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Calcio manipolato, è la FIFA che lo vuole

Post n°502 pubblicato il 09 Febbraio 2010 da luger2

di Angelo Forgione tratto da Napoli.com

Ormai la misura è colma, anzi di più. Il Napoli si ritrova a fare i conti con una classifica falsata dagli arbitri e la percezione che si scenda in campo in casa come in trasferta in undici contro dodici non è solo della stampa e dei tifosi ma della stessa Società Sportiva Calcio Napoli, del suo Presidente, dei suoi dirigenti e degli stessi calciatori.

In questi frangenti è facile passare la soglia della ragione rischiando di passare per le vittime sacrificali, ma un simile esercizio sarebbe sterile e non porterebbe benefici. L’atteggiamento vittimistico è di chi si presenta in sala stampa e si dice danneggiato. Bisogna invece muoversi nelle sedi opportune e non limitandosi alla richiesta di tutela e al cambio dei vertici arbitrali; c’è bisogno innescare i presupposti per una rivoluzione copernicana dei metodi di gestione dell’intero movimento calcistico mondiale e riportare il calcio ad un livello minimo di credibilità.

Probabilmente è proprio questo il motivo per cui il Napoli è inviso ai vertici del calcio nazionale; la politica critica e revisionistica nei confronti del sistema da parte di Aurelio De Laurentiis è probabilmente la causa del trattamento riservato alla sua squadra. Il cineasta ha capito in pochi anni le incoerenze sulle quali si basa la macchina calcistica e i suoi sermoni televisivi danno fastidio a chi di questo sistema si avvantaggia. La ritorsione sul campo è sotto gli occhi di tutti ed ormai oltre il limite della decenza.

È fin troppo evidente anche ai più orbi che la Società di De Laurentiis stia lottando contro i mulini a vento, urlando sin dalla terza giornata di campionato la propria indignazione e ricevendo in cambio maggiori maltrattamenti. Non spetta però a chi scrive né alla categoria giornalistica protestare. Ma è certamente lecito esercitare la libertà di espressione per offrire ai milioni di appassionati accecati dalla propria passione lo spunto di riflessione su uno sport che sarebbe troppo aberrante considerare ancora immacolato e scevro da influenze particolari.

Allarghiamo l’orizzonte e diciamo subito che il problema in Italia è oggi del Napoli e del suo presidente scomodo, ma non è solo del Napoli. La persecuzione può investire chiunque a seconda dei momenti contingenti. Così com’è gestito dai suoi vertici, il calcio internazionale non è altro che un affare plasmato in maniera lobbistica da un gruppo di potenti uomini che ne manovrano i fili. Sono troppi gli interessi che girano attorno al pallone, incalcolabili gli introiti che provengono da una passione irrefrenabile di cui sono protagonisti ma al tempo stesso vittime i tifosi e gli appassionati, schiavi senza averne reale percezione e colpa. Chi conduce il grande carrozzone è ben consapevole della partecipazione emotiva dei tifosi e la manipola con abilità da dietro le quinte. L’amore per le tante squadre del pianeta è una gallina dalle uova d’oro e la diffusione del prodotto calcio procede con degli schemi ben precisi. Lo dimostrano i diritti televisivi in diverse forme che fruttano introiti poi ridistribuiti; e mentre i salotti delle case si riempiono, gli stadi si svuotano. Nulla di male in questo, ma solo il più evidente aspetto di uno sport trasformato in faraonico business. E se il Napoli è secondo solo all’Inter per presenze allo stadio, è sacrificato invece nell’attenzione mediatica che focalizza tutto su Juve, Inter e Milan staccate sensibilmente dal Napoli, seppur quarto.

