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I vantaggi dell'unità d'Italia

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LA STORIA BUGIARDA

Post n°1960 pubblicato il 19 Settembre 2011 da luger2
 

 

Il blog di Beppe Grillo nella continua ricerca della verità , cerca quella storica con un'intervista ad  Arrigo Petacco autore de "Il regno del Sud". Una cosa è certa, tutto quello che ci è stato insegnato a scuola e viene insegnato ai nostri figli è falso. Viviamo in un incantesimo storico chiamato Risorgimento senza mai essere sorti prima e stiamo per entrare in un altro, quello della Padania, un'entità mai esistita. L'importante, come si dice, è crederci.

A.Petacco: "Cavour, Garibaldi e Mazzini sono i padri della Patria ma per la verità si odiavano, tutti quanti tra di loro si odiavano moltissimo. Cavour ha giocato Garibaldi, lo ha strumentalizzato, Garibaldi si è difeso contro di lui, Mazzini era odiato da entrambi, però la Storia li vuole tutti insieme perché tutto sommato tutti e tre hanno contribuito all’unificazione nazionale."
Blog: "Si pensa che l’Unità d’Italia sia il frutto dei moti risorgimentali, invece è tutto il frutto di un complotto in una stazione termale?"
A. Petacco: "I complotti sono sempre dappertutto, in realtà l’Unità d’Italia nessuno la voleva, erano tutti federalisti a quell’epoca, compreso Cavour, anzi Cavour era sicuramente un federalista, l’unico che voleva l’unità nazionale era Mazzini che Cavour definiva “una corbelleria” perché proprio lui non ci credeva, d’altronde lui pensava in francese, parlava francese, non era mai stato a sud di Firenze. E lui sognava un’ Italia di tre Stati, uno Stato del nord (vedi i Savoia) che sarebbe stato diceva lui il più ricco d’Europa, uno Stato del centro con una combinazione franco – italiana, e voleva conservare il Regno dei Borboni. Lui fece tutto il possibile per salvare il regno dei Borboni. Purtroppo Francesco II quello che chiamano Franceschiello, che era un gran bravo ragazzo, ma aveva appena venti anni, non capì l’affare, il business che Cavour gli aveva offerto e rifiutò, rifiutò giocandosi la sorte del suo regno. 

