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IL MITO della SIBILLA CUMANA
Nessun mito, come quello della Sibilla, ha attraversato i millenni, conservando il fascino della superstizione primitiva dalla quale trae origine, nonostante gli adattamenti alle differenze etniche, culturali e psicologiche delle antiche popolazioni mediterranee che l'hanno coltivato. Dagli oscuri tempi pre-omerici, la Sibilla è giunta fino al medio-evo sostanzialmente immutata nel suo significato. Il suo ciclo non è stato mai concluso perchè la sua presenza sopravvive nel folclore religioso, fino ai primi decenni del XX sec. in alcune regioni e città di Italia. Ma soprattutto vive il suo ricordo, oltre che nelle opere di scrittori e artisti nel nostro Rinascimento, nella suggestione che ancora ispirano il Lago d'Averno e la grotta della Sibilla Cumana, famosa nel mondo. Quello della Sibilla è certamente, il più affascinante, il più famoso ma anche il più misterioso tra i miti flegrei. I suoi vaticini risuonarono nei luoghi più disparati del mondo antico da Delfi ai Campi Flegrei.
Con il termine "Sibilla", nell'antichità, si era soliti riferirsi a delle giovani vergini particolarmente predisposte per l'arte divinatoria che, colte da improvvisi momenti di estasi, fornivano responsi, per lo più preoccupanti e minacciosi. Con il tempo, esse guadagnarono la qualifica di profetesse, generalmente originarie dell'Asia Minore, delle cui vicende si narra nelle opere di Eraclito, Varrone, Ovidio e Virgilio. Tra queste, si ricorda Erofile, la quale è divenuta celebre per aver profetizzato la fine e distruzione della città di Troia a causa della spartana Elena, e ancora un'altra Sibilla, il cui nome non è stato trasmesso, vissuta nella città lidia di Eritre, profetessa che riuscì a vivere nove vite umane ognuna della quali di centodieci anni.
Ma la più famosa tra tutte è senza ombra di dubbio la Sibilla Cumana (così chiamata perchè viveva all'interno di una grotta di Cuma), la cui principale vicenda è legata alla profezia comunicata ad Enea circa la strada da percorerre per l'Oltretomba.
Tuttavia, Ovidio lega un altro episodio alla giovane donna, in cui il dio Apollo si sarebbe innamorato della Sibilla Cumana, promettendole in dono tanti anni di vita quanti granelli di sabbia la giovane fosse riuscita a tenere nel palmo di una mano. Ma la profetessa non solo non dimostrò mai alcun interesse per il dio, ma dimenticò addirittura del regalo concessole. Archiviata dunque la possibilità di godere dell'eterna giovinezza, la Sibilla Cumana dovette fare i conti con un duro processo di invecchiamento lungo oltre mille anni, processo che raggrinzì orrendamente le sua membra e che le causò una sofferenza talmente insopportabile da portarla a desiderare quotidianamente la morte.
Le Sibille vivevano in grotte o nei pressi di corsi d'acqua e vaticinavano in stato di inconsapevole frenesia, abitualmente scrivendo in esametri greci. Circa il significato della parola"Sibilla" rimane oscuro, potrebbe significare "VERGINE NERA", cioè la vergine o divinità che opera in un luogo oscuro, com'è l'antro nel quale la tradizione la colloca nei momenti in cui pronuncia i suoi "VATICINI". La Sibilla, è posseduta dalla divinità, ed è una creatura sconvolta, che cerca di resistere ad una condizione di sofferenza alla quale viene trascinata da una forza superiore: i suoi vaticini sono perciò duri e spesso angosciosi. Le leggende posteriori enumeravano nove Sibille: "la CUMANA” (denominata da altri autori DEIFOBE, EROFILE, AMALTEA, DEMIFELE), la DELFICA, la LIBICA, la SAMIA, l'ELLESPONTICA, la FRIGIA, la PERSICA, l' ERITREA, la TIBURTINA. Particolare importanza riveste il mito della "SIBILLA CUMANA", sviluppatosi in una regione che ebbe correnti di civilizzazione bene anteriori all'epoca della collocazione della comunità greca dai Calcidesi di Pitecusa. Si rafforzò in ogni tempo, prima e dopo la dominazione di Roma, il culto della divinità, meritò la venerazione delle genti, alimentò le speranze e placò i turbamenti delle folle in tempi difficili della storia di Roma. La fama della Sibilla Cumana si perpetuava per una serie di motivi: per il mistero che avvolgeva la paurosa sede presso la quale proferiva i suoi vaticini; per la preesistenza di una facoltà oracolare connessa ai luoghi che ispirano i riferimenti omerici sul viaggio di Ulisse; per i versi virgiliani e perchè , infine, essa è in qualche modo collegata con la storia di Roma. Secondo la leggenda, Apollo le aveva promesso di esaudire qualunque suo desiderio in cambio del suo amore, ella gli chiese di poter vivere altrettanti anni quanti erano i granelli di sabbia che poteva tenere nella sua mano. Trascurò, tuttavia, di domandare al dio anche l'eterna giovinezza, che Apollo le offrì in cambio della