Mentre l’affare calcio cambia e si ingrossa, il gioco resta più o meno ancorato alla sua genesi, anacronisticamente vincolato ad una sorta di preistoria calcistica che viene sponsorizzata propagandisticamente e stupidamente come specificità dello sport più seguito al mondo. FIFA e International Board da più di un secolo apportano piccole modifiche e sperimentano cose effimere: si va dai golden goal ai silver goal, dal divieto per i portieri di raccogliere con le mani il pallone servito intenzionalmente dal compagno coi piedi al fuorigioco in linea e così via. Si è introdotto il quarto uomo che non da supporto alla conduzione di gara e si sperimentano varie forme di arbitraggio multiplo fini a se stesse. Un continuo mescolare le carte che nasconde l’unica vera introduzione da apportare al gioco: la moviola in campo. Una decisione sempre negata e che non verrà mai presa dai vertici mondiali perchè porrebbe fine alla discrezionalità e alla libera interpretazione arbitrale. L’arbitro esercita sempre più il potere intrinseco dalla stessa parola ed é sempre più padrone, giudice, regolatore. Il supporto tecnologico azzererebbe questo potere e invece tutto lascia pensare che i “fischietti” sono e devono restare gli unici giudici; resta sempre aperta così la porta della diffidenza che genera la cultura del sospetto che legittima e giustifica chi la esercita.

Il Presidente della FIFA Joseph Blatter sa bene che la gente è consapevole di quanti soldi gravitino attorno all’industria calcio ed è per questo il principale responsabile di questo clima pesante di diffidenza. Non concedere la possibilità di accertare la dinamica di un’azione di gioco controversa significa voler mantenere il caos, e questo può generare qualsiasi dietrologia.

Negli sport americani, dove c’è la cultura dello sport insegnata fin nei college, la moviola è accettata da anni e mette a tacere qualsiasi polemica sul nascere. E non è un questione di perdita di tempo come qualcuno insinua perché l’esperienza di un numero prestabilito di time-out di cui poter usufruire non porterebbe certamente un partita di calcio alle calende greche.

Perché non dovremmo pensare male di questo calcio? Quali misure sono state adottate per garantire il corretto svolgersi della contesa sportiva e per sgombrare la testa degli appassionati dai dubbi? Nessuna! Gli stessi calciatori sembrano degli schiavi del sistema ai quali è consentito solo sperare che una decisione non sia a loro contraria, quando va bene. Quando va male, invece, come nel caso di Christian Maggio a Udine, scattano le ingiuste espulsioni, le dannose squalifiche e persino le immorali ammende pecuniarie. E così quello che poteva essere un potenziale goal di vantaggio per il Napoli con ammonizione al giocatore Isla dell’Udinese si è trasformato in un triplice danno contro la vittima che deve accettare supinamente, senza fiatare. Non si tratta forse di regime sportivo?

In tutti i contesti in cui gli interessi economici sono grandi la malafede si insinua da quando esiste il mondo. Per questo il calcio che è un business grandissimo necessita di garanzie per chi lo segue che però chi dovrebbe darle si ostina a negare. In assenza di tali garanzie il sospetto è lecito perché è assai difficile pensare che chi ha la possibilità di manipolare non lo faccia.
Del resto la storia di questo sport è costellata negli ultimi anni di scandali più o meno evidenti.
In Italia si è conosciuta la cosiddetta “calciopoli” alla quale sono seguite sanzioni sportive blande, non volendo poi entrare nel merito penale. E il nostro paese non sembra per niente ripulito da una certa sudditanza verso le tre squadre più prestigiose e da un clima pesante, irrespirabile.

A livello internazionale vale la pena ricordare lo scandalo dei mondiali in Corea e Giappone, un torneo pilotato a favore della Corea che arrivò alla finalina di Soul, un evento per quel popolo, dopo che gli arbitri fecero fuori con le loro decisioni in ordine Portogallo, Italia e Spagna. Le partite finirono con i direttori di gara accerchiati, gli spagnoli i più furenti e per poco non ci scappò l’aggressione dopo due goal regolarissimi annullati senza motivo. Quella manifestazione iridata aveva uno sponsor principale, era la coreana Hyundai di cui era proprietario quel Signor Chung che alla vigilia aveva detto che la sua nazionale sarebbe arrivata alle semifinali: detto fatto. Dov’era lo scandalo? Chung era anche il Presidente della Federcalcio coreana e vicepresidente della FIFA.
Recentissimo è lo squallido caso del Signor Martin Hansson. Chi è costui? L’arbitro dello spareggio mondiale Francia-Irlanda, match in cui il transalpino Henry ha trascinato con la mano una palla sulla linea di fondo prima di servirla a Gallas per il goal irregolare che ha mandato in Sudafrica la nazione del presidente UEFA Michel Platini.

