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Quei rintocchi da Pier Capponi ai partigiani E NOI NON MANGIAMO PANDORO VENETO

Post n°1271 pubblicato il 19 Dicembre 2010 da luger2
 

Campane multiuso, per avvertire di un' incendio o di una scorreria, per «fermare» la grandine, per dare il via a un' «insorgenza», per segnalare ai partigiani il rastrellamento tedesco: se ne hanno memorie puntuali o leggendarie dai tempi delle incursioni saracene alla seconda guerra mondiale. Sulle campane della fonderia Marinelli di Agnone (Isernia) è riprodotto spesso questo motto: «Plebem voco, congrego clerum, defunctos ploro, nymbos fugo» (chiamo il popolo, riunisco il clero, piango i morti, allontano le tempeste). La chiamata del popolo può avere diversi scopi. Le campane lo chiamano a consiglio, alle armi, a messa e a vespro. Ma può capitare che dopo il vespro suonino più di prima per chiamare a raccolta il popolo di Palermo contro gli angioini, il 31 marzo 1282: e questo fu - si narra - l' inizio dei Vespri siciliani. «Noi suoneremo le nostre campane» dice - almeno nella leggenda - Pier Capponi, commissario della Repubblica fiorentina, a Carlo VIII che nel 1494 si era insediato in Firenze e dettava gravose richieste. A suonare per chiamare il popolo potevano essere sia le campane delle chiese sia quelle civiche. Se Pier Capponi ha pronunciato quel monito di sicuro pensava anche alla Martinella, che dal secolo XII veniva portata sul Carroccio quando le milizie lombarde uscivano a battaglia. Furono le campane dell' Hotel de Ville - cioè del municipio di Parigi - a dare il segnale dell' attacco agli Ugonotti, nella Notte di San Bartolomeo, il 23 agosto 1572. Campane che suonano a stormo o a martello ricorrono spesso nelle cronache delle «insorgenze» nostrane contro i francesi, nel triennio giacobino 1796-1799: in particolare così prende il via la più famosa di quelle rivolte, quella delle Pasque veronesi, il 17 aprile 1797. Altrettanto succede ad Arezzo il 6 marzo 1799, quando «una moltitudine di contadini, armati di fucili, roncole e forconi, entra in città al suono delle campane, cui si unisce il grido di raccolta degl' insorgenti: Viva Maria». Anche per le Cinque giornate di Milano (aprile 1848) il via all' insurrezione viene attribuito «al tragico suono delle campane a martello delle duecento chiese della città» (Antonio Monti). Eccoci infine alla resistenza all' occupazione tedesca.  Sono tre i preti fucilati dai tedeschi «con l' accusa di aver suonato le campane per mettere in guardia la popolazione in vista del rastrellamento»: Vittorio De Andreis parroco a Lingueglietta (Imperia) e Pietro De Carli parroco a Torre Paponi (Ventimiglia), che vengono fucilati insieme il 16 dicembre 1944; e Giuseppe Rossi parroco a Castiglione d' Ossola (Novara), fucilato il 26 febbraio 1945.  (Luigi Accattoli). 

Se loro suonano le loro trombe, noi suoniamo lenostre campane. Il nuovo Pier Capponi è il presidente pugliese Vendola. Emulo del governatore di Firenze, che così rispose nel 1494 all’invasore Carlo III di Francia. Le campane per chiamare alle armi la popolazione. Questa volta le campane per reagire al consueto sprezzo del Veneto leghista di Zaia, che ha rifiutato di accogliere parte dei rifiuti della Campania. Allora, ha detto Vendola, neanche noi vogliamo in Puglia i rifiuti veneti.

Tanto per cominciare, in pochi sapevamo che in Puglia ne arrivano. Sono rifiuti speciali, ex pericolosi ma trattati, accolti in discariche private del Tarantino tanto a tonnellata. Un commercio come un altro. Sul quale, quindi, non è che la Regione possa granché. Come hanno obiettato dal Veneto, che chissà quanti altri ne sparge in giro per l’Italia.

Tutto legittimo, finché lo è. E a conferma di quanto i rifiuti non siano mai di chi li produce. Anzi un giro universale, ingenere dai Paesi ricchi a quelli poveri. Vagano per il mondo più rifiuti che merci, visto che in genere una scatola è più ingombrante di ciò che contiene.

