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Post n°571 pubblicato il 16 Marzo 2010 da luger2

Senofane. Uno dei tre grandi della scuola filosofica di Elea. Nato a Colofone, in Asia Minore, nella primo metà del VI secolo, peregrinò per il mondo greco, e da vecchio si fermò ad Elea. Poeta, esprimeva i suoi pensieri filosofici, appunto, in forma poetica, recitando secondo la tradizione degli aedi, come si dice facesse Omero; ma con il pensiero era avverso ad Omero, specie in campo religioso, ove contraddiceva la concezione antropomorfa della divinità con le sue conseguenze immorali. Alla corrente ideologica, ne contrapponeva un'altra, più elevata e assoluta, che se non affermava appieno il monoteismo, quanto meno lo presupponeva. Fu antagonista delle dottrine di Pitagora, di cui derideva il concetto di trasmigrazione dell'anima; opponeva al dualismo pitagorico fra mondo e spirito un concetto di Unità (Uno è il mondo - uno lo spirito - il mondo è lo spirito).
Parmenide.
 Sarebbe stato discepolo di Senofane. Incerta la dato della suo nascita, certo fu più giovane del maestro. è considerato il vero fondatore della scuola eleatica, e la critica moderna lo pone al di sopra di Senofane. La suo opera è condensata in un poema, intitolato posteriormente Della natura. Per dottrina, si distaccò dal maestro, spesso contraddicendolo. Fondamentale la sua concezione dell'essere e del non essere. Meno avverso al pitagorismo, fu anello di collegamento fra Pitagora e Senofane. Riteneva fallace ogni sensazione, e considerava la verità raggiungibile solo con la ragione. Fu anche matematico e legislatore, oltre che astronomo.
Zenone.
 Amico e discepolo di Parmenide. Nato ad Elea, forse al principio del V secolo, venne ucciso fra tormenti atroci per aver congiurato contro Nearco, tiranno della città. Fu matematico e filosofo di gran fama; difese il monismo, caratteristica fondamentale della filosofia eleatica, contrapposto al dualismo pitagorico. Ciò portò la Scuola alle concezioni più trascendentali, mentre quella pitagorica restò ancorato alla vita pratica con le sue discipline e regole di vita morale e virtuosa. Continuatore della Scuola di Elea fu Melisso di Samo, fiorito intorno al 440 a. C.
Stesicoro.
 Si ritiene che sotto questo nome si debbano distinguere almeno due artisti diversi. Il primo, più arcaica, nativo di Matauro, morto a Catania, vissuto fra il VII e il VI secolo; il secondo, figlio di Euclide, ecista di Imera, qui nato e morto, vissuto fra il VI e il V secolo. La collisione fra i due era completo già negli antichi autori. In generale, si cita come personaggio unico per esposizione sommaria. La suo opera è ambientata in Sicilia e in Magna Grecia. La suo scuola fu proseguita da Ibico e collegato con quella poetico-musicale di Locri. Ebbe fama di grandissimo poeta e innovatore dell'arte. Argomenti delle sue opere, vicende, eroi, episodi dell'età mitica: la caduta di Troia, le avventure di Eracle, Elena, Oreste, Enea... Pur rifacendosi agli antichi racconti, egli li rielaborò con grande fantasia, insistendo in particolare sui fatti che avevano avuto come teatro la Sicilia e la Magna Grecia. Si ritiene che l'insieme delle sue opere costituisse una raccolta di ventisei libri. La sua arte fu una trasposizione lirica della poesia epica.
Clearco.
 Scultore reggino citato da Pausania, che descrive la sua statua bronzeo di Zeus che ornava il tempio di Athena a Sparta. Sarebbe stata la prima scultura in bronzo della storia, con i pezzi modellati separatamente, sbalzati a martello, uniti insieme con i chiodi. Sarebbe stato attivo fra la metà del VI e l'inizio del V secolo. Suo maestro, il corinzio Eucheiros, che si ero stabilito in Etruria. Influì notevolmente sull'arte greco in Italia, con differenze di stile riscontrabili soprattutto nelle terrecotte ritrovate a Medma (Rosarno). Del resto, certi bronzi di Locri e le metope dell'Heraion sul Sele mostrano la presenza di una scuola italiota con caratteristiche proprie, e comunque diverse da quelle dell'arte greca propriamente detto.
Pitagora.
 Scultore, nato a Reggio o a Samo, allievo di Clearco, e più del maestro ammirato nel mondo greco. Gli antichi citano moltissime opere, tutte in bronzo, commissionate da città greche, e perfino da Cirene. Attivo, forse, tra il 490 e il 440 a. C.. Nella sua arte si riscontrerebbe un primo passo verso il verismo che si svincola dalle concezioni formali della scultura più arcaica. Si dedicò principalmente alla raffigurazione del corpo umano, soprattutto degli atleti. Fu elogiato per la capacità di riprodurre i minimi particolari anatomici.