sua verginità. In seguito al suo rifiuto la Sibilla Cumana iniziò ad invecchiare e a rinsecchire fino ad assomigliare ad una cicala e a essere appesa in una gabbia del tempio di Apollo, a Cuma. In queste condizioni la Sibilla aveva un solo desiderio la "morte" che tuttavia, non fu soddisfatto. La notevole longevità della Sibilla la fa spesso raffigurare molto vecchia e addirittura immortale. Ovidio ce la presenta con 300 anni ancora da vivere, ma anche dopo le sopravviverà la voce. Un'altra leggenda narra di un considerevole prolungamento della vita concessole da Apollo, a condizione di abbandonare la sua patria per poi stabilirsi a Cuma. In una versione posteriore, guidò il principe troiano Enea nel mondo sotterraneo in cerca di suo padre Anchise; secondo un'altra leggenda apparve sotto le sembianze di una donna anziana a Tarqunio il Superbo, settimo ed ultimo re di Roma, e gli offrì i suoi nove libri profetici ad un prezzo elevato. Poichè questi rifiutò, la Sibilla distrusse tre libri e poi gli offrì gli altri sei allo stesso prezzo; Tarquinio rifiutò di nuovo e lei ne distrusse altri tre. Alla fine il re comprò i tre libri rimasti al prezzo richiesto per nove, e i volumi furono posti nel Tempio di Giove a Roma e consultati in situazioni di emergenza. I "LIBRI SIBILLINI" autentici bruciarono in un incendio dell'83 a.C., ma in seguito ne fu compilata una nuova serie che venne distrutta in epoca tardoimperiale, all'inizio del V secolo. Cuma è un'antica città della Campania, presso il litorale tirrenico, a nord-ovest del lago d'Averno. Secondo le fonti è la più antica colonia greca dell'Italia meridionale, la sua fondazione va collegata con l'arrivo nel basso Tirreno, (tra il sec. IX e l'VIII a..C.), di coloni provenienti da Calcide (Eubea). Nella sua espansione, culminata con la fondazione di parecchie città (Napoli, Abella, Zancle, ecc.), si scontrò con gli Italici, ma soprattutto con gli Etruschi, sui quali riportò due grandi vittorie riuscendo a conservare la propria indipendenza. Proprio a Cuma troviamo il leggendario "Antro della Sibilla". Il monumento, tutto scavato nel tufo, affascina e incute paura, per l'atmosfera di mistero che lo circonda. Stando alla descrizione di Virgilio (Eneide, libro VI), è proprio in questo luogo da ricercare la sede della leggendaria sacerdotessa di Apollo, convinzione, ripresa anche dal Petrarca e dal Boccaccio, è stata sostenuta in tutto il Rinascimento. Anche quando sulla scia degli studi dell''Alberti e il Capaccio si respinse la localizzazione presso l'Averno per la suggestione del luogo e il fascino della tradizione la visita alla spelonca come antro dell'oracolo è rimasto quasi fino al secolo scorso una delle mete più ambite dei viaggiatori del Grand Tour. L'antro è costituito da un lungo corridoio (131,20 m) con nove bracci nella parte accidentale di questi sei comunicanti con l'esterno e tre chiusi, sulla sinistra vi è un braccio articolato in tre ambienti rettangolari disposti a croce, usati in età romane come cisterne. Sul fondo delle cisterne alcune fosse in muratura e fosse sepolcrali indicano che questa parte della galleria svolse in età cristiana funzione di catacomba. Alla stessa epoca risale un Arcosolium (arco scavato nel tubo e ornato di dipinti, sormontate di loculi) visuale poco più avanti lungo il corridoio c'è una sala rettangolare. Da qui un vestibolo a sinistra, anticamente chiuso da un cancello, introduce in un piccolo ambiente che si suddivide in tre nelle minori disposte a croce. Questa stanza è stata interpretata come Oikos Endotatos, in cui la Sibilla, assisa su un trono avrebbe pronunciato i suoi vaticini. La copertura a volte ha fatto però ipotizzare per la sua sala una datazione alla tarda età imperiale. Dopo un mese dalla sua scoperta l'antro liberato da tutti i detriti delle vecchie cave di tufo utilizzate in età borbonica, apparve molto simile ad un dromos. Recentemente, tuttavia, si è ritenuto che l'antro fosse struttura difensiva. A sostegno di quest'ultima ipotesi vi sono la posizione della galleria posta sotto la sella che unisce l'acropoli con la collina meridionale e l'analogia con altre strutture difensive. La ricerca del vero antro della Sibilla non è ancora conclusa, infatti ora lo si cerca nei pressi del peribolo del tempio di Apollo , dove è situato un ambiente quasi completamente sotterraneo "la cisterna greca".
Sebbene la Sibilla Cumana, come lei stessa aveva profetizzato, morì uccisa toccando un pezzetto di argilla che fermava una missiva ricevuta dai suoi conterranei di Eritrea, che la invitavano a ritornare nella sua città natia, spezzando l’incantesimo della sua longevità, molti sono sicuri di averla intravista ancora nell'antro in attesa della sua fine!
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