Alla fine della fiera il calciatore non ha subito sanzioni disciplinari da parte della FIFA che ha asserito che il fallo di mano non può essere considerato un’infrazione grave, come se non fosse grave estromettere irregolarmente una nazione a favore di un’altra. Ma la ciliegina sulla torta la FIFA ce l’ha messa con le designazioni arbitrali per i prossimi mondiali e l’arbitro Hansson, l’unico che non ha “visto” un fallo che hanno visto 80.000 persone in uno stadio e milioni davanti alla tv, è stato scelto per la prossima rassegna mondiale. Una sorta di premio, e se di “premio” si tratta vuol dire che l’arbitro svedese ha fatto bene il suo dovere. Chi vuol capire capisca.

Ecco perché risulta impossibile credere alla lealtà e alla giustizia di questo calcio, e risulta difficile credere che questa sequela di orrori arbitrali avversi al Napoli non siano figli di una disonestà premeditata e preordinata.
I Napoletani faranno bene Domenica sera a protestare perché le tv nazionali snobbano le proteste che provengono dalla città partenopea. Lo facciano con i metodi civili già preannunciati, con le maschere di Collina e con la "pañolada" alla spagnola. Napoli si faccia sentire in maniera composta e ironica, allo stadio e contro la squadra più forte d’Italia.

Non certo come hanno fatto quei pochi facinorosi da stigmatizzare che sono approdati a Udine scorrazzando da Sud a Nord solo per andare a creare disordini. E anche questo episodio nasconde aspetti da chiarire; partire da Napoli, compiere 900 chilometri di autostrada per affondare i coltelli e tornare indietro è una follia che non può non avere uno scopo premeditato. Qualcosa di ben programmato, magari tramite un appuntamento via internet, che sicuramente non c’entra nulla col tifo organizzato e con l’autentica tifoseria azzurra che si vedrà probabilmente per questo privata nuovamente della possibilità di seguire la squadra. Perché quei violenti hanno potuto fare tutto indisturbati? Perché sono potuti entrare a contatto con il gruppo avversario senza la vigilanza di un solo uomo delle forze dell’ordine? Anche qui i dubbi sono tanti e non escludono alcuna verità nascosta. In tema di complotti e tranelli, anche fuori dal campo i napoletani ne sono stati vittime in occasione della trasferta di Roma della scorsa stagione. Il famoso treno non fu devastato, lo disse la Procura della Repubblica, e per i tifosi azzurri scattò il divieto di trasferta. Ora ci risiamo, e con modalità poco chiare proprio come allora. Cosa nasconde anche questa vicenda?

Mettiamocelo in testa tutti: siamo vittime della nostra passione e acquistiamo biglietti ed eventi televisivi per assistere sempre meno a delle partite di calcio e sempre più a delle commedie dal canovaccio già scritto. È questo il marcio che De Laurentiis sta denunciando con i suoi tanti giri di parole in tv; è questa la fonte dei troppi torti arbitrali di cui il Napoli è chiaramente vittima.
Siamo a un bivio. O si svuota lo stadio, si spengono i decoder e ci si disinteressa di tutto levando al sistema la linfa vitale oppure si alimenta la dipendenza amando ancora di più la squadra del cuore fregandosene dei complotti e spingendola a superare le avversità, sempre che sia possibile.

Infine un pensiero per Antonio Di Natale, Napoletano indegno che ha dimostrato di non conoscere l’autentica Napoletanità, quella che contempla la signorilità e il rispetto. Non per avversari ma per un conterraneo che quella signorilità la stava dimostrando soccorrendone un altro. Napoli si vergogna di lui, lui si vergogni di se stesso.
SPUTTANAPOLI CONTINUA!

 
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