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GUIDO DORSO, INASCOLTATO PROFETA DEL SUD
di Antonio Pisanti Il ricorrente accanimento massmediatico nei confronti di Napoli e del Sud trova indubbiamente numerosi appigli nel progressivo degrado delle condizioni socioambientali, particolarmente nelle grandi città, e nell’incapacità della classe politica locale nel porsi in maniera propositiva, trasparente e risolutiva di fronte ai problemi che ostacolano lo sviluppo del Mezzogiorno. L’attuale fase di “distrazione” da parte degli opinionisti rispetto a tutto quanto vi è di produttivo, di positivo e di eccellente nei centri di ricerca, nelle medie e piccole iniziative economiche ed imprenditoriali e nelle stesse qualità della stragrande maggioranza della gente meridionale può sembrare fondata su motivi emozionali ed opportunistici che rendono le cattive notizie più importanti di quelle buone e più redditizie per la lievitazione di audience e tirature di libri e giornali. Non mancano, ovviamente, le denunce accorate dei mali del Sud che, quando non siano suggerite da intenti discriminatori ma da sincere volontà di riscatto, sono da preferire a ciechi nascondimenti e a troppo facili e comprensive, se non collusive, strategie (auto)assolutorie. Ma l’ambigua e strisciante messa in parentesi nei confronti di tutto quanto vi è ancora da salvare e da valorizzare nel Sud è stata pur preceduta dal deliberato e dichiarato oscuramento dei problemi del Mezzogiorno che dai tempi dell’abrogazione dell’intervento straordinario ad oggi ha notevolmente aggravato il divario tra le due macroregioni del paese, nel timore che le risorse da destinare al Sud dovessero essere sottratte al Centro-Nord. Tale divario rischia di accrescersi ancora di più nella prospettiva di una diversa distribuzione delle provvidenze europee per le aree sottosviluppate, alla luce dell’effetto statistico indotto dall’allargamento dell’Unione. In un simile contesto di ostacoli a livello locale, nazionale ed europeo, chi volesse realmente difendere le ragioni del Sud, non solo a parole o con parate ad effetto, si trova a combattere su più fronti che rendono sempre più difficile il suo impegno politico e culturale. I termini di riferimento della “questione meridionale” e i problemi del Mezzogiorno sono stati, non a caso, cancellati dai testi legislativi, dall’agenda della politica e dalla stessa denominazione degli organismi rivolti, ora, allo “sviluppo delle aree depresse”. Dichiararsi ancora meridionalisti è sembrato quasi un attributo ed un intento da nascondere con ritegno o da evitare per non essere invisi ai blocchi di potere politico ed economico di turno. Ancora una volta le ragioni del Sud sono state tradite e sacrificate sull’altare del compromesso, da partiti preoccupati molto di più di salvare equilibri di potere ed interessi particolari che di dare un reale e leale ascolto alle “speranze del Mezzogiorno”. È quanto aveva più volte denunciato, con i suoi scritti e con la sua azione, Guido Dorso, studioso ed uomo politico del quale è ricorso in questi giorni il 60° anniversario della morte, avvenuta il 5 gennaio 1947 ad Avellino, dove egli era nato appena 54 anni prima. Una lettura, quella delle opere di Dorso, che, al di là di ogni intento celebrativo comunque dovuto alla memoria di un meridionalista illustre, offre numerosi spunti di riflessione sulla perdurante attualità del suo pensiero e sugli insegnamenti che se ne possono trarre pur nelle mutate condizioni storiche del nostro tempo. Attuale rimane il richiamo alla necessità che il superamento delle difficoltà del Sud debba essere perseguito attraverso il ricambio ed il rinnovamento della classe politica: rinnovamento, che, secondo Guido Dorso, può essere determinato da una nuova classe dirigente e da una rivoluzione delle coscienze indispensabile per favorire nuovi rapporti tra governanti e governati, tra amministratori ed amministrati, tra istituzioni e cittadini. Nella sua critica ai partiti storici, incapaci allora come ora di far prevalere gli interessi della collettività, Guido Dorso si espresse a favore di un sistema bipolare e dell’avvicendamento al governo tra forze di maggioranza e forze di opposizione, utile a favorire una dialettica politica costruttiva ed essenziale e ad attenuare l’annosa piaga del particolarismo e dell’opportunismo trasformistico. Decisa e costante fu infatti la condanna di Dorso per ogni forma di trasformismo e di parassitismo che alimentavano, come tuttora alimentano, il potere clientelare e paternalistico. E l’alternativa a tali forme di degenerazione non potevano non essere, anche per il meridionalista irpino, la volontà della gente del Mezzogiorno di ritrovare nelle proprie potenzialità le risorse per il suo riscatto ed il recupero delle motivazioni originarie dell’impegno politico al quale Dorso, nel saggio “Classe politica e classe dirigente”, attribuisce una vera e propria funzione pedagogica. Particolare attenzione meritano in Dorso anche la concezione del federalismo e la stessa attualità di quello che a torto fu definito il “pregiudizio antindustrialista”, visto che l’illustre avellinese proponeva di affidare lo sviluppo autopropulsivo del Mezzogiorno alla modernizzazione dell’agricoltura, alla trasformazione e alla conservazione dei suoi prodotti, piuttosto che all’industrializzazione. Alla luce degli infelici esiti della politica di industrializzazione “per” il Mezzogiorno e della successiva involuzione delle grandi imprese metalmeccaniche, che ha cambiato gli scenari economici non solo nel Sud e nel resto dell’Italia, quest’ultimo è indubbiamente uno degli aspetti più inascoltati e profetici del pensiero di Guido Dorso, un meridionalista di ieri dal quale i meridionalisti di oggi, se ancora ve ne fossero allo scoperto, molto hanno tuttora da apprendere. Scritti di Guido Dorso:
Appello ai meridionali, in Rivoluzione liberale n. 45/1924 ora in Liberismo e meridionalismo, a cura di A.Jannazzo e E. Paolozzi, Pagano editore, Napoli
La rivoluzione meridionale, Einaudi 1950; Palomar 2005
Occasione storica, Einaudi 1949; Laterza 1986, rinvenibile anche negli atti relativi a I congressi del P.d’Azione, cit.
Mussolini alla conquista del potere, Einaudi 1949; Il saggiatore, 1972
Dittatura, classe politica e classe dirigente, Laterza, 1986
La classe dirigente meridionale, Sellino editore, 2005, rinvenibile anche nel testo precedente.
Carteggio 1908-1945, Fondo Dorso, Centro studi e ricerche G. Dorso, Avellino, ora parzialmente in volume a cura di Bruno Ucci.
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