romano da Ponza, classe '54, casa a Latina dove vive con la moglie ele due figlie,è un funzionario della Protezione civile con l’hobby (l’avrete capito) della storia. È uno dei principali animatori del movimento neoborbonico italiano. Ed è uno di quelli che domani, giorno della festa nazionale dell’Unità italiana, listerà a lutto la sua bandiera. Quella del Regno delle due Sicilie, ovviamente.
Capitano,mi dice una sola buona ragione per non festeggiare la nostraPatria?
«Gliene dico tre.
Iniziamo dalla prima.
«Innanzitutto non è vero che il 17 marzo del1861 si unificò l’Italia. La nostra nazione si completò altermine della prima guerra mondiale».
La seconda?
«Laproclamazione dell’Italia fu fatta in lingua francese».
Suvvia,vorrà farne mica questione di lingua ufficiale?
«È la prova che l’Italia fu annessa al Piemonte. E qui arriviamo alla terza buona ragione».
Dica.
«Le legislaturedell’Italia unita hanno continuato a seguire la numerazione di quelle piemontesi. E invece dovevano ripartire da zero».
E quindi chissene frega della festa nazionale?
«Guardi cheun anniversario lo celebriamo. Solo che per noi lo Stato italianoinizia il 2 giugno 1946. Tutto ciò che c’è stato prima èaberrante».
Be’, rassegnatevi a cambiar data.
«Scusi,ma adesso le cito giusto due numeri: 685.000 morti e 500.000prigionieri durante l’occupazione dei piemontesi che repressero acannonate la rivolta delle popolazioni».
E i numeri dei briganti? Ricorda anche quelli?
«Macché briganti, erano partigiani. Il popolo che si ribellò all’invasione. E fu massacrato. Mi spiega secondo lei cosa c’è da festeggiare?».
Vede che ha ragione chi vi critica? Voi siete contro l’Unità d’Italia.
«No, purché si faccia».
S’è già fatta, non se n’è accorto?
«Ah sì? E dove? Il Risorgimento divide, non unisce. È un risorgimento del Nord, non dell’intero Paese. Scusateci, ma a noi proprio non ci viene da celebrare qualcosa. La verità è che mezz’Italia festeggerà su una menzogna, sulla retorica».
Pensate mai di esagerare?
«Diciamo che in alcuni casi alziamo toni, è vero. Forziamo la mano. Ma senza provocazioni continueranno le solite bugie».
Quindi è meglio un bel ritorno alpassato?
«Quello non esiste. Noi chiediamo, vogliamo, pretendiamo solo la riscrittura della storia».
Ieri i consiglieri della Lega della Regione Lombardia sono andati al bar aprendere il caffè mentre suonava l’inno di Mameli. Non è che infondo v’assomigliate, voi e quelli del Nord «predatore»?
«Macché. L’azione della Lega è finalizzata a interessi territoriali, non ha un’idea di popolo. Noi invece difendiamo l’identità nazionale,non siamo contro l’Italia una».
Sarà. Però qualcosa in comune con i Serenissimi mi sa che c’è.
«Ci unisce la voglia di verità. La nostra esigenza è la stessa dei Serenissimi, dei toscani, di tutti gli stati preunitari che hanno subìto un’invasione. E ora si ribellano».
Non pensa sia passato un po’ troppo tempo?
«Il problema è che nessuno ci dà la parola. E allora la gente chiede la separazione. Io dico: sediamoci davanti a un tavolo e condividiamo la storia. Quella vera, però».
C’è qualcosa che le dà particolarmente fastidio in quella ufficiale?
«Il negazionismo delle stragi al Sud, il silenzio calato su quegli 84 paesi distrutti. Ecco, questa è una cosa che mi offende, che mi manda in bestia».
Domani l’Italia festeggia il tricolore, ma i neoborbonici saranno in piazza con bandiere del Regno listate a lutto. Ci manca solo l’inno da contrapporre a quello di Mameli...
«Ce l’abbiamo. È l’Inno al Re diPaisiello. È del 1778, e giovedì suonerà».
Il kit del perfetto neoborbonico è servito. Non è che c’è anche qualche testo da consultare con particolare attenzione?
«Ci sono cinque volumi che nella libreria di un neoborbonico non possonomancare».
Li ricorda tutti?
«Certo. Malaunità, scritto da varie persone. Perché non festeggiamo i 150 anni dell’unità d’Italia, anche questo di autori vari, tra cui io. Terroni, di Pino Aprile. E poi due libri di Gigi Di Fiore:Controstoria dell’Unità d’Italia e Gli ultimi giorni di Gaeta,l’assedio che condannò l’Italia all’unità» .Avete ancheuna sede?
«Certo. A Napoli, Benevento, Avellino, Caserta,Bari, Lecce, Brindisi, Lucera e Potenza. Venticinque in tutto».
Roba da finire sui giornali...
«Abbiamo anche quello. È un giornale telematico, e si chiama Rete di informazione del Regno delledue Sicilie. Conta la bellezza di 13.850 iscritti».
Cos’è,da Federico II a internet?
«La rete aiuta tantissimo. Abbiamotre siti dedicati: www. neoborbonici. it, www.reteduesicilie. ite www. ilnuovosud. it».
E c’è gente che vi segue in queste vostre battaglie?
«Non ha idea di quanti siano: neoborbonici, filoborbonici, simpatizzanti.Tantissimi».
Una cifra.
«Duecento attivisti. Epoi ci sono gli aderenti».
Numero?
«Tre o quattromila. Senza considerare i simpatizzanti».
Aggiungiamolial conto: quanti?
«Milioni».
Via,milioni...
«Giuro, milioni».
Qualche nome?
«No,i nomi no».
Capirà che è facile dire milioni se poinon si tira fuori neppure un nome, no?
«Facciamo solo quellidei simpatizzanti, allora».
Li faccia.
«Ilsottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano».
È neoborbonico?
«No, ma è uno che sa dov’è la verità nellastoria».
Altri «simpatizzanti»?
«Il sindaco diBari Michele Emiliano, l’ex sindaco di Caserta Luigi Falco, ilconsigliere del Comune di Napoli Nino Funaro, l’ex assessore delComune di Caserta Antonio Ciontoli. E poi Maurizio Marinella. Tuttagente che conosce la storia vera».
Dimentica la Sicilia.Raffaele Lombardo e Gianfranco Micciché?
«No, con loro nonvogliamo alcun rapporto. Sono opportunisti».
Voi no?
«Lavicenda è molto più semplice di quel che si pensi. Noi abbiamo unoStato, l’Italia. E una nazione, la nostra, che invece è iniziatacon Federico II di Svevia e Ruggero il Normanno. Sono due realtà chepossono convivere pacificamente. Il problema è che se ci fannoincazzare, allora la nostra nazione diventerà anche il nostro Stato».
Gianluca Abate da http://corrieredelmezzogiorno.corriere.it
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