Glauco.
 Storico, vissuto tra la fine del V e il principio del IV secolo. Autore di un'opera celebre sugli antichi musici e poeti. Se ne conservano pochi frammenti, nei quali si accenna a Stesicoro e ad Empedocle.
Lico.
 Visse nel IV secolo, e fu anche in Egitto, presso la corte di Tolomeo. Più che storico, è considerato storiografo, cioè ricercatore ed espositore di curiosità, leggende, usi, costumi. Scrisse un libro sulla Libio, uno o più libri sulla Sicilia e sulla Magna Grecia, un'opera dedicata ad Alessandro il Molosso e alla sua compagna in Italia.
Ippi.
 Storico reggino, spesso confuso con altri autori (Ipparchide o Ipponatte). C'è chi lo considera il più antico storico di Magna Grecia. Ci sono pervenuti scorsi frammenti che trattano della fondazione di poleis in Magna Grecia e della storia della Sicilia.
Ibico.
 Poeta reggino della seconda metà del secolo VI. Aristocratico, fu forse di stirpe messenica. Considerato continuatore di Stesicoro. Partì presto, perché inadatto alla politica e alla disciplina morale e religiosa che, in Magna Grecia, permeava la cultura del tempo. Si trovò a suo agio nella sfarzoso e corrotta corte di Policrate di Samo, dove erano benevolmente accolti letterati e scienziati, tutti di indole non certo austera. Gli fu compagno Anacreonte. Dei sette libri di poesia che costituivano la suo opera, sono rimasti significativi frammenti. Viaggiò a lungo in Grecia e in Italia. Una leggenda sulla sua morte lo vuole ucciso da briganti.
Senocrito.
 Fondatore e capo della scuola poetico-musicale di Locri, noto per le molteplici citazioni che di lui fanno Plutarco, Pindaro, Callimaco, Glauco e altri. Autore di peana, carmi eroici e iporchemi. Visse nel VII secolo, forse anche a Sporta, quale continuatore del cretese Taleta, primo compositore di iporchemi. Della scuola locrese si citano anche altri autori. Erasippo, Mnasea e la poetessa Teano.
Nosside.
 Vissuta dalla seconda metà del IV alla prima metà del III secolo. Rimangono, di lei, gli epigrammi raccolti nell'Antologia Palatina, forse piccola parte della sua produzione poetica, raccolti da Menelagro nella suo Corona. Esprimeva l'amore in canti appassionati. Alcuni epigrammi sono di contenuto eroico, in onore dei suoi compatrioti che combatterono i Bruzii.
Echecrate.
 Filosofo pitagorico locrese del IV secolo, discepolo di Archita e amico di Aristosseno. Forse coinvolto in una congiura contro Dionisio I e condannato a morte, si sarebbe salvato per l'intervento di Platone. Cacciato da Locri e riparato a Fliunte, nel Peloponneso, presiedette una scuola filosofica. E' l'interlocutore di Fedone nel dialogo di Platone che narra della morte di Socrate.
Alcmeone
. Versato in varie scienze, fu soprattutto medica e astronomo. Nato a Crotone verso la metà del VI secolo, conobbe e frequentò Pitagora, alla cui dottrina avrebbe dato spunti originali e precursori. Il ricordo della sua opera di scienziato e delle sue speculazioni filosofiche è giunto a noi attraverso vari autori, compreso Aristotele. Tutte le sue ricerche erano basate sul principio sperimentale. Si considera il padre dell'anatomia umano; scoprì la circolazione del sangue, distinse le arterie dalle vene, indicò il cuore come propulsore della circolazione, eseguì sperimentazioni sui sensi, intuì la dipendenza delle sensazioni dal cervello, parlò dell'immortalità dell'anima. Nelle concezioni astronomiche e cosmologiche si rifece agli jonici e a Talete, dal quale, forse, trasse le considerazioni sulle fasi lunari.
Democede.
 Medico-chirurgo crotoniate della secondo metà del VI secolo. Ebbe vita avventurosa. Si stabilì ad Egina, poi ad Atene, poi ancora a Samo. Prigioniero del Persiani, fu portato alla corte di Dario, dove acquistò gran fama. Fuggito a Taranto, fece ritorno a Crotone. Queste vicende sono narrate da Erodoto. Fu ardente seguace di Pitagora. Fu soprattutto un teorico della scienza e un capo-scuola che insegnò una particolare dottrina che sconfinava nella filosofia.
Pitagora.