Blog: "Perché a un certo punto parte la spedizione del generale Garibaldi?A. Petacco: "Eh! parte a sorpresa perché nessuno la voleva, Cavour non la voleva e anzi cercò addirittura di mandare i Carabinieri, lui voleva mandare i Carabinieri per fermarlo perché sapeva che andando in Sicilia avrebbe rotto il suo accordo con Napoleone III di fare l’Italia federale. Lì c’è tutto un gioco di complotti perché invece Vittorio Emanuele II, che voleva allargare il suo regno, segretamente disse a Garibaldi di andare avanti mentre ufficialmente gli ordinò di fermarsi. Garibaldi non obbedì all’ordine, andò in Sicilia e incredibilmente perché tutti pensavano, Cavour pensava: “Faranno la fine di Pisacane” cioè saranno inforconati dai contadini com’è accaduto altrove prima di allora e invece per un miracolo questi mille uomini, di cui soltanto 18 erano siciliani e gli altri erano tutti nordisti, erano tutti bergamaschi, erano quasi tutti i nonni degli attuali leghisti, furono loro a andare giù e conquistare la Sicilia e il Regno delle due Sicilie. Lui ha conquistato un regno e lo ha donato a Vittorio Emanuele II dicendo: “Vi dono il Regno delle due Sicilie” e poi se ne andò a Caprera, perché era un onesto uomo e un po’ ingenuo forse, convinto di aver creato e lo fece, senza di lui l’Italia non si sarebbe unificata
Blog: "La gente lo acclamava come eroe, come liberatore ma la domanda che mi viene, come dire il rapporto con l’attualità: quale era la macchina della propaganda messa in piedi all’epoca per far passare il messaggio garibaldino?
A. Petacco: "Allora la propaganda era molto molto raffinata e molto rarefatta perché il 90 per cento della popolazione non era raggiungibile, perché il 90 per cento della popolazione era analfabeta, non gliene fregava niente dell’unità nazionale, il popolo non ha partecipato, nei mille che andarono in Sicilia non c’erano operai, non c’erano contadini, erano tutti avvocati, medici, soprattutto avvocati e studenti, quindi classe dirigente borghese."
Blog: "Arriviamo ai giorni nostri, in politica italiana esplode quello che prima era un fenomeno e adesso invece è un partito strutturato sul territorio che è la Lega Nord, oggi sui giornali si parla di banche del nord, industrie del nord, lavoratori del nord, tassazione differenziata. È un rigurgito di quei moti in qualche modo?Blog: "Che ha impugnato le armi" 
A. Petacco: "Che ha impugnato le armi, è stata la borghesia per il suo re. Il popolo non partecipò, il popolo anzi già simpatizzava per Bakunin che voleva l’anarchia."
Blog: "L’Italia che conosciamo oggi quindi è frutto di un artificio, non di un processo naturale?" 
A. Petacco: "Assolutamente no, perché il processo naturale non so, d’altra parte come diceva Franceschiello lo chiamano Risorgimento, ma per risorgere bisogna essere già sorti, mentre l’Italia non c’è mai stata. Lui diceva il povero Franceschiello, diceva “Il mio Regno c’è da secoli, ma l’Italia unita fin dai tempi romani non è mai esistita”. Quindi era un po’ paradosso chiamarlo Risorgimento, ma la parola faceva effetto."
Blog: "Diciamo che oggi Cavour non rivendicherebbe l’Italia unita?" 
A. Petacco: "No, Cavour peccato perché è morto accidentalmente, per castigo di Dio dissero allora, a 50 anni, due mesi dopo l’unità nazionale, la proclamazione del Regno è del marzo del 1861 e lui morì nel maggio e quindi non fece in tempo a fare l’Italia, ma lui aveva dei progetti molto diversi da quelli che poi vennero realizzati. Ormai l’Italia era unita e era diventato anche lui un unificazionista, giocoforza però pensava di creare delle grandi autonomie regionali con delle grandi autonomie locali. E invece il re e i sui successori vollero centralizzare, meglio "piemontesizzare" l’intera Italia, appena proclamato il regno tutte le leggi piemontesi vennero regolarmente applicate in Lombardia come in Sicilia, chiamata alle armi, tassa sul macinato, soprattutto cose molto non poco gradevoli tant’è vero che nel sud..."
Blog: "Non erano percepite come funzionali all’ordinamento diciamo?
A. Petacco: "Ma ci fu la ribellione, il brigantaggio che viene chiamato brigantaggio in realtà erano dei partigiani, mica dei briganti, erano dei partigiani che facevano anche qualche ruberia come succede nelle guerre però in gran parte erano ex soldati borbonici abbandonati dai loro generali che si erano rifugiati e avevano combattuto, hanno combattuto per cinque anni e hanno impegnato per cinque anni quasi 120 mila uomini dell’esercito Piemontese. Quindi non era una cosa di qualche ladro di galline eh, era una cosa molto seria 
A. Petacco: "No, no, non c’entra con quello, è soltanto che praticamente queste due Italie non sono mai state unificate, sono due Italie diverse: il contadino lombardo è diverso dal contadino siciliano, mentalità diverse, tradizioni diverse, abitudini diverse e c’è anche questo razzismo – lo possiamo chiamare così – che non si è mai riusciti a eliminare del tutto, anche perché dal sud spesso non arrivano dei buoni esempi."
Blog: "Il progetto di Italia federalista secondo lei è un ristoro al sostegno di Cavour?"
