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IL PEPE IN CULO ALLA ZOCCOLA

Post n°1032 pubblicato il 11 Ottobre 2010 da luger2

I geologi: «Trivellare nei campi flegrei? " Non sfruculiate l'equilibrio sismico!"                Il giorno dopo il no strillato dalla comunità scientifica, sul progetto della caldera flegrea si abbatte una valanga di piccoli ma significativi «ma chi ce lo fa fare». Il popolo flegreo, tranne il suo menestrello d’autore Edoardo Bennato che accusa i napoletani di una irragionevole chiusura nei confronti del nuovo, ha paura e non vuole il megaimpianto geotermico che secondo Vincenzo Doriano, geologo e vulcanologo di antica militanza, «ha un impatto ambientale enorme che scatenerà inevitabili tensioni sociali». E per essere ancora più convincente aggiunge: «È come il termovalorizzatore di Acerra». Con la differenza, aggiungiamo, che a differenza di quello questo impianto verrebbe piantato - come mostra la planimetria che pubblichiamo - al centro del territorio di Bagnolifutura che era stato pensato, non ricordiamo più quanto tempo fa, per costruire sulle macerie dell’acciaieria una città capace di raccogliere le sfide della modernità e della tecnologia applicata al turismo e all’industria leggera.LA STORIA DEL BUCO - Per questa conclamata «inferiorità» Napoli ha perduto l’America’s Cup, oggi il rischio sarebbe ancora più elevato. La storia del «buco» al centro di Bagnolifutura, insomma, è diventato un pasticciaccio in salsa flegrea nel quale tutti parlano ma solo pochi sanno di cosa si discute e il sindaco fa male a dolersi solo ora della sua e della nostra insicurezza: la società di trasformazione poteva essere più solerte e il Comune, per dirla tutta, poteva e doveva contattare molto prima la Protezione civile allo scopo di acquisire quel minimo di certezza tecnica che ora non ha. Il racconto che segue è la registrazione fedele dello stato d’animo del cittadino flegreo che, non dimentichiamolo, vive con l’incubo del bradisismo e di tutti gli altri problemi provocati da una terra troppo «ardente» per consentire esperimenti. Gennaro Di Bonito, dipendente in pensione del servizio irrigazione del Cnr, lancia una sfida: «Forse pochi se ne ricordano ma noi dal tempo dei tempi siamo abituati a convivere con il "fuoco" e in qualche modo siamo riusciti a piegarlo ai nostri interessi trivellando alla buona il nostro territorio - molti lo fanno legalmente, moltissimi abusivamente - in modo da procurarci il calore con il quale abbiamo riscaldato autonomamente le abitazioni, gli alberghi, i centri sportivi e chi più ne ha più ne metta. Le modalità sono facili da spiegare, interpelliamo un tecnico che generalmente viene dal casertano e ci facciamo il pozzo a misura delle nostre esigenze. Io non ce l’ho perché a farlo da solo costa molto, ma mi sto impegnando per convincere i vicini e farne uno, come dire, condominiale con una sola condotta sulla quale ognuno si allaccia per la sua quota. Oggi c’è una massa di calore nell’aria, ma guardate quella fumarola, viene dall’impianto di un albergo».IL CASO - Gennaro Di Bonito, che tra l’altro è buon amico del professore Benedetto De Vivo, docente di geochimica ambientale e leader del «no», è prodigo di esempi e non si scompone quando gli chiediamo: perché, allora, vi opponete al grande progetto? «È facile— spiega— perché scendendo con le sonde negli abissi dei Campi Flegrei si va a sfruculiare l’equilibrio sismico risicatissimo che garantisce la sopravvivenza del nostro territorio. I pozzi privati, chiamiamoli così, si fermano a quote superficiali, non diamo fastidio, insomma, e tutto sommato creiamo vie di fuga ai gas che scoppiano nel sottosuolo». Vincenzo Doriano conferma e rivela che suo figlio Andrea, geologo anche lui, ha brevettato un sistema per catturare il calore senza succhiare anche l’acqua. Dalla fase artigianale siamo passati, come si capisce, ad una industriale. E pochi se ne sono accorti. Un altro motivo che giustifica il no è dato da un precedente storico. «Negli anni della crisi del petrolio l’Eni e l’Agip scavarono un pozzo alle Mofete di Baia e due a San Vito di Bacoli scendendo fino a tremila metri, poi, però, si fermarono e nessuno ha mai capito perché». «Potrebbero utilizzare quei buchi— azzarda Gennaro Di Bonito— e risparmiare soldi, ma forse è proprio questo che non vogliono».ULTIMA TAPPA BAGNOLI - Ultima tappa, Bagnoli. Chi ci accompagna è un dipendente della circoscrizione e il suo commento è lapidario: «Tra case e cemento, come dice la canzone di Gaber, è assurdo pensare ad un insediamento così massiccio, è normale che si abbia paura e poi è difficile pensare che questa sarebbe la panacea di tutti i nostri mali». Vagli a dare torto. Le stesse perplessità angustiano i duemila soci del Circo Ilva. Il presidente Guglielmo Santoro deplora la mancanza di informazioni: «È assurdo che nessuno ci abbia detto niente e pure la perforazione dovrebbero farla proprio difronte a noi, dietro quel muro per capirci». Mario Masiello, uno dei soci, è dello stesso parere, ma condivide con un gruppo di amici una fideistica certezza: «Tanto non se ne farà niente». Sarà vero?Carlo Franco dal Corriere del Mezzogiorno

 Il sistema magmatico del Somma-Vesuvio

Secondo quanto evidenziato da dati geofisici (Auger et al., 2001) e dati petrologici (Marianelli et al., 1999; Fulignati et al., 2000), il sistema magmatico del Somma-Vesuvio è caratterizzato da un serbatoio profondo che si estende tra 10 e 20 km di profondità, dove magmi di origine mantellica si differenziano. Da questo serbatoio profondo i magmi risalgono e ristagnano in una camera magmatica superficiale localizzabile a 3-5 km di profondità prima delle eruzioni pliniane, e a meno di 2 km di profondità prima dell’attività stromboliana. Nella camera magmatica superficiale il nuovo magma può mescolarsi al magma delle precedenti eruzioni.

 
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