 Nato a Samo nella prima metà del VI secolo, giunse a Crotone tra il 532 e il 530. Subito dopo la caduta di Sibari, si trasferì a Metaponto. Forse viaggiò in Egitto e in Oriente. Fece della matematica e dei numeri un fondamento filosofico e religioso, impregnato di simbolismi. Fu il primo ad elevare l'aritmetica al valore di scienza matematica. La soluzione di molti problemi di geometria razionale è assegnata alla sua scuola; e a lui è attribuito lo studio dell'altezza dei suoni in relazione alla lunghezza della corda vibrante (lira monocorde). Da questi studi, Aristosseno prese lo spunto per le sue leggi sull'armonia. Difficile distinguere la sua dottrina da quella dei suoi discepoli. Trasmise oralmente i suoi principi, che volle segreti, fino a Filolao. Formò una classe di eletti che ebbe presto influenza nel governo della città e applicò il pitagorismo al governo della cosa pubblica.
Filolao.
 Crotoniate, fuggito a Tebe, fu maestro di Epaminonda. A tarda età forse tornò in Italia, a Taranto, ove si sarebbe recato anche Platone, per ascoltare le sue lezioni. Propagandò la dottrina di Pitagora, svelandone per primo i segreti. Avrebbe scritto numerose opere, di cui ci sono pervenuti solo frammenti. Il suo pitagorismo sostenne la tesi della sfericità dell'universo e di tutti i suoi elementi, ruotanti intorno a un centro di fuoco. L'evoluzione di questa teoria, con gli studi e le scoperte di Ekphantos di Siracusa, di Eudoxo di Cnido e di Aristarco di Sama, èconsiderata precorritrice della teoria eliocentrica di Copernico.
Alessi.
 Poeta e commediografo di Turio, vissuto nel IV secolo in gran parte ad Atene. Nelle sue opere, frequente, Il richiamo alla Magna Grecia. Giunti a noi pochi frammenti a tema satirico dei costumi e delle odee del tempo.
Zeusi.
 Pittore di Eraclea, della prima metà del IV secolo. Svolse l'attività artistica a Crotone, forse anche in Sicilia, scolaro di Demofilo d'Imera. Giovane, si trasferì ad Atene, poi alla corte macedone di Archelao. Di lui parlarono Plinio, Luciano, Quintiliano e Aristotele, concordando nel riconoscergli grande valore e perizia nell'arte pittorica.
Timòteo.
 Celebre medico metapontino della seconda meta del V secolo. Riteneva che tutte le malattie avessero causa fondamentale nel cervello, e questa teoria lo collega alla scuola di Crotone, ricordando la tesi di Alcmeone che indicava il cervello come sede delle sensazioni e delle funzioni psichiche.
Archita.
 Nato a Taranto nel 430, morì verso la metà del IV secolo. Filosofo, matematico, scienziato, statista, stratega, legislatore, moralista, suscitò ammirazione in tutto il mondo greco. Molto aveva assorbito del pitagorismo. Fondatore della meccanica scientifica, ideatore della vite, della puleggia, del cervo o colomba volante, fu teorico musicale, condusse studi sull'acustica, studia le progressioni e fu primo a distinguere fra progressioni aritmetiche e geometriche. Occupò per sette volte la carica di stratega, tenne buone relazioni con Siracusa, ove agevolò i contatti con Platone, che salvò dalle ire di Dionisio I. Aristotele fu entusiasta della sua opera di legislatore, improntata all'equità e alla moderazione.
Aristosseno.
 Tarantino, iniziato all'arte musicale, musicologo tenuto in gran conto anche dagli studiosi moderni. Ci sono pervenuti molti frammenti di ricerche scientifiche sui suoni e sui ritmi. Fu anche filosofo e moralista permeato di dottrina pitagorica. Fu sostanzialmente l'ultimo del pitagorici. Dimorò ad Atene, discepolo apprezzato da Aristotele.
Liside.
 Filosofo tarantino, insieme al compatriota Archippo scampò al massacro dei pitagorici della metà del V secolo. Si stabilì a Tebe, dove fondò una scuola filosofica, poi continuata da Filolao. In vecchiaia, fu maestro ed educatore di Epaminonda, il gran tebano che portò la sua città alla supremazia fra le nazioni greche.
Leonida.
 I suoi epigrammi ci sono giunti attraverso l'Antologia Palatina. Vissuto nel III secolo, poetò sulle imprese belliche dei tarantini contro i lucani; vagò poi per l'Epiro e per la Grecia, componendo epigrammi dedicatori e sepolcrali con versi estremamente raffinati, con un perfetto stile intriso di malinconia e di nostalgia per la patria lontana.
Rintone. Autore celebre di commedie che trasformavano le tragedie classiche fino alla burla. Le sue "ilarotragedie" forse si ispirarono allo stile fliacico popolare. Visse nel III secolo in Taranto, fu quasi contemporaneo di Nosside, la poetessa locrese che lasciò un epigramma in suo onore. Di lui, ci sono rimasti pochi frammenti.

 
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