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“La mafia fa comodo ad apparati dello Stato. Come sempre”

Post n°693 pubblicato il 14 Maggio 2010 da luger2

Intervista ad Alfio Caruso da Giornalettismo.com                                                               

Lo scrittore siciliano ha da poco pubblicato “Milano ordina Uccidete Borsellino”, libro che ripercorre la storia e i retroscena della stagione stragista di 18 anni fa. Lo abbiamo contattato per capire cos’è cambiato dai tempi delle bombe di Capaci e via D’Amelio ad oggi. Inequivocabile la risposta: “Niente”. Se Cosa Nostra non ha partecipato da sola alle stragi in cui hanno perso la vita i giudici Falcone e Borsellino e, soprattutto, se nella strage di via D’Amelio la regia è appartenuta ad una “entità esterna” significa che c’è qualcuno al quale la grande criminalità deve sottostare. A chi deve dar conto la mafia per svolgere i suoi affari illeciti? E a quali regole?                                                                                              milano ordina uccidete borsellino alfio caruso “La mafia fa comodo ad apparati dello Stato. Come sempre”   Intervista ad Alfio CarusoNon si tratta di sottostare, ma d’interessi comuni. Come ho spiegato in ‘Milano ordina: uccidete Borsellino’, Cosa Nostra e i suoi insospettabili soci conclusero diversi affari, dal riciclaggio al traffico internazionale di droga, di armi, di scorie nucleari. E in questi affari erano presenti spezzoni dello Stato, cioè agenti dei servizi segreti. Gli stessi che vediamo incombere a Capaci, a via D’Amelio, nelle stragi           del ’93.                                                                         

   Si può dire che Cosa Nostra sia stata trascinata in una strategia stragista diretta da altri?   "Si".                                                                        Cosa Nostra, a pochi mesi dalle bombe, perde Riina e gli altri leader dell’ala che nel ’92 era al vertice dell’organizzazione mafiosa: verranno arrestati ed inizierà l’era Provenzano. Quale vantaggio ci sarebbe stato, dunque, per i vecchi capi nel tuffarsi in una iniziativa così pericolosa come quella di ammazzare con grandi attentati? Quale la contropartita?

Per convincere Riina a spostare da Roma a Palermo l’eliminazione di Falcone, dev’essergli stato promesso un qualcosa che superasse le immancabili conseguenze dello “spettacolino montato a Capaci”, per usare l’espressione di Provenzano.

Cosa Nostra dopo le stragi è stata colpita sia dalla reazione dello Stato (ad esempio da norme come il 41 bis e la nascita della Dia), sia da fenomeni come il pentitismo, che ne hanno minato la leadership tra le organizzazioni criminali italiane. Secondo lei quanto le stragi hanno contribuito, se hanno contribuito, alla ascesa della Ndrangheta?

Dopo le stragi, il ‘regno’ di Provenzano si è prolungato per tredici anni con un controllo assoluto di Cosa Nostra e dei suoi apparati finanziari. L’ascesa della ‘ndrangheta non si lega, quindi, ai fatti del biennio ’92-’93, bensì alla sua ramificata organizzazione internazionale e alla sua composizione parentale, che ha reso fin qui assai rare le collaborazioni con la giustizia.

Massimo Ciancimino ha rivelato che gli uomini del Ros avevano provato ad intavolare una trattativa con i vertici della mafia attraverso Vito Ciancimino già dopo la strage di Capaci. Borsellino era al corrente di questo contatto? Può essere stata la conoscenza della trattativa e l’opposizione ad essa una delle cause della eliminazione del giudice?

Borsellino qualcosa aveva saputo degli incontri fra Mori, De Donno e Ciancimino, ma non si ha notizia della sua opposizione, per altro scontata. Lui, al pari di Falcone, è stato ucciso per impedirgli di estendere le indagini a Milano.

C’è un altro piccolo mistero legato alle bombe del ’92. Il ministro degli Interni Vincenzo Scotti fu sostituito in occasione di un repentino cambio di governo, a fine giugno ’92, proprio mentre venivano prese misure forti contro la mafia all’indomani della strage di Capaci. Che spiegazione dà Lei di quell’episodio così anomalo? C’è, secondo Lei, un legame con la trattativa?                                                                                            Fra Scotti e l’antimafia esiste la stessa relazione che passa fra il diavolo e l’acquasanta, assegni lei i ruoli.

Già nel ’92 Falcone parlava di “mafia in Borsa”. Qual è il confine, se è possibile identificarne uno, tra criminalità organizzata e l’alta finanza che provvede a ripulire i capitali illeciti? Dove finisce l’una per iniziare l’altra?

Falcone pronuncia per la prima volta la famosa frase nell’84 allorché si accorge che i Buscemi per salvare l’azienda – Anonima Calcestruzzi – l’hanno ceduta alla Ferruzzi Holding. La ripete poi nel ’91 e infine nel ’92 allorché chi deve capire, capisce e s’inquieta. L’intreccio fra criminalità organizzata e alta finanza risulta per i nostri tempi inestricabile.borsellino01g “La mafia fa comodo ad apparati dello Stato. Come sempre”   Intervista ad Alfio Caruso

Cosa è cambiato dalla stagione delle stragi ad oggi nel rapporto tra i traffici illeciti di stupefacenti e la grande finanza?

Niente.

A distanza di tanti anni si può ancora dire che in meridione c’è la capitale degli appalti e a Milano quella delle tangenti? E quale sarebbe la capitale meridionale?

La frase di Borsellino – “Milano è la capitale delle tangenti, ma la testa sta in Sicilia e la cabina di regia è unica per tutta l’Italia” – è più che mai valida come dimostrano anche le ultime inchieste sui grandi appalti.

A parte i mafiosi che possono vantare denaro e potere, a chi fa comodo oggi la mafia?

Come sempre a spezzoni e apparati dello Stato.

 
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