 Per questo la solidarietà a Napoli non è solidarietà, è in fondo convenienza. O marketing. Ce li scambiamo tutti, questi rifiuti, non staremo a sottilizzare su un carico in più o meno. Anche perché decine di inchieste giudiziarie dimostrano che la Campania è diventata l’immondezzaio d’Italia per i traffici illegali, questi sì, della camorra: Saviano e Gomorra insegnano. Le Regioni c’entrano ancòra niente, ma lo sanno.

 Tutto ciò non assolve la Campania e Napoli,anzi i loro amministratori. Né giustifica le promesse di miracoli per risolvereun problema infame che ha responsabilità,connivenze,inefficienze,speculazioni cui pochi sono estranei. Ma con l’odioso scaricabarile della colpa sempre degli altri mentre le strade debordano. E a parte i topi, lo schifo, la frustrazione, è l’immagine di tutto il Sud che ne soffre. Anche qualche calciatore straniero comincia a dire di non voler andare a giocare nel Napoli perché non vivrebbe in quella città. E incombe la solita non ingiustificata accusa che l’emergenza conviene più della normalità perché fa arrivare sempre soldi: come i 150 milioni ora.

Ma questo non c’entra con la solidarietà, rivolta alla gente non ai politici. Allora Zaia che dice no (come il lombardo Formigonie il piemontese Cota) è il solito leghista nordico che vuol fare la lezione al cialtrone sudista, vuole spaccare come sempre il Paese. Dichiararsi razzisticamente superiore. Ha fatto perciò bene Vendola a rispondergli, a costodi mettersi sul suo stesso piano. Partendo da una Puglia orgogliosa che inquesti giorni ha dato l’acqua al Salernitano e aiuti all’Albania alluvionata. E chissà quanti pugliesi anche nel Veneto allagato, le parrocchie, le associazioni,la carità silenziosa senza confini.

Si potrebbe allora dire: questo Natale il Sud non mangia pandoro veneto. Perché, a parte tutto, non vuole smaltire neanche il loro cellofan e il loro involucro. Un CompraSud spesso lanciato ma mai con efficacia. Si riprovi. Il Sud a Natale mangia pasta di mandorla e cartellate. Mentre, dopo i prodotti, anche la loro grande distribuzione organizzata ha conquistato il mercato meridionale. Così come in buona parte il mercato del credito con le loro banche. E il Sud continua a formare giovani laureati al costo medio di 100 mila euro l’uno e ne fa emigrare 50 mila all’anno: chi è bravo calcoli cosa il Sud regala al Nord. Lì poi lavorano e producono reddito, prendono casa, pagano le tasse: calcolate, calcolate. E metà Nord è meridionale: calcolate, calcolate.

Il Sud non mangi pandoro veneto. E poi i governatori meridionali promuovano tutti insieme la conoscenza dei propri musei, dei propri monumenti, delle proprie bellezze. Farà orrore un Partito del Sud, dovesse somigliare alla Lega. Ma si faccia un Partito della cultura comune, della storia comune, della comune volontà di impreziosire di socialità buona questo Sud che suoni una volta per tutte, e vivaddio, le sue campane. Il Sud riempia di giovani i vuoti in cui lo Stato non c’è. Raccolga prontissimi volontari per la raccolta differenziata porta a porta. Vada dai giovani nelle scuole e nelle università e non, come è stato giustamente suggerito, per dire loro cosa fare, ma per farselo dire, per farsi guidare, per progettare futuro.Quei giovani che inventano (come in Puglia) le migliori imprese innovative d’Italia e poi quasi sempre vengono lasciati soli.

All’arroganza degli Zaia si risponde con un . Si risponde facendogli capire come nell’invisibile rete che nonostante tutto tiene questo Paese, nessun Nord può far finta di non sapere quanto sia cresciuto sul Sud. Ma ad aprirgli gli occhi dovrà essere un Sud che ha aperto i suoi. Che si svegli la mattina nella luce del suo mito efinalmente orgoglioso di sé.   di LINO PATRUNO

 
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