A. Petacco: "Sì, lui la vedeva più in chiave politica che in chiave, comunque nel libro non posso – cito a memoria – ma c’era l’appunto di quello che lui voleva, ogni regione, lui li chiamava aeroporti di grandi province, tre o quattro regioni in cui lui voleva dire il Regno e prevedevano al comando centrale solo la polizia, l’esercito e qualcos’altro e poi tutto il resto delegato alle autorità locali e quindi sarebbe stato uno sviluppo molto diverso. Perché il Meridione non era in mano un Paese abbandonato come lo racconta la storia risorgimentale, a Napoli c’era la ferrovia prima che a Torino, a Napoli costruivano leprime navi a vapore che a Genova non le costruivano ancora, nel Regno di Napoli c’erano le acciaierie, il ferro, la ghisa, costruivano già i ponti di ferro! C’era già in embrione una notevole promessa di sviluppo industriale. I nordisti si presero tutto, arrivò un certo Bastogi da Livorno che si prese tutto il monopolio delle ferrovie e praticamente il nord impedì al sud di crescere ed è venuto fuori quello che è venuto fuori. Lo stesso Tremonti in un incontro con i giovani industriali di Napoli disse: “Eh, in fondo noi vi siamo molto debitori, avete diritto a essere risarciti” l’ha detto Tremonti e quindi evidentemente queste cose sono accadute davvero."
Blog: "Qualcuno la considera un ideologo della Lega Nord, in realtà le sento usare parole molto diverse invece."
A. Petacco: "Io ideologo della Lega Nord?! È pazzo lei! Ho simpatia perché in questo momento devo riconoscere che dove governano loro sono diversi, i nostri politici, mi capita di frequentarne, si sentono un gradino più alto di te, ti guardano dall’alto al basso, gli fai le domande e ti guarda con l’aria, vedi D’Alema per esempio che ti guarda dice: “Ma sentiamo la cazzata che mi vuol dire questo qua!”. Capisci! Mentre questi sono come te e questo li rende simpatici, ma peggioreranno anche loro purtroppo, io non ci credo nella perfezione, anche loro appena arriverà il potere con il potere arriverà anche la corruzione, non c’è dubbio. La corruzione segue la democrazia, dove c’è democrazia c’è corruzione perché i deputati hanno bisogno di voti e i voti per averli sono disposti a tutto per avere i voti, mentre nella dittatura non c’è bisogno di voti e quindi la corruzione è di meno perché ce n’è di meno, però ci sono le forche, le impiccagioni, le fucilazioni. Quindi meglio tenerci i ladri! Non so se rendo l’idea."
Blog: "Il Regno del nord è un rischio o una possibilità che si concretizzi?"
A. Petacco: "Se continua così può diventare una possibilità."
Blog: "Lei se la immagina un'Italia che si divide? È possibile secondo lei? Abbiamo una Costituzione molto rigida che stabilisce dei paletti molto…"
A. Petacco: "Ma infatti non la vedo questa possibilità, vedo soltanto che sicuramente con il federalismo si approfondiranno le differenze da regione a regione, da nord a sud."
Blog: "La storia la scrivono i vincitori, lei ha anche un concetto del revisionismo molto nobile, perché le cose che ci stanno su questo libro non si trovano sui libri di scuola?"
A. Petacco: "Vedi purtroppo c’è una regola nella vita: che quando comincia la guerra la prima vittima è sempre la verità perché la verità dà fastidio, se vuoi demonizzare il nemico devi raccontare anche delle balle contro di lui. Quando la guerra finisce le bugie degli sconfitti vengono smascherate, quelle dei vincitori diventano Storia. E scalpellare queste non verità che però sono diventate storiche non è facile, anche i miei libri sollevano dell’interesse però continueranno, ormai certe non verità è difficile cancellarle. Ti faccio un esempio: quando nella prima Guerra di indipendenza (1848) se ricordi bene il Piemonte dichiarò guerra all’Austria con grande coraggio e in suo aiuto Napoli e ilVaticano si allearono nella prima fase della guerra. E alcuni reparti militari napoletani e pontifici combatterono in Lombardia.
A Curtatone e Montanara, passato alla storia, ci fu un episodio in cui, si legge nei libri di scuola c’è scritto che gli studenti universitari di Pisa fermarono gli austriaci che stavano per aggirare l’esercito di Carlo Alberto. In realtà non erano gli studenti di Pisa, gli studenti di Pisa c’erano ma alle prime scoppiettate scapparono, rimasero lì un battaglione partenopeo comandato da un colonnello napoletano che tennero duro e respinsero gli austriaci. Questo è un fatto storico, anzi nel diario di guerra dell’esercito austriaco a Vienna c’è proprio anche il nome e il numero del comandante. Quando finì la Prima guerra di indipendenza e nel frattempo Napoli si era ritirata, il Papa anche e gli storici piemontesi che scrivono la guerra si trovano di fronte a questo imbarazzo: “Oh, l’unico episodio vero e nobile l’ha fatto un napoletano, non possiamo attribuire ai napoletani, ci sputtaniamo!”. E allora si inventarono che gli studenti di Pisa non solo avevano fermato gloriosamente, ma il loro comandante che si chiamava Giuseppe Montanelli addirittura ottennero che la feluca fosse tagliata a metà la punta per ricordare la battaglia, che non si meritava.
E questa storia l’ho raccontata al mio amico Indro Montanelli, discendente di quello, gli dico: “Guarda Indro che la verità è questa” e lui mi disse: “Eh lo so, ma ora non me la posso mica prendere col mì nonno!” e anche nel suo libro di Storia ha confermato la vicenda degli studenti pisani. Capisci: la Storia è fatta così! "